Mafia anche al Nord: appalti pubblici pilotati nel settore dei rifiuti

 

 

 

Appalti truccati non solo in Sicilia ma anche al Nord. La materia rifiuti non è più un’esclusiva della Regione Sicilia.Ne diamo dunque notizia.I finanzieri del Comando Provinciale di Lucca hanno concluso un’indagine coordinata e diretta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca nel settore degli appalti pubblici, che vede coinvolte società a totale partecipazione pubblica che operano nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti urbani con sede in Toscana e in Emilia Romagna, individuando 8 procedure “truccate” di fornitura beni per un valore di oltre 10 milioni di €.

Le attività traggono origine da un’attenta analisi effettuata dagli specialisti del Nucleo PEF di Lucca in ordine ad affidamenti fatti da una società della Versilia, che consentiva di attenzionare una serie di gare – riferite al noleggio di spazzatrici stradali, automezzi e di un macchinario per il trattamento rifiuti – per le quali emergeva la presenza di un solo partecipante, che diventava aggiudicatario in assenza di altre offerte competitive sia in termini di prezzo che di requisiti tecnici.

Il contesto veniva approfondito analizzando gli atti di gara presenti sul sito “AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE” delle società pubbliche e, avvalendosi delle banche dati in uso al Corpo, era possibile ricostruire anche il “profilo” dell’aggiudicatario. In particolare, il competitor – unico partecipante – risultava avere rapporti commerciali con un procacciatore d’affari che, a sua volta, aveva un familiare all’interno della stazione appaltante. Le evidenze raccolte consentivano di ipotizzare che si fosse al cospetto di gare “fatte su misura” finalizzate ad avvantaggiare direttamente un unico competitor, per le quali erano richiesti requisiti tecnici stringenti, ridotti tempi di consegna e rilevanti penali. La puntuale ricostruzione di alcuni affidamenti dava così input ad una complessa indagine di polizia giudiziaria (denominata “Strade pulite”) diretta dall’A.G. di Lucca, eseguita con l’ausilio di intercettazioni telefoniche ed ambientali nei confronti dei soggetti che, di volta in volta, risultavano coinvolti per i reati di “Turbata libertà degli incanti” e “Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente”.

Si riscontrava, infatti, che il modus operandi era di diffusa applicazione, non solo nel settore delle spazzatrici stradali, ma anche per l’acquisto a noleggio di autocarri e la realizzazione di un impianto di trattamento dei rifiuti, con estensione del perimetro delle investigazioni anche a soggetti operanti al di fuori della provincia di Lucca e della stessa Regione Toscana.

In tutti i casi la procedura era la medesima: il fornitore prescelto veniva informato prima della pubblicazione del bando, in modo da poter acquisire, con calma, i mezzi e le attrezzature richieste. I ristretti tempi di consegna e le severe penali servivano, poi, a scoraggiare i partecipanti; nessuno avrebbe rischiato sapendo che i termini stabiliti non consentivano di reperire ed allestire i mezzi richiesti, così da vedersi applicare penali che prevedevano addirittura la possibilità di recesso da parte della società pubblica senza alcun riconoscimento di indennizzi.

In un caso, per un elevato numero di mezzi richiesti (30 autocarri) con allestimenti peculiari, è emersa l’evidenza secondo la quale neppure in un anno sarebbe stato possibile preparare tale fornitura, per la quale erano stati invece previsti appena 60 giorni per la consegna. In un altro caso, dalle intercettazioni telefoniche è emerso che gli indagati, al fine di penalizzare ed escludere con certezza altri concorrenti, avevano concordato un punteggio aggiuntivo qualora i mezzi fossero stati consegnati in anticipo rispetto ai già ridotti tempi previsti dal bando di gara.

Al termine delle indagini il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Lucca ha disposto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini nei confronti di 13 persone, che è stata eseguita nei giorni scorsi dalle Fiamme Gialle. Per altre 6 sono state interessate altre AA.GG. competenti per territorio.

