Oggi alle 18,30 approda in Senato la manovra per la fiducia- Ecco le nuove misure

 

 

La manovra 2024 approda oggi mercoledì 20 dicembre in Aula del Senato per la discussione generale alle 18.30 per arrivare alla fiducia e al via libera entro venerdì 22. Il disegno di legge passerà poi alla Camera per un iter rapido che porterà all’approvazione definitiva del provvedimento tra Natale e Capodanno. Un esame quello della Finanziaria, partito a rilento per il nodo emendamenti e la volontà del governo di ‘blindare’ il ddl, che adesso entra nel rush finale visto che la maggioranza non mira certo all’esercizio provvisorio in caso di mancato via libera entro il 31 dicembre.

Aula Senato - Fotogramma
Nel fotogramma il Senato che oggi dovrà riunirsi alle 18,30 per la fiducia

La manovra vale circa 24 miliardi di euro dei quali oltre 15 miliardi finanziari in deficit e destinati all’intervento principale ovvero il taglio cuneo fiscale (quasi 11 mld) e alla riduzione delle aliquote Irpef (poco più di 4 mld). Le due misure insieme portano un vantaggio in busta paga per i contribuenti coinvolti di circa 120 euro.

Giù le tasse sul lavoro per 14 milioni di dipendenti del pubblico e del privato con vantaggi medi di circa 100 euro al mese: in manovra il governo conferma il taglio del cuneo, rafforzato con il decreto del primo maggio, di 7 punti per i redditi fino a 25mila e 6 punti per quelli fino a 55mila euro. La misura è finanziata solo per il 2024.

Con la manovra parte il primo modulo della riforma fiscale: l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef, costo . Per il 2024 gli scaglioni si riducono da quattro a tre, accorpando i primi due scaglioni con un’unica aliquota al 23% per i redditi fino a 28.000; oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro l’aliquota resta al 35%; oltre 50.000 euro al 43%. Inoltre si amplia fino a 8.500 euro la soglia di no tax area. Secondo le stime delle associazioni, la riforma garantisce un beneficio massimo di 20 euro al mese per i contribuenti convolti.

Ponte di Messina

La manovra conferma le risorse per il Ponte sullo Stretto di Messina pari a 11,6 miliardi di euro dal 2024 al 2032, ma alleggerisce a 9,3 miliardi l’onere a carico del bilancio statale. La rimanente parte di 2,3 miliardi verrà reperita dal Fondo di sviluppo e coesione, con tanto di dote da 1,6 mld a carico del Fondo ma a valere sui bilanci di Calabria (300 mln) e Sicilia (1,3 mld).

Pensioni

‘Salve’ le pensioni di vecchiaia dei medici con penalizzazioni light per le anticipate. Dopo polemiche e scioperi  un emendamento all’art 33 della manovra mette al riparo dai tagli le pensioni di vecchiaia di medici, dipendenti di enti locali, maestri e ufficiali giudiziari e riduce progressivamente la decurtazione per i sanitari che restano in corsia (riduzione di un trentaseiesimo del taglio per ogni mese in più di permanenza al lavoro). I dirigenti medici e gli infermieri, se lo vorranno, potranno inoltre rimanere al lavoro fino a 70 anni.

SULLA RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI DELLA REGIONE SICILIANA- MISSIVA DEL DIRETTORE GENERALE NASCA TORNA ORA D’ATTUALITA’ PER I SINDACATI NAZIONALI NELL’INCONTRO CON LA MELONI

 

Rivalutazione pensioni già dal 2022: come si ricalcolerà l'assegno con  l'inflazione- Corriere.it

Archivi -SUD LIBERTA’

 

In relazione ad alcune specifiche richieste di chiarimenti sulle modalità di calcolo del trattamenti pensionistici del personale regionale,Regione Sicilia,  provenienti dalle unità istruttorie incardinate nei  vari servizi   il  Direttore  Generale dr Filippo Nasca,  fornisce i seguenti indirizzi operativi:

SUD LIBERTA ‘  pubblica (in sintesi) la lunga nota del direttore generale che adesso, in vista della rivalutazione sulle pensioni richiesta dai Sindacati CGIL e UIL in particolare , convocati a Palazzo Chigi il 7 dicembre prossimo dalla Meloni che ha frenato inopportunamente l’intera questione, ritorna più attuale-ed esplosiva – che mai. Questa missiva-circolare del direttore Nasca rafforza i motivi di diritto dei pensionati regionali della Sicilia. Vediamo la Circolare ed anche le modalità di calcolo della rivalutazione: 

-“Come è noto, il legislatore regionale, attraverso una serie di interventi avvenuti nei primi due decenni di questo secolo, ha reso progressivamente omogenei i trattamenti di previdenza del personale regionale, rispetto a quello dei dipendenti civili dello Stato. E’ un percorso di che può dirsi concluso dal 1 gennaio 2021.

