Bonus energia, “arrivano aiuti europei per 3484 aziende richiedenti in Sicilia» Ma le famiglie?

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«Grazie all’approvazione della Commissione europea, tutte le 3.484 imprese che hanno presentato istanza per il Bonus energia Sicilia riceveranno il sostegno previsto dal bando». Lo dice l’assessore regionale alle Attività produttive, Edy Tamajo, commentando il via libera che la Commissione Ue ha dato al regime di aiuti di Stato da 150 milioni di euro per sostenere le imprese dell’Isola messe in difficoltà dalle conseguenze della guerra in Ucraina. Si tratta del bando pubblicato dall’assessorato regionale alle Attività produttive lo scorso 31 dicembre, già finanziato con risorse del Poc 2014-2020 e ora anche del Fesr 2014-2020, e destinato alle aziende attive in Sicilia in tutti i settori (eccetto agricoltura primaria, pesca e settore bancario) per compensare l’aumento dei costi di gas ed elettricità nel 2022.

«Il Bonus energia Sicilia è stato fortemente voluto dal mio governo – sottolinea il presidente della Regione, Renato Schifani –. Adesso l’approvazione da parte della Commissione europea consente di fornire questo sostegno alle imprese messe in ginocchio dal caro bollette del 2022, aiutandole così a superare le difficoltà finanziarie determinate dalle conseguenze del conflitto ucraino. È un risultato importante poter riuscire a soddisfare tutte le richieste presentate dalle aziende, senza lasciare fuori nessuno».

La Commissione ha rilevato che il bonus è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo di crisi e transizione degli aiuti di Stato adottato per accelerare la transizione verde e ridurre le dipendenze dai combustibili fossili: in particolare, l’aiuto non supererà i due milioni di euro per azienda e sarà concesso entro il 31 dicembre 2023. Inoltre, il regime di aiuto è stato valutato come necessario, appropriato e proporzionato. «Un risultato importante – aggiunge Tamajo – raggiunto anche grazie a un lavoro di squadra tra i dipartimenti Attività produttive e Programmazione che hanno lavorato su questa misura insieme con l’Ufficio legislativo e legale».

Ue, disco verde al Programma Fesr Sicilia 2021-27 da 5,8 miliardi “per rendere l’Isola più competitiva”

 

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Foto7Im.Reg.Sicilia

 

Palermo,

La Commissione europea ha approvato il Programma regionale Fesr Sicilia 2021-2027. La dotazione finanziaria complessiva è di 5,86 miliardi di euro, di cui 4,10 miliardi provenienti dai fondi Ue e 1,76 miliardi cofinanziati dall’Italia con risorse nazionali e regionali.

Si tratta del più cospicuo programma di finanziamento europeo adottato dalla Commissione Ue nell’ambito della Politica di coesione 2021-2027. Il via libera è arrivato oggi, nel rispetto delle tempistiche comunitarie, con la Decisione Ue 9366/2022 firmata dal commissario europeo per la Politica regionale, Elisa Ferreira.

«Il Programma, predisposto dalla Regione Siciliana in collaborazione con l’esecutivo comunitario – dice il presidente della Regione, Renato Schifani – promuoverà progetti di sviluppo sostenibile delle imprese e degli enti locali dell’Isola fino al 2029. Con il Pr Fesr la Regione mira alla crescita della competitività in Sicilia attraverso investimenti nella transizione verde, nella ricerca e nella digitalizzazione delle imprese e della pubblica amministrazione. Sul fronte della competitività del sistema produttivo, il Programma – aggiunge Schifani – sosterrà gli interventi, l’internazionalizzazione e l’accesso al credito delle piccole e medie imprese».

Nell’ambito del Programma si prevedono interventi volti alla decarbonizzazione e alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Il Pr Fesr sosterrà̀ la riqualificazione energetica di edifici pubblici e la riduzione dei consumi delle imprese anche sostenendo l’aumento della quota di energie rinnovabili. E finanzierà interventi per il contrasto al dissesto idrogeologico e per la riduzione del rischio sismico. Punta, inoltre, a migliorare la mobilità nelle aree urbane e metropolitane, attraverso la realizzazione di un sistema infrastrutturale, digitalizzato e sostenibile, sia per il traffico passeggeri che per quello delle merci.