L’operazione rappresenta un’ulteriore testimonianza del costante impegno del Corpo, quale presidio a tutela della legalità economico-finanziaria. L’inquinamento del settore degli appalti emargina le imprese oneste dalle procedure a evidenza pubblica, con l’ulteriore, negativo effetto rappresentato dalla penetrazione di una economia illegale in settori strategici.

La Procura precisa che le ipotesi investigative delineate in precedenza sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza delle persone sottoposte ad indagini, e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.

Agrigento, beni non giustificati, di “natura mafiosa”: sequestrati per un valore di oltre un milione di euro

 

Sequestrati beni per un valore di oltre un milione di euro

 

Agrigento,

La Finanza informa che, nei giorni scorsi, i militari  di Agrigento hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro di beni nei confronti dell’imprenditore edile, sottoposto a procedimento di prevenzione perché ritenuto contiguo all’organizzazione mafiosa “Cosa nostra”.

Il provvedimento cautelare è stato emesso, ai sensi dell’art. 24 del D. L.vo n. 159/2011 (c.d. codice antimafia) dalla Sezione Iª Penale – Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo siciliano, su proposta della Procura della Repubblica di Palermo – Direzione Distrettuale Antimafia.

L’imprenditore è stato arrestato nel 2018 ed è imputato (con sentenza di condanna in primo e secondo grado) per il reato di favoreggiamento personale aggravato per aver aiutato un noto pregiudicato mafioso della provincia di Agrigento, ad eludere le investigazioni a suo carico.

Le attività investigative, delegate al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Agrigento, che hanno condotto all’emissione del provvedimento ablativo sono consistite nella messa a sistema del compendio indiziario raccolto nei confronti del proposto al fine di tracciarne il profilo soggettivo e nel contestuale monitoraggio degli investimenti e delle correlate variazioni finanziarie e patrimoniali sue e del suo nucleo familiare, effettuati nel periodo in cui si relazionava con gli ambienti di “cosa nostra”, raffrontati con la capacità reddituale dichiarata dal medesimo e dai suoi congiunti nello stesso periodo.

Tale indagine ha consentito di ricostruire gli asset patrimoniali e le disponibilità finanziarie riconducibili al prevenuto anche indirettamente, poiché formalmente intestati a propri familiari, nonché individuare – tra questi – quelli acquisiti in un periodo in cui la redditività manifestata non giustificava la disponibilità delle risorse necessarie per tali investimenti, consentendo di attivare la presunzione che si trattasse di fondi di provenienza illecita ai sensi del citato Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione – D. L.vo 159/2011.

Il patrimonio sequestrato dalla Guardia di Finanza è costituito dal compendio aziendale di una ditta agrituristica e di un’impresa commerciale, appezzamenti di terreno, polizze assicurative e depositi bancari per un valore complessivo stimato in euro 1.100.000, circa.

 

–  v i d e o

 

 

Sorpresi a Catania dai Carabinieri gruppo di giovanissimi ,senza cervello,che mettevano pietre e ferro sui binari per esiti tragici dei treni