Basti qui ricordare l’art. 20 della l.r. 21/2003 (che ancora faceva salve alcune norme della l.r. 2/1962), e poi soprattutto gli artt. 51 e 52,
con i quali il cammino di riconciliazione della disciplina regionale con quella statale è stato praticamente completato, sia in riferimento ai requisiti di accesso alla pensione (sul quale già il richiamato art. 20 della l.r. 21/2003 aveva eliminato eventuali differenze per il personale di
contratto 1), sia per quanto concerne le modalità di calcolo dell’assegno pensionistico definitivo.
Quanto sopra vale a precisare che l’intentio legis è stata ed è quella della progressiva armonizzazione, termine che deve intendersi nel senso della identità di trattamento; tale assunto deve guidare l’operatore amministrativo nella concreta e quotidiana applicazione
della normativa di settore, nel senso che, in caso di dubbi di dettaglio o altrimenti chiare eccezioni letterali (non superabili nemmeno con il canone della successione delle leggi )____________________________

Finora deve ovviamente essere preferita l’interpretazione che va nella direzione della cennata uniformità fra trattamento statale e regionale, piuttosto che per il mantenimento di apparenti eccezioni, spazzate vie dalla produzione normativa degli ultimi anni.
– Ciò premesso, si deve ribadire che nessuna ultrattività della disciplina transitoria di cui all’art.52 della l.r. 9/2015 può ammettersi, oltre la data del 31 dicembre 2020 (come peraltro si ricava anche dalla lettura della circolare del Dipartimento della F.P. 70272 del 25.5.2015).
a) Per il il trattamento pensionistico di contratto 1, a decorrere dal 1^ gennaio 2021, sono venute meno le residue differenze rispetto a quello di contratto 2, previste dall’ art. 20 comma 1 della l.r. 21/2003; pertanto il calcolo retributivo per le anzianità maturate non si
estende al 31.12.2003, ma si ferma al 31.12.1995 (fatta salva l’ipotesi di un’anzianità di servizio superiore ai 18 anni a quella data).
b) Le retribuzioni pensionabili dei dipendenti regionali (così come quelle dei dipendenti civili dello Stato), ai fini del calcolo della quota retributiva, sono soggette alla rivalutazione ai sensi dell’articolo 7, comma 4 del decreto legislativo 503/1992 (si riporta il testo: 4. Ai fini
del calcolo dei trattamenti pensionistici di cui al presente articolo le retribuzioni pensionabili previste dai singoli ordinamenti sono rivalutate in misura corrispondente alla variazione dell’indice annuo dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati, calcolato dall’ISTAT, tra l’anno solare cui le retribuzioni si riferiscono e quello precedente la decorrenza del trattamento pensionistico, con aumento di un punto percentuale per ogni anno solare preso in considerazione ai fini del computo delle retribuzioni pensionabili).

Si veda l’esempio parziale riportato in calce, riferito alla retribuzione simulata di un dipendente andato in quiescenza al 31.12.2020:
Anno di servizio Retr. goduta nel periodo di riferimento Rivalutazione di un punto percentuale per numero anni
Coefficienti rivalutazione ISTAT anno precedente decorrenza pensione Coefficiente rivalutazione ISTAT riferito all’anno da rivalutare
Retribuzione goduta nel periodo di riferimento rivalutata a b c d   e = (a x b x c : d)
2020       € 91.501,34 1,00 172,4365 172,4365        € 91.501,34
2019       € 91.913,65 1,00 172,4365 172,4365         € 91.913,65
2018       € 92.087,96 1,01 172,4365 171,5786         € 93.473,89
2017       € 92.068,59 1,02 172,4365 169,7118        € 95.417,67
2016       € 92.087,96 1,03 172,4365 167,8653       € 97.433,51
(seguono le precedenti annualità)
Anche per le aliquote di rendimento, trova applicazione la normativa prevista per gli impiegati civili dello Stato.

