Anniversario dello Statuto siciliano, Schifani: “L’autonomia siciliana mai attuata fino in fondo innescando numerosi contenziosi con lo Stato””

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Palermo

Care Siciliane e Cari Siciliani,
Settantasette anni di autonomia costituiscono un traguardo, ma soprattutto un impegno. Lo Statuto, promulgato il 15 maggio 1946, è la nostra Carta fondamentale e giunse dopo un lungo percorso di rivendicazione dell’autonomia del popolo siciliano. La nostra autonomia “speciale” mai è stata attuata fino in fondo, innescando negli anni numerosi confronti e contenziosi con lo Stato.

Oggi, come governo regionale, dobbiamo dare efficienza alla spesa, concentrandola su grandi investimenti, soprattutto nelle infrastrutture e nei collegamenti, affrontando, prima di tutto, il divario determinato dall’insularità; principio previsto dalla Costituzione come condizione che impone alla Repubblica di promuovere le misure necessarie a rimuoverne gli svantaggi. Una condizione che negli anni ha determinato ritardi nello sviluppo sociale ed economico della nostra terra, riducendo di fatto i nostri diritti rispetto ai cittadini del resto della Penisola.

Il regionalismo differenziato, il cui esame è già avviato dal Parlamento nazionale, impone di considerare i livelli essenziali delle prestazioni ed i doveri di solidarietà e su questo abbiamo chiesto ed ottenuto precisi impegni. Ma deve costituire per l’autonomia siciliana l’occasione per modernizzare le sue istituzioni, rendendole più efficienti e responsabili, per riformare le Province, riorganizzare la pubblica amministrazione, semplificando le procedure e snellendo la burocrazia, accrescere la qualità dei servizi.

Il divario tra Nord e Sud del Paese è aumentato. Ho riaffermato sul disegno di riforma del regionalismo che se si sono fatti passi in avanti rispetto al testo iniziale, che è stato modificato. Questo non significa che sia un’adesione definitiva, sia chiaro. Qualsiasi riforma non può essere penalizzante per la Sicilia e per il Sud. Vanno stabiliti i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi che vanno garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, riguardano i diritti civili e sociali da tutelare per tutti i cittadini.

L’autonomia differenziata è una scommessa e io mi aspetto da parte dei nostri ministri un’attenzione forte, in particolare per la nostra Sicilia. Il Parlamento nazionale sul tema dell’insularità ha stanziato soltanto 10 milioni, troppo pochi. Non accetteremo che la prossima finanziaria renda evanescente questo principio costituzionale che la Sicilia ha conquistato con le altre isole e una quota dovrà essere destinata alla riduzione del costo dei trasporti, a partire dai voli.

L’appello che rivolgo è a tutte le componenti politiche, sindacali, sociali, culturali della nostra Regione, per lavorare, aprendo un confronto leale, e affrontare insieme le sfide. Ed insieme scrivere il futuro.
Viva la Sicilia!

 

Renato Schifani

Presidente della Regione

 

MATTARELLA: IL NEMICO DA SCONFIGGERE E’ LA MANCANZA DI LAVORO E L’EMIGRAZIONE FORZATA

 

“Il bene comune è bene di tutti nessuno escluso” e “l’essenza della democrazia richiede rispetto reciproco, il più efficace antidoto all’intolleranza, foriera di conseguenze negative”. Parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’incontro di fine anno al Quirinale con i rappresentanti delle Istituzioni, delle forze politiche e della società civile.

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 – “Sappiamo – sottolinea il capo dello Stato – che la politica comporta anche scontri. Vorrei a questo riguardo ricordare alcune parole di Aldo Moro. ‘Anche se talvolta profondamente divisi sappiamo di avere in comune, ciascuno per la propria strada, la possibilità e il dovere di andare più lontano e più in alto. Non è importante che pensiamo le stesse cose’ invece è di straordinaria importanza – scriveva – la ‘comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo‘”.

Chi riveste ruoli istituzionali – avverte quindi Mattarella riprendendo le parole dello statista Dc – deve avvertire la responsabilità di farlo in nome e per conto di tutti i cittadini. Aveva ben presente, Moro, il grave pericolo – purtroppo confermato dagli eventi successivi – che corre una società attraversata da lacerazioni profonde”. “Il bene comune è, appunto, bene di tutti, nessuno escluso – rimarca – E chi amministra la cosa pubblica, chi è chiamato al compito di governare esprime, certo, gli orientamenti della maggioranza ma con il dovere di rispettare e garantire la libertà e i diritti degli altri, delle minoranze. Questa è l’essenza della democrazia, che richiede rispetto reciproco”.

“Preparare il futuro, cominciando a viverlo, significa non ignorare quel che si trasforma attorno a noi. Alzare lo sguardo dalle emergenze del presente non significa in alcun modo parlar d’altro. Significa, al contrario, indicare la cornice e un metodo in base ai quali adoperarsi per risolvere i tanti problemi, anche gravi, che ancora attendono soluzioni, guardando oltre il contingente e la mera ricerca di consenso” sottolinea ancora il presidente della Repubblica.

