La Procura di Napoli individua un meccanismo di frode fiscale per operazioni inesistenti Indagate 65 persone a vario titolo

Immagine di repertorio-Archivi Sud Libertà

 

 Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Varese, su  delega del Procuratore della Repubblica f.f., hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Procura della Repubblica, provvedimento emesso a seguito di un’indagine che ha interessato una associazione per delinquere dedita alla consumazione di reati di natura tributaria.

La complessa indagine, coordinata dalla Procura di Napoli e condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Varese, ha consentito di individuare un articolato meccanismo di frode (attuato mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di numerosi prestanome, società cartiere, con il concorso di numerosi professionisti compiacenti) finalizzato alla creazione di fittizi crediti IVA, quantificati in circa 52 milioni di euro, crediti utilizzati per effettuare successivamente indebite compensazioni tributarie, così sottraendo all’Erario le imposte dovute.

Il sodalizio si è dimostrato capace di falsificare documenti di qualsiasi genere (dichiarazioni fiscali, fatture, timbri e sigilli di Stato, brevetti, perizie giurate, asseverazioni), il tutto per creare la documentazione necessaria a far apparire, fittiziamente, la veridicità degli ingenti crediti IVA commercializzati e così alimentare il mercato fraudolento degli stessi.

In ordine alla individuazione delle società utilizzate per la realizzazione delle frodi fiscali in disamina, gli esiti delle perquisizioni, attuate a Napoli ed a Milano, hanno consentito di individuare le seguenti principali modalità operative con cui sono stati creati i fittizi crediti IVA:

  1. la predisposizione di F.O.I. e la dichiarazione di fittizie cessioni interne agli stati membri dell’Unione europea. All’acquisto di forniture certificate dalle false fatture corrispondono paritetiche operazioni attive relative a fittizie cessioni con persone giuridiche appartenenti a Stati membri dell’Unione Europea, dunque operazioni economiche non soggette all’imposta sul valore aggiunto;
  2. la predisposizione di operazioni passive fittizie e di operazioni attive in regime di non imponibilità con l’inserimento nelle dichiarazioni IVA delle società asservite al sodalizio criminale, per un verso, di operazioni passive imponibili IVA inesistenti e, per altro verso, di corrispettive operazioni attive non imponibili IVA, ovvero escluse ai sensi degli articoli regolanti la territorialità, oppure soggette a particolari regimi IVA (quali le cessioni non soggette ad imposta in tema di territorialità e quelle in regime di Reverse Charge);
  3. la predisposizione di brevetti inesistenti e di false asseverazioni giurate relative ad acquisti di “beni ammortizzabili” per diversi milioni di euro formalmente sostenute per l’acquisto di (falsi) brevetti dal momento che, da un lato, costituiscono il prodotto dell’ingegno di persone fisiche e giuridiche risultate soggettivamente e oggettivamente prive di adeguate competenze tecniche e professionali e, dall’altro, risultano oggetto di plurime cessioni a più società e di diverse valutazioni dì stima da parte del medesimo professionista.

L’indagine si è estesa su tutto il territorio nazionale ed ha consentito di far luce sull’operatività di un’associazione per delinquere i cui principali compartecipi erano coadiuvati nell’esecuzione degli illeciti da professionisti compiacenti (commercialisti, revisori contabili, ragionieri, consulenti del lavoro ed ingegneri).

Nel corso delle attività sono state avviate verifiche fiscali nei confronti delle principali società coinvolte negli illeciti che hanno permesso di confermare – fatta salva la presunzione di innocenza degli indagati, fino a sentenza di condanna irrevocabile – le ipotesi di reato e di rilevare, allo stato, un’evasione: – all’IVA per oltre 40 milioni di euro scaturita dalla creazione di falsi crediti IVA, dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti e dalla presentazione di dichiarazioni fraudolente mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti;

– all’imposte sui redditi e all’IRAP a seguito della constatazione di oltre 42 milioni di ricavi non dichiarati e costi indebitamente dedotti. Sulla base dei numerosi elementi raccolti dalla polizia economico finanziaria, il GIP di Napoli ha emesso il decreto di sequestro preventivo per equivalente di denaro e beni, fino alla concorrenza dell’importo della frode, che ha interessato n. 39 persone fisiche e n. 30 società, risultate intestatarie di circa 640 conti correnti, in relazione ai quali sono in corso le operazioni di sequestro dei saldi attivi; sono stati allo stato sequestrati n. 52 immobili ubicati in diverse regioni d’Italia e n. 25 automobili.