Il Programma sosterrà, in particolare, il potenziamento del trasporto pubblico, anche attraverso il rinnovo del parco mezzi. La Regione, poi, mira a garantire adeguati livelli di protezione e inclusione sociale, investendo nell’istruzione e nella formazione e potenziando le opportunità di piena partecipazione alla vita sociale e culturale delle persone. Il Programma sosterrà, infine, la competitività̀ delle aree urbane e delle aree interne siciliane, contribuendo a ridurre i divari attraverso il finanziamento delle le strategie territoriali e il potenziamento delle governance locali.

L’approvazione della Commissione Ue è arrivata in seguito alle ultime modifiche apportate a fine settembre, che hanno interessato soprattutto i settori innovazione, ambiente e rifiuti, secondo quanto previsto dai regolamenti europei. La Regione ha provveduto, inoltre, ad adottare la Strategia regionale per l’innovazione e la Valutazione ambientale strategica, che completano il quadro di riferimento del Pr Fesr 2021-2027.

Il nuovo Programma per l’utilizzo del Fondo europeo sviluppo regionale in Sicilia per il periodo 2021-2027 è scaricabile dal sito EuroInfoSicilia al seguente link: https://www.euroinfosicilia.it/download/pr-fesr-sicilia-2021-2027-adottato-decisione-ue-n-93662022/.

Ars,legge sul demanio marittimo: “Stabilite due pesi e due misure tra vecchie e nuove concessioni”

Protesta sulle concessioni il M5S

“.. L’aula ha dato il colpo di grazia al sistema di regole che governa il rilascio delle concessione  demaniali marittime. L’assessore Cordaro ha deciso che le concessioni rilasciate dopo il 2005 non debbano più adeguarsi ai pudm, una follia che rischia di creare nel settore il far west più assoluto in mancanza di regole e paletti precisi. Non potevamo avallare questa folle decisione”.Lo  afferma la deputata del M5S  all’Ars, Gianina Ciancio,(nella foto in alto),  in  relazione al ‘No’ del M5S alla legge sul demanio marittimo.

Di fatto – dicono i deputati M5S – un emendamento  presentato dal governo in aula all’ultimo minuto sancisce che alle regole dei pudm dovranno sottostare  solo le nuove concessioni, anche se ci chiediamo dove queste nuove concessioni potranno trovare spazio, atteso che gran parte delle coste siciliane sono già occupate. Tutto questo mentre la Commissione Europea ha avviato, la settimana scorsa, una procedura di infrazione contro l’Italia, proprio per mancato adeguamento alla direttiva europea sull’affidamento delle concessioni balneari”. 

“L’unica nota positiva di questa legge – concludono i parlamentari M5S  – è il recepimento della norma nazionale sul libero accesso al demanio, che ribadisce che nessuno può impedire al cittadino  di pagare un biglietto per accedere al mare e farsi il bagno”.

 

 

 

Manovra: Italia promossa dall’UE, in primavera verifica dei conti

 

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Italia promossa con parere condizionato: l’esecutivo sospende il giudizio sulla manovra economica almeno fino alla prossima primavera. L’esecutivo Ue, segnala al governo la condizione di rispettare i conti. Altri sette Stati dell’Eurozona sono a rischio di non conformità (Belgio, Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e persino la rigorista Finlandia).

 Per l’esecutivo Ue, il documento programmatico di bilancio per il 2020 “è a rischio di non conformità con i requisiti del patto di stabilità”, poiché si prevede “un rischio di deviazione significativa dall’obiettivo di medio termine per il 2019 e il 2020”. Inoltre, “non è previsto che l’Italia rispetti il parametro della riduzione del debito nel 2019 e nel 2020”, dato che il debito aumenterà in rapporto al Pil dal 134,8% del 2018 al 136,2% nel 2019 e al 136,8% nel 2020.