Ricollegandosi alle parole citate di Aldo Moro, Mattarella evidenzia la necessità “di confrontarsi, con lungimiranza, sulle prospettive, sull’ampio orizzonte del futuro. A volte parliamo del futuro come di un domani lontano, cui non dedicare grande attenzione, oppure un domani che giungerà all’improvviso. Invece il futuro è già cominciato: scrive sulle pagine del nostro presente. Il futuro ci riguarda già oggi perché sta cambiando le nostre vite. Questa consapevolezza deve interpellare anche chi assume responsabilità politiche, istituzionali, di governo e chi, dall’opposizione, vi si confronta”.

“Siamo pienamente – insiste il capo dello Stato – dentro un cambiamento vorticoso e inedito. Il mondo in cui ci troviamo è diverso da quello che abbiamo conosciuto. Il modo in cui viviamo è differente”, e “cambiamenti e potenzialità nuove, di cui abbiamo via via preso coscienza in questi anni, avanzano molto più velocemente e incessantemente di quanto i nostri modelli tradizionali riescano a recepire. Mutamenti climatici e realtà digitale sono paradigmi di un tempo davvero inedito”.

– “Serve il lavoro, remunerato e tutelato, anche nella sicurezza, come rimedio alla frammentazione sociale e come elemento centrale della ripresa economica – scandisce il capo dello Stato parlando della disoccupazione – La fase prolungata di debolezza dell’economia ha inciso fortemente sull’apparato produttivo del nostro Paese, con pesanti conseguenze occupazionali e gravi fenomeni di disgregazione sociale. Ecco la missione per cui combattere e il nemico da sconfiggere insieme: la mancanza di lavoro, quel lavoro indicato come fondamento della nostra Repubblica. Il lavoro che, quando c’è, è sovente precario o sottopagato”.

La ferita dell’emigrazione forzata di tanti nostri giovani è frutto di questa situazione di stallo – ammonisce – al cui superamento vanno indirizzati tutti gli sforzi delle Amministrazioni della Repubblica, delle forze economiche e sociali, delle energie dinamiche della società civile, dei suoi corpi intermedi, del mondo della scienza e della cultura. Una grande alleanza tra le qualità, spesso sottoutilizzate della straordinaria rete di competenze e capacità imprenditoriali del nostro Paese, dei suoi territori, dei suoi sindaci. Delle sue Regioni“.

Riguardo alle pari opportunità, Mattarella rimarca che “la presenza delle donne ai vertici delle istituzioni e nei ruoli di responsabilità delle imprese e della società civile è uno straordinario fattore di crescita e di equilibrio. Stiamo compiendo passi in avanti, anche se ancora non siamo vicini al traguardo. Resistono divari, e dobbiamo affrontarli con determinazione per superarli al più presto“. “Penso, in particolare, al dato dell’occupazione femminile, troppo carente – aggiunge – rispetto al resto dell’Europa. Il lavoro delle donne è oggi, per il nostro Paese, la principale opportunità di crescita e sviluppo”.

– Quanto all’autonomia delle Regioni, questa “rappresenta un valore costituzionale e apporta un contributo di grande rilievo che qualifica l’unità nazionale” afferma Mattarella.

– Poi l’Ue. “L’Europa è casa nostra e il nostro contributo sarà tanto più significativo quanto più la nostra presenza ai tavoli negoziali saprà essere qualificata nelle proposte e ferma nel sostegno di una visione che valorizzi gli interessi comuni” evidenzia il presidente della Repubblica.

– Infine Mattarella rinnova “la riconoscenza della Repubblica alla Polizia di Stato, all’Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza, agli Organismi di informazione per la sicurezza, a tutte le Forze impegnate, insieme alla Magistratura, per debellare la criminalità, per contrastare l’illegalità, per prevenire minacce alla convivenza civile. Nei loro confronti va espressa, insieme agli auguri, l’assicurazione della alta considerazione dell’impegno profuso”. “Di Forze Armate, Forze dell’Ordine, di Corpi dello Stato – aggiunge – ricordiamo, con commozione e riconoscenza, quanti sono caduti nell’espletamento del dovere”.

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 – “Il tradizionale e frequente augurio ‘felice anno nuovo’ – dice il presidente della Repubblica – esprime il fascino e la suggestione del futuro. E’ paradossale – proiettati, come già siamo, nel domani – che venga contraddetto da spinte e aspirazioni di ritorno a condizioni del passato; a un passato impossibile perché rimosso dalla realtà. Una scelta siffatta condurrebbe inevitabilmente a un rapido e malinconico declino”.

“Non ci si può limitare a subire gli eventi, lasciando a dinamiche incontrollate il compito di decidere come sarà il mondo nuovo. Tanto più è necessario questo impegno in quanto assistiamo all’emergere di energie nuove, di domande di tanti giovani che, in ogni parte del mondo, chiedono di far valere il loro diritto al futuro. Perché il loro futuro – conclude Mattarella – è oggi, qui, adesso“.