Banda di giovanissimi mette in pericolo la corsa dei treni e danneggia la stazione ferroviaria
T raccogliere Ammettere binari trenitalia - agriturismoparcodelchiese.it
Catania,
I Carabinieri della Stazione di Grammichele (Catania) hanno denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Catania sei minorenni (tra i quali quattro infraquattordicenni), tutti residenti in un comune del calatino ove frequentano la stessa scuola secondaria di primo grado, gravemente indiziati per i reati di danneggiamento e attentato alla sicurezza dei trasporti.
L’attività di indagine, avviata a seguito della denuncia presentata da un capotecnico della società “Ferrovie dello Stato Italiane – F.S.I.”, secondo cui, alle ore 21 del 18 maggio u.s., il macchinista del treno proveniente da Catania e diretto a Caltagirone, nel rallentare in avvicinamento della stazione ferroviaria di Grammichele era riuscito a fermarlo tempestivamente dopo aver notato la presenza di insolito materiale – idoneo a compromettere la sicurezza del trasporto con il “possibile svio del treno” – posizionato lungo i binari da ignoti. L’immediato intervento di personale specializzato delle F.S.I. ha consentito di sgomberare la sede ferroviaria dal seguente materiale: pietre di grosse dimensioni, materiale ferroso (come cartellonistica stradale preventivamente sradicata dagli alloggiamenti) e rastrelliere di ferro per biciclette.
I Carabinieri della Stazione di Grammichele hanno immediatamente predisposto servizi mirati, finalizzati ad individuare gli autori del reato, e soprattutto ad evitare che un comportamento del genere venisse reiterato con esiti ben più tragici. Così, la notte scorsa, sono stati sorpresi sei minorenni, mentre erano intenti a collocare nuovamente -non si comprendono le ragioni – pietre e tubi di ferro sui medesimi binari. Nella circostanza, alcuni dei predetti giovanissimi sono stati altresì bloccati mentre lanciavano sassi contro la facciata della stazione ferroviaria, danneggiando una finestra precedentemente murata con forati.
Ministero della giustizia | Dettaglio scheda istituto
Foto Casa circondariale di Catania. I magistrati valuteranno i comportamenti delittuosi dei giovani vandali che cercavano la tragicità nella stazione ferroviaria – Archivi Sud Libertà
Dopo aver identificato i giovani e convocato i genitori in caserma, tali comportamenti costeranno adesso molto cari a questi giovani senza controllo alcuno visto che  è stata informata la competente Autorità Giudiziaria per le valutazioni di competenza, mentre sono tuttora in corso gli accertamenti tesi a verificare se gli odierni indagati siano gli stessi responsabili anche dell’evento verificatosi lo scorso 18 maggio.

Droga: operazione ‘’Social Bamba’’ sei arresti in Sicilia

Lo spaccio di droga e stupefacenti: quale pena nel codice penale
Spaccio droga: immagini Archivi Sud Libertà
 Palermo e San Mauro Castelverde ,
Provvedimenti cautelari -sei- notificati dai Carabinieri  del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo e delle Compagnie di Cefalù e Petralia Sottana..
I sei  provvedimenti cautelari (4 in carcere e 2 degli arresti domiciliari),sono stati  emessi dall’ufficio G.I.P. presso il Tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, per i reati di rapina in concorso, aggravata dal metodo e dalle modalità mafiosedetenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione e rapina.

L’indagine, seguita da un pool di magistrati coordinati dal Procuratore Aggiunto Dottore Paolo GUIDO, costituisce l’esito di una complessa manovra investigativa condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo, congiuntamente alle Compagnie di Cefalù e Petralia Sottana, focalizzata nel contesto territoriale del mandamento mafioso di San Mauro Castelverde, che ha consentito di acquistare un grave quadro indiziario in ordine alla presunta commissione di numerosi reati, anche aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose, che sarebbero stati perpetrati da alcuni degli odierni arrestati.

L’inchiesta  rappresenta lo sviluppo investigativo di alcuni elementi indiziari di una più ampia attività che aveva già portato all’emissione del provvedimento di fermo d’indiziato di delitto a carico di 11 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosaestorsionetrasferimento fraudolento dei benicorruzioneviolenza privatafurto aggravato e danneggiamento, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ed eseguito nel giugno 2020 (operazione Alastra) che aveva consentito di disarticolare la struttura mafiosa attiva nel mandamento di San Mauro Castelverde e di cristallizzare un’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti di vario genere ed operante nell’area della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù.