In totale risultano indagate n. 65 persone, a vario titolo, di numerosi reati tributari, emersi nel corso delle indagini.

Mafia anche al Nord: appalti pubblici pilotati nel settore dei rifiuti

 

 

 

Appalti truccati non solo in Sicilia ma anche al Nord. La materia rifiuti non è più un’esclusiva della Regione Sicilia.Ne diamo dunque notizia.I finanzieri del Comando Provinciale di Lucca hanno concluso un’indagine coordinata e diretta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca nel settore degli appalti pubblici, che vede coinvolte società a totale partecipazione pubblica che operano nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti urbani con sede in Toscana e in Emilia Romagna, individuando 8 procedure “truccate” di fornitura beni per un valore di oltre 10 milioni di €.

Le attività traggono origine da un’attenta analisi effettuata dagli specialisti del Nucleo PEF di Lucca in ordine ad affidamenti fatti da una società della Versilia, che consentiva di attenzionare una serie di gare – riferite al noleggio di spazzatrici stradali, automezzi e di un macchinario per il trattamento rifiuti – per le quali emergeva la presenza di un solo partecipante, che diventava aggiudicatario in assenza di altre offerte competitive sia in termini di prezzo che di requisiti tecnici.

Il contesto veniva approfondito analizzando gli atti di gara presenti sul sito “AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE” delle società pubbliche e, avvalendosi delle banche dati in uso al Corpo, era possibile ricostruire anche il “profilo” dell’aggiudicatario. In particolare, il competitor – unico partecipante – risultava avere rapporti commerciali con un procacciatore d’affari che, a sua volta, aveva un familiare all’interno della stazione appaltante. Le evidenze raccolte consentivano di ipotizzare che si fosse al cospetto di gare “fatte su misura” finalizzate ad avvantaggiare direttamente un unico competitor, per le quali erano richiesti requisiti tecnici stringenti, ridotti tempi di consegna e rilevanti penali. La puntuale ricostruzione di alcuni affidamenti dava così input ad una complessa indagine di polizia giudiziaria (denominata “Strade pulite”) diretta dall’A.G. di Lucca, eseguita con l’ausilio di intercettazioni telefoniche ed ambientali nei confronti dei soggetti che, di volta in volta, risultavano coinvolti per i reati di “Turbata libertà degli incanti” e “Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente”.

Si riscontrava, infatti, che il modus operandi era di diffusa applicazione, non solo nel settore delle spazzatrici stradali, ma anche per l’acquisto a noleggio di autocarri e la realizzazione di un impianto di trattamento dei rifiuti, con estensione del perimetro delle investigazioni anche a soggetti operanti al di fuori della provincia di Lucca e della stessa Regione Toscana.

In tutti i casi la procedura era la medesima: il fornitore prescelto veniva informato prima della pubblicazione del bando, in modo da poter acquisire, con calma, i mezzi e le attrezzature richieste. I ristretti tempi di consegna e le severe penali servivano, poi, a scoraggiare i partecipanti; nessuno avrebbe rischiato sapendo che i termini stabiliti non consentivano di reperire ed allestire i mezzi richiesti, così da vedersi applicare penali che prevedevano addirittura la possibilità di recesso da parte della società pubblica senza alcun riconoscimento di indennizzi.

In un caso, per un elevato numero di mezzi richiesti (30 autocarri) con allestimenti peculiari, è emersa l’evidenza secondo la quale neppure in un anno sarebbe stato possibile preparare tale fornitura, per la quale erano stati invece previsti appena 60 giorni per la consegna. In un altro caso, dalle intercettazioni telefoniche è emerso che gli indagati, al fine di penalizzare ed escludere con certezza altri concorrenti, avevano concordato un punteggio aggiuntivo qualora i mezzi fossero stati consegnati in anticipo rispetto ai già ridotti tempi previsti dal bando di gara.

Al termine delle indagini il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Lucca ha disposto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini nei confronti di 13 persone, che è stata eseguita nei giorni scorsi dalle Fiamme Gialle. Per altre 6 sono state interessate altre AA.GG. competenti per territorio.

