Ordinanze del Gip di Napoli Nord: custodie cautelari per i componenti di associazione a delinquere di otto specialisti in furti di telecomunicazioni

 

Foto gratuita torri di telecomunicazioni contro il cielo nuvoloso

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 – Caserta
All’esito di un’attività di indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, i Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Aversa hanno dato esecuzione a due ordinanze emesse dal G.I.P. del Tribunale di Napoli Nord, su richiesta di questa Procura. 
In particolare, la prima ordinanza dispone la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di F.A., G.A., G.B., G.R.; la misura degli arresti domiciliari per G.B. e P.G. e l’obbligo di dimora nei confronti di G.L.. 
La seconda ordinanza, invece, dispone l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per S.G. e G.B. – tutti cittadini italiani tra i 26 e i 55 anni di età. 
L’attività investigativa ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza nei confronti delle persone sottoposte alle indagini in ordine alla costituzione e partecipazione ad un’associazione a delinquere composta da otto persone e finalizzata alla commissione di un numero indefinito di reati contro il patrimonio, in particolare furti aggravati ai danni di apparecchi destinati alle telecomunicazioni e ricettazione, alcuni di questi commessi evadendo dagli arresti domiciliari. 
La complessa attività d’indagine veniva avviata 111 seguito ai numerosi furti di cavi di rame verificatisi nella provincia di Caserta, tra i mesi di febbraio e agosto 2023, ai danni degli apparati di trasmissione di proprietà delle compagnie telefoniche e, in particolare, dei moduli RRU (Radio Remote Unit), installati presso le antenne degli operatori presenti sul territorio, con danni di decine di migliaia di euro per le aziende e di numerosi disservizi per l’utenza. 
Le investigazioni, condotte attraverso le intercettazioni telefoniche, i servizi di osservazione, controllo e pedinamento, le analisi dei tracciati gps e la visione delle immagini dei sistemi di sorveglianza pubblici e privati, hanno consentito di raccogliere gravi elementi di colpevolezza nei confronti delle persone sottoposte alle indagini e indiziate di appartenere al gruppo criminale, nonché di raccogliere un grave quadro indiziario circa la loro partecipazione ai furti dei cavi di rame e di componenti elettronici sottratti agli apparati RRU.
Il prosieguo dell’attività di indagine ha permesso di raccogliere gravi elementi circa l’esistenza di un accordo criminale tra i destinatari delle misure, i quali sono indiziati di essersi dotati di un proprio sistema organizzativo e di divisione dei ruoli, che gli ha consentito di raggiungere una notevole capacità criminale, considerato l’elevato numero di furti portati a termine. 
Le indagini consentivano, inoltre, di raccogliere gravi indizi riguardo alla partecipazione ai furti di alcuni degli indagati i quali, nonostante fossero ristretti agli arresti domiciliari, più volte evadevano per prendere parte alle attività criminali del gruppo. 
In data odierna, all’atto dell’esecuzione dei provvedimenti, in un terreno di proprietà di uno degli indagati – successivamente sottoposto a sequestro – sono stati rinvenuti pezzi di RRU in fase di semi­lavorazione. 
Inoltre, presso l’abitazione di un altro indagato, sono stati rinvenuti oltre 30 Kg di TLE; pertanto si è proceduto ad autonomo arresto anche per tale titolo di reato. 

 

 

Reggio Calabria: Operazione “Case Popolari” 2 arresti e 7 indagati fra cui un dipendente comunale ed un vigile urbano “che predisponevano documenti falsi..”

 

 

Il monitoraggio del piano anticorruzione

Archivi-Sud Libertà  (corruzione)

 

 

 
Reggio Calabria,

Questa mattina, alle prime luci dell’alba, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, nell’ambito dell’operazione denominata “CASE POPOLARI”, hanno dato esecuzione ad ordinanza cautelare personale, emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di 9 persone, di cui, due destinatarie della misura della custodia cautelare in carcere e sette della misura degli arresti domiciliari, in quanto ritenute responsabili di aver preso parte, con vari ruoli, ad una associazione per delinquere finalizzata all’illecita gestione di immobili di edilizia popolare ed alla commissione di condotte estorsive. Inoltre, il Gip, in accoglimento della richiesta cautelare, ha disposto il sequestro preventivo di 11 appartamenti di edilizia popolare illecitamente assegnati e occupati anche da alcuni degli odierni indagati.