Secondo il provvedimento cautelare, sussistono gravi indizi in ordine: all’operatività di una serie di soggetti dediti, mediante la commissione di numerose singole condotte illecite connesse alla cessione di sostanze stupefacenti (principalmente cocaina) e caratterizzate dalla spiccata pervasività ‘commerciale’, con un’attenzione maniacale alla ‘fidelizzazione’ del clienti-assuntore, effettuando anche servizi di consegna ‘a domicilio’ dello stupefacente, in modo da avere una lista particolarmente estesa di acquirenti fidati;

  • alla commissione di specifiche condotte di rapina ed estorsione, messe in atto da più indagati in momenti diversi e finalizzate all’acquisizione di alcuni farmaci veterinari per la cura di bestiame in danno di un agente di commercio (aggravata dal ricorso a metodi e modalità mafiose al fine di agevolare soggetti del mandamento di San Mauro Castelverde) e, in un altro caso, al recupero di somme di danaro da un cliente-assuntore, poiché insolvente verso gli spacciatori che gli avevano fornito lo stupefacente.

L’odierna operazione si inserisce nella forte e concreta risposta delle Istituzioni ai gravi pervasivi fenomeni connessi ai reati di matrice mafiosa e al contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti in numerose aree di Palermo, siano esse periferiche o centralissime, già oggetto nei giorni scorsi di altre importanti operazioni, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Palermo e condotte dai Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo.

 

 

 

 

“Sponsorizzavano candidati” di concorsi pubblici dietro forti somme di denaro. 14 misure di custodia cautelare

Concorsi truccati in polizia e Vigili del Fuoco, arresti

I Carabinieri della Compagnia di Alcamo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Trapani su richiesta della locale Procura della Repubblica nei confronti di 14 persone (1 in carcere, 3 ai domiciliari e 10 sottoposti all’obbligo di dimora) per cui si è ritenuto sussistano gravi indizi di colpevolezza, a vario titolo, per i reati di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, traffico di influenze illecite e abuso d’ufficio.
L’indagine, avviata dai Carabinieri nel giugno 2020, prende le mosse da pregresse risultanze investigative acquisite dalla Sezione Forestale presso la Procura di Trapani su presunti episodi corruttivi per il superamento delle prove d’esame (svolte tra il 2017 e il 2018) di alcuni concorsi pubblici.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, P.G. direttore ginnico sportivo e vice dirigente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, sfruttando sia le proprie conoscenze all’interno delle amministrazione pubbliche che il fatto di essere stato nominato in una delle sottocommissioni d’esame per le prove psico-motorie, si sarebbe impegnato a “sponsorizzare” alcuni candidati nelle diverse prove concorsuali, nonché a preparare fisicamente gli stessi, a fronte della promessa e successiva dazione di denaro (fino a € 3.500 a candidato per un posto nei vigili del fuoco e € 5000 nella polizia). 
In sintesi, secondo l’ipotesi accusatoria, il P. (destinatario della misura restrittiva in carcere) avrebbe celato dietro un’apparente scuola di preparazione per concorsi, un vero e proprio meccanismo illecito di collocamento nella pubblica amministrazione avvalendosi dei propri contatti con soggetti che rivestivano ruoli essenziali nelle procedure concorsuali in vari corpi dello Stato, in primis quello di appartenenza.
Tra i soggetti che, a vario titolo, avrebbero contribuito a falsare i concorsi, risultano complessivamente 10 dipendenti di diversi Corpi dello Stato, tra cui un Ispettore dei Vigili del Fuoco (poi sospeso dal servizio per altro procedimento analogo iscritto presso la Procura di Benevento), due poliziotti (quest’ultimi rispettivamente sottoposti alle misure cautelari degli arresti domiciliari e dell’obbligo di dimora dai colleghi della Squadra Mobile della Questura di Trapani) e gli stessi presunti corruttori, risultati vincitori di concorso grazie alle ipotizzate “sponsorizzazioni”.
Le indagini dei Carabinieri proseguono al fine di raccogliere ulteriori riscontri investigativi.

 

Operazione Feudo – La Finanza segnala alla Corte dei conti danni erariali per milioni di euro

VIDEO G.DI FINANZA

 

Le Fiamme Gialle della “Granda”, in prosecuzione delle indagini di polizia giudiziaria che lo scorso gennaio hanno portato al rinvio a giudizio dell’ex sindaco, del segretario comunale e del responsabile del servizio finanziario del Comune di Santo Stefano Roero (CN) nonché di due architetti ed un geometra, comunicano di aver ultimato gli accertamenti di polizia erariale sulla gestione amministrativo contabile dello stesso Comune, segnalando alla Procura della Corte dei Conti di Torino danni erariali di svariata natura per diversi milioni di euro.