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Pertanto, la Commissione “invita le autorità ad adottare le misure necessarie all’interno dei procedimenti nazionali di bilancio per assicurare che il bilancio 2020 sia in linea con il patto di stabilità e ad utilizzare qualsiasi entrata addizionale non prevista per accelerare la riduzione del rapporto debito/Pil”. Per il 2020 l’Italia avrebbe dovuto realizzare un miglioramento del saldo strutturale dello 0,6% del Pil, ma è prevista peggiorare dello 0,1% (secondo il Dpb) o dello 0,3% (secondo la Commissione).

I segnali negativi comunque provengono da lontano. Conte deve fare i salti mortali per raddrizzare una situazione che si protae-stante ai documenti dell’UE- ai tempi del governo Letta.Il parere della  Commissione sul Dpb 2014, firmata da Olli Rehn il 15 novembre 2013, prevedeva per il nostro Paese  un “rischio che il Dpb non assicuri il rispetto delle regole del patto”, in particolare per quanto concerne “la riduzione del debito/Pil in linea con il parametro della riduzione del debito”.

A quel tempo la Commissione invitava il governo ad adottare le “misure necessarie” a far sì che il bilancio 2014 fosse “fully compliant” con il patto di stabilità. L’opinione del 28 novembre 2014 sul Dpb 2015, firmata da Pierre Moscovici (governo di Matteo Renzi, ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan) riportava che il Dpb rivisto era “a rischio di non conformità con i requisiti del patto”.

La Commissione pertanto invitava “le autorità ad adottare le misure necessarie” a far sì che rispettasse le regole del patto.  Eguale sintonia  il 16 novembre 2015, sempre a firma di Moscovici: il Dpb 2016 “è a rischio di non conformità con il patto di stabilità”, con un rischio di “deviazione significativa” dall’obiettivo di medio termine.

La Commissione invitava il governo Renzi – che minizzava il fenomeno in Italia –  ad adottare le “misure necessarie” a riportarlo in linea con il patto. Anche l’anno successivo, il 16 novembre del 2016, Moscovici avvertiva che il Dpb 2017 era “a rischio di non conformità con le regole del patto”.

L’UE, ancora una volta, sollecitava  Renzi e Padoan di adottare le consuete “misure necessarie” a far sì che il bilancio fosse in linea con il patto. Un anno dopo, il 22 novembre 2017, Moscovici ammoniva che il Dpb 2018 era “a rischio di non conformità” con il patto e si raccomandava pertanto a Padoan e al premier Paolo Gentiloni di adottare le “misure necessarie” a rimettersi in riga. Ma le cose non sono mai cambiate nè con Renzi nè con Gentiloni che proseguiva interamente la linea dell’ex leader del Pd

La scossa si è avuta solo con con la manovra del “Conte uno”: l’opinione della Commissione sul Dpb 2019 segnalava una “non conformità particolarmente seria” (non un “rischio”) con le raccomandazioni del Consiglio. Si segnalava anche il rischio di fare “marcia indietro” rispetto a riforme fatte in passato (in particolare la riforma Fornero, intaccata da quota 100). La manovra 2019 venne poi rivista, dopo una lunga trattativa che si concluse poco prima di Natale.

Con la manovra 2020, l’Italia sembra fuori dai guai ma è soggetto a verifica ulteriore in primavera. Conte può davvero ritenersi soddisfatto.

Il vicepresidente Valdis Dombrovskis ha sottolineato che “tutti i Paesi trovati a rischio di non conformità dovrebbero adottare tutte le misure necessarie all’interno delle procedure nazionali di bilancio per assicurare il rispetto del patto di stabilità nel 2020. Questo riguarda tutti i Paesi a rischio di non conformità. Rivaluteremo la situazione nel corso dell’anno: il prossimo passo sarà fatto in primavera”.

Nella primavera 2020, in particolare, la Commissione disporrà dei dati a consuntivo per il 2019 e sarà quindi in grado di valutare il rispetto del braccio preventivo del patto di stabilità, per il 2019, sulla base dei dati finali, e non delle previsioni. Inoltre, sulla base delle previsioni economiche di primavera, verrà giudicato il programma di stabilità per il 2020. 

