Sequestrati ed oscurati 40 domini web sulla rete che pubblicizzavano prodotti contraffatti

 

Il Nucleo Speciale Beni e Servizi della Guardia di Finanza, a seguito di una indagine di polizia giudiziaria coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, ha eseguito – con il supporto del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche – il sequestro preventivo, emesso dal Gip del locale Tribunale, di 40 domini web monitorati sulla rete che pubblicizzavano per la vendita online migliaia di prodotti contraffatti – tra abbigliamento, accessori, calzature, articoli sportivi e orologi – di prestigiosi marchi nazionali ed esteri.

L’operazione è il risultato del continuo monitoraggio della rete operato a livello nazionale dalle Fiamme Gialle del Gruppo Anticontraffazione e Sicurezza Prodotti del Nucleo Speciale Beni e Servizi, finalizzato alla prevenzione e repressione dei fenomeni illeciti correlati alla produzione, all’introduzione nel territorio italiano, alla conseguente distribuzione e commercializzazione, sia nei mercati fisici che sulle piattaforme digitali e social network, di beni contraffatti, di prodotti non sicuri per la salute del consumatore, contenenti falsa indicazione di origine e/o provenienza ovvero recanti mendace indicazione “Made in Italy”.

Il risultato di servizio conseguito è segno tangibile dell’incisivo impegno della Guardia di Finanza nel prevenire e reprimere il fenomeno illecito del mercato del falso, soprattutto per un Paese, come il nostro, che fa del “made in Italy” e dei suoi marchi di eccellenza un motivo di vanto a livello internazionale, nella piena consapevolezza che la contraffazione – di fatto traducendosi in un freno alla crescita e allo sviluppo del sistema economico – da un lato distorce i meccanismi della concorrenza, mortificando gli sforzi di quanti investono in ricerca e sviluppo, ma – dall’altro – può arrecare pregiudizi alla salute dei consumatori, perché utilizza materiali di qualità scadente, se non addirittura nocivi; provoca danni all’ambiente, come conseguenza dello smaltimento illegale dei residui delle lavorazioni; è associato a deprecabili forme di sfruttamento della manodopera anche in assenza delle più elementari norme di sicurezza; genera gravi forme di evasione dei tributi, perché produce ricchezze occulte, che sfuggono al prelievo erariale; finisce, in molti casi, per alimentare la criminalità organizzata, che – in diverse realtà del territorio – ha il monopolio di questi traffici, da cui lucra consistenti profitti.

Decreto di confisca a pericolosi pregiudicati (15 milioni di euro)

 

Roma,

Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno eseguito un decreto di confisca emesso dalla Sezione Specializzata Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma – confermato per l’intera totalità dei beni dalla Corte di appello capitolina e divenuta definitivo a seguito della pronuncia della Suprema Corte di Cassazione – avente a oggetto beni mobili e immobili, oltre a disponibilità finanziarie, per un valore di circa 15 milioni di euro, riconducibili a quattro pluripregiudicati, dediti alla commissione di plurimi reati anche in forma associativa quali furto, truffa, riciclaggio, ricettazione e lo spaccio di sostanze stupefacenti.

Gli accertamenti economico-patrimoniali svolti dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Frascati, avevano evidenziato, oltre alla pericolosità sociale dei proposti, la rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati e l’ingente patrimonio nella loro disponibilità, che hanno consentito di pervenire al sequestro nel 2019 e alla confisca di I grado a luglio del 2020.

I pregiudicati manifestavano tutti un elevato tenore di vita, con la frequentazione di esclusivi club della Capitale e delle più rinomate località marittime, raggiunte a bordo di una imbarcazione a vela, anch’essa colpita dal provvedimento con cui lo Stato ha incamerato definitivamente nel suo patrimonio 30 unità immobiliari (ville, appartamenti e terreni), 90 autovetture, conti correnti, quote societarie e l’intero patrimonio di 9 società, tra le province di Roma e Latina, nonché un noto locale della movida romana in zona Tiburtina.

