COSA NOSTRA E’ DENTRO LA REGIONE SICILIA: DIRIGENTI FAVORIVANO AUTORIZZAZIONI NEL SETTORE..

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TREMANO I DIRIGENTI DEI DIPARTIMENTI DELLA REGIONE SICILIANA: SONO TANTI GLI INFILTRATI DI COSA NOSTRA,TROPPI FAVORITISMI , TROPPA CORRUZIONE, E’ IN GRAN PARTE UNA CASTA CORROTTA CHE VEDE ANCHE IL PRESIDENTE MICCICCHE’ – SECONDO IL GIP -“AVERE UN RUOLO BEN PRECISO…”

Paolo Arata, l’ex deputato di Forza Italia ed ex consulente della Lega per l’energia e il figlio Francesco, accusati dei reati di corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni, sono finiti stamani in carcere.

 

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Nella foto, Paolo Arata

Le indagini della Dda di Palermo  padre e figlio, rivelano che essi sarebbero soci occulti dell’imprenditore trapanese dell’eolico Vito Nicastri – anche lui in carcere con il figlio Manlio -, vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro. Anche la classe dirigenziale della Regione Sicilia ha un ruolo specifico.Agli arresti domiciliari  il dirigente regionale Alberto Tinnirello.

Le perquisizioni dello scorso 17 aprile hanno fornito agli inquirenti  riscontri alle ipotesi d’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo. L’ordinanza è stata emessa dal gip Guglielmo Nicastro. Alcune società che gestiscono impianti eolici sono state sequestrate dalla Dia di Palermo. Negli affari degli impianti eolici tra Arata e l’imprenditore Vito Nicastri ci sarebbe, secondo il gip, un “elevato rischio di infiltrazioni di Cosa nostra”.

 

Intanto, perquisizioni sono in corso negli uffici dell’assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana nell’ambito dell’arresto. Gli uomini della Dia cercano riscontri sul dirigente Alberto Tinnirello finito oggi ai domiciliari.

 

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Armando Siri: “destinatario di una tangente da 30 mila euro”secondo l’accusa

SIRI – Prosegue anche il procedimento  della Procura di Roma che vede l’ex consulente della Lega e l’ormai sottosegretario Armando Siri  coinvolto L’indagine era stata avviata a Palermo ma poi trasferita, per la parte riguardante il politico, alla Procura della  Capitale.

Siri sarebbe il destinatario di una tangente da 30 mila euro in cambio di un emendamento nell’ambito di un affare sull’eolico insieme con l’imprenditore Nicastri.            “Tra i fatti di reato sono emersi anche ipotizzati accordi corruttivi raggiunti a Roma nel settembre 2018 da Paolo Arata, dal figlio Francesco e dell’attuale senatore Armando Siri“. E’ quanto scrive il gip nella misura cautelare . Gli atti relativi a Siri sono poi stati inviati a Roma dove la Procura sta proseguendo l’inchiesta. “Ufficio con il quale è in corso pieno e proficuo coordinamento investigativo che ha consentito tra l’altro, lo scorso 18 aprile, l’esecuzione congiunta di attività di perquisizione e sequestro nei confronti di alcuni indagati iscritti sia nell’ambito del presente procedimento che nell’ambito di quello pendente innanzi alla A.G. di Roma“…

” –  Paolo Arata – comunica la Procura -“ha fatto tesoro della sua precedente militanza politica, in Forza Italia, per trovare canali privilegiati di interlocuzione con esponenti politici regionali siciliani ed essere introdotto negli uffici tecnici incaricati di valutare, in particolare, i progetti relativi al ‘bio-metano'”. “Dalle attività di indagine, infine, è emerso che Arata ha portato in dote alle iniziative imprenditoriali con Nicastri gli attuali influenti contatti con esponenti del partito della Lega, effettivamente riscontrati e spesso sbandierati dall’Arata medesimo e di cui informava puntualmente il Nicastri”.

GLI INDAGATI – Ecco chi sono gli altri indagati nell’ambito dell’operazione della Dia: Francesco Paolo Arata, 39 anni, figlio di Paolo; Francesco Isca, 59 anni; Manlio Nicastri, 32 anni; Vito Nicastri, 55 anni; Alberto Tinnirello, 61 anni.

