QUELL’ORDINANZA SUI DIPENDENTI DELL’ISTITUTO INCREMENTO IPPICO E’ UNA “GIUSTIZIA GRECA” MA LA REGIONE FA UN PASSO INDIETRO E LI RIASSUME NEL CONCORSO

 

Dea Dicke. Antica dea greca della giustizia
La giustizia nella fattispecie sembra quella della Dea greca Dicke,

 

 

di Raffaele Lanza

Non susssiste il “periculum in mora”.   La questione dell’Istituto incremento ippico viene valutata così dai Giudici del lavoro di Catania .E’ il primo round, naturalmente dicono i lavoratori interessati.

Il dott. Giovanni Di Benedetto, rigetta il  primo ricorso di una parte di dipendenti dell’Istituto Incremento ippico per insussistenza dell’urgenza e dell’attitudine a provocare la perdita integrale del diritto o lesione irreparabile di interessi -ex art 700-Il Tribunale decide la compensazione delle spese di giudizio ma precisa di ritenere  impregiudicato il merito- cioè non si è intervenuto nel merito della richiesta ricorrente  dell’Avv P.Lucifora- difensore di parte sindacale.   Probabilmente il Giudice non era a conoscenza che tutti i ricorrenti sono stati “costretti” dall’Istituto ippico etneo, con lettera specifica di accettazione, di svolgere mansioni inferiori .  Il che non ci sembra poco rilevante.     E’ una giustizia “greca”. Pubblichiamo in ogni caso  la sentenza/Ordinanza:-

 

Il giudice del lavoro del Tribunale di Catania, dott. Giuseppe Giovanni Di Benedetto, sciogliendo la riserva assunta nel giudizio, ha emesso la seguente ORDINANZA nella causa iscritta al n. R.G.L. 5501/2021, avente a oggetto: ricorso ex art. 700 c.p.c.; PROMOSSA DA EMILIO GUZZETTA, MARCELLO MASSIMO ARENA, ANGELO LOMBARDO, ALFIO CRISAFI, PAOLO ROTOLO, SEBASTIANO ANTONIO ZAPPALÀ, VINCENZO CARUSO, GIANFRANCO RAIMONDO, GIACINTO ROVERE, ROSARIO RICCIARDI e ANTONINO VERSACI, con l’Avv. Pierpaolo Lucifora; – Ricorrenti – CONTRO ISTITUTO INCREMENTO IPPICO PER LA SICILIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, con l’Avv. Cesare Santuccio; – Resistente – E NEI CONFRONTI DI ASSESSORATO REGIONALE DELL’AGRICOLTURA, DELLO SVILUPPO RURALE E DELLA PESCA MEDITERRANEA, in persona dell’Assessore pro tempore, e ASSESSORATO REGIONALE DELLE AUTONOMIE LOCALI E DELLA FUNZIONE PUBBLICA, in persona dell’Assessore pro tempore, con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania; – Resistenti – ****

Un passo indietro, di appena quattro mesi,

Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato in data 21.settembre.2021, i ricorrenti  hanno adito il Tribunale per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: Il giudice aveva un bel compito“…1. Previa riunione al 2 procedimento cautelare R.G. n. 3130/2021, disporre la disapplicazione della determina del direttore dell’Istituto Incremento Ippico n. 80 del 14.5.2021, della delibera commissariale n. 1 (del 9.marzo.2021), e di ogni altro atto presupposto, conseguente di natura attuativa o meramente esecutiva, compresi i provvedimenti direttoriali di collocamento in disponibilità, accertare e dichiarare l’illegittimità/invalidità della procedura per la dichiarazione di eccedenza di personale ex art. 33, d.lgs. n. 165/2001, avviata dall’Istituto Incremento Ippico di Catania per i motivi di ricorso sopra formulati; 2. Per l’effetto dichiarare illegittimo/invalido il conseguente collocamento in disponibilità dei ricorrenti Sebastiano Zappalà e Gianfranco Raimondo e la ricollocazione in categoria inferiore degli altri odierni ricorrenti; 2. Accertare e dichiarare, conseguentemente, il diritto dei lavoratori ricorrenti al ripristino dell’ordinario rapporto di lavoro intrattenuto con l’Istituto Incremento Ippico di Catania nella categoria C, anche in soprannumero rispetto all’attuale Dotazione Organica, con ogni consequenziale statuizione di carattere giuridico ed economico dalla data di modifica del livello e/o collocamento in disponibilità fino alla data del ripristino del rapporto di lavoro; Con vittoria di spese e compensi”.