L’operazione FEUDO, iniziata nei primi mesi del 2021 e condotta dal Reparto della Provincia più specializzato in complesse ed impegnative indagini anche nel settore della Spesa Pubblica, cioè il Nucleo di Polizia Economico-finanziaria di Cuneo, aveva portato all’arresto di quattro dei citati imputati (l’ex sindaco, il segretario comunale, un architetto ed un geometra), ed al sequestro per equivalente di beni e valori per un ammontare complessivo di 180 mila euro.

L’articolata indagine, su delega della Procura della Repubblica di Asti, originata proprio da un’attività di polizia erariale intrapresa dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria cuneese su incarico della dott.ssa Letizia Dainelli e del dott. Massimo Valero, Vice Procuratori della Procura Regionale della Corte dei Conti, era volta ad accertare presunti sprechi di denaro pubblico da parte dell’Amministrazione comunale di Santo Stefano Roero (destinataria, negli ultimi 15 anni, di circa 15 milioni di euro di finanziamenti statali), che avevano determinato, nel 2019, un rilevante deficit finanziario nelle casse dell’Ente locale roerino.

L’attività investigativa aveva permesso di accertare molteplici condotte delittuose in capo ai soggetti coinvolti, accusati a vario titolo di truffa ai danni dello Stato, turbata libertà degli incanti e falsità materiale ed ideologica in atti pubblici; al sindaco pro tempore erano stati contestati anche i reati di peculato, minacce e detenzione abusiva di armi.

Dopo il rinvio a giudizio dei 6 responsabili, è stata quindi intrapresa la conseguente attività di Polizia Erariale, con l’esame di un’ingente mole di documentazione contabile-amministrativa, a tratti frammentaria o mancante, relativa agli ultimi 10 anni di amministrazione del citato Comune.

Gli accertamenti eseguiti, contraddistinti da complessi approfondimenti giuridico-normativi, hanno portato alla segnalazione di molteplici tipologie di danno erariale quantificabili in diversi milioni di euro, a conferma delle condotte illecite perpetrate dai protagonisti della vicenda, censurabili sia sotto il profilo penale che amministrativo-contabile, in spregio di tutte le norme in vigore e a scapito della Comunità amministrata, dell’intera collettività e di tutti i cittadini onesti e rispettosi della legge.

L’operazione di polizia economico-finanziaria di cui si parla si inquadra nella costante attività di servizio svolta a contrasto della criminalità economica, finalizzata al soddisfacimento delle legittime pretese creditorie dell’Erario ed al ripristino della legalità, monito per coloro che sono deputati alla gestione della “Cosa Pubblica” nella piena legittimità e trasparenza.

Blitz antidroga Carabinieri nel palermitano, custodia cautelare per 22 indagati

 

Arresto per pochi grammi di droga: giusto non convalidarlo se l'indagato è  incensurato e collaborativo | Quotidiano Giuridico
Droga
 Palermo – 
Nelle prime ore di stamattina, a Carini, Palermo, Isola delle Femmine, Capaci, Terrasini, Borgetto, Enna e Finale Emilia (MO), i Carabinieri della Compagnia di Carini hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dall’Ufficio GIP del Tribunale di Palermo, sulla base delle risultanze investigative raccolte nel corso di un’indagine coordinata dalla D.D.A. della Procura della Repubblica di Palermo, nei confronti di 22 soggetti (8 in carcere, 9 agli arresti domiciliari, 5 all’obbligo di presentazione alla P.G.), nei cui confronti sono state attribuite, a vario titolo, responsabilità penali in ordine alle ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, di spaccio e di detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti.
L’indagine è stata avviata dai Carabinieri di Carini nel luglio 2018 quando ignoti, in due diverse circostanze, ferivano due equini (di cui uno in modo mortale) all’interno di una stalla ubicata in Torretta (PA). L’azione, fin dalle prime ricostruzioni investigative, è parsa subito riconducibile a controversie connesse col traffico di stupefacenti insorte tra soggetti dell’area di Carini. L’attività investigativa condotta ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza circa l’esistenza di due distinti sodalizi criminali, riconducibili ai proprietari dei due equini feriti, dediti alla cessione, acquisto, trasporto, commercio, vendita ed illecita detenzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, marijuana e hashish nei Comuni di Carini, Isola delle Femmine, Capaci, Cinisi e Terrasini. 