L’operazione rappresenta un’ulteriore testimonianza del costante impegno del Corpo, quale presidio a tutela della legalità economico-finanziaria. L’inquinamento del settore degli appalti emargina le imprese oneste dalle procedure a evidenza pubblica, con l’ulteriore, negativo effetto rappresentato dalla penetrazione di una economia illegale in settori strategici.

La Procura precisa che le ipotesi investigative delineate in precedenza sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza delle persone sottoposte ad indagini, e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.

LA SICILIA SANITA’ AVVOLTA DALLE TANGENTI E DALLA CORRUZIONE – ARRESTI (13) DUE DEI QUALI IMPORTANTI DIRIGENTI APICALI

 

 

Palermo

I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali emessa dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 10 soggetti, di cui 1 in carcere, 4 colpiti dagli arresti domiciliari e 5 destinatari di obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria.

Nei confronti di 3 dei destinatari dell’ordinanza cautelare, inoltre, sono state disposte misure interdittive della durata di un anno.

Gli indagati, sulla base degli elementi probatori allo stato raccolti, sono indiziati a vario titolo dei reati di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, riciclaggio, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Con il medesimo provvedimento il G.I.P. ha disposto il sequestro di oltre 700.000 euro quale prezzo del reato di corruzione, nonché, a carico di 3 società, il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per un anno.

Le indagini, condotte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria – Gruppo Tutela Spesa Pubblica di Palermo, hanno tratto origine dagli approfondimenti investigativi svolti sull’enorme mole di risultanze acquisite nel corso dell’operazione “Sorella Sanità”, che, nel maggio del 2020, ha portato all’esecuzione di misure cautelari personali nei confronti di 13 soggetti, 7 dei quali (compresi due importanti pubblici ufficiali con incarichi apicali nell’ambito della sanità siciliana) già condannati in primo grado con rito abbreviato a pesanti pene detentive.

Gli elementi acquisiti allo stato delle indagini hanno consentito di individuare ulteriori presunti responsabili nelle vicende criminali già ricostruite e di ipotizzare nuove ipotesi di corruzione e di turbativa relative a importanti procedure di gara in ambito sanitario, non ricomprese nella precedente indagine, il cui valore complessivo sfiora i 700 milioni di euro.
In particolare, sono emerse, allo stato delle investigazioni, risultanze afferenti:

– alla possibile dazione di una tangente di 700 mila euro che la società aggiudicataria di una gara pubblica per la realizzazione, gestione e manutenzione del sistema informativo dell’ASP 6 di Palermo, del valore di 12,4 milioni di euro avrebbe corrisposto al presidente della commissione di gara e al suo faccendiere;

– alla possibile dazione di tangenti ad un pubblico ufficiale e al suo faccendiere nell’ambito di due gare, per la fornitura di apparecchiature elettromedicali, gestite rispettivamente dalla Regione Siciliana e dall’ASP di Palermo, dell’ammontare complessivo di oltre 220 milioni di euro. In tale contesto, con il coinvolgimento di un consulente legale, sarebbero stati predisposti dalla società aggiudicataria contratti meramente formali di manutenzione di apparecchiature, con l’unica finalità di giustificare, grazie all’utilizzo di fatture false, il passaggio di somme di denaro che, tramite un’impresa compiacente, sarebbero poi giunte ai presunti soggetti corrotti;

– all’ipotesi di un tentativo di turbativa di una procedura di gara ad evidenza pubblica ad opera, tra gli altri, di un appartenente alle forze dell’ordine;

– all’ipotesi di turbativa di una gara pubblica del valore di 227,6 milioni di euro indetta per l’affidamento dei servizi di pulizia in ambito sanitario, nel cui contesto sarebbero emerse responsabilità di un pubblico ufficiale dell’ASP di Enna, in qualità di consulente della Regione Siciliana;

– al possibile coinvolgimento del presidente della commissione di gara per l’affidamento del servizio di ossigenoterapia domiciliare relativo alle aziende del bacino occidentale della regione Sicilia, del valore di 66,4 milioni di euro, che avrebbe rivelato informazioni riservate ai dirigenti della società aggiudicatrice dell’appalto, in cambio della promessa di una tangente pari all’1% dell’importo di gara, nonché di soggiorni in hotel di lusso;

– all’ipotesi di corruzione di un funzionario dell’ASP di Enna, ad opera di due dirigenti di un’importante società del settore sanitario, al fine di ottenere indebitamente la prosecuzione di un contratto relativo all’assistenza domiciliare respiratoria per il bacino orientale dell’isola siciliana, del valore complessivo di 140,7 milioni di euro

L’odierna attività di servizio testimonia la costante attenzione e il perdurante impegno profuso dalla Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Palermo, nel contrasto ad ogni forma di illegalità e di corruzione che altera le regole della sana competizione tra imprese, danneggia gli onesti e fa aumentare i costi dei servizi pubblici a danno della loro efficienza.