Confiscato anche denaro contante per circa 100 mila euro, trovato in possesso di uno dei membri della famiglia, di cui lo stesso non era stato in grado di giustificarne la legittima provenienza.

L’operazione – che assume un rilevante valore “sociale”, venendo restituiti alla collettività beni illecitamente accumulati dalla c.d. “criminalità da profitto” – si inquadra nell’azione della Guardia di Finanza, in sinergia con l’Autorità Giudiziaria, volta all’individuazione e alla conseguente aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati.

 

 

 

Operazione “MI-STEAK”: settore agroalimentare, sequestrati 3 milioni di euro per maxi-frode fiscale

 

 

Operazione “MI-STEAK”. Sequestrati 3 milioni di euro per maxi-frode fiscale nel settore agro-alimentare
Archivi Sud Libertà

 

Fatture false e contabilità farlocca per “bistecche” a buon mercato: questo il risultato delle Fiamme Gialle di Pescara che hanno scoperto una maxi-evasione fiscale nel settore della macellazione e del commercio delle carni.

I militari del Gruppo della Guardia di Finanza del capoluogo adriatico, su disposizione della locale Autorità Giudiziaria, hanno quindi ora posto i sigilli all’ingente bottino, di oltre 3 milioni di euro, illegalmente accumulato negli ultimi anni da una compagine societaria operante nel pescarese.

Il recupero del patrimonio illecito è il frutto di attività di verifica fiscale, nonché di indagini di polizia giudiziaria coordinate dalla Procura della Repubblica di Pescara. L’impianto accusatorio è stato avallato dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale del capoluogo adriatico, che ha emesso un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del “maltolto”, cui è stata data esecuzione aggredendo le disponibilità finanziarie (conti correnti, titoli e polizze assicurative) dei 6 soggetti responsabili della maxi-evasione di complessivi 7 milioni di euro.

I finanzieri hanno così posto fine ad un articolato meccanismo fraudolento, che ha permesso per anni al sodalizio criminoso di risparmiare sul pagamento delle imposte e di commercializzare prodotti della macellazione a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato, alterando le ordinarie regole della concorrenza a discapito degli operatori onesti.

I responsabili del sistema illecito (amministratori di fatto e di diritto, un prestanome ed un commercialista) erano già avvezzi alla commissione di reati tributari come quelli contestati (previsti e puniti dagli articoli 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 74/2000): ingegnoso, infatti, il meccanismo escogitato per frodare il Fisco ed essere più competitivi sulla piazza. Inizialmente, il metodo adottato era il più classico dei sistemi evasivi: utilizzo di fatture false create ad hoc da una “bad company”, riconducibile alla stessa compagine, una vera e propria cartiera che fatturava fittiziamente alla società operativa del gruppo la vendita di migliaia di capi di bestiame e automezzi di trasporto commerciali, in realtà del tutto inesistenti.

Nel tempo, le tecniche fraudolente si sono via via affinate ed evolute grazie alla “consulenza” di un commercialista compiacente, colluso con il sodalizio criminale, che ha ideato un impianto contabile alterato, incentrato su un doppio livello di artifici. In una prima fase, nel sistema contabile venivano registrati fittiziamente acquisti maggiori di quelli reali per generare un falso credito IVA da adoperare poi per abbattere l’imposta da versare; successivamente, per meglio dissimulare tale frode veniva posto in essere un ulteriore artifizio consistente nel contabilizzare falsi finanziamenti soci per importi corrispondenti all’indebito credito IVA, in modo da far quadrare, ma solo formalmente, il bilancio d’esercizio.

Una frode fiscale 2.0, incentrata su un sistema illecito reso sempre più articolato e complesso per ostacolarne l’accertamento, ma che l’acume investigativo dei finanzieri ha comunque disvelato e sgominato.