Con memoria difensiva depositata in data 18.Novembre.2021, si è costituito in giudizio l’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, formulando le seguenti conclusioni: “…preliminarmente, dichiarare inammissibile il ricorso per le motivazioni dedotte nonché, in subordine e nel merito, rigettare il ricorso perché infondato in fatto e in diritto. Spese e compensi del giudizio”. Con memoria difensiva depositata in data 19.10.2021, si sono costituiti in giudizio gli Assessorati regionali convenuti, formulando le seguenti conclusioni: “…In via preliminare ritenere e dichiarare la carenza di legittimazione passiva degli Assessorati regionali resistenti e per l’effetto, estrometterli dal giudizio; – In subordine, rigettare le domande di parte ricorrente in quanto infondate in fatto e in diritto. – Con vittoria di spese e compensi”. All’udienza del 14.1.2022 le parti presenti hanno discusso come in atti e, all’esito della camera di consiglio, è stata riservata la presente ordinanza. 2. Questioni preliminari e presupposti ex art. 700 c.p.c.

Preliminarmente occorre evidenziare che, all’udienza del 14.1.2022, il procuratore di parte ricorrente ha rilevato che “…soltanto i ricorrenti Zappalà e Raimondo sono attualmente in disponibilità con l’80% dello stipendio base mentre gli altri ricorrenti sono stati ricollocati nella pianta organica anche se in posizione inferiore”, limitando “pertanto… la richiesta cautelare svolta in ricorso soltanto ai dipendenti Zappalà e Raimondo, rinunciandosi per gli altri…” (cfr. verbale di udienza). 3 Stante la superiore rinuncia, va pertanto dichiarato il non luogo a provvedere sull’istanza cautelare con riguardo ai ricorrenti Emilio Guzzetta, Marcello Massimo Arena, Angelo Lombardo, Alfio Crisafi, Paolo Rotolo, Vincenzo Caruso, Giacinto Rovere, Rosario Ricciardi e Antonino Versaci. Con riguardo ai ricorrenti Sebastiano Antonio Zappalà e Gianfranco Raimondo, per i quali il presente ricorso ex art. 700 c.p.c. non è stato rinunciato, si osserva quanto segue.

Ai fini della concessione di un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. è necessaria la contemporanea presenza dei presupposti del fumus boni iuris (ovverosia della concreta probabilità che la pretesa avanzata dal ricorrente, prima facie fondata, possa essere accolta con la sentenza di merito) e del periculum in mora (cioè del fondato timore che il diritto cautelando subisca durante il tempo occorrente per farlo valere in via ordinaria un pregiudizio imminente limitando “pertanto… la richiesta cautelare svolta in ricorso soltanto ai dipendenti Zappalà e Raimondo, rinunciandosi per gli altri ed irreparabile), sicché la carenza anche di uno solo di tali requisiti indefettibili è sufficiente a escludere l’accoglimento dell’azione cautelare. 3. Periculum in mora. Ciò premesso, stante il carattere assorbente, nella fattispecie in esame difetta il requisito del periculum in mora, necessario ai fini del riconoscimento del chiesto provvedimento cautelare.

Preliminarmente, come già ritenuto in precedenti pronunce di questo stesso Ufficio, appare opportuno evidenziare la necessità di un rigoroso accertamento del requisito del periculum in mora, al fine di evitare il pericolo di un’inammissibile “normalizzazione” del rito cautelare, a detrimento delle situazioni giuridiche effettivamente necessitanti di una tutela rapida rispetto a quella ordinaria. Come accennato, il periculum in mora ricorre allorquando vi sia un fondato motivo di temere che, durante il tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile. A tal riguardo, occorre evidenziare la necessità di una specifica, concreta e dettagliata allegazione del periculum in mora, da intendersi o come irreversibilità degli effetti del pregiudizio (quindi come attitudine a provocare la perdita integrale del diritto o di poteri o facoltà che dello stesso costituiscono espressione), oppure come lesione irreparabile di beni o interessi del suo titolare e funzionalmente collegati all’attuazione del diritto stesso, o anche come impossibilità o grave difficoltà della piena restitutio in integrum della situazione soggettiva lesa.