Il provvedimento costituisce l’esito di una complessa attività investigativa condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dalla Compagnia Carabinieri di Villa San Giovanni, che ha visto i suoi albori nell’anno 2016, per poi proseguire fino ad epoca recente, anche con il contributo della Squadra Mobile di Reggio Calabria, diretta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, e che ha riguardato complessivamente, a vario titolo, 37 indagati.

L’attività investigativa ha fatto luce su una situazione di malaffare che aveva come settore preferenziale quello della gestione degli alloggi di edilizia popolare di proprietà del Comune di Reggio Calabria e dell’A.T.E.R.P. (Azienda territoriale edilizia residenziale pubblica), consentendo di acclarare come il sodalizio criminale fosse capeggiato da due pregiudicati reggini, uno dei quali già riconosciuto quale appartenente alla ‘ndrangheta, all’esito di pronunce giurisdizionali definitive.

Le indagini, condotte sia con le classiche tecniche investigative che con le più moderne attività d’intercettazione, hanno offerto uno spaccato di rara chiarezza in ordine alla particolare operatività degli odierni indagati nella gestione ed assegnazione illecita di immobili di edilizia popolare, soprattutto nel quartiere “Santa Caterina” di Reggio Calabria.

L’associazione poteva, anche, contare sull’apporto fornito da alcune figure interne alla Pubblica Amministrazione, tra le quali, spiccava quella di ex una dirigente dell’A.T.E.R.P., all’epoca in servizio presso la sede di Reggio Calabria, a disposizione della consorteria, che si dimostrava in grado di “pilotare” la concessione degli immobili, ideando e suggerendo le modalità migliori per realizzare le finalità illecite dell’associazione.

Tale mercificazione della funzione pubblica garantiva un forte appeal al sodalizio, potendo contare sulla cd. “regolarizzazione” della posizione dell’acquirente, che, dapprima, occupava abusivamente l’immobile e, in un secondo momento, grazie ai rapporti con i pubblici dipendenti, ne diveniva legittimo assegnatario. Attraverso questo sistema i “clienti” potevano così acquistare un’abitazione non commerciabile ad un prezzo certamente più competitivo rispetto a quello di mercato, nondimeno privandone della disponibilità cittadini e famiglie bisognosi.

A disposizione dell’associazione criminale vi era, inoltre, un dipendente del Comune di Reggio Calabria, il quale individuava gli immobili popolari, li segnalava ad uno dei promotori del sodalizio e ne cedeva le chiavi, dietro versamento di denaro, nonché si adoperava nella procedura amministrativa di regolarizzazione, predisponendo anche la falsa documentazione attestante la residenza dei futuri acquirenti ed interloquendo con altri soggetti interni all’amministrazione per incidere illecitamente sul procedimento di assegnazione.

Nel corso del procedimento penale emergevano elementi indiziari anche nei confronti di un appartenente alla Polizia Municipale del Comune di Reggio Calabria, non destinatario di misura cautelare bensì di perquisizione personale e locale, che, in più di una occasione, dietro il versamento di somma di denaro, avrebbe falsificato documentazione afferente al suo Ufficio, al fine di venire incontro ai desiderata di uno dei capi promotori.

Inoltre, è stata riscontrata la responsabilità dei promotori del sodalizio anche in relazione al reato di estorsione poiché, con minacce e violenze perpetrate nei confronti di un cittadino, lo costringevano a liberare un appartamento che aveva occupato abusivamente e che era d’interesse dell’associazione.

Si segnala, altresì, come, nel corso dell’attività di indagine, siano emersi plurimi elementi relativi alla commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, sia del tipo cocaina che marijuana.

All’esito dell’attività di esecuzione della ordinanza del Gip, accompagnata dall’esecuzione di perquisizioni personali e locali, i due destinatari della misura della custodia cautelare in carcere sono stati associati presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria, mentre i restanti 7 indagati sono stati collocati presso i rispettivi domicili a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Inoltre, così come disposto dal Gip, sono stati sottoposti a sequestro preventivo 11 appartamenti di edilizia popolare illecitamente assegnati.

Contestualmente, si è proceduto a dare esecuzione a 20 decreti di perquisizione personale e domiciliare nei confronti di soggetti indagati, a vario titolo, nel presente procedimento penale.