Dombrovskis ric orda che è necessario avere un aggiustamento strutturale pari allo 0,6% del Pil. Valutiamo anche la richiesta addizionale dell’Italia di una flessibilità per gli eventi eccezionali dello 0,2% del Pil. Ma va detto che anche considerando questa clausola, non cambierebbe la nostra conclusione attuale sul rischio di non conformità“.

 

 

Posta dall’Ue per Conte e il ministro dell’Economia Gualtieri

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Flessibilità. E’ la richiesta, a più riprese . del governo italiano all’Ue.La Commissione Europea “prende nota della richiesta dell’Italia nel documento programmatico di bilancio di fare uso della flessibilità prevista dal braccio preventivo del patto di stabilità per tenere conto dell’impatto sul bilancio di eventi eccezionali. La Commissione Europea, e più avanti il Consiglio, condurranno una valutazione accurata dell’applicazione” della flessibilità, “considerando i criteri di eligibilità”.

Sono parole del  vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis e del  commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici, contenute nella missiva  inviata al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri per avere maggiori chiarimenti sul “Draft Budgetary Plan”, il documento programmatico di bilancio, per il 2020.  Adesso il premier Conte si dichiara pronto a fornire i ragguagli richiesti dall’Ue

Il ministro dell’Economia: “Stiamo lavorando per allargare le maglie della flessibilità sugli investimenti”

 

Conferenza stampa a Helsinki al termine dell’Eurogruppo e dell’Ecofin per spiegare la manovra economica italiana. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, spiega agli altri ministri delle Finanze Ue e al vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis, o che una manovra restrittiva sarebbe controproducente, in questa fase. Si sta lavorando per collocare la manovra” economica dell’Italia per il 2020 “in una più appropriata fiscal stance dell’area euro ed europea”.

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Per gli investimenti finanziati dall’Ue Gualtieri spiega anche che in atto è  “assolutamente prematuro parlare” della possibilità che la Commissione Europea emetta una comunicazione che consenta di allargare le maglie della flessibilità sugli investimenti. “Non commento questo elemento”, aggiunge, spiegando che nell’Ecofin c’è stata una “importante discussione su regole fiscali”, all’interno della quale, “sul tema di individuare forme di trattamento favorevole” di alcuni tipi di investimenti, “c’è stata una apertura alla riflessione. Ma eviterei di trarre conclusioni che sono assolutamente premature”. E’ “ovvio” e “lapalissiano”, continua, che il governo italiano “si batte all’interno delle regole” Ue in materia di finanza pubblica, “che comprendono il pieno uso della flessibilità, come detto da Ursula von der Leyen e come chiesto da alcuni gruppi politici” nel corso delle discussioni. Vedremo altre prospettive più avanti”.

Dal canto suo il premier incaricato Conte è certo che i mercati europei e non solo scommettono sull’Italia.

L’Italia “non ha violato le regole del patto di stabilità” ma l’esame definitivo è rinviato al 15 Ottobre

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No alla procedura d’infrazione per debito eccessivo, ha detto il commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici, a Bruxelles. “Fin dal primo giorno ho detto che una sanzione è sempre un fallimento. Se sanzioni, questo significa che le regole non sono state sufficienti a convincere i partner a fare progressi. E sanzionando si stigmatizza un governo o un Paese, cosa che non è positiva per nessuno”, ha sottolineato, rivendicando ancora una volta la filosofia con cui la Commissione Juncker ha gestito i casi in cui i Paesi membri hanno violato le regole del patto di stabilità. “Credo davvero – prosegue Moscovici – che questa Commissione abbia gestito bene i casi” di mancato rispetto del patto, “perché non abbiamo mai pensato che il patto di stabilità sia punizione, costrizione e sanzioni. E’ per questo che quello che ho fatto è lavorare sul dialogo e sugli incentivi per avere le misure richieste. Non abbiamo sanzionato un Paese durante il mandato, ma non lo abbiamo fatto perché abbiamo ottenuto quello che era necessario attraverso il dialogo”. Per quanto riguarda in particolare l’Italia, ha continuato Moscovici, “era nostro dovere andare avanti con le procedure che sono sotto la nostra responsabilità. Ma non è mai stato lo spirito di questa Commissione, né il mio”.