Il Direttore Generale Fondo Pensioni Regione Siciliana –Filippo Nasca
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Sicilia
L.R. 07/05/2015, n. 9
Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2015. Legge di stabilità regionale.
Pubblicata nella Gazz. Uff. Reg. sic. 15 maggio 2015, n. 20, S.O. n. 16.
Art. 51 Armonizzazione del sistema pensionistico regionale con quello statale.
In vigore dal 12 maggio 2017
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di armonizzare il sistema pensionistico regionale con quello statale, il calcolo della quota retributiva di pensione del personale regionale destinatario delle disposizioni di cui all’articolo 10, commi 2 e 3, della legge regionale 9 maggio 1986, n. 21 è effettuato in base alle norme relative agli impiegati civili dello Stato.
2. All’articolo 20, comma 1, della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21 le parole “alla retribuzione ultima
in godimento” sono sostituite dalle parole “alla media delle retribuzioni degli ultimi cinque anni”.
2-bis. Nei casi di aspettativa ex articolo 34, comma 7, del CCRL della dirigenza, e dell’articolo 52, comma 9, del CCRL del comparto, la media dell’ultimo quinquennio va riferita altresì alle retribuzioni percepite presso altra pubblica amministrazione con contratto a tempo determinato, previa ricongiunzione contributiva presso il Fondo pensioni regionale (41).
3. In ogni caso il trattamento pensionistico complessivo annuo lordo non può superare l’ottantacinque per cento della media delle retribuzioni degli ultimi cinque anni. (40)
4. Le aliquote percentuali delle pensioni ai superstiti in vigore nel regime dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, applicate, a decorrere dal 1° gennaio 2004, sulla quota di pensione calcolata con il sistema contributivo ai sensi dell’articolo 20, comma 1, della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21, sono estese, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, a tutti i trattamenti di pensione di reversibilità e di pensione indiretta riferiti al personale di cui all’articolo 10, commi 2 e 3,
della legge regionale n. 21/1986, deceduto successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.
5. Il regime di cumulo di cui all’articolo 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, applicato a decorrere dal 1° gennaio 2004 ai trattamenti dei superstiti di dipendente collocato in pensione, o deceduto, dopo l’entrata in vigore dell’articolo 20 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21, destinatario delle disposizioni di cui all’articolo 10, commi 2 e 3, della legge regionale n. 21/1986, è esteso, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, anche ai trattamenti pensionistici attribuiti a superstiti di dipendente destinatario delle citate disposizioni, collocato in pensione prima dell’entrata in vigore dell’articolo 20 della legge regionale n. 21/2003, deceduto successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.
6. Il trattamento di quiescenza attribuito ai sensi del presente articolo non può in ogni caso essere inferiore a quello previsto per gli impiegati civili dello Stato.
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Manovra,la Meloni detta i tempi e vuole arrivare al risultato ma intanto stoppa la rivalutazione delle pensioni- Landini già sul piede di guerra

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Archivi -Sud Libertà
Roma,
La maggioranza  non vuole arrivare all’esercizio provvisorio, segnale che qualcosa  non abbia funzionato.” Dobbiamo approvare la legge di bilancio e i decreti nei tempi previsti: è importante che in Aula riconosciamo insieme questa urgenza e si vada uniti…” Giorgia Meloni  detta i tempi nel corso dell’incontro pomeridiano a Palazzo Chigi con i capigruppo delle forze politiche di maggioranza
L’obiettivo prioritario è scongiurare l’esercizio provvisorio e garantire alla manovra – che intanto ha ricevuto disco verde della Ragioneria di Stato – un percorso  senza intoppi. “…E’ stato deciso di contingentare gli emendamenti segnalati, che saranno circa 400, e di fissare un coordinamento dei capigruppo di maggioranza: la prossima settimana infatti è previsto un nuovo vertice di maggioranza con Meloni. In Commissione Bilancio dovrebbe essere audito a breve il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.  Sulla omessa rivalutazione delle pensioni i sindacati confederali con in testa Landini ,Cgil, sono sul piede di guerra e chiedono un incontro urgente con la Meloni. Sono stati convocati -si apprende già- da Palazzo Chigi per trovare una mediazione anche se il pessimismo-vista la premura della Meloni-  avvolge i sindacalisti. Vedremo. Sono oltre tre milioni intanto  i pensionati danneggiati dalla decisione della Meloni di  stoppare la      rivalutazione della gran parte delle pensioni.   Pensionati regionali della Sicilia in testa visto che qui il Fondo pensioni aveva già elaborato una Circolare del direttore dell’Ente , sulla legittima rivalutazione di chi era stato collocato in pensione. Decisione governativa-affermano tutti in coro, sindacati in testa- da correggere subito.”
Tutti i partecipanti alla riunione di oggi danno il senso dell’urgenza. “Afferma la Lega, Riccardo Molinari: “Sulla legge di bilancio porteremo migliorie, ma niente di stravolgente, perché il testo già risponde alle nostre richieste”…