L’operazione “MI-STEAK” rappresenta, dunque, un evidente esempio sul territorio della provincia di Pescara, dell’efficacia dell’azione a tutela delle entrate erariali e del corretto funzionamento del mercato, assicurata dalla polizia economico-finanziaria, fino al recupero effettivo dei patrimoni illecitamente accumulati, restituiti alla collettività.

 

 

 

Scoperta una frode fiscale imponente – rivendita di merce con indebito ed illecito risparmio d’imposta- a Napoli

Frode fiscale

 

 

Napoli;

l Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli ha dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca emesso dal Tribunale di Nola per un importo complessivo di 4.646.039,14 euro nei confronti di una società operante nell’area nolana, attiva nel settore del commercio all’ingrosso di elettrodomestici ed elettronica.

L’adozione del provvedimento è scaturita da una minuziosa attività eseguita dai militari del Gruppo di Nola e coordinata dalla locale Procura della Repubblica, a seguito della quale è stato rilevato che la compagine societaria attenzionata farebbe parte di un’articolata frode carosello realizzata mediante l’interposizione fittizia di società “cartiere”, grazie alla quale i responsabili, oltre a versare meno imposte, avrebbero indebitamente e artificiosamente creato crediti d’imposta non spettanti.

La frode sarebbe stata posta in essere mediante due distinte tipologie esecutive: l’acquisto di beni in regime di IVA comunitaria, rivenduti poi sul territorio nazionale a prezzi concorrenziali con un indebito e illecito risparmio d’imposta, e l’acquisto, da parte di aziende compiacenti ubicate in paesi dell’Unione Europea, di merce di scarsissimo valore commerciale a prezzi elevatissimi, che veniva poi introdotta nel circuito fraudolento sul territorio nazionale e, infine, nuovamente esportata verso altre società consenzienti dell’Unione Europea, così da creare fittizi crediti IVA in capo ad aziende nazionali.

Gli scambi di merci, contabilizzati tramite una serie di fatture false, in realtà non sarebbero mai avvenuti o avrebbero riguardato soggetti economici differenti rispetto a quelli indicati nei documenti fiscali. Le indagini hanno consentito di deferire cinque soggetti per frode fiscale, dichiarazione fraudolenta, omessa dichiarazione e emissione e utilizzo di fatture false.

Operazione “Giardino oscuro” a Palermo – Maltrattamenti, violenze fisiche, insulti: provvedimenti cautelari del GIP

Operazione Giardino oscuro - Eseguite 6 misure cautelari

Palermo,

 Un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo, su richiesta della Procura della Repubblica, è stata notificata dai finanzieri di Palermo a 6 soggetti, di cui cinque destinatari di divieto temporaneo di prestazione della propria attività professionale e uno del divieto di esercizio di attività imprenditoriale all’interno di case di riposo e strutture assistenziali per anziani per la durata di un anno.

I sei indagati, sulla base degli elementi probatori allo stato raccolti, sono indiziati del reato di maltrattamento perpetrato ai danni degli anziani ospiti di una struttura assistenziale.

Le indagini, avviate grazie alla segnalazione di un ospite della comunità alloggio e condotte dagli specialisti del Nucleo di polizia economico finanziaria – Gruppo Tutela Mercato Capitali, hanno consentito di ipotizzare condotte illecite da parte degli operatori ai danni di soggetti particolarmente fragili.

Sarebbero numerosi gli episodi di vessazioni ed angherie nei confronti degli ospiti, quali violenze fisiche (schiaffi, pugni e strattonamenti), offese e minacce (finanche di morte), nonché l’abituale ricorso a forme di contenzione meccanica, legando gli anziani per ore al letto o alla sedia a rotelle, somministrando, inoltre, in alcuni casi, ai degenti farmaci in misura superiore rispetto alle prescrizioni mediche per sedarli.