Ma la decisione di non raccomandare al Consiglio di aprire una procedura per debito nei confronti dell’Italia “non è la fine del percorso. Monitoreremo molto attentamente il documento programmatico di bilancio” dell’Italia per il 2020, che dovrà essere presentato “entro il 15 ottobre”, cosa che sarà “uno degli ultimi compiti” di questa Commissione, ha affermato allora Moscovici.

Per quanto riguarda il deficit nominale, con le misure adottate dal governo lunedì scorso l’Italia rispetta “l’impegno del dicembre scorso, riportando il suo deficit al 2,04% del Pil nel 2019”, ha specificato  Moscovici : “Preciso che questa valutazione è fatta secondo le nostre cifre, le cifre della Commissione, perché è sempre sulle nostre cifre che ci basiamo. Il che vuol dire che l’Italia realizza lo stesso sforzo previsto in dicembre, ma senza crescita. Pensiamo che sarebbe controproducente, dal punto di vista economico, di chiedere al Paese di fare più di così quest’anno, nelle circostanze che conosciamo”. “Dopo le discussioni anche nell’ultimo weekend a Osaka con Giovanni Tria il governo italiano ha adottato lunedì scorso un pacchetto di misure che formalizza le risposte alle nostre condizioni”….

(Com.Ag)

Scandalo dieselgate: la Corte di Giustizia europea boccia la commissione d’inchiesta del Parlamento europeo

 

Pubblichiamo una comunicazione Stampa del M5s a firma di Eleonora Evi con un breve preambolo per la reale comprensione della problematica.

La bufera ha avuto inizio negli Usa quando l’Epa, l’Agenzia americana per la protezione ambientale, ha scoperto l’uso di software che modificavano i dati sulle emissioni delle auto. Tra le case automobilistiche più coinvolte le tedesche Volkswagen e Audi

Il Dieselgate o scandalo emissioni, consiste nella scoperta della falsificazione delle emissioni di vetture munite di motore diesel vendute negli Stati Uniti e in Europa consentendo così alle vetture di emettere sostanze inquinanti superiori ai limiti imposti per legge. La manipolazione avveniva attraverso un software. La bufera è scoppiata nel settembre 2015 e non è ancora conclusa come dimostra il fermo dell’amministratore dell’Audi Rupert Stadler.

Dopo quasi due anni dalla fine lavori della Commissione di inchiesta del Parlamento europeo sullo scandalo Dieselgate (EMIS) non si è fatto abbastanza per togliere dalla strada milioni di auto diesel che inquinano più di quanto dichiarato da costruttori e autorità di omologazione. Lo dice chiaramente la Corte dei conti nel documento di riflessione intitolato “La risposta dell’UE allo scandalo Dieselgate” (febbraio 2019).

I revisori inchiodano letteralmente la Commissione Junker alle proprie responsabilità quando affermano che potrebbero essere necessari molti anni per migliorare la qualità dell’aria nelle città considerato l’elevatissimo numero di auto diesel altamente inquinanti in circolazione in Europa, che secondo le stime a disposizione ammonterebbero a ben 43 milioni di veicoli. Perché i recenti sviluppi normativi promossi a livello dell’Unione, tra cui l’introduzione della prova RDE per gli inquinanti atmosferici, ovvero il test in condizioni reali di guida, non hanno avuto un impatto incisivo.

I revisori della Corte dei Conti scrivono che proprio la prova RDE avrebbe potuto portare ad una riduzione maggiore delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) da parte delle auto diesel se la Commissione europea non ne avesse indebolito l’efficacia introducendo dei moltiplicatori con cui rendere più laschi i limiti da far rispettare ai costruttori di auto diesel: “l’introduzione della prova RDE ha portato ad una significativa riduzione delle emissioni di NOx da parte delle autovetture diesel, ma l’impatto avrebbe potuto essere ancora maggiore se fosse stato adottato il limite massimo di 128 mg/km di NOx inizialmente proposto invece di quello di 168 mg/km.”