Soltanto attraverso un’adeguata allegazione delle circostanze concrete, infatti, il giudice può essere in grado di valutare la ricorrenza di un pericolo effettivo, concreto e attuale che, durante il tempo necessario per il giudizio di merito, beni di rilevanza primaria siano lesi in maniera irrecuperabile e non risarcibile per equivalente. 4 Anche con riferimento alle ipotesi della perdita del posto di lavoro o della mancata assunzione, la condivisa giurisprudenza di merito ha avuto modo di evidenziare che “L’esistenza del “periculum in mora”, ai fini della concessione del provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. deve essere accertata caso per caso in relazione all’effettiva situazione socio economica del “lavoratore”, talché il ricorrente è tenuto ad allegare e provare circostanze (in ordine alla sua situazione familiare, alla necessità di affrontare spese indilazionabili, alla compromissione del suo equilibrio psico fisico) dalle quali emerga che la perdita del posto di lavoro o la mancata assunzione – e quindi la conseguente perdita (o mancata acquisizione) della retribuzione – possa configurarsi come fonte di pregiudizio irreparabile, così da permettere alla controparte l’esercizio di un’effettiva difesa ed al giudice di operare una verifica finalizzata alla tutela di un pregiudizio concretamente e non teoricamente irrimediabile, non potendo il “periculum in mora” reputarsi esistente “in re ipsa” neppure nel fatto stesso della disoccupazione, poiché, in caso contrario, ogni licenziamento integrerebbe il pregiudizio imminente ed irreparabile, così da rendere il ricorso all’art. 700 c.p.c. il rimedio ordinario per la contestazione della legittimità del recesso datoriale, in contrasto con la disciplina del processo del lavoro che prevede che la forma naturale di impugnativa del licenziamento sia il ricorso ex art. 414 c.p.c.” (cfr. ordinanza emessa il 13.5.2010 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere).

Ciò premesso in termini generali, nella fattispecie in esame difetta il necessario periculum in mora. Ed invero, i ricorrenti Sebastiano Antonio Zappalà e Gianfranco Raimondo (rispetto ai quali, come detto, l’odierno ricorso ex art. 700 c.p.c. non può reputarsi rinunciato), non hanno sufficientemente allegato e documentato la sussistenza di un pericolo attuale e concreto di pregiudizio grave e irreparabile a beni di primaria rilevanza, anche sub specie di compromissione del diritto costituzionale a una esistenza libera e dignitosa ex art. 36 Cost. Ad avviso di questo giudicante, in particolare, non appaiono dirimenti le deduzioni contenute sul punto nell’atto introduttivo, secondo cui “…Il pericolo di un danno grave ed irreparabile è ancora più imminente nei confronti dei ricorrenti Sebastiano Antonio Zappalà e Gianfranco Raimondo. Entrambi sono stati collocati in disponibilità con decorrenza 1 luglio 2021, subendo la decurtazione del 20 per cento dello stipendio. Si consideri che, entrambi, rappresentano gli unici percettori di reddito dei rispettivi nuclei familiari e che da luglio del 2021, subiscono la decurtazione dello stipendio.

Il reddito risulta dalla busta paga che si produce in atti, sul quale gravano delle rate di finanziamento. Una di queste, pari a euro 205,00 risulta dalla busta paga, l’altra è versata mensilmente dal sig. Zappalà anche se non risulta dalla busta paga (doc. 17-busta paga Zappalà -aprile 2021 e agosto 2021, l’ultima in ordine di tempo, uniti al certificato stato di 5 famiglia; doc. 18 e 18.1– contratti di finanziamento). Da rilevare che il sig. Zappalà, come si evince dal certificato di stato di famiglia ha moglie e tre figli a carico, cosa che rende impossibile rimodulare il proprio tenore di vita dopo la decurtazione stipendiale del 20 per cento. Dalla busta paga del mese di agosto 2021, risulta una trattenuta di ben 800, euro circa, circostanza che dà un’idea dell’abbassamento del tenore di vita finora maturato dal ricorrente e dalla sua famiglia, in forza dello stipendio da sempre percepito dall’Istituto Incremento Ippico.