Il provvedimento in parola è stato emesso sulla scorta degli elementi probatori acquisiti in fase di indagine preliminare, pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione di innocenza.

 

Controlli della Finanza ai distributori di carburanti- Sanzioni per oltre 57 mila euro ed omessa pubblicità dei prezzi al consumo

Controlli ai distributori di carburanti – sanzioni per oltre 57mila euro
Controlli dei prezzi carburante ai distributori-

 

Trasparenza prezzi al consumatore. Esteso piano di controlli dei militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Monza che, a seguito dell’intensificazione delle attività di polizia economico-finanziaria da tempo avviata ai fini del contrasto di pratiche commerciali scorrette e della vigilanza sulla disciplina dei prezzi alla luce dei perduranti effetti della pandemia sul tessuto socio-economico del Paese, hanno individuato, a seguito di una mirata analisi di contesto, una numerosa platea di distributori stradali di prodotti petroliferi connotati da profili di rischio in ordine all’osservanza della normativa di settore.

L’attività investigativa – originata sia dall’analisi di rischio della Componente speciale della Guardia di Finanza in materia di esposizione e pubblicazione dei prezzi dei carburanti sia dalla valorizzazione trasversale dell’attività di intelligence in materia di contrasto ai traffici illeciti e controllo economico del territorio – si è concentrata in particolare sulla posizione di alcuni gestori di stazioni di servizio risultati inadempienti circa le previste comunicazioni telematiche desumibili dall’Osservatorio prezzi carburanti.

Ammontano ad oltre 57mila euro le sanzioni comminate in esito agli interventi svolti, su tutto il territorio provinciale, dai finanzieri del Gruppo di Monza e delle Compagnie di Seregno e Seveso, finalizzati a verificare il possesso delle autorizzazioni per la distribuzione di carburanti per autotrazione, la corretta pubblicità dei prezzi, la loro esposizione al pubblico, l’avvenuta comunicazione periodica dei prezzi al Ministero dello Sviluppo Economico.

Sono 11 le violazioni constatate in capo a distributori stradali per omessa comunicazione al Mi.S.E. dei prezzi praticati per ogni tipo di carburante commercializzato, con sanzioni amministrative per complessivi 54.696 euro. In sei casi sono emerse condotte occasionali, mentre cinque sono risultati gli inadempimenti prolungati nel tempo per aver sistematicamente inosservato la cadenza obbligatoria degli otto giorni solari previsti.

Sono invece 3 i gerenti di stazioni di servizio sanzionati in materia di “pubblicità”, per mancata esposizione, in modo visibile dalla carreggiata stradale, dei prezzi praticati al consumo, con elevazione di sanzioni per circa 3.000 euro.

In due casi, i successivi e più approfonditi accertamenti, esperiti trasversalmente anche al fine di riscontrare la correttezza degli adempimenti previdenziali e assistenziali incombenti in capo al “datore di lavoro” per l’assunzione diretta di personale alle dipendenze, hanno consentito di accertare che due lavoratori, intenti a prestare la propria opera presso due distinti impianti di distribuzione stradale di carburanti, risultavano non regolarmente assunti e, per i quali, sono scattate le sanzioni previste per le rilevate irregolarità lavoristiche.

L’azione di servizio costituisce un’ulteriore testimonianza del costante presidio economico-finanziario assicurato dal Corpo volto a garantire non solo il corretto assolvimento degli obblighi impositivi, il regolare funzionamento dei sistemi di erogazione, la qualità del prodotto venduto ma anche il rispetto della normativa in tema di trasparenza dei prezzi al consumatore.

Appalti pubblici, contrasto alla corruzione e illegalità nella Pubblica Amministrazione: domani la sigla di un protocollo d’intesa tra il Comune di Messina e il Comando della Guardia di Finanza

 

Domani, mercoledì 24, alle ore 16, nella Sala Falcone Borsellino a Palazzo Zanca, nel corso di un incontro, aperto alla stampa, il Sindaco Cateno De Luca e il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Messina, Colonnello Gerardo Mastrodomenico, sigleranno un Protocollo d’intesa in materia di contrattualistica pubblica e prestazioni sociali agevolate.