Il procedimento è attualmente pendente nella fase delle indagini preliminari e l’effettiva responsabilità delle persone deferite sarà vagliata nel corso del successivo processo. Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore delle persone sottoposte ad indagini.

 

 

 

Napoli, ordinanza di custodia cautelare per otto persone – Provvedimenti emessi per reati di riciclaggio e frode fiscale, aggravati dalla finalità di agevolare il clan dei Casalesi

 

Napoli,

Militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Roma, con il supporto del Comando Provinciale della G.d.F. di Caserta, hanno eseguito questa mattina un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli, Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di otto persone gravemente indiziate di appartenere a una organizzazione dedita ai reati di riciclaggio di denaro, frode fiscale ed intestazione fittizia di beni, aggravati dalla finalità di agevolare il clan dei Casalesi.

Il provvedimento restrittivo scaturisce da un’indagine che ha raccolto elementi probatori a carico di un gruppo di imprenditori, con base organizzativa in provincia di Caserta, dedito in modo sistematico alla commissione di reati tributari. Attraverso una società di gestione e smaltimento di rifiuti fittiziamente intestata a un “prestanome” ma, di fatto, riconducibile ad una compagine familiare vicina ad ambienti camorristici del clan dei Casalesi, gli ingenti flussi finanziari originati dalle attività illecite, venivano successivamente riciclati attraverso una rete di persone fisiche e giuridiche accomunate da una medesima regia. L’impresa di smaltimento dei rifiuti, già nel passato destinataria di provvedimenti interdittivi antimafia per la presenza di un socio esponente di spicco del clan dei Casalesi, avrebbe continuato ad operare, attraverso una nuova compagine, nell’interesse del clan.

La linea di continuità gestionale e imprenditoriale tra la vecchia compagine societaria e l’attuale avrebbe garantito all’organizzazione criminale di poter continuare a disporre di una delle sue articolazioni imprenditoriali, in sostanziale elusione delle interdittive adottate dall’autorità prefettizia. Nel corso delle indagini è emerso che la società di smaltimento rifiuti avrebbe ricevuto ed utilizzato numerose fatture per operazioni inesistenti, che hanno consentito di generare costi fittizi e al tempo stesso far fuoriuscire gli utili aziendali attraverso un imponente sistema di riciclaggio. Attraverso l’operato di diversi soggetti, ciascuno con ruoli ben definiti, sarebbero state poste in essere anomale movimentazioni finanziarie, collegate alle fatturazioni per operazioni inesistenti emesse da società di comodo/cartiere, finalizzate a far confluire su conti correnti bancari e postali somme di denaro che poi venivano trasferite anche all’estero (in Bulgaria, Regno Unito, Polonia, Germania, Belgio, Lituania) o prelevate in contanti, rendendo difficile l’individuazione della destinazione finale.

Le indagini tecniche e di tipo bancario hanno comunque consentito di appurare il rimpatrio di buona parte dei capitali di verosimile provenienza illecita, attraverso movimentazioni di denaro contante. Nei confronti dei due soggetti che hanno diretto e organizzato l’attività del sodalizio è stata disposta la custodia cautelare in carcere, mentre gli altri sei indagati sono stati posti agli arresti domiciliari. È stato altresì disposto dal GIP, su richiesta della DDA, il sequestro preventivo, anche per equivalente, di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili, per oltre 11 milioni di euro, oltre alla totalità delle quote di partecipazione al capitale sociale e dei complessi aziendali di sei società. Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione ed i destinatari dello stesso sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Immagine del luogo
Nucleo Speciale Polizia Valutaria Roma

Ordinanza di custodia cautelare in carcere per 25 componenti del clan napoletano “Sangermano”.