Il giudice prosegue: Ciò determinerà l’impossibilità di far fronte alle rate di mutuo e alla cessione del quinto con esposizione ai rischi di recupero della banca finanziatrice e all’impossibilità di far fronte ai bisogni della propria vita quotidiana. Lo stesso ordine di considerazione vale per il ricorrente Gianfranco Raimondo, il quale ha pure subito una trattenuta di 800, euro dalla busta paga di agosto del 2021 e continuerà a subirla per la durata di 24 mesi fino a quando non sarà definitivamente licenziato in assenza di una pronuncia cautelare o di una ricollocazione altrove per mobilità (doc. 19–busta paga agosto 2021).Quindi, è indubbio che abbattimento del 20 per cento della retribuzione base rende non più possibile mantenere un livello di vita dignitoso per i ricorrenti e per i propri congiunti nelle more dello svolgimento del giudizio. Viceversa, una pronuncia cautelare che blocchi nell’immediato la procedura o che riammetta anche in soprannumero i predetti lavoratori eviterebbe agli stessi di attendere l’esito del giudizio con uno stipendio non sufficiente a mantenere il tenore di vita familiare maturato fino alla data di collocamento in disponibilità (assunti con decorrenza 1992) mentre nulla ne deriverebbe in danno all’Ente resistente, il quale ha nel proprio bilancio le risorse finanziarie oramai consolidate da anni necessarie al pagamento dei suddetti lavoratori.

Da considerare, altresì, che la pronuncia cautelare sospenderebbe il termine di 24 mesi della messa in disponibilità trascorso il quale il rapporto di lavoro dei dipendenti andrebbe incontro a risoluzione definitiva, ai sensi dell’art.33, comma 8, del d.lgs. n. 165/2001, ritrovandosi quindi privi di occupazione dopo trent’anni circa di servizio e sulla soglia dei sessant’anni di età…” (cfr. ivi pagg. 28-29).

Sul punto occorre innanzitutto evidenziare che, ai sensi del citato art. 33 co. 8 D.Lgs. 165/2001, “Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un’indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell’indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. È riconosciuto altresì il diritto all’assegno per il nucleo familiare di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153”. 6 In particolare, dalle buste paga di agosto 2021 prodotte in atti emerge che il “netto in busta” spettante al ricorrente Zappalà (al netto anche della trattenuta e della rata di finanziamento ivi considerate) è pari a omissis, mentre il “netto in busta” spettante al ricorrente Raimondo (al netto della trattenuta ivi indicata) è pari a omissis(cfr. doc. nn. 17 e 19 di parte ricorrente).

Nella specie, peraltro, la trattenuta di circa € 800,00 riportata nelle buste paga di agosto 2021 con riguardo a entrambi i ricorrenti non corrisponde al 20% “dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale” ivi indicati (id est: retribuzione ordinaria di € 2.386,58, il cui 20% è pari a € 477,31), sicché da ciò non è possibile evincere l’esatto ammontare – possibilmente superiore – della “…indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale” ex art. 33 co. 8 D.Lgs. 165/2001 spettante ai ricorrenti Zappalà e Raimondo per i mesi successivi ad agosto 2021. Sulla base della sola busta paga di agosto 2021, in altri termini, non è possibile desumere l’esecuzione di una trattenuta di € 800,00 anche con riguardo alle successive mensilità previste dal citato art. 33 co. 8 D.Lgs. 165/2021.