Lo stesso G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, nel valutare il gravissimo quadro probatorio raccolto dalla Procura della Repubblica sulla base del lavoro svolto dagli investigatori del Nucleo di Polizia economico – finanziaria di Palermo, ha ritenuto la sussistenza di esigenze cautelari sottolineando che “le continue offese, le umiliazioni, le minacce, le percosse, le ingiurie, poste in essere nei confronti degli ospiti della struttura assistenziale, integrano il delitto di maltrattamenti, potendo certamente tali atti, per la loro intensità e abitualità, essere fonte di disagio continuo per le persone offese ”.

L’odierna attività testimonia la costante attenzione ed il perdurante impegno profuso dalla Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Palermo, quale polizia economico finanziaria a forte vocazione sociale a tutela degli operatori economici, dei lavoratori onesti e rispettosi delle regole e delle fasce più deboli ed esposte a rischio della popolazione.

 

 

Fiamme gialle, Procura Repubblica, Tribunale di Messina: stop alle pratiche illecite di 12 soggetti in custodia cautelare

 

Eseguite 12 misure cautelari

 

MESSINA,

 Un’ordinanza di custodia cautelare personale emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Messina, su richiesta della locale Procura della Repubblica, è stata notificata dalle Fiamme gialle a  12 persone, per associazione a delinquere finalizzata al furto, alla ricettazione, al riciclaggio ed all’estorsione.

Il provvedimento cautelare odierno interviene nella fase delle indagini preliminari ed è basato su imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, nel rispetto, pertanto, della presunzione di innocenza che l’art. 27 della Costituzione garantisce ai cittadini fino a sentenza definitiva.

In particolare, la complessa attività investigativa svolta, iniziata ad agosto del 2021 e condotta dagli specialisti del GICO del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina, ha consentito di individuare un agguerrito gruppo criminale, operante nel noto rione “Giostra” del capoluogo peloritano, dedito alla commissione, strutturata, di numerosissimi reati predatori.

L’analisi delle risultanze investigative, unita alla minuziosa ricostruzione delle articolate dinamiche comunicative poste in essere dai soggetti indagati – caratterizzate da elevata cripticità e linguaggio convenzionale, ricorso a sms, chat, comunicazioni triangolari e spesso mediate – ha permesso la completa identificazione di tutti i membri del sodalizio criminale che, in modo continuativo e metodico, sono risultati dediti alla commissione di:

  • furti e connessi episodi di riciclaggio e ricettazione di autovetture e ciclomotori, ovvero di pezzi meccanici e di carrozzeria riferibili a mezzi rubati;
  • deplorevoli pratiche estorsive nei confronti delle numerose vittime, proponendo loro di pagare somme di denaro con l’implicita minaccia, ove non avessero aderito, di perdere definitivamente il mezzo rubato: il classico “riscatto”, più noto come “cavallo di ritorno”.

Nel merito, l’attività svolta ha documentato un consolidato modus operandi, consistente:

  • nell’esecuzione notturna dei furti;
  • nel reperimento di parti meccaniche e di carrozzeria, di provenienza illecita, rivenduti sul web ovvero, su richiesta, a titolari di officine compiacenti;
  • nella proposta di riscatto al proprietario del mezzo rubato, attraverso il meccanismo del nominato “cavallo di ritorno”;
  • nella successiva equa divisione dei profitti dell’attività illecita.

Singolare, poi, è risultata la circostanza come il gruppo oggi represso godesse di un “consolidato riconoscimento” nel contesto territoriale messinese: allorquando un mezzo veniva rubato in una determinata zona, le persone offese o eventuali intermediari risultavano consapevoli di doversi loro rivolgere per il relativo tentativo di recupero.

Parimenti, le indagini hanno altresì documentato consolidati rapporti con paritetici ambienti criminali catanesi, talché anche eventuali furti compiuti “in trasferta” ben potevano essere recuperati anche in quella provincia.