Camorra, riciclaggio di denaro: 63 misure cautelari - La Stampa

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Ordinanza di custodia cautelare in carcere per 25 persone appartenenti al clan “Sangermano”.
 Napoli – San Paolo Belsit

Nell’ambito di un’indagine coordinata della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna e personale della Direzione Investigativa Antimafia, articolazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, hanno dato esecuzione a un’Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Napoli, a carico di 25 soggetti, ritenuti appartenenti al Clan “Sangermano” con operatività nell’agro nolano, gravemente  indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza, usura, autoriciclaggio e porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo, quest’ultimi reati aggravati dalle finalità e modalità mafiose.
L’attività investigativa, svolta dal 2016 al 2019, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di  Napoli, ha consentito di evidenziare l’operatività del sodalizio criminale, con base a San Paolo Bel Sito (NA) e con interessi in gran parte nell’agro nolano ed in una parte della provincia di Avellino, tendente ad affermare il proprio controllo egemonico sul territorio di interesse, anche con la disponibilità di una importante quantità di armi comuni da sparo.
Le indagini hanno fatto emergere plurime condotte estorsive poste in essere dal sodalizio attraverso l’imposizione di articoli caseari a numerosi esercizi commerciali della zona, nonché l’induzione degli imprenditori all’acquisto di provviste per l’edilizia da una sola rivendita di riferimento.
Il sodalizio si assicurava importanti profitti economici anche attraverso l’attività di riciclaggio, l’illecito esercizio della professione creditizia e la concorrenza illecita esercitata grazie alla forza di intimidazione promanante dalla perdurante azione associativa sul territorio.
A dimostrazione della pressante presenza del clan sul territorio, nel corso della processione della patrona del paese, l’effigie della Santa era stata fatta “inchinare” innanzi l’abitazione del capo clan.
Nel corso delle attività, i carabinieri hanno dato esecuzione anche ad un decreto di sequestro preventivo, per un valore di circa 30 milioni di euro, su immobili (terreni e fabbricati), società, autovetture e rapporti finanziari.
Il provvedimento eseguito è una misura disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione, e i destinatari di essa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Siracusa, un arresto per stalking

Meccanico del Cosentino accusato di stalking si avvicina all'ex moglie,  arrestato - Il Quotidiano del Sud

Siracusa,

I Carabinieri della Stazione di Siracusa Principale, in esecuzione di un ordine di custodia cautelare ai domiciliari, hanno arrestato un 60enne siracusano, ausiliario del traffico, responsabile di atti persecutori nei confronti della ex fidanzata.
La vittima, dall’interruzione della relazione amorosa, è stata oggetto di attenzioni indesiderate 
L’uomo, vistosi respinto,- informano i militari,  ha iniziato a recapitare alla donna bigliettini minatori e a telefonarle pressoché quotidianamente. In un’ora è arrivato a fare 53 chiamate, quindi quasi una al minuto.
Il culmine degli episodi è stato il danneggiamento dell’autovettura della vittima. L’uomo ha pedinato la ex fidanzata fino ad un centro commerciale del capoluogo, ha atteso che lasciasse il veicolo incustodito e ha più volte tamponato l’autovettura della donna.
Già in quella circostanza i Carabinieri, su segnalazione di un passante al 112, hanno fermato l’uomo durante la fuga denunciandolo per l’accaduto.
Successivamente la donna, che sino ad allora aveva avuto remore a denunciare gli eventi, si è convinta della gravità della situazione anche grazie all’assistenza di un centro antiviolenza del Capoluogo. 
Così il personale specializzato nella tutela delle fasce deboli del Comando Provinciale dei Carabinieri di Siracusa, attraverso gli strumenti tecnici e di supporto psicologico presenti nella c.d. “stanza tutta per se” ha raccolto la denuncia della vittima e attraverso la visione delle telecamere, l’analisi dei tabulati e le testimonianze dirette di chi ha assistito, ha in tempi brevissimi richiesto e ottenuto dall’Autorità Giudiziaria aretusea, un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’uomo.  

Droga Palermo: Operazione CARTHAGO, 12 arresti per traffico di stupefacenti

 

Informazioni sui Vari Tipi di Droghe

PALERMO,
 Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 12 persone (n.6 in carcere e n.6 agli arresti domiciliari), indagate, in concorso tra loro, per produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti.
L’esecuzione è stata affidata ai Carabinieri della Compagnia di Monreale. Il provvedimento – emesso dall’ufficio G.I.P. del Tribunale di Palermo, nel corso delle indagini preliminari, su richiesta della Sezione “Palermo” della locale Direzione Distrettuale Antimafia – è frutto di una complessa attività investigativa, condotta dai Carabinieri di Monreale tra il settembre 2018 e l’aprile 2020; l’indagine ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario a carico degli indagati relativamente alla vendita al dettaglio di sostanze stupefacenti nel quartiere Passo di Rigano di Palermo.