In aggiunta a quanto sopra, a fronte della spettante “indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale” (oltreché dell’eventuale “diritto all’assegno per il nucleo familiare di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153”) e degli importi risultanti dalle buste paga in atti, i ricorrenti Zappalà e Raimondo non hanno allegato e documentato specifiche e significative circostanze in ordine alla propria condizione familiare e patrimoniale. Ed invero, oltre ad avere labialmente dedotto di essere “gli unici percettori di reddito dei rispettivi nuclei familiari”, il ricorrente Raimondo non ha ulteriormente evidenziato alcunché (neppure con riguardo alla consistenza del proprio nucleo familiare), mentre il ricorrente Zappalà ha solamente allegato che – come detto – sul proprio reddito “…gravano delle rate di finanziamento. Una di queste, pari a euro 205,00 risulta dalla busta paga, l’altra è versata mensilmente dal sig. Zappalà anche se non risulta dalla busta paga (doc. 17-busta paga Zappalà -aprile 2021 e agosto 2021, l’ultima in ordine di tempo, uniti al certificato stato di famiglia; doc. 18 e 18.1– contratti di finanziamento)” e che egli “…ha moglie e tre figli a carico…”. Più specificamente, non è dato sapere se i ricorrenti Zappalà e Raimondo risultino titolari di cespiti immobiliari o mobiliari astrattamente idonei a produrre reddito, né è dato sapere dell’effettiva condizione economica dei loro nuclei familiari e delle risorse attraverso le quali gli stessi hanno soddisfatto e soddisfano le proprie esigenze di sostentamento e quelle delle rispettive famiglie, essendo peraltro i figli dello Zappalà maggiorenni e non risultando allegate e documentate specifiche e costanti spese in relazione agli stessi (cfr. doc. n. 17 di parte ricorrente). 7 Con riferimento allo Zappalà, non appaiono neppure decisive le deduzioni concernenti le rate di finanziamento considerato che, da un lato, anche il predetto ricorrente conserva la citata “indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale… per la durata massima di ventiquattro mesi” (cfr. busta paga di agosto 2021 da cui, nonostante la maggiore trattenuta di € 800,00 e l’ulteriore trattenuta per finanziamento di € 205,00, risulta un “netto in busta” di omissis) e che, dall’altro lato, come allegato dall’Istituto resistente e non contestato da parte ricorrente, “…L’eventuale cessione del quinto, ancora effettuata dall’Istituto che corrisponderà le retribuzioni, sarà conseguentemente diminuita in proporzione all’importo di retribuzione effettivamente erogato che comporta il pagamento dello stipendio escluse le indennità di presenza…” (cfr. pag. 15 della memoria difensiva). A fronte di quanto sopra, pertanto, appaiono generiche e indimostrate le prospettazioni attoree secondo cui il contestato “…abbattimento del 20 per cento della retribuzione base rende non più possibile mantenere un livello di vita dignitoso per i ricorrenti e per i propri congiunti nelle more dello svolgimento del giudizio…”.

Infine, non appare rilevante il limite di ventiquattro mesi previsto ex art. 33 co. 8 D.Lgs. 165/2001 per l’erogazione dell’indennità ivi prevista, essendo stati entrambi i ricorrenti collocati in disponibilità con decorrenza 1.7.2021, con conseguente diritto all’indennità de qua sino al mese di giugno 2023. Al riguardo occorre peraltro evidenziare che, ai sensi del successivo art. 34 co. 4 D.Lgs. 165/2001, “4. Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto all’indennità di cui all’articolo 33, comma 8, per la durata massima ivi prevista. […] 8. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto alla data del raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell’indennità di cui al comma 8 del medesimo articolo 33, ovvero, prima del raggiungimento di detto periodo massimo, qualora il dipendente in disponibilità rinunci o non accetti per due volte l’assegnazione disposta ai sensi dell’articolo 34-bis nell’ambito della provincia dallo stesso indicata. […]