L’intesa è finalizzata a sancire la collaborazione interistituzionale al fine di rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto delle condotte lesive degli interessi economici e finanziari pubblici, connessi alla contrattualistica pubblica, con l’obiettivo di intercettare possibili violazioni in tema di spesa pubblica, buon andamento della pubblica amministrazione e accesso alle prestazioni sociali agevolate.

Confisca delle Fiamme gialle di un intero patrimonio di politico del Clan Casalesi (sei appartamenti, due piscine, autovetture ecc,)

Stamane militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Caserta  hanno dato esecuzione ad una misura di prevenzione patrimoniale – confisca – emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di un noto politico di riferimento del clan dei casalesi, del proprio nucleo familiare e di suoi vari prestanome. Ad essere colpito dal provvedimento reale di confisca è l’intero patrimonio riconducibile, direttamente e indirettamente, al proposto: sei appartamenti, due terreni con piscine, otto autovetture ed una moto, quote di undici società e conti correnti, per un valore complessivo stimato in oltre cinque milioni di euro.

Il politico fu tratto in arresto il 25 ottobre 2011 per concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio ed intestazione fittizia di beni, all’esito delle indagini sulla realizzazione di un complesso turistico e sportivo di Trentola Ducenta. Tale opera era stata fortemente voluta da un noto camorrista, destinatario della medesima misura cautelare notificatagli nel carcere di Novara, ritenuto socio occulto nell’attività imprenditoriale posta in essere dal predetto politico per aver investito nel progetto il denaro proveniente dall’associazione criminale da questi capeggiata.

Il prevenuto, all’epoca dei fatti consigliere comunale prima ed assessore poi, del Comune di Trentola Ducenta, avvalendosi della forza intimidatrice del clan dei casalesi e sfruttando la sua posizione di assessore ai lavori pubblici, era riuscito ad ottenere le autorizzazioni necessarie alla costruzione del complesso turistico nonostante il terreno sul quale insisteva fosse ancora destinato ad uso agricolo. Il “colletto bianco” del clan, avvalendosi della moglie, delle proprie sorelle, del cognato e di alcuni prestanome, aveva nel tempo costituito e impiegato numerose società per la realizzazione del complesso sportivo, attribuendone, volta per volta, un formale possesso ai vari prestanome al fine di ostacolare la riconducibilità dello stesso immobile al camorrista effettivo titolare.

Dagli accertamenti patrimoniali e dagli approfondimenti soggettivi svolti dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caserta era emersa una netta sproporzione tra i redditi dichiarati e la capacità economica del politico e delle persone fisiche e/o giuridiche, a vario titolo, a lui collegate, rispetto alle risorse materialmente impiegate per la realizzazione del citato complesso turistico, dimostrando, di conseguenza, che i fondi utilizzati per la costruzione del complesso immobiliare non potevano che provenire dalle attività delittuose del clan.

Affare economico che ha avuto la funzione di vera e propria “lavatrice” delle liquidità provenienti dall’organizzazione criminale, attraverso la continua realizzazione di opere come campi da calcio e piste di pattinaggio, nonché, come dichiarato dai collaboratori di giustizia, di base logistica per lo svolgimento di summit di camorra ovvero punto di partenza per appostamenti finalizzati a missioni omicidiarie.

Soccorsi 84 migranti .Arrestati due scafisti

 

Mazara, operazione di soccorso in mare, tratti in salvo 5 migranti • Prima  Pagina Mazara

 

Nell’ambito di articolate attività d’indagine coordinate dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania, unitamente a personale della Polizia di Stato, hanno posto in stato di fermo di indiziato di delitto due soggetti, uno di origine russa e uno di origine ucraina,  gravemente indiziati dei reati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Il provvedimento restrittivo in parola è scaturito dalle attività investigative eseguite in occasione dell’arrivo, nella notte del 14 ottobre u.s. presso il litorale di Acitrezza (CT), di 84 migranti di nazionalità afgana, irachena e siriana, che si trovavano a bordo di un veliero incagliatosi nelle rocce.