Sempre secondo l’ordinanza cautelare, sussistono gravi indizi di colpevolezza circa i seguenti fatti:
l’attività di spaccio sarebbe avvenuta di giorno anche nella villetta comunale antistante alla scuola media del quartiere (aggravante riconosciuta nel provvedimento cautelare eseguito), in favore di innumerevoli acquirenti provenienti anche da altre province siciliane; lo spaccio di cocaina, crack, hashish e marijuana sarebbe stata la principale fonte di sostentamento per le famiglie degli indagati;
gli indagati avrebbero utilizzato per le attività di stoccaggio, lavorazione e spaccio di stupefacenti gli inospitali meandri degli edifici, le strette vie del quartiere e le abitazioni degli indagati con i nuclei familiari; tali siti sarebbero stati utilizzati per lo stoccaggio di marijuana e hashish e come laboratori per “cucinare” e “basare” la cocaina per la produzione del crack;
i proventi dell’attività di spaccio, stimati in un giro d’affari di circa 500.000 euro annui, sarebbero stati utilizzati anche per garantire il sostentamento delle famiglie degli indagati durante i loro periodi di detenzione e per il pagamento delle spese legali.
Il GIP, inoltre, ha ritenuto sussistere gravi indizi circa:l’utilizzo della violenza al fine di imporre la loro presenza sul territorio (come, ad esempio, da un presunto violento “pestaggio” nei confronti di un acquirente, accusato di aver causato con le proprie dichiarazioni l’arresto di uno degli indagati; l’uomo sarebbe stato colpito da più soggetti, sulla pubblica via ed in pieno giorno, unitamente al padre 51enne intervenuto a sua difesa);
le intimidazioni ad un militare dell’Arma con lo scopo di alleggerire l’attività di contrasto dei Carabinieri sul territorio (uno degli indagati si sarebbe avvicinato un Carabiniere rivolgendogli velate minacce con cui lo si invitava ad alleggerire i controlli nell’area di azione degli indagati).
Nel corso dell’attività sono già state arrestate in flagranza di reato 9 persone, segnalati alla locale Prefettura, quali acquirenti, 20 soggetti e sequestrate circa 500 dosi di stupefacente.

L’operazione odierna è il frutto della costante azione di contrasto al grave fenomeno del traffico di stupefacenti che i Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo conducono, senza sosta, attraverso l’incessante azione di controllo del territorio e la capillare presenza su tutta la Provincia di Palermo, con particole riferimento alle aree ed ai quartieri più disagiati.

 

 

MAFIA,CLAN TORRETTA IN GINOCCHIO- ARRESTI E CUSTODIE CAUTELARI-LEGAME PALERMO-USA

 

L'analisi di intelligence per il contrasto alle mafie | Osservatorio  Analitico

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Inginocchiato il Clan  di Torretta nel Palermitano. Su delega della Direzione distrettuale antimafia i carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a 11 misure cautelari, emesse dal gip, a carico di altrettanti indagati, accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, detenzione di stupefacenti, favoreggiamento personale e tentata estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Per nove è scattata la custodia cautelare in carcere, uno è finito agli arresti domiciliari mentre per l’undicesimo è scattato l’obbligo di dimora nel comune di residenza.

Le indagini, condotte dal nucleo Investigativo dei carabinieri di Palermo e coordinate da un pool di magistrati diretti dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, hanno fatto luce sulla struttura e le attività criminali di una storica articolazione di Cosa nostra palermitana, la famiglia mafiosa di Torretta appunto, è  inserita nel mandamento di Passo di Rigano. .

Un piccolo borgo con poco più di 4.000 abitanti nell’hinterland palermitano, da sempre roccaforte mafiosa e punto di collegamento tra Cosa nostra siciliana e l’omologa organizzazione criminale newyorkese, la famiglia mafiosa di Torretta in passato si è distinta, tra l’altro, per il ruolo dei suoi esponenti quali garanti per il rientro in Italia dei malviventi del gruppo  ostracizzata dai corleonesi di Totò Riina al termine della seconda guerra di mafia.