 

Manovra 2023: pensioni verso quota 103,(41 anni di contributi e 62 d’età) flat tax estesa e,probabilmente, via Iva su pane e latte

Le linee tracciate nel vertice di maggioranza a Palazzo

Manovra 2023: pensioni verso quota 103, flat tax estesa e via Iva su pane e latte

Quota 103 per le pensioni, flat tax estesa, stretta sul reddito di cittadinanza. Sono alcuni dei cardini della manovra 2023 – da circa 30-32 miliardi – secondo quando emerge dal vertice di maggioranza  col presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.

La flat tax al 15% viene estesa. A beneficiarne saranno le partite Iva e gli autonomi con ricavi fino a 85mila euro (ora, invece, il tesso è fissato a 85mila euro). Aumento del credito d’imposta con aumento dell’aliquota sugli extra profitti, per quanto riguarda l’energia. Proroga dell’Ape sociale e opzione donna, quota 103 (62-41), sul tema pensioni.

Tra gli argomenti sotto i riflettori l’ipotesi di togliere l’Iva su pane e latte, un’operazione da quasi mezzo miliardo di euro, ma “un primo segnale” per il paese. Inoltre, iva al 5% sui prodotti dell’infanzia e per l’igiene femminile, assorbenti compresi.

Nel corso del vertice non sarebbe stato affrontato il tema dello scudo fiscale per i capitali rientranti dall’estero. A riguardo il Ministero informa che non vi saranno conseguenze sotto il profilo penale.

 

Le pensioni verranno adeguate al 100% rispetto all’aumento dei prezzi

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 Pensioni : si sta passando ad un nuovo schema di indicizzazione delle pensioni rispetto all’inflazione.

Spiega il vicepremier Luigi Di Maio:  ” Fino a tre volte l’assegno minimo le pensioni verranno adeguate al 100% rispetto all’aumento dei prezzi. Siccome la pensione minima nel 2018 si è attestata a 507,42 euro, significa che tutte le pensioni fino a 1.522,26 euro lordi, che sono il 41% del totale, dal 2019 saranno aumentate almeno di quanto aumenteranno i prezzi. I sindacati che protestano fingono di non sapere che per molte di queste pensioni ci saranno aumenti considerevoli grazie alla Pensione di Cittadinanza, che andrà ad aumentare le pensioni minime fino alla soglia dei 780 euro mensili (nel caso di un pensionato che vive da solo e non ha casa di proprietà). E dimenticano anche che con Quota 100 tutti i lavoratori con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi versati potranno scegliere di andare in pensione prima rispetto a quanto stabilito dalla pessima Legge Fornero. Due misure di giustizia sociale che gli italiani aspettavano da anni.

 

La problematica viene approfondita. “Per chi percepisce dalle 3 alle 4 volte la pensione minima (dai 1.522 ai 2.029 euro lordi mensili) l’adeguamento all’inflazione sarà del 97%. Pensate che negli ultimi 4 anni è stato del 95% e senza un nostro intervento sarebbe sceso al 90% nel 2019. In termini materiali significa che considerando un’inflazione 2019 stimata all’1,1%, un pensionato con 1.523 euro al mese avrebbe visto il proprio assegno aumentare di 15 euro, mentre grazie alla nuova indicizzazione il suo assegno mensile aumenterà di 16,25 euro.

Per chi percepisce una pensione superiore dalle 4 alle 5 volte rispetto a quella minima l’adeguamento sarà del 77%, dalle 5 alle 6 volte sarà del 52%, dalle 6 alle 8 volte del 47%, dalle 8 alle 9 volte del 45% e infine per chi percepisce una pensione oltre 9 volte superiore a quella minima l’adeguamento all’inflazione sarà del 40%. Questo a fronte di uno schema che senza il nostro intervento avrebbe visto l’indicizzazione delle pensioni dalle 6 volte la minima in su passare dal 45% di adeguamento all’inflazione dello scorso anno al 75%! Un bel regalo per i pensionati d’oro, sulla pelle degli altri pensionati.

Prendiamo il caso di un pensionato che ogni mese riceve un assegno 10 volte superiore alla pensione minima, cioè 5.072 euro lordi. Questo pensionato vedrà aumentare il suo assegno mensile di 22,5 euro invece che di 42 euro, ossia quanto avrebbe ottenuto con la nuova rivalutazione al