Tradotto: la Commissione poteva (e noi diciamo doveva) essere più ferma nei confronti delle case automobilistiche e non concedere loro di piegare la nuova procedura di test su strada a loro piacimento, consentendo il raddoppio dei limiti da rispettare fino al 2020.

Una vergogna. Esattamente quanto noi abbiamo sempre denunciato in Commissione EMIS. E un punto su cui la Commissaria all’industria e il mercato interno (la polacca Elżbieta Bieńkowska) è stata incalzata anche durante l’ultimo confronto sul follow-up dell’UE allo scandalo Dieselgate il 20 febbraio scorso.

E non è finita qui. La Commissione europea ha ricevuto un’altra sonora bocciatura del suo operato, questa volta da parte della Corte di Giustizia europea, con sentenza  di condanna di Dicembre 2018.

La sentenza ha annullato parzialmente il regolamento della Commissione – a cui il Movimento 5 Stelle si era opposto con un’obiezione in Parlamento UE – che aveva fissato limiti di emissione per i NOx troppo elevati, in base al cosiddetto “fattore di conformità” ovvero quei moltiplicatori (peraltro privi di solide fondamenta scientifiche) che consentono di annacquare i limiti.

La Corte condanna la Commissione perché la modifica dei limiti è avvenuta per mezzo di un atto “esecutivo”, ovvero una procedura che sfugge al pieno controllo e coinvolgimento dei co-legislatori – quindi del Parlamento europeo – atto che ha modificato un regolamento di base. Cosa significa in poche parole? che la Commissione ha modificato i limiti del regolamento con una procedura “secondaria” e non aveva il potere di farlo.

Ci sono voluti tre anni dallo scoppio dello scandalo dieselgate per confermare quello sempre denunciato, ovvero che annacquare i limiti non avrebbe risolto il problema. Il fatto che il 20 febbraio la commissaria Bieńkowska abbia pubblicamente dichiarato in Parlamento europeo che la sentenza della Corte verrà “probabilmente impugnata” di certo non fa ben sperare e dice moltissimo di quanto l’esecutivo comunitario continui ad essere tristemente prigioniero delle lobby dell’auto.

Conte: negoziamo con la Commissione europea e recuperiamo risorse finanziarie

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Il premier Giuseppe Conte, annuncia a Bruxelles un “deficit al 2,04%per la Commissione europea e non come originariamente previsto “al 2,4%” ma le misure restano. “Le relazioni tecniche – afferma – ci hanno consentito un margine di negoziazione, perché abbiamo recuperato alcune risorse finanziarie. Eravamo stati molto prudenti. E queste risorse finanziarie le stiamo usando adesso per questa negoziazione in corso con la Commissione”. Il premier garantisce comunque il rispetto degli “impegni presi, con particolare riguardo alle misure di riforma che hanno un maggiore impatto sociale: reddito di cittadinanza e quota 100, perché rispettiamo sia la platea dei destinatari che avevamo preannunciato sia gli importi di cui beneficeranno i destinatari”. “Io sto lavorando per evitare all’Italia la procedura per debito – sottolinea -. Sono molto ambizioso, non mi sarei seduto al tavolo per un risultato minore”. Reddito di cittadinanza e quota 100 “entreranno in vigore come è stato preannunciato: gli importi, la platea, non rinunciamo a nulla”, ripete Conte, che sta rientrando a Roma. Stasera “dovremmo fare una riunione” con i due vicepremier Di Maio e Salvini, “ma per gli emendamenti”. “Devo tornare a Roma perché fa un po’ freddo” a Bruxelles, aggiunge. 

Il decreto fiscale. Qui il governo ha posto la fiducia.L’annuncio-comunicato  è stato dato dal ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta Riccardo Fraccaro. La votazione per appello nominale del ddl di conversione del decreto fiscale (già approvato dal Senato e in scadenza il prossimo 22 dicembre), avrà inizio giovedì alle 11.30, con dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi a partire dalle 10.