“Afferma il generale Arturo Guarino, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, dopo il blitz.   SI tratta di un’attività investigativa prolungata che ha dimostrato le relazioni tra i mafiosi italiani e quelli degli Stati Uniti, ma anche, ancora una volta, una penetrazione opprimente nel tessuto economico della comunità e un inquinamento delle istituzioni locali”.. “I carabinieri con le indagini cercano di liberare e dare dignità a una comunità che troppe volte e per troppo tempo è stata sotto una pressione di una cappa insopportabile da parte della mafia”

Il controllo delle attività economiche legate soprattutto all’edilizia, all’agricoltura e all’allevamento di bestiame, ma anche il tentativo di infiltrarsi nell’amministrazione comunale per  controllare la politica locale.Nulla sfuggiva al ‘monopolio’ della famiglia mafiosa di Torretta, colpita all’alba dal blitz dei carabinieri ‘CrysARREtal Tower’. Le indagini, spiegano gli investigatori dell’Arma, hanno consentito di “coglierne la capacità di inserirsi forzatamente nel tessuto economico locale con l’imposizione delle sensalerie nelle compravendite e attraverso il diretto intervento nelle dinamiche di compravendita degli animali e dei terreni”.

. E’ emersa anche “la capillare ingerenza” nelle dinamiche relative alle commesse di lavoro pubbliche e private a Torretta e nei limitrofi comuni di Capaci, Isola delle Femmine e Carini, oltre che in alcuni quartieri di Palermo. Ricostruiti anche i tentativi di infiltrarsi, prima del commissariamento avvenuto nell’agosto del 2019 nella locale amministrazione comunale, tuttora commissariata, e di indirizzare le relative decisioni amministrative, di modificare l’esito delle elezioni comunali, fornendo, nel corso delle elezioni amministrative del 2018, supporto ai candidati di schieramenti opposti.

L’asse Torretta-Usa era molto stabile. Tra la famiglia mafiosa del Palermitano e gli esponenti di vertice di Cosa nostra statunitense c’era “un persistente e saldo legame”, capace, da un lato, di “condizionare, attraverso propri emissari, gli assetti criminali torrettesi” e, dall’altro, “essere fonte di tensioni in occasione dell’omicidio del mafioso newyorkese Frank Calì, esponente apicale della famiglia Gambino di New York. L’attività d’indagine ha permesso di ricostruire la missione a Palermo, alla fine del mese di settembre del 2018, di un emissario di Cosa nostra d’Oltreoceano, accolto dai vertici della famiglia mafiosa di Torretta.

Alla fine di settembre del 2018, infatti, un emissario di Cosa nostra d’Oltreoceano arrivò a Palermo, accolto con tutti gli ‘onori’ dai vertici della famiglia mafiosa di Torretta. “La permanenza dell’uomo – spiegano gli investigatori del Comando provinciale dei carabinieri di Palermo – è stata garantita, tra gli altri, dai fratelli Puglisi (due imprenditori edili di Torretta, ndr) che, dividendosi i ruoli, si sono occupati di prenderlo in aeroporto e di garantirne il soggiorno in una lussuosa villa con piscina di Mondello, dove gli è stato fatto dono di alcuni grammi di cocaina in segno di benvenuto”.

Nel periodo trascorso sull’isola, l’emissario dei boss Usa partecipò, il 3 ottobre del 2018, a una riunione con Raffaele Di Maggio, a capo della famiglia mafiosa di Torretta, nell’abitazione di quest’ultimo a Torretta e a un secondo incontro riservato nella zona di Baucina. Lo stretto legame tra il clan e i boss d’oltreoceano è testimoniato da un altro episodio. Nei giorni successivi all’omicidio di Frank Calì, capo della famiglia dei Gambino, avvenuto a Staten Island (New York) la sera del 13 marzo 2019 il figlio di uno degli indagati partì per gli Stati Uniti. Rientrato dal viaggio, riferì “il clima di profonda tensione creatosi sulla sponda americana – dicono ancora gli investigatori dell’Arma -.

Nella famiglia mafiosa di Torretta, storica roccaforte di Cosa nostra, c’era una “costante, sebbene incruenta, conflittualità interna”. E’ quanto emerge dal blitz antimafia ‘Crystal Tower’. Al vertice della famiglia di Torretta, secondo gli investigatori, c’era Raffaele Di Maggio, figlio dello storico boss Giuseppe detto ‘Piddu i Raffaele’ morto nel gennaio 2019, aiutato da Ignazio Antonino Mannino, anche lui con funzioni direttive e organizzative, e da Calogero Badalamenti, affiliato a cui era stata affidata l’area di Bellolampo.