Durante l’attività di indagine erano già stati arrestati in flagranza di reato 12 persone e deferiti in s.l. altri 2 soggetti per i reati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Nel corso dell’indagine erano già stati sequestrati circa 3,3 kg di hashish, 0,7 kg di cocaina e 0,6 kg di marijuana, nonché la somma in denaro contante pari a 5.330 euro.

Camorra: arrestato un latitante ricercato per reati di stampo mafioso

Guida per la città Barcellona, tutto quello che devi sapere

Nella foto d’Archivio, Barcellona

I Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli hanno arrestato un noto latitante, ritenuto elemento di spicco di un clan camorristico. L’uomo, irreperibile dal luglio del 2020 e destinatario di due provvedimenti emessi dall’Autorità giudiziaria partenopea, è ritenuto gravemente responsabile del reato di estorsione aggravata dalle finalità mafiose e associazione a delinquere di stampo mafioso.

Questa notte a Barcellona – città dove il latitante si rifugiava – il F. A. S. Team Spagnolo, attivato dal Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia italiano e su precise indicazioni dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli, ha catturato l’uomo che era insieme alla compagna. La donna, partita da Napoli, lo aveva appena raggiunto. La localizzazione da parte dei Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Napoli, si inquadra nell’ambito di un’articolata indagine partita dal novembre scorso e coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia. Ora è in carcere in attesa del provvedimento di estradizione.

Sequestro a Catania di 4 milioni di euro nei confronti di una società operante nella grande distribuzione alimentare

Sequestro di 4 milioni di euro nei confronti di una società operante nella grande distribuzione alimentare

 

Contrastata in modo efficace dalla Finanza la frode fiscale . Nell’ambito di attività di indagine coordinate dalla Procura della Repubblica di Catania, i Finanzieri del Comando Provinciale etneo  hanno infatti eseguito un provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale, nei confronti di due imprenditori, sottoposti a indagini – in qualità di legale rappresentante pro tempore e amministratore di fatto di una società che gestisce importanti marchi della distribuzione alimentare organizzata – per omesso versamento delle ritenute con riferimento agli anni 2017 e 2018.

Nel dettaglio, le indagini, svolte dalle unità specializzate del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catania, hanno consentito di:  accertare, in primo luogo, il ruolo di amministratore di fatto di uno dei due imprenditori; porre in evidenza come la società oggetto di approfondimento investigativo abbia omesso di versare le ritenute IRPEF dovute in base alle dichiarazioni annuali presentate in qualità di sostituto d’imposta per gli anni 2017 e 2018, per un importo superiore a 4 milioni di euro.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica etnea e svolte dal Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania hanno condotto a questi risultati :

  • i due imprenditori sono stati sottoposti a indagine per i reati previsti e puniti dagli artt. 81, 110 c.p. e 10-bis del d.lgs. n. 74/2000 perché in concorso tra loro – quali, rispettivamente, rappresentante legale e amministratore di fatto della società – non hanno versato, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, le ritenute dovute relative ai periodi d’imposta 2017 e 2018 per un ammontare complessivo pari a euro 4.050.764,63;
  • è stata individuata la somma corrispondente al profitto del reato sottoposta a sequestro preventivo, in esecuzione di apposito provvedimento del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania.