L’indagine ha messo a soqquadro alcuni ambienti della Regione siciliana. Dirigenti sotto inchiesta come il presidente della commissione di valutazione di impatto ambientale (Via) Alberto Fonte, accusato di abuso d’ufficio. Coinvolti anche altri due funzionari Giacomo Causarano, 70 anni, che lavora al Territorio e Ambiente dove sono in corso perquisizioni e Angelo Mistretta, 62 anni, che presta servizio al comune di Calatafimi. Le indagini, spiegano gli inquirenti, “hanno ulteriormente dimostrato che, oltre alla plurima creazione illecita di società dietro cui celarsi e continuare ad operare occultamente, Vito Nicastri, anche attraverso il suo prestanome Arata, intesseva – more solito – una fitta rete di relazioni con dirigenti e politici regionali al fine di ottenere (in un caso anche dietro versamento di denaro) corsie preferenziali e trattamenti di favore nel rilascio di autorizzazioni e concessioni necessarie per operare nel settore”. Così gli inquirenti nell’ambito dell’inchiesta sull’eolico.

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“LA PROCURA: MICCICHE LI HA “INTRODOTTI NEL SISTEMA’” – Secondo il gip, Paolo e Francesco Arata sarebbero stati introdotti negli uffici dell’Assessorato alle Attività produttive della Regione siciliana, guidato dall’assessore Mimmo Turano, dal Presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. Sono gli stessi Arata, parlando con un interlocutore, a spiegare “di essere stati introdotti presso l’Assessore Turano dal Presidente dell’Ars, Miccichè”, scrive il gip. A “Turano – prosegue il gip – gli stessi avevano riferito delle loro co-interessenze con Vito Nicastri, dicendogli di averlo conosciuto come valente ed esperto imprenditore del settore energetico e di ritenere che proprio tale “legame” fosse la ragione della diffidenza mostrata da alcuni Uffici regionali nei confronti dei progetti della Solgesta s.r.l.“.

LE MANI DI COSA NOSTRA SULLE RINNOVABILI – Il settore delle energie rinnovabili “è stato oggetto in tempi recenti di particolari attenzioni da parte di Cosa Nostra e degli imprenditori a questa vicini e/o contigui”. E’ l’ordinanza del Gip di Palermo. Una “confluenza di interessi, da parte di più articolazioni mafiose”, che “è stata plasticamente rappresentata dal suo capo assoluto”, Totò Riina, “il quale durante la sua detenzione nel carcere milanese di Opera, nell’affrontare temi e vicende relative ad altre questioni criminali, commentava già nel 2013 con il suo interlocutore la decisione di speculare nel settore eolico da parte del latitante Matteo Messina Denaro, reo a dire del Riina di tralasciare gli affari tradizionalmente oggetto delle attività criminale di Cosa Nostra e di dedicarsi ai “pali”, figura retorica utilizzata dal boss per indicare l’attività imprenditoriale riferibile al settore dell’eolico”.

“Era assolutamente prevedibile, dunque – sottolineano i magistrati – che in ogni affare che dovesse e potesse interessare tale settore venisse coinvolto proprio Vito Nicastri”.

La “confluenza di interessi, da parte di più articolazioni mafiose” nel settore delle energie rinnovabili “è stata plasticamente rappresentata dal suo capo assoluto”, Totò Riina, noto quale “Capo dei capi””il quale durante la sua detenzione nel carcere milanese di Opera, nell’affrontare temi e vicende relative ad altre questioni criminali, commentava già nel 2013 con il suo interlocutore la decisione di speculare nel settore eolico da parte del latitante Matteo Messina Denaro, reo a dire del Riina di tralasciare gli affari tradizionalmente oggetto delle attività criminale di Cosa Nostra e di dedicarsi ai ‘pali’, figura retorica utilizzata dal boss per indicare l’attività imprenditoriale riferibile al settore dell’eolico”…

Il “re  dell’eolico”: Vito Nicastri

    Gli investigatori, che ne sottolineano l’intuito e le capacità “visionarie”, lo descrivono come un profondo conoscitore della macchina burocratica regionale, uno che sapeva quali ruote ungere per avere concessioni e autorizzazioni. Un corruttore, dunque, come conferma l’inchiesta della dda di Palermo, che l’aveva già arrestato per mafia. Alla Regione Nicastri conosceva tutti. E dove non arrivava lui arrivava il suo socio occulto, Paolo Arata, docente di ecologia
    Arrestato negli anni ’90, tornato in cella nel 2018 in una vicenda relativa all’acquisito i terreni degli esattori di Salemi, i cugini Nino e Ignazio Salvo, già condannato a 4 anni per evasione fiscale, Nicastri, sarebbe al centro di un giro di mazzette che coinvolge anche funzionari della Regione. Sei anni fa gli è stato sequestrato dalla Dia un patrimonio di circa un miliardo di euro. Il pentito Lorenzo Cimarosa, nel frattempo morto, lo ha indicato come uno dei finanziatori della ormai più che ventennale latitanza di Messina Denaro. Il mafioso Giuseppe Sucameli, intercettato, dice che “le cose le faceva per il suo amico di Castelvetrano”, riferimento chiaro al boss latitante Matteo Messina Denaro.
    Cimarosa ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d’onore, Michele Gucciardi. Ha sempre mantenuto costanti contatti con la politica locale in uno “scenario sconfortante”, scrissero i giudici nel decreto di sequestro, fatto di “impressionanti condotte corruttive”. Partito da una cooperativa agricola, trasformatosi in idraulico ed elettricista per avviare aziende impegnate nella riparazione di impianti si è poi convertito diventando imprenditore leader per le energie alternative. Secondo le accuse fin dagli anni ’90 capì che la protezione della mafia era fondamentale per gli affari. Il suo ruolo è consistito nel fornire una facciata legale ai rapporti inconfessabili tra la grande imprenditoria e le cosche mafiose
   