Ma l’attività investigativa ha fatto emergere anche i ruoli di Lorenzo Di Maggio, detto ‘Lorenzino’, scarcerato nell’agosto del 2017 e sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Carini; Calogero Caruso, detto ‘Merendino’, anziano affiliato e già figura di vertice della famiglia mafiosa di Torretta, sotto il quale si andava accreditando il nipote Filippo Gambino; e Calogero Christian Zito, affiliato alla famiglia monitorato in numerosi spostamenti tra la Sicilia e gli Usa.

Operazione Duty free – Arrestati 15 soggetti responsabili di contrabbando di Tle e traffico di stupefacenti

Operazione Duty free - Arrestati 15 soggetti responsabili di contrabbando di Tle e traffico di stupefacenti

Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Palermo, in esecuzione dell’ordinanza emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale del capoluogo in esito ad indagini coordinate dalla D.D.A. della Procura di Palermo, hanno eseguito, con la collaborazione dei Reparti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, 15 misure cautelari personali, di cui 3 in carcere, 7 agli arresti domiciliari, 5 con l’obbligo giornaliero di presentazione alla p.g., per i reati di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di sigarette e traffico di sostanze stupefacenti. Contestualmente, i Finanzieri hanno proceduto al sequestro di disponibilità finanziarie, un fabbricato, 2 magazzini, un appartamento, 3 autovetture e 3 motoveicoli, per un valore complessivo di circa 1 milione e mezzo di euro.

I destinatari del provvedimento di custodia cautelare in carcere sono i palermitani B.G. (classe ‘88) e C.P. (classe ‘66), capi e promotori dell’organizzazione criminale. Per D.G.G. (classe ‘87), autista per conto della ditta di spedizione, F.G. (classe ‘82), G.G. (classe ‘85) e G.A. (classe ‘70), i primi due corrieri e quest’ultimo acquirente di t.l.e., sono scattati gli arresti domiciliari. Infine, nei confronti di D.S.G. (classe ‘66), B.M. (classe ‘88), D.P.G. (classe ‘76) e D.P.M. (classe ‘57), grossisti acquirenti di t.l.e., è stata applicata la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.

indaginiA Napoli si è proceduto ad eseguire la misura cautelare in carcere nei confronti di A.C. (classe ‘73), quale capo e promotore dell’organizzazione con compiti di procacciamento del t.l.e. a Napoli e spedizione a Palermo.

Agli arresti domiciliari i sodali addetti alle spedizioni: A.A. (classe ‘96), B.M. (classe ‘75), C.G. (classe ‘60) e per V.P. (classe ‘69) l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria. Sono altresì indagate altre 13 persone, per un totale di 28 soggetti coinvolti.

Di questi, ben 19 risultano percettori di Reddito di Cittadinanza. Le indagini svolte – nel periodo novembre 2019/maggio 2020 – dagli investigatori del 2° Nucleo Operativo Metropolitano del Gruppo di Palermo, condotte mediante intercettazioni telefoniche ed ambientali, attività di videosorveglianza e servizi di osservazione e pedinamento, avrebbero permesso di documentare un fiorente traffico di tabacchi lavorati esteri posto in essere sulla piazza palermitana da parte di un’organizzazione criminale che era solita rifornirsi a Napoli. Nello specifico, due soggetti palermitani (C.P. e B.G.), a capo del gruppo criminale, avrebbero gestito a Palermo i flussi delle sigarette di contrabbando acquistate in Campania (da A.C.) e poi occultate presso un immobile affittato in zona Corso dei Mille.

Il gruppo si sarebbe rifornito del tabacco lavorato estero di contrabbando procacciato a Napoli attraverso mirate trasferte eseguite da soggetti appartenenti all’organizzazione con compiti di corriere/staffetta utilizzando autovetture prese a noleggio, viaggiando all’andata via nave ed al ritorno verso Palermo via terra. In una fase successiva, in concomitanza con l’inizio delle limitazioni agli spostamenti causati dal virus COVID-19, il gruppo criminale avrebbe messo in atto un metodo alquanto innovativo ed insidioso. Nello specifico, le sigarette sarebbero state inviate a Palermo utilizzando una ditta di spedizione, ignara del traffico illecito, indicando quali mittenti e destinatari nomi e indirizzi di pura fantasia, e comunicavano i relativi numeri di spedizione ad un uomo di fiducia. Quest’ultimo, autista operante per conto della ditta di spedizione (D.G.G.), oggi agli arresti domiciliari, provvedeva a ritirare e consegnare i pacchi contenenti il t.l.e. direttamente presso il magazzino di stoccaggio.