La spregiudicatezza e la pericolosità dei componenti dell’organizzazione si è poi manifestata, nel corso delle indagini, allorquando, a fronte di un inseguimento da parte delle Forze di Polizia, un indagato, oggi ristretto in carcere, si è dato ad una precipitosa fuga nel centro cittadino, che ha anche provocato un incidente che ha coinvolto un mezzo delle Forze dell’Ordine, per poi fuggire e lanciarsi nel vuoto di una scarpata stradale della periferia.

In sintesi, l’odierna operazione testimonia, ancora una volta, il costante impegno della Procura della Repubblica e del Tribunale di Messina, nonché delle Fiamme Gialle Peloritane a tutela della legalità e della sicurezza dei cittadini, soprattutto rispetto ad odiosi reati predatori che fortemente incidono sulla qualità della vita e sulla sicurezza percepita.

Max frode scoperta dalla Finanza nel settore dei carburanti

 

 

Scoperta maxi frode nel settore dei carburanti

 

Salerno,

Nella mattinata odierna, la Guardia di Finanza di Salerno, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dalla Sezione G.I.P. su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia per plurime ipotesi di reato (tra i quali, evasione dell’IVA, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed autoriciclaggio) con l’aggravante – ritenuta sussistente a carico di due degli indagati, destinatari della misura della custodia cautelare in carcere – della finalità di agevolazione del clan Moccia di Afragola (NA).

Contestualmente, è in corso di esecuzione il sequestro di denaro e beni per circa 20 milioni di euro, ritenuti frutto delle frodi fiscali. Destinatari delle misure cautelari sono anche ulteriori 5 soggetti, di cui 1 posto agli arresti domiciliari ed altri 4 nei confronti dei quali è stato disposto il divieto temporaneo di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche ed imprese. Secondo la prospettazione accusatoria, ritenuta allo stato delle indagini fondata dal Giudice per le indagini preliminari, sulla base degli approfondimenti svolti dai Finanzieri della Compagnia di Eboli, il complesso sistema di frode era finalizzato ad evadere l’imposta sul valore aggiunto, sfruttando società cartiere di cui beneficiavano anche organizzazioni criminali di stampo camorristico. In particolare, la condotta delittuosa oggetto di contestazione, posta in essere anche grazie alla complicità di alcuni consulenti fiscali, sarebbe consistita nell’utilizzo di “lettere di intento” ideologicamente false, al fine di far acquisire alle società cartiere la qualifica di esportatore abituale, presupposto per l’acquisto di carburante in regime di esenzione IVA.

Nel corso degli accertamenti sono stati anche tracciati i flussi finanziari dei conti correnti delle società cartiere, giungendo così ad individuare i soggetti ritenuti effettivi beneficiari ed organizzatori del meccanismo fraudolento. Le indagini hanno in tal modo consentito di risalire ai nominativi di aziende e persone fisiche già coinvolte nell’analogo filone investigativo condotto da altre Procure Distrettuali sull’intero territorio nazionale e, in particolare, dalle Procure distrettuali di Roma e Napoli.

Nell’aprile 2021, infatti, in provvedimenti cautelari emessi su richiesta di tali Uffici, è stata ritenuta l’esistenza di un sistema ruotante attorno ad un’associazione a delinquere avente il proprio fulcro nell’attività della “Max Petroli Italia”, ora “Made Petrol Italia” (MPI) di Roma, esercente il commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, facente capo alla famiglia Di Cesare, sistema che vedeva direttamente coinvolti esponenti del predetto clan Moccia. All’interno di tale sistema sembrano da collocarsi, allo stato delle investigazioni, le condotte oggetto d’indagine, realizzate attraverso due società operanti nel Salernitano e di fatto gestite da indiziati di appartenenza all’associazione a delinquere romana, alcuni dei quali ritenuti partecipi di un’organizzazione di stampo camorristico operante in territorio campano.