NICASTRI – Secondo il gip, inoltre, Vito Nicastri “sin dal 2010” si era reso conto “di essere possibile oggetto di iniziative investigative e giudiziarie per i suoi ricostruiti rapporti patrimoniali con l’associazione mafiosa, di talché, anche per l’importante clamore mediatico suscitato dalle iniziative ablative che lo avevano raggiunto, era ben consapevole dei rischi connessi alla prosecuzione della sua attività imprenditoriale e della certezza che, ove fosse comparso in prima persona, ne avrebbe avuto inibita praticamente l’iniziativa, oltre a subire, come già stava accadendo, e come sarebbe poi accaduto per diversi anni, sequestri e confìsche”. E’ proprio all’indomani del primo rilevante provvedimento di sequestro subito, “sino ad arrivare ad oggi, che Nicastri ha costantemente posto in essere condotte dissimulatorie al fine precipuo di continuare a rivestire un ruolo leader nel settore delle energie alternative grazie ai servigi ed alla schermatura di prestanomi nuovi che si sono succeduti nel tempo e a partecipazioni occulte nelle c.d. società ‘veicolo”’. E’ ancora l’ordinanza del Gip di Palermo di applicazione delle misure cautelari nei confronti, tra gli altri di Paolo Arata e Vito Nicastri. Un’ìordinanza giudiziaria che sembra un fiume in piena e travolge tutto e tanti

GIP – Il 31 maggio dello scorso anno, “in occasione dell’occasionale rinvenimento della telecamera installata di fronte l’ingresso della casa di Nicastri, veniva intercettata una conversazione tra Manlio Nicastri e Francesco Arata dalla quale emergeva l’assoluta consapevolezza del gruppo di non poter più interloquire liberamente con Vito Nicastri, in ragione delle prescrizioni di cui erano ovviamente a conoscenza, sia, conseguentemente, la necessità di adottare cautele ancora più rigorose posto che avevano appena scoperto di essere oggetto di investigazioni”. E’ ulteriormente l’ordinanza del Gip di Palermo di applicazione delle misure cautelari nei confronti, tra gli altri di Paolo Arata e Vito Nicastri. Il gruppo Nicastri/Arata “si attivava, inoltre, alla ricerca di eventuali microspie all’interno dell’autovettura, con esito positivo. Difatti, nel pomeriggio del successivo 08.06.2018 a bordo dell’autovettura monitorata, Nicastri Manlio e Arata Francesco si recavano nei pressi di una officina di elettrauto, dove facevano controllare l’abitacolo da una terza persona”. “La ‘brutta notizia’ del rinvenimento della microspia era tempestivamente preannunciata telefonicamente da Arata Francesco ad Arata Paolo. E’ di tutta evidenza, quindi -si legge nel documento- che tutti i protagonisti delle vicende sinora esaminate avevano ben chiaro che erano sottoposti ad indagine e che non potevano in alcun modo con Vito Nicastri (con l’unica eccezione del figlio Manlio). Gli Arata lungi dall’astenersi dal continuare ad essere la longa manus di Nicastri nelle iniziative che li riguardavano, continuavano invece a tessere con il detenuto agli arresti domiciliari fitte comunicazioni e continue interlocuzioni, al punto di essere colti in flagranza della violazione delle prescrizioni della misura cautelare”.

Nicola Morra presidente della COMMISSIONE ANTIMAFIA CONVOCA SALVINI – “Ho richiesto con lettera ufficiale in data 7 maggio 2019 la convocazione del ministro dell’Interno Salvini in commissione Antimafia. Lettera ufficiale che è partita solo dopo numerose sollecitazioni informali per fissare una data di audizione già dalla terza settimana d’insediamento della commissione stessa, ovvero a dicembre 2018”.

“Il rispetto istituzionale avrebbe richiesto una veloce risposta alle interlocuzioni informali anche per dare precedenza a chi è preposto con le sue linee guida alla lotta alla mafia – sottolinea Morra -. La lettera ufficiale è solo l’ultimo passaggio che oggi, anche alla luce dei nuovi arresti in Sicilia, mi vede costretto a renderlo pubblico e ribadire l’urgenza dell’audizione del ministro Salvini”.

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