In un’occasione è stato sequestrato anche 1 kg di hashish, constatando, quindi, che l’attività illecita del sodalizio criminale si sarebbe estesa anche al traffico di stupefacenti, evidentemente anche in ragione delle difficoltà della vendita al minuto su strada delle sigarette nel periodo epidemiologico. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati circa 700 kg di TLE e arrestati 3 soggetti in flagranza di reato. Inoltre, i Finanzieri hanno ricostruito che – nonostante le limitazioni imposte agli spostamenti a causa dell’emergenza epidemiologica in corso da COVID-19 – in soli 7 mesi (novembre 2019/maggio 2020), sarebbero state trasportate da Napoli a Palermo oltre 5 tonnellate di sigarette. Il prezzo d’acquisto nella piazza napoletana sarebbe stato di 22 euro a stecca (meno della metà delle sigarette di libera vendita), successivamente venduto nel capoluogo palermitano all’ingrosso a 27 euro e al dettaglio per la minuta vendita a 35 euro, per un volume d’affari complessivo di oltre 2,4 milioni di euro.

I carichi di t.l.e., una volta giunti nel capoluogo Palermitano, sarebbero stati venduti o ceduti per la successiva vendita al dettaglio prevalentemente nelle zone Oreto- Stazione, Settecannoli, Borgo Vecchio, Brancaccio e Zen. L’attività di servizio si inquadra nell’ambito della costante azione di contrasto dei fenomeni del contrabbando di sigarette e del traffico di stupefacenti, fonti di ricchezza della criminalità organizzata, operato dalla Guardia di Finanza sia sul piano investigativo che nell’ambito del quotidiano controllo economico del territorio.

Nel periodo 1 gennaio 2020 – 31 marzo 2021, i Reparti dipendenti del Comando Provinciale di Palermo hanno operato:

  • in materia di tabacchi lavorati esteri, il sequestro di oltre 3.500 Kg. di t.l.e., con la denuncia all’A.G. di 82 soggetti, di cui 15 in stato di arresto;
  • per quanto concerne la lotta al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, il sequestro di oltre 80 kg tra hashish, marijuana e cocaina, con la denuncia all’A.G. di 90 soggetti, di cui 20 tratti in arresto, e 188 segnalati amministrativamente alle competenti Autorità Prefettizie.

CORRUZIONE A REGGIO CALABRIA: IN MANETTE SINDACO ED UNDICI PERSONE “…PER INTERESSI PRIVATI..”

In manette il sindaco di Villa S.Giovanni in Calabria. Con lui in manette sono finiti pure altri nove ai domiciliari, e due in carcere L’indagine ha la paternità  dei carabinieri di Reggio Calabria, con  il coordinamento della Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia.       Il comunicato del Nucleo dei Carabinieri lo trascriviamo integralmente: Gli arrestati”sono il sindaco del comune di Villa San Giovanni, Giovanni Siclari, oltre che a Antonino Repaci e Calogero Fimiani, rispettivamente presidente del consiglio di amministratore e amministratore delegato della società di navigazione ‘Caronte & Tourist S.p.A.’, i principali destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria”.

Secondo la ricostruzione dei carabinieri di Reggio Calabria,  ” i manager indagati, hanno promesso di elargire utilità ad amministratori comunali, che in cambio hanno asservito la loro pubblica funzione agli interessi privati della società di navigazione“.

 

MAXOPERAZIONE “STELLA CADENTE” DELLE PROCURE E DEI CARABINIERI: FERMATE 37 PERSONE PER DROGA

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La Procura Distrettuale Antimafia di Catania e la Procura per i Minorenni di Catania, nelle prime ore del mattino, oltre 150 Carabinieri del Comando Provinciale di Catania hanno dato esecuzione, nelle province di Catania,Caltanissetta e Ragusa,ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 37 persone, 3 delle quali minorenni, ritenute responsabili di vari reati nonchè di associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. 

L’Operazione è stata definita “Stella cadente”   – VIDEO