Gli italiani con mutuo variabile nella morsa del consiglio direttivo della Banca centrale europea che “ancora vuol mantenere alti i tassi di riferimento per un periodo lungo”

 

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La Banca Centrale Europea continua a non far dormire sonni tranquilli agli italiani in particolare.  Si sa infatti che la gran parte della popolazione non è più in regola con i pagamenti dei mutui a tasso variabile “L’inflazione, pur essendo diminuita negli ultimi mesi, tornerà- comunica la Bce- probabilmente a registrare un temporaneo incremento nel breve periodo”.
“Secondo le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate a dicembre 2023 dagli esperti dell’Eurosistema, l’inflazione si ridurrebbe gradualmente nel corso del 2024, per poi avvicinarsi nel 2025 all’obiettivo del 2 per cento perseguito dal Consiglio direttivo – prosegue la Bce -. Nell’insieme gli esperti dell’Eurosistema si attendono che l’inflazione complessiva si collochi, in media, al 5,4 per cento nel 2023, al 2,7 nel 2024, al 2,1 nel 2025 e all’1,9 nel 2026. Rispetto all’esercizio condotto a settembre scorso dagli esperti della BCE, pertanto, le proiezioni per l’area dell’euro sono state riviste al ribasso per il 2023 e soprattutto per il 2024”.
Il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea “è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2 per cento nel medio termine”…
“Sulla base della valutazione corrente, il Consiglio direttivo ritiene che i tassi di interesse di riferimento della BCE si collochino su livelli che, se mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al conseguimento di tale obiettivo. Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finchè sarà necessario”, prosegue la Banca Centrale Europea.
“I rischi per la crescita economica restano orientati al ribasso. L’espansione economica potrebbe risultare inferiore se gli effetti della politica monetaria si rivelassero più forti delle attese”, sottolinea la Bce.
Un indebolimento dell’economia mondiale o un ulteriore rallentamento del commercio internazionale graverebbero inoltre sulla crescita dell’area dell’euro – spiega la Banca Centrale Europea -. La guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina e il tragico conflitto in Medio Oriente sono significative fonti di rischio geopolitico. Ciò potrebbe indurre, nelle imprese e nelle famiglie, una perdita di fiducia riguardo al futuro. L’espansione economica potrebbe rivelarsi più elevata se, grazie all’incremento dei redditi reali, la spesa aumentasse in misura superiore al previsto, oppure se l’economia mondiale crescesse più di quanto atteso”.

NEL SUD E’ NAPOLI CHE, SECONDO L’ISTAT,E’ LA CAPITALE ITALIANA DELL’INFLAZIONE

Mercato immobiliare di Napoli: il centro storico trascina i prezzi ...

Napoli presenta molti aspetti pieni di criticità. Lo sappiamo ma l’Istat lo conferma con i numeri. Il potere d’acquisto delle famiglie diminuisce progressivamente e su tanti lavoratori incombe lo spettro della disoccupazione. Ma aumentano pure i prezzi dei beni di consumo. Lo strano fenomeno riguarda Napoli che, secondo gli ultimi dati Istat, è la capitale italiana dell’inflazione, a dispetto di una tendenza deflattiva piuttosto diffusa sul territorio nazionale. E lo stesso primato, tra le regioni, spetta alla Campania.

L’aumento del costo della vita in poche città è una tendenza emersa dai dati sull’inflazione, divulgati dall’Istat e rielaborati su un campione di Comuni con più di 150mila abitanti. L’incremento del tasso di inflazione registrato a Napoli nel mese di giugno è dello 0,7%, lo stesso dato di maggio. A pesare soprattutto i settori alimentare e abbigliamento.

Napoli è in controtendenza rispetto al Settentrione e rispetto a buona parte del Mezzogiorno. «Mentre il resto d’Italia è in deflazione a giugno, al Sud – spiega l’Istat – i prezzi crescono, anche se solo dello 0,1%. Il Sud è l’unica area del Paese con numeri positivi e ospita una delle grandi città con i maggiori rincari, Napoli, che insieme con Bolzano e Perugia guida la classifica dello 0,7%.». 

Il primato di Napoli — è la conferma di una tendenza che era stata già anticipata nelle scorse settimane, quando le valutazioni sul costo della vita apparivano ancora premature. . Secondo uno studio recente della Commissione Europea, i prezzi al consumo in Italia nel 2020 dovrebbero rimanere stabili. I dati sull’inflazione, rielaborati dall’Unione consumatori, a Napoli e in Campania – dove l’incremento è dello 0.5% – risultano sorprendenti soprattutto per la differenza con le altre città del Mezzogiorno. In tutto il Sud Italia, il dato rilevato dall’Istat per giugno 2020 segnala un aumento dello 0,1%. E sull’intero territorio nazionale la media è negativa, con un -0,2%. 

Nelle grandi città la tendenza deflattiva è ancora più accentuata, con il -0,5% di Roma e il – 0,8% di Milano. È evidente che l’incremento dei prezzi dei beni di prima necessità- a partire dagli alimentari- abbia contribuito in maniera significativa a determinare l’aumento dell’inflazione.

. L’Unione nazionale Consumatori ha provato a tradurre in termini numerici l’aumento dell’inflazione su base percentuale, proiettandolo su un arco temporale di un anno. Un lavoratore- tipo a tempo pieno, con una retribuzione media di 1440 euro netti mensili, ha perso in questo periodo di fermo a casaoltre 480 euro mensili ad aprile e maggio. Il rincaro dei prezzi, in questo momento, risulta davvero inspiegabile.