In fermento i dipendenti dell’Istituto Incremento Ippico -Nervosismo e malessere nei rapporti tra le parti

 

La restaurata Tenuta Ambelia location della Fiera Mediterranea del Cavallo: "La Regione pensi ora ad avviare il rilancio" | BlogSicilia - Ultime notizie dalla Sicilia

Archivi Sud Libertà – Tenuta Ambelia dell’Istituto Incremento Ippico

 

 

DI  RAFFAELE  LANZA

Lo stato di malessere intervenuto tra le parti della controversia, dipendenti dell’Istituto Incremento ippico di Catania, e la direzione dell’Ente dà luogo al momento a diverse manifestazioni di nervosismo e insofferenza   Si discute adesso della debolezza sociale dei sindacati rappresentativi che sin dalla legge di rimodulazione della pianta organica dell’Istituto avrebbe dovuto preventivare ciò che non  hanno saputo prevedere anch’essi.    L’immobilismo politico-sì- d’accordo ma ogni forza sindacale,-è coro unanime – soprattutto chi vanta antiche tradizioni non si limita a svolgere un’azione locale di contrasto o a rilasciare commenti od interviste additando la politica il responsabile assoluto ma deve rispondere con senso di responsabilità pari al consenso c he rappresenta.     Marionette o sindacalisti nani che rivestono cariche importanti a Catania , segreteria generale o dirigente regionale sindacale,senza avere un tessuto lavorativo di responsabilità del lavoro del comparto e  quello dirigenziale,  equivale -equivale  come mandare in battaglia giovane personale regionale,ex contrattista,a riguardo,lanciato in avventure private o a stabilizzazioni dalla fascia Ae B al titolo corrispondente al titolo di studio. .

 

Ripristinare le corrette relazioni sindacali per tutelare i lavoratori di Fata Logistic Systems | La Retorica

 

Si dimentica l’obbligo morale – o diventa palese sempre più l’incapacità- di adempiere alle incombenze loro spettanti in conseguenza della carica che ricoprono o che il sindacato di riferimento, forse senza candidati, ha dato loro.. E’ anche questo il male oscuro che sta divorando i dipendenti oramai smarriti  e soffocati dalla  direzione dell’Istituto Incremento ippico ma anche l’assenza di autentica responsabilità sindacale connessa   ai vertici   dei dipartimenti della Regione siciliana

Riportiamo   uno stralcio del ricorso contro la Regione siciliana della legge n.17 del 2019 che rimodula la pianta organica dell’Istituto Ippico  Anche questo è punto d’attenzione del Giudice del Lavoro che presto , forse a giorni o più in là, si pronuncerà sul ricorso dell’Avv Buscemi presentato da diversi dipendenti che non aderito alle idee del Sindacato Cgil e del suo Segretario “generale”

CATANIA,

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege
dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12;
Contro la Regione Siciliana, in persona del Presidente pro tempore , con sede in piazza Indipendenza, 21 – 90129
Palermo, per la declaratoria di illegittimità costituzionale degli articoli: 2, commi 7 e 8; 8; 13, commi l e 2; 15 commi
3 e 4 e 22 della legge Regione Sicilia n. 17 del 16 ottobre 2019, come da delibera del Consiglio dei ministri in data
12 dicembre 2019.

Nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 47 del 18 ottobre 2019 (n. 44), è stata pubblicata la legge regionale 16 ottobre 2019, n. 17 recante; «Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie».
Il Presidente del Consiglio ritiene che le disposizioni contenute negli articoli 2, commi 7 e 8; 8; 13, commi 1 e 2; 15 commi 3 e 4 e 22 siano illegittime per contrasto con diverse disposizioni costituzionali (indicate in relazione a ciascun articolo impugnato); pertanto propone questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 127, comma 1,della Costituzione per i seguenti
MOTIVI
Illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 7 ed 8 per contrasto con l’art. 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001
(norma interposta) e dell’art. 117 della Costituzione.
L’art. 2 della legge regionale n. 17 del 2019 prevede:
Rimodulazione pianta organica dell’Istituto incremento ippico per la Sicilia
1. Le disposizioni del presente articolo disciplinano i rapporti di lavoro e d’impiego alle dipendenze dell’Istituto incremento ippico per la Sicilia, tenuto conto dell’autonomia statutaria dell’Istituto, nel rispetto dell’art. 97, primo comma, della Costituzione, al fine di:
a) accrescere l’efficienza dell’Istituto in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi in Italia e nell’Unione europea;
b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta ed indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;
c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni.
2. Per le finalità di cui al comma 1, nella seguente tabella A, è rimodulata l’attuale consistenza della dotazione organica dell’Istituto incremento ippico per la Sicilia in base ai fabbisogni e al vigente sistema di classificazione del personale del comparto non dirigenziale del Contratto collettivo regionale di lavoro della Regione Siciliana e degli enti di cui all’art. 1 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10.
TABELLA A
Qualifica Categoria CCRL Dotazione organica attuale Nuova dotazione organica
operatori A 0 12
collaboratori B 0 1
istruttori C 30 3
funzionari D 1 1
TOT. 31 17