Il passo successivo, l’identificazione degli uomini visto che , a seguito della segnalazione della Guardia Costiera e della Sezione Operativa Navale della Guardia di finanza di Catania di uno sbarco di migranti, sono intervenuti militari del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Catania che, unitamente a personale della Compagnia “Pronto Impiego” di Catania, della Squadra Mobile della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, hanno provveduto oltre alle attività di identificazione, pure di foto-segnalamento nonché alle prime incombenze di carattere sanitario.

Nel citato contesto, personale della Squadra Mobile di Catania, unitamente a personale del GICO del Nucleo PEF di Catania – grazie anche alla segnalazione degli operatori di FRONTEX presenti sul posto nell’ambito delle attività di accoglienza dei migranti – ha intercettato a bordo di un autobus turistico in transito per le vie centrali di Catania due soggetti, uno di origine russa, l’altro di origine ucraina, sorpresi con zaini contenenti, tra l’altro, cellulari, un satellitare, indumenti bagnati e danaro in contante. Sulla scorta degli elementi acquisiti sono stati escussi alcuni testimoni dell’evento migratorio, dalle cui dichiarazioni è emerso che i due menzionati soggetti avevano condotto il veliero dalla Turchia sino alle coste siciliane.

Dalle dichiarazioni rese dai migranti e dal materiale posto sotto sequestro è emerso, in particolare, che i trafficanti, approfittando delle situazioni di estrema vulnerabilità dei migranti hanno aumentato i prezzi del viaggio clandestino, chiedendo come corrispettivo 10 mila euro a persona.

In esito alle investigazioni compiute dal Nucleo PEF della Guardia di Finanza di Catania e dalla Squadra Mobile di Catania, la Procura della Repubblica del capoluogo etneo ha disposto quindi il fermo di indiziato di delitto dei due soggetti,  gravemente indiziati dei reati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Successivamente, su richiesta della stessa Procura della Repubblica, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania ha convalidato il fermo ed emesso contestuale ordinanza di custodia cautelare in carcere.

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Le Fiamme gialle arrestano a Palermo un amministratore giudiziario

PALERMO

Un’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo è stata eseguita dai Finanzieri del locale Comando della Guardia di Finanza, su delega della Procura della Repubblica, con la quale è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del dottore commercialista Antonio Lo Mauro (cl. ’66), indagato per il reato di estorsione aggravata dall’abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione.

Le indagini eseguite dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo hanno disvelato condotte illecite tenute dall’indagato nell’ambito di rapporti lavorativi correlati all’incarico di amministratore giudiziario che lo stesso riveste dal settembre del 2015, su nomina del Tribunale di Palermo.

In tale contesto, l’indagato avrebbe costretto un consulente fiscale e contabile delle società in amministrazione giudiziaria a corrispondergli indebitamente, in più tranche, la somma complessiva di 5.000 euro in contanti, nonché a pagare indebitamente un debito di 6.240 euro contratto dallo stesso LO MAURO con un altro professionista.

Prosegue l’azione delle Fiamme Gialle palermitane, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica, a tutela della corretta esecuzione delle delicate funzioni connesse allo svolgimento delle procedure di amministrazione straordinaria delle imprese oggetto di sequestro e confisca.

CATTURA IN ALTO MARE DEGLI SCAFISTI PER UNO SBARCO DI MIGRANTI UCRAINI SOTTOPOSTI A FERMO DI POLIZIA

 

PALERMO

Nelle prime ore del mattino di sabato 10 luglio, una pattuglia della Polizia di Stato ha sorpreso 32 migranti sulla spiaggia di contrada Marianelli, in provincia di Siracusa; a poca distanza veniva trovato un piccolo gommone con il quale avevano raggiunto la costa, evidentemente sbarcati da un’imbarcazione più grande. Grazie ad un rapido scambio di informazioni tra la Questura di Siracusa ed il Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo, si è notato che il gommone poteva essere il tender di un veliero battente bandiera tedesca avvistato e fotografato il giorno prima a 50 miglia ad est delle coste siciliane da un aereo ATR del Comando Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza, nel corso di una missione di pattugliamento marittimo nell’ambito dell’operazione “Themis 2021” dell’Agenzia Europea Frontex. E’ stato immediatamente disposta una nuova missione di ricerca aeromarittima del velivolo delle fiamme gialle, che alle ore 10,15 della stessa giornata di sabato ha individuato il veliero 20 miglia a sud di Pozzallo, in navigazione verso Malta; l’imbarcazione sospetta batteva bandiera statunitense e non più tedesca ed era priva del gommone di servizio.

