Vertice UE sui migranti: condividere le responsabilità

 

Sui migranti siamo vicini ad un possibile accordo ,un’ apertura cioè  verso un meccanismo di ‘burden sharing’, cioè di condivisione degli oneri, , tramite operazioni di ricerca e soccorso in mare (Sar, Search and Rescue). La  responsabilità dovrà essere  condivisa,uguale agli altri,  per dividere gli oneri almeno tra i Paesi con frontiere marittime.

Se questo riferimento non dovesse esserci nel ‘wording’ delle conclusioni, allora l’Italia potrebbe decidere di non approvarle. Il Paese sta cercando di ottenere un linguaggio adeguato che possa codificare questo impegno nelle conclusioni del Consiglio Europeo, l’istituzione dell’Ue che riunisce i capi di Stato e di governo e che stabilisce gli indirizzi generali della politica comunitaria

Roma riconosce il legame che esiste tra movimenti primari e secondari dei richiedenti asilo, il nodo politico che sta a cuore alla cancelliera tedesca Angela Merkel per motivi di politica interna  ma osserva anche che, se prima dei movimenti secondari non vengono regolati i movimenti primari, cioè gli arrivi di migranti sulle coste italiane, allora trovare un accordo sarà difficile.

 

Sulla seconda  tranche dei fondi destinati alla Turchia, 3 mld di euro (2 mld a carico dell’Ue e 1 mld degli Stati membri), l’Italia ha chiesto il b locco: va colmato il gap nel finanziamento del Trust Fund per l’Africa, che ammonta almeno a 500 mln di euro.

Anche questa verrebbe considerata una linea rossa: l’Italia vuole mantenere l’unità dell’Ue, ma chiede, per riconoscere la rilevanza dei movimenti secondari voluta dalla Merkel, che vengano riconosciute almeno queste due cose, che rispondono all’interesse nazionale.

Per quanto riguarda le piattaforme di sbarco, ispirate ad un’idea dall’Unhcr (l’alto commissario Filippo Grandi ha scritto una lettera in proposito al premier bulgaro Boyko Borissov, presidente di turno del Consiglio Ue: tutto nasce da lì), l’opzione preferita da Roma sarebbe quella di crearli nei Paesi terzi, esterni all’Ue, per esempio a sud della Libia, cosa generalmente condivisa (i Paesi del gruppo di Visegrad ritengono che sarebbero un ‘pull factor’, se fatti in Europa, mentre sarebbero molto meno attraenti se piazzati, per esempio, nel Niger settentrionale, in pieno deserto del Sahara).

Su questo punto, “siamo determinati a trovare una soluzione – osserva un alto funzionario Ue – se funzionassero, allora la pressione sull’Italia calerebbe parecchio”. Cosa che, osserva, potrebbe essere “un’alternativa interessante” a quello che forse è in divenire, la chiusura delle frontiere interne, che “è un’altra possibilità. Questa è la nostra motivazione principale: trovare una soluzione che rispetti il diritto internazionale e che sia efficace”. Anche prima dell’accordo tra Ue e Turchia sulle migrazioni, osserva la fonte, c’era chi era scettico sulla sua efficacia, ma i fatti hanno dimostrato che i flussi si possono gestire, se c’è la volontà politica (e le conseguenti risorse).