3. La consistenza della dotazione organica del personale appartenente al ruolo unico della dirigenza regionale è
fissata in 1 unità.
4. La dotazione organica totale dell’Istituto è di 18 unità.
5. Alle eccedenze di personale di ruolo, individuate a seguito della rimodulazione della dotazione organica di cui al comma 2, il dirigente responsabile dell’Istituto incremento ippico per la Sicilia applica le procedure di cui all’art. 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, immediatamente dopo la data di entrata in vigore della presente legge.
6. Ai fini della ricollocazione totale 0 parziale del personale in situazione di soprannumero e di eccedenza il dirigente responsabile dell’Istituto incremento ippico per la Sicilia ed il dirigente generale del Dipartimento regionale della funzione pubblica e del personale sono autorizzati a stipulare apposito accordo di mobilità ai sensi del comma 5 dell’art. 33 del decreto legislativo n. 165/2001.
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7. L’accordo di mobilità di cui al comma 6 regola anche la copertura dei posti risultanti vacanti a seguito della
nuova dotazione organica.
8. Qualora ne ricorrano le condizioni, le eccedenze e le carenze di personale scaturenti dalla nuova dotazione
organica potranno essere regolate col ricorso all’istituto del distacco del personale ai sensi dell’art. 62 del Contratto
collettivo regionale di lavoro del comparto non dirigenziale della Regione Siciliana e degli enti di cui all’articolo 1
della legge regionale n. 10/2000.
9. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L’art. 2, recante norme concernenti la rimodulazione pianta organica dell’Istituto incremento ippico per la Sicilia, si ritiene sia costituzionalmente illegittimo nei suoi commi 7 e 8.
Nel complesso, come detto, la disposizione disciplina un processo di rimodulazione in senso riduttivo della dotazione organica dell’Istituto incremento ippico per la Sicilia e la conseguente gestione delle eccedenze secondo le previsioni dell’art. 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001, normativa direttamente applicabile al personale della regione e degli enti da essa vigilati in base all’art. 23 della legge regionale n. 10 del 2000.
Al comma 7, viene stabilito, in particolare, che nell’accordo di mobilità, previsto dal precedente comma 6, sia disciplinata anche la copertura dei posti vacanti all’esito della riduzione della dotazione organica.
Si deve rilevare, in via generale, principalmente la controtendenza della previsione rispetto alle finalità dell’accordo.
La norma, infatti, appare orientata ad assicurare la ricollocazione del personale eccedentario e non la copertura di
posti vacanti.
Si ritiene che le norme in esame violino i principi contenuti nel decreto legislativo n. 165 del 2001, che si atteggia quale norma interposta, in particolare con l’art. 33, comma 5, contrasta con l’art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, tra i quali certamente la materia del rapporto di impiego privatizzato e dei contratti collettivi.
Prevede, infatti, l’art. 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001:
«1. Le pubbliche amministrazioni che hanno situazioni di soprannumero o rilevino comunque eccedenze di personale, in relazione alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria, anche in sede di ricognizione annuale prevista dall’art. 6, comma 1, terzo e quarto periodo, sono tenute ad osservare le procedure previste dal presente articolo dandone immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica.
2. Le amministrazioni pubbliche che non adempiono alla ricognizione annuale di cui al comma 1 non possono effettuare assunzioni o instaurare rapporti di lavoro con qualunque tipologia di contratto pena la nullità degli atti posti in essere.
3. La mancata attivazione delle procedure di cui al presente articolo da parte del dirigente responsabile è
valutabile ai fini della responsabilità disciplinare.
4. Nei casi previsti dal comma 1 del presente articolo il dirigente responsabile deve dare un’informativa preventiva alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area.
5. Trascorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 4, l’amministrazione applica l’art. 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in subordine, verifica la ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con le stesse, comprese nell’ambito della regione tenuto anche conto di quanto previsto dall’art. 1, comma 29, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nonché del comma 6.
6. I Contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni al di fuori del territorio regionale che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si applicano le disposizioni dell’art. 30.
7. Trascorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 4 l’amministrazione colloca in disponibilità
il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa
essere ricollocato presso altre amministrazioni nell’ambito regionale, ovvero che non abbia preso servizio presso la
diversa amministrazione secondo gli accordi di mobilità.
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8. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un’indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell’indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. È riconosciuto altresì il diritto all’assegno per il nucleo familiare di cui all’art. 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153».
Pertanto, quanto previsto ai commi 7 ed 8 dell’art. 2 in ordine alla possibilità di regolare la copertura dei posti risultanti vacanti all’esito della nuova dotazione organica in sede di accordo di mobilità, non trova riscontro nell’art. 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che costituisce disposizione riconducibile alla materia dell’ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l) , della Costituzione.
Anche il comma 8 tratta congiuntamente la gestione delle eccedenze e delle carenze di personale dell’istituto oggetto dell’intervento normativo, prevedendo il ricorso al distacco disciplinato dall’art. 62 del CCRL, secondo cui l’Amministrazione di appartenenza del personale in distacco resta responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore. Anche in tal caso la legge regionale – laddove prevede uno strumento di gestione dell’eccedenza di personale, i cui oneri sono posti a carico dell’Amministrazione che presenta situazioni di eccedenza – detta disposizioni ulteriori rispetto alla legge statale, che non trovano riscontro nell’art. 33 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.
Il contrasto con tale disposizione emerge sol che si consideri che la norma interposta non contempla l’eventualità del distacco, ma prevede la risoluzione del rapporto (1) , nel caso sussistano i presupposti per il pensionamento, ovvero il ricorso a procedure di mobilità.
L’art. 33, comma 5 del decreto legislativo n. 165/2001, come già evidenziato, costituisce norma riconducibile alla materia dell’ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l) , della Costituzione.
Da ciò l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 7 e 8, della legge in esame.Illegittimità costituzionale dell’art. 8 per contrasto con l’art. 81, terzo comma, della Costituzione.
L’art. 8 prevede modifiche alla legge regionale 8 maggio 2018, n. 8, disponendo testualmente «1. Al comma 1 dell’art. 79 della legge regionale 8 maggio 2018, n. 8, le parole “31 dicembre 2018” sono sostituite dalle parole “31 dicembre 2019”.».