“Surreale” l’interesse dell’U E sulla manovra “espansiva” del governo italiano-Oggi la “sentenza”

 

Oggi la Commissione europea pubblicherà le opinioni sui documenti programmatici di bilancio degli Stati dell’Eurozona, quello rivisto dell’Italia, opinione che lascia con il fiato sospeso per la riflessione lanciata dal Ministro Tria che ha confermato i saldi (2,4% di deficit/Pil nel 2019) e non riporta i cambiamenti “sostanziali” che erano stati chiesti a Roma.

Ieri il governo è stato battuto alla Camera sull’anticorruzione. Oggi è sulle spine per il giudizio della Commissione europea.Ricorderemo che la maggioranza ieri  è andata sotto su un emendamento al ddl Bonafede votato a scrutinio segreto.  Il presidente della Camera, Roberto Fico, ascoltato il parere dei gruppi, ha sospeso i lavori a Montecitorio per 30 minuti per poi convocare la conferenza dei capigruppo al termine della quale è stato comunicato che l’aula della Camera avrebbe ripreso l’esame del ddl domani alle 11.

L’emendamento al ddl anticorruzione a prima firma dell’ex M5S ora al gruppo Misto, Catello Vitiello, sul quale la maggioranza è stata battuta, depotenzia il reato di peculato. . La maggioranza aveva dato parere contrario all’emendamento Vitiello. I voti a favore sono stati 284, i voti contrari 239.  Ora tocca all’Europa giudicare il lavoro svolto dall’Italia.

Il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha invitato tutti al realismo, definendo quasi “surreale” il vespaio sollevato dalla manovra del governo gialloverde, visto che essa è “solo moderatamente espansiva” e che va inquadrata in un contesto economico in deciso “rallentamento”, ieri è stata il vertice del Meccanismo di vigilanza unica della Bce, Danièle Nouy,a rincarare la dose contro il governo italiano

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Obiettivo, le banche italiane, le cui quotazioni di Borsa continuano a soffrire del rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato. In audizione davanti alla commissione Econ dell’Europarlamento, l’ex alta funzionaria della Banca di Francia  ha detto : “Teniamo le dita incrociate per far sì che le banche italiane stiano andando ancora verso una migliore solvibilità e migliori bilanci, sui quali hanno già fatto molti sforzi, con buoni risultati negli stress test dell’Eba”.

Poi ha paragonato la situazione delle banche italiane a quella degli istituti di credito della Grecia, un Paese che è stato sottoposto alle ‘cure’ della Troika, con dosi massicce di austerità che hanno abbattuto drasticamente il Pil, con pesanti conseguenze sociali: “Personalmente – ha detto la Nouy – penso che le banche italiane abbiano fatto molti sforzi per ripulire i bilanci, aumentare le loro posizioni di capitale, migliorare i loro modelli di business: sarebbe molto triste se venissero colpite dalle conseguenze del dibattito politico”. Poi ha aggiunto: “Ma sono cose che succedono: i problemi delle banche greche sono iniziati con discussioni politiche”. Anche se lo spread tra i Btp e i titoli greci a 10 anni attualmente supera di poco il punto percentuale (Atene paga il 4,68%, noi il 3,63%), mentre quello tra i nostri decennali e i Bund tedeschi supera i 3,2 punti percentuali, la situazione dei due Paesi, e quindi delle relative banche, è oggettivamente difficile da paragonare: il Pil dell’intera Grecia è inferiore, e non di poco, a quello della sola Lombardia.

Nonostante che  il debito pubblico supera il 130% del Pil, il nostro Paese destina al servizio del debito, cioè al pagamento degli interessi (un indicatore molto più affidabile della sostenibilità di un debito rispetto al mero rapporto con il Pil), poco più dell’8% del gettito, a fronte del 7% di Regno Unito e Spagna, Paesi che pure hanno rating molto più elevati, come ha notato recentemente il capo economista di Unicredit Erik Nielsen.

 

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