Nel meccanismo fraudolento risulterebbero coinvolti professionisti salernitani e dell’Agro nocerino-sarnese che, secondo le risultanze investigative, si sarebbero occupati degli adempimenti fiscali e societari strumentali alla realizzazione delle frodi. Contestualmente all’esecuzione dell’ordinanza, è stato depositato appello al Tribunale per il riesame avverso il provvedimento cautelare, nella parte in cui è sostenuta l’insussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa per tre degli indagati comunque attinti da misura cautelare.

Mafia nell’economia palermitana – misure cautelari e sequestri beni per 5 milioni di euro

 

 

Infiltrazioni mafiose nell'economia palermitana - Eseguite misure cautelari e sequestrati beni per 5 milioni di euro

 

 

Palermo,

I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal G.I.P. del locale Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – Sezione Palermo, nei confronti di  7 soggetti, di cui 2 in carcere, 2 colpiti dagli arresti domiciliari e 3 destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali per un anno.

Gli indagati sono indiziati, a vario titolo, dei reati di concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare Cosa Nostra.

Con il medesimo provvedimento il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo di 5 società operanti nel settore della vendita al dettaglio di capi d’abbigliamento, intimo ed accessori e dei relativi 13 punti vendita con sede a Palermo, Cefalù e Favignana, oltre a un’autovettura nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.

Le indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo – G.I.C.O. hanno riguardato le attività di due imprenditori palermitani che, gestendo attraverso prestanome un articolato reticolo societario, avrebbero posto in essere un complesso di condotte finalizzate ad agevolare e rafforzare gli interessi economicocriminali del mandamento mafioso di Pagliarelli.

Gli elementi acquisiti allo stato delle indagini consentono di ipotizzare, in particolare, che uno degli indagati, imprenditore di successo, abbia fornito sostegno a colui che risulterebbe essere il “reggente” del citato mandamento, già condannato per associazione mafiosa:

  • sollecitando la costituzione, appena uscito dal carcere, di un’impresa edile cui sarebbero stati affidati importanti lavori di ristrutturazione di numerosi punti vendita;
  • procurando contatti con soggetti di rilievo del mondo imprenditoriale;
  • assumendo familiari dello stesso;
  • dopo l’arresto, elargendo somme di denaro ed altre forme di supporto economico durante il periodo di detenzione.

Tale condotta avrebbe permesso di rafforzare il potere dell’uomo d’onore sul territorio, consentendo di conseguire notevoli guadagni da utilizzare per le finalità proprie dell’organizzazione mafiosa, prima fra tutte l’assistenza alle famiglie dei detenuti, condizione imprescindibile per la sopravvivenza stessa di Cosa Nostra.

L’odierna operazione conferma il perdurante impegno della Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, per individuare i segnali di inquinamento dell’economia da parte delle consorterie criminali mafiose e per aggredire i patrimoni illecitamente accumulati, a tutela dei cittadini e degli imprenditori onesti che operano nel rispetto delle norme.

 

V I D E O –

 

 

Napoli, scoperta una articolata frode carosello con interposizione fittizie di società e fatturazioni inesistenti

 

Napoli, le Fiamme gialle eseguono un’ordinanza di custodia cautelare

 

Napoli,

Ieri, coordinati dalla Procura della Repubblica di Napoli, i finanzieri dei Nuclei di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, Frosinone e Trieste, in collaborazione con i funzionari del Nucleo Operativo Accise (NOA) dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali a carico di due soggetti, nonché a un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni mobili e immobili, in via diretta e per equivalente, per complessivi 44 milioni di euro, a carico di cinque società e sei persone fisiche indiziate di partecipazione ad una associazione per delinquere attiva nelle province di Napoli e Frosinone, di dichiarazione fraudolenta mediante l’emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti e di frode nella commercializzazione di prodotti petroliferi.