È scattata quindi l’operazione coordinata dalla Centrale Operativa del Comando Generale della Guardia di Finanza in collaborazione con il Comando in Capo della Squadra Navale della Marina Militare. Sono confluiti sull’obiettivo un guardacoste ed una vedetta velocissima del Reparto Operativo Aeronavale di Palermo, già impegnati in missioni di sorveglianza delle acque rispettivamente di Lampedusa e Pozzallo mentre la Marina Militare impiegava il pattugliatore Vega, già in navigazione nel Canale di Sicilia, per fornire una maggiore cornice di sicurezza all’intervento di polizia.

Grazie al costante aggiornamento della posizione del target fornita dall’aereo, alle 13 il veliero è stato raggiunto dalla vedetta delle fiamme gialle a 33 miglia a sud di Pozzallo; i finanzieri hanno effettuato la c.d. “inchiesta di bandiera” per esercitare il “diritto di visita” previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, essendo fondato il sospetto che l’imbarcazione fosse priva di nazionalità. Poiché la barca non ottemperava all’ordine di arrestare il moto, proseguendo sulla sua rotta verso Malta, i finanzieri hanno abbordato ed assunto il controllo del veliero riscontrando la presenza di due soggetti di nazionalità ucraina; a bordo è stata notata la bandiera tedesca issata il giorno prima ed evidenti segni di bivacco di numerose persone; non è stato invece esibito né trovato alcun documento dell’imbarcazione che dunque è stata condotta nel porto di Marzamemi per effettuare ulteriori approfondimenti.

Gli uomini della Squadra Mobile e della Sezione Operativa Navale della Guardia di finanza di Siracusa, coordinati dalla Procura della Repubblica di Siracusa, hanno effettuato minuziosi accertamenti di polizia giudiziaria, acquisendo una quantità di elementi probatori tali da ritenere certo che i migranti rintracciati sulla costa il giorno prima fossero sbarcati proprio da quel veliero catturato in alto mare. I soggetti ucraini sono stati pertanto sottoposti a fermo di polizia giudiziaria e l’imbarcazione è stata sequestrata.

“”Omissione di atti d’ufficio ed attentato alla sicurezza”. Sequestrato il ponte di Pilati in Melito Porto Salvo ed il viadotto sulla Fiumara Tuccio a rischio crollo

Reggio Calabria

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno eseguito un decreto d’urgenza, emesso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, che dispone il sequestro preventivo d’urgenza del ponte di “Pilati” in Melito di Porto Salvo, un viadotto “ad arco”, lungo oltre cento metri e composto da tre arcate, che consente di attraversare la fiumara “Tuccio” del comune ionico.

Il provvedimento magistratuale scaturisce da indagini di polizia giudiziaria, condotte dalla Compagnia di Melito di Porto Salvo, in materia di reati contro la pubblica amministrazione e contro l’incolumità pubblica, durante le quali è stata accertata una grave situazione di rischio in cui versa, allo stato, la via di trasporto, nonostante i recenti lavori di ristrutturazione cui è stata sottoposta nel 2020.

I sopralluoghi svolti negli ultimi giorni dagli investigatori, coordinati dal Procuratore Aggiunto Dott. Gerardo Dominijanni, hanno consentito di accertare una condizione precaria del viadotto, soprattutto nella sua parte inferiore, ove i ferri dell’armatura della struttura sono arrugginiti e corrosi.

Alla luce degli elementi raccolti dalla Fiamme Gialle, la Procura della Repubblica di Reggo Calabria, diretta dal Procuratore Capo Dott. Giovanni Bombardieri, ha ritenuto di dover emettere la misura ablatoria in relazione ai reati di omissione di atti d’ufficio ed attentato alla sicurezza dei trasporti. Allo stato nessun soggetto è iscritto nel registro degli indagati e sono in corso ulteriori accertamenti al fine di individuare eventuali responsabili.

l viadotto, attraversato ogni giorno da veicoli e pedoni, è stato chiuso al traffico ed affidato in giudiziale custodia alle autorità comunali affinché provvedano all’adozione degli adempimenti necessari per la tutela dell’incolumità pubblica.

L’attività di servizio testimonia il costante presidio esercitato dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria sul territorio a salvaguardia delle leggi ed a contrasto dei fenomeni connotati da forte pericolosità sociale e degli illeciti che mettono a rischio l’incolumità dei cittadini.