Nei sei mesi anteriori alla data di scadenza del termine di cui all’articolo 33, comma 8, il personale in disponibilità può presentare, alle amministrazioni di cui ai commi 2 e 3, istanza di ricollocazione, in deroga all’articolo 2103 del codice civile, nell’ambito dei posti vacanti in organico, anche in una qualifica inferiore o in posizione economica inferiore della stessa o di inferiore area o categoria di un solo livello per ciascuna delle suddette fattispecie, al fine di ampliare le occasioni di ricollocazione. In tal caso la ricollocazione non può avvenire prima dei trenta giorni anteriori alla data di scadenza del termine di cui all’articolo 33, comma 8. Il personale ricollocato ai sensi del periodo precedente non ha diritto all’indennità di cui all’articolo 33, comma 8, e mantiene il 8 diritto di essere successivamente ricollocato nella propria originaria qualifica e categoria di inquadramento, anche attraverso le procedure di mobilità volontaria di cui all’articolo 30. […]”. Quella compiuta dai ricorrenti Zappalà e Raimondo, in definitiva, è una prospettazione priva di un concreto substrato di fatto, insufficiente ex se a integrare il chiesto periculum in mora. Né, a fronte delle predette e generiche allegazioni in punto periculum in mora, può ritenersi che gli asseriti pregiudizi dedotti in ricorso non possano trovare adeguato ristoro – ove fondati – in forma economica e risarcitoria nella sede di merito. Alla luce di quanto esposto, nella fattispecie in esame difetta il necessario pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile, siccome richiesto dall’invocato art. 700 c.p.c. 4. Fumus boni iuris. La delibazione negativa del requisito del periculum in mora esime questo decidente dall’esame dell’ulteriore elemento costitutivo dell’invocata misura cautelare, rappresentato dal fumus boni iuris; del pari vanno ritenute assorbite le ulteriori questioni sollevate dalle parti (cfr. Tribunale Roma 21.4.2006; Tribunale Bologna 10.4.2009). 5. Conclusioni. In conclusione, alla stregua di tutte le considerazioni fin qui svolte, ritiene questo giudicante che, assorbita ogni ulteriore questione, il ricorso ex art. 700 c.p.c. sia infondato e vada conseguentemente rigettato. Stante la peculiarità e complessità della fattispecie in esame e la definizione della controversia solamente in punto di periculum in mora, nonché tenuto conto della natura delle parti, le spese di lite possono integralmente compensarsi. P.Q.M.

Il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del lavoro, disattesa allo stato ogni ulteriore domanda, eccezione e difesa, impregiudicato il merito, così statuisce: dichiara il non luogo a provvedere sull’istanza cautelare con riguardo ai ricorrenti Emilio Guzzetta, Marcello Massimo Arena, Angelo Lombardo, Alfio Crisafi, Paolo Rotolo, Vincenzo Caruso, Giacinto Rovere, Rosario Ricciardi e Antonino Versaci; rigetta nel resto il ricorso ex art. 700 c.p.c.; compensa le spese di lite tra le parti. Si comunichi. Catania, 22 febbraio 2022 IL GIUDICE DEL LAVORO dott. Giuseppe Giovanni Di Benedetto”

 

I gladiatori più famosi dell'antica Roma

 

LA  REGIONE ,DOPO LA PUBBLICAZIONE DEI NOSTRI SERVIZI, FA UN PASSO INDIETRO:     MA QUANTA VERGOGNA PER I DIRIGENTI GENERALI CHE HANNO FIRMATO QUELLE “C….TE”

Ricordate il servizio pubblicato recentemente su SUD LIBERTA’, che la Regione siciliana aveva cioè  comunicato ai dipendenti interessati dell’Istituto I.Ippico che non era possibile per essi l’inserimento nella lista dei posti riservati al concorso di 1024 posti ?

Riportiamo nuovamente  quella lettera “……….questa Amministrazione regionale  ha effettuato la comunicazione di cui all’articolo 34 bis del decreto legislativo del 30 marzo 2001 n .165, rinnovata con nota prot. 127005 del 30 novembre 2021 “Adempimenti preliminari alle ordinarie procedure di assunzione a tempo indeterminato di 1024 posti di cui 487 di categoria C e 537 di categoria D-  Attivazione procedura ex art 34 e 34 bis del dl 30 marzo 2001 n.165 ”     . In esito alle suddette richieste il competente Servizio del Dipartimento regionale del Lavoro ha dato riscontro negativo alla presenza di eventuale personale posto in disponibilità, “Allegato A ” al DDG n.9018 del 21 giugno 2018 istituito ai sensi del comma 1 dell’art. 34 nis del decreto l.n .165/2001″

Una serie di contatti fra i dirigenti, la consapevolezza di aver creato , e messo persino per iscritto,al Protocollo della Regione, della Presidenza e del dipartimento al lavoro, stupidaggini senza senso,come la lettera riportata, il “complotto” contro i dipendenti dell’Istituto ippico si scioglie come neve al sole. La Regione sta preparando- si apprende- la lista dei lavoratori -gladiatori per ammetterli alla riserva dei posti come prevede la legge vigente.

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