In particolare, sono state applicate misure cautelari personali a carico dei legali rappresentanti di due delle principali società coinvolte; segnatamente la misura cautelare degli arresti domiciliari congiuntamente a quella interdittiva del divieto temporaneo di esercitare imprese e uffici direttivi nei confronti di un soggetto e quella interdittiva del divieto temporaneo di esercitare imprese e uffici direttivi a carico dell’altro.

Le indagini riguardano una articolata frode carosello che sarebbe stata posta in essere dal 2016 al 2021, effettuata mediante interposizioni fittizie di altre società e fatturazioni per operazioni soggettivamente inesistenti; le indagini hanno fatto emergere che sarebbe stata creata una catena di società dislocate in Friuli Venezia Giulia, Lazio e Campania, per assicurare introiti illeciti ai partecipi dell’associazione, commisurati alle imposte evase in termini di IVA e di accise per decine di milioni di euro.

Una delle società operanti nel frusinate, titolare di licenza di trader, a seguito della revoca intervenuta per violazioni di carattere fiscale, avrebbe ceduto circa 15 milioni di litri di gasolio, in sospensione d’accisa pur non avendone più i requisiti, a un’altra società, sempre riconducibile al medesimo soggetto.

Tale condotta avrebbe consentito – in soli due mesi – di evadere circa 10 milioni di euro di accise. L’odierna operazione è il frutto della sinergia tra l’azione della Guardia di Finanza e quella della Agenzia delle Dogane – con il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria partenopea – a tutela del corretto andamento dei mercati e a contrasto di pratiche commerciali scorrette in danno dell’Erario in un momento storico particolarmente delicato per il settore dei prodotti petroliferi ed energetici.

Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari di essa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Agrigento, beni non giustificati, di “natura mafiosa”: sequestrati per un valore di oltre un milione di euro

 

Sequestrati beni per un valore di oltre un milione di euro

 

Agrigento,

La Finanza informa che, nei giorni scorsi, i militari  di Agrigento hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro di beni nei confronti dell’imprenditore edile, sottoposto a procedimento di prevenzione perché ritenuto contiguo all’organizzazione mafiosa “Cosa nostra”.

Il provvedimento cautelare è stato emesso, ai sensi dell’art. 24 del D. L.vo n. 159/2011 (c.d. codice antimafia) dalla Sezione Iª Penale – Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo siciliano, su proposta della Procura della Repubblica di Palermo – Direzione Distrettuale Antimafia.

L’imprenditore è stato arrestato nel 2018 ed è imputato (con sentenza di condanna in primo e secondo grado) per il reato di favoreggiamento personale aggravato per aver aiutato un noto pregiudicato mafioso della provincia di Agrigento, ad eludere le investigazioni a suo carico.

Le attività investigative, delegate al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Agrigento, che hanno condotto all’emissione del provvedimento ablativo sono consistite nella messa a sistema del compendio indiziario raccolto nei confronti del proposto al fine di tracciarne il profilo soggettivo e nel contestuale monitoraggio degli investimenti e delle correlate variazioni finanziarie e patrimoniali sue e del suo nucleo familiare, effettuati nel periodo in cui si relazionava con gli ambienti di “cosa nostra”, raffrontati con la capacità reddituale dichiarata dal medesimo e dai suoi congiunti nello stesso periodo.

Tale indagine ha consentito di ricostruire gli asset patrimoniali e le disponibilità finanziarie riconducibili al prevenuto anche indirettamente, poiché formalmente intestati a propri familiari, nonché individuare – tra questi – quelli acquisiti in un periodo in cui la redditività manifestata non giustificava la disponibilità delle risorse necessarie per tali investimenti, consentendo di attivare la presunzione che si trattasse di fondi di provenienza illecita ai sensi del citato Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione – D. L.vo 159/2011.

Il patrimonio sequestrato dalla Guardia di Finanza è costituito dal compendio aziendale di una ditta agrituristica e di un’impresa commerciale, appezzamenti di terreno, polizze assicurative e depositi bancari per un valore complessivo stimato in euro 1.100.000, circa.

 

–  v i d e o