Palermo, arresti domiciliari e provvedimenti interdittivi nei confronti di soggetti legati alla Mafia

PALERMO

Fiammeggiante mattinata oggi    in alcuni comuni siciliani quali  di Partinico, San Giuseppe Jato e San Cipirello, dove i Carabinieri e i Finanzieri delle Compagnie di Partinico hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, su richiesta di quella Procura della Repubblica, con la quale sono stati applicati gli arresti domiciliari nei confronti di tre soggetti (amministratori di diritto e di fatto di imprese operanti nel settore dei rifiuti e già destinatarie di provvedimenti interdittivi antimafia per comprovati collegamenti con esponenti mafiosi del mandamento di San Giuseppe Jato), l’obbligo di dimora nei confronti di un soggetto (amministratore di diritto e socio di alcune delle prefate imprese) e la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti di un dipendente comunale del Comune di Partinico, che secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di bancarotta fraudolenta, intestazione fittizia di beni e quote societarie, inadempimento di contratti per pubbliche forniture, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio.

L’attività d’indagine ha avuto origine nel settembre 2018, a seguito di un attentato incendiario a danno di alcuni mezzi e strutture dell’autoparco del Comune di Partinico.

L’immediato intervento dei carabinieri della Compagnia di Partinico ha consentito di avviare una attività investigativa, anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali, nel corso della quale sono emersi verosimili elementi di connessione tra l’atto intimidatorio e una procedura di affidamento per il nolo dei mezzi destinati al servizio di raccolta dei rifiuti che l’Ente locale aveva aggiudicato alla CO.GE.SI. S.r.l.

Al riguardo, i militari dell’Arma hanno captato una presunta connivenza tra il dipendente comunale e gli amministratori di diritto e di fatto dell’azienda che si sarebbe concretizzata in omesse contestazioni per gravi inadempimenti contrattuali (dovuti al nolo di mezzi in misura inferiore a quella dichiarata, nell’impiego di mezzi privi di revisione e/o non iscritti all’Albo dei Gestori Ambientali), le mancate messa in mora e risoluzione del contratto nei confronti della CO.GE.SI. S.r.l. nonché l’omessa comunicazione all’A.N.A.C. della prematura interruzione del rapporto contrattuale. I successivi approfondimenti analitico-documentali e l’esame dei flussi finanziari delegati dalla Procura della Repubblica di Palermo ai militari della Compagnia della Guardia di Finanza di Partinico hanno consentito di accertare che gli indagati, attraverso dei crediti sorti in capo ai soci e relativi a spese risultate fittizie per l’acquisto di carburante nonché ad altre operazioni simulate con una ditta individuale di fatto riconducibile agli indagati, avrebbero architettato un fittizio aumento del capitale sociale della CO.GE.SI. S.r.l. con il mero fine di accrescere la solidità economico-finanziaria e patrimoniale dell’azienda ed accedere così a bandi di gara più consistenti, inducendo in errore la pubblica amministrazione e continuando ad arricchirsi indebitamente con l’aggiudicazione illecita degli appalti indetti da vari Enti locali per la gestione dei rifiuti.

Inoltre, i Finanzieri hanno constatato che gli indagati hanno distratto l’intero patrimonio aziendale della CO.GE.SI. S.r.l., portandola al fallimento, “reinvestendo” i capitali per il soddisfacimento di interessi personali con l’acquisto di immobili e beni di lusso (tra cui imbarcazioni, orologi e supercars) e costituendo la nuova ECO INDUSTRY S.r.l. con sede in San Giuseppe Jato (PA) per la commissione dei medesimi delitti.

Nel provvedimento cautelare, sulla scorta del grave quadro indiziario raccolto dall’accusa, il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei profitti derivanti dalla bancarotta fraudolenta e dall’utilizzo di false fatturazioni, del complesso aziendale della ECO INDUSTRY S.r.l., di un immobile situato a San Cipirello e di due autovetture di lusso, per un valore complessivi di oltre 2 milioni e mezzo di euro.