I RISCHI DEL POTERE

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di Raffaele Lanza

 

Il pubblico finora è stato  troppo tenero con la politica e con alcuni suoi leader, mentre invece esclusivamente da essa dipendono le scelte su dove e come effettuare i tagli e su quali riforme portare avanti e quali bloccare. Oggi  in Italia i rapporti di forza si sono ormai rovesciati e  nessuna vera riforma è possibile se la politica non è in grado di  far capire i benefici e il benessere al popolo.   Abbiamo ascoltatoprogrammi politici che non sappiano siano realizzabili e quali coperture finanziarie abbiano davvero.

I governi che finora hanno cercato di cambiare il Paese e la pubblica amministrazione, indipendentemente dal loro colore politico, lo hanno  fatto con la triade “più leggi, più Stato, più regole e repressione”.    Molti i dubbi degli osservatori politici
Ricordiamo l’opposizione della burocrazia con le proposte riformatrici  di Matteo Renzi con l’esito del referendum che ha portato alla caduta del suo governo. Già da sindaco di Firenze, Renzi aveva capito la minaccia che una burocrazia forte può rappresentare per la politica e, arrivato a Palazzo Chigi, individuò i primi nemici da combattere proprio nei magistrati del Tar e del Consiglio di Stato alla guida di gabinetti ministeriali e uffici legislativi.    Sappiamo com’è finita:  a ridosso della consultazione referendaria, la giustizia amministrativa gli ha presentato il conto smontandogli prima la riforma Madia sulla pubblica amministrazione e poi quella, attesa da anni, che imponeva alle banche popolari di trasformarsi in società per azioni.

 

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Matteo Renzi, “Il Lancillotto” delle banche

Già perchè Matteo Renzi-è noto a tutti – è sempre stato il paladino -Lancilotto delle banche italiane Oggi l’ex  fonda il nuovo partito “Italia viva” perchè  nel Pd non aveva trovato i posti e le prerogative che cercava.

  Salvini insegna: solo che il leader del Carroccio è davvero libero nei suoi movimenti, nelle sue azioni, non deve neppure organizzare riunioni interne per mandare avanti le sue idee,libero anche di fare errori non consigliato dai vertici. Matteo Renzi nel Pd doveva fare le  capriole per avere i consensi della maggioranza di quelli che contano. Ma le critiche erano 

sempre presenti.

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Ipotesi di dare la carica di Capogruppo alla Camera a Maria Elena Boschi

Il risultato è che oggi nessuno più pensa all’ideologia, alla storia , alle tradizioni di una comunità partitica. Si cercano solo poltrone, meglio se governative, incarichi importanti, distribuzione di  poltrone anche per enti di sottosottogoverno e periferici purchè mantengano vivo e vibrante il protagonismo e l’esistenza politica.   La scelta di Renzi fa riflettere, è la scelta del potere, una scorciatoia altro che la sottomissione al segretario Zingaretti.   

Perché Matteo Renzi aveva  perso la battaglia politica? Innanzitutto perché ne ha sottovalutato il potere: non si può varare una nuova norma contro il Consiglio di Stato ed evidentemente contro la Corte costituzionale. E se si cerca di farlo,  si finisce sotto graticola..
Renzi si porta un bel drappello, afferma di fare l’antiSalvini,in realtà la stoffa è identica. Corsa al potere assoluto..Sono ndividui e istituzioni che fanno i loro interessi e, quando si sceglie di fondare un partito autonomo si sceglie il più delle volte la difesa  a ogni costo dei  privilegi della casta. Finoggi se ne contano 41.

Sono questi i rischi del potere. Non parliamo più di coerenza, di programmi per il popolo, oggi è di moda la scissione, levati tu dalla poltrona che mi siedo io. Ciò spiega perchè vediamo parlamentari di destra correre e cambiare subito casacca nel neonato movimento di sinistra. Gli incarichi fanno gola e sono sempre più appetibili.
Detto questo, bisogna quindi fare attenzione perchè in tempi in cui ci si illude di poter risolvere i mali dell’Italia mettendosi in proprio, non ci si rende conto di quali rischi si corrano. Esiste infatti un potere frammentario, quello dei singoli,che brucia le idee della giustizia e del benessere ed è alla ricerca dei privilegi .  Non trascuriamo poi che la nascita di nuovi partiti o movimenti determinerà l’erogazione per legge di finanziamenti pubblici in un momento in cui i tribunali, in particolare il Collegio di giudici milanese, ha inchiodato parlamentari ancora con la “mani sporche” dei contributi ai partiti.   L’erogazione pubblica delle risorse avrà come intestatari i capi dei nuovi partiti. E i controlli si rivelano assai difficili per non dire improbabili.  Nuovi partiti, ma questa-Signori – è la nostra Italia.  “Viva” l’Italia . Ma …povera Italia.