(1) L’art. 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 prevede che
«con decisione motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi, le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, incluse le autorità indipendenti, possono, a decorrere dalla maturazione del requisito di anzianità contributiva per l’accesso al pensionamento, come rideterminato a decorrere dal l° gennaio 2012 dall’art. 24, commi 10 e 12, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, risolvere il rapporto di lavoro e il contratto individuale anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi e comunque non prima del raggiungimento di un’età anagrafica che possa dare luogo a riduzione percentuale ai sensi del citato comma 10 dell’art. 24. ………..».

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In ragione delle considerazioni che precedono, la norma di cui all’art. 8 contrastando con il parametro interposto rappresentato dall’art. 3, comma 1, lettera a) , del decreto-legge n. 47 del 2014, eccede le competenze attribuite alla Regione dagli articoli 14 e 17 dello Statuto di autonomia e viola un principio fondamentale nella materia, di legislazione concorrente, del «coordinamento della finanza pubblica», di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Al riguardo, è necessario evidenziare che la giurisprudenza è costante nell’affermare che anche gli enti ad autonomia differenziata sono soggetti ai vincoli legislativi derivanti dal rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica ( cfr. sentenza n. 77 del 2015 e le pronunce ivi richiamate, n. 139 del 2012, n. 30 del 2012 e n. 229 del 2011).
Infine, con riferimento agli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni di cui alla legge in esame, si evidenzia che gli articoli 2, 5, 12, 22, 25 e 27 riportano clausole di invarianza finanziaria volte a specificare che dall’attuazione delle disposizioni ivi recate non derivano nuovi oneri a carico della finanza pubblica e che tutte le strutture regionali interessate provvedono ai relativi adempimenti nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, si rileva che la legge in esame non risulta corredata della relazione tecnica prevista dall’art. 17 della legge n. 196 del 2009 che indichi nel dettaglio le ragioni dell’invarianza degli effetti legislativi sui saldi della finanza regionale. In particolare, il comma 6 -bis del citato art. 17 impone — anche al legislatore regionale — di corredare dette clausole di una relazione tecnica che riporti la valutazione degli effetti, i dati e gli elementi idonei a suffragare l’ipotesi di invarianza, l’indicazione dell’entità delle risorse già esistenti nel bilancio e delle relative unità gestionali, utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni medesime anche attraverso la loro riprogrammazione.
La relazione tecnica assume, pertanto, non solo un rilievo illustrativo, bensì dimostrativo del rispetto, da parte del nuovo provvedimento legislativo, del parametro costituzionale sulla copertura finanziaria degli oneri. Ne consegue che la declaratoria di assenza di onere non vale di per sé a rendere dimostrato il rispetto dell’obbligo di copertura.
L’attribuzione e lo svolgimento di nuovi compiti a strutture o uffici già esistenti possono infatti comportare nuovi o maggiori oneri finanziari conseguenti. È evidente che la previsione in tale evenienza di una clausola di invarianza finanziaria priva di indicazioni circa, ad esempio, l’organico interessato all’adempimento delle nuove funzioni assegnate o la disponibilità dei mezzi necessari per il loro svolgimento, rischia di risolversi in una mera «clausola di stile»
(sentenza n. 18 del 2013).
Tali clausole, pertanto, garantiscono la neutralità finanziaria delle disposizioni a condizione che esse siano in concreto praticabili. Ove, infatti, i nuovi compiti affidati alle Amministrazioni regionali non possano, in concreto, essere svolti ad invarianza di risorse, la norma istitutiva comporterebbe la creazione di oneri occulti, in contrasto con i principi costituzionali della copertura degli oneri con possibili effetti anche sull’equilibrio del bilancio.
Per quanto sopra, in assenza di elementi idonei a suffragare le suddette clausole di invarianza finanziaria, si ritiene che le citate disposizioni violino l’art. 81, terzo comma, della Costituzione che trova specifica declinazione nel richiamato art. 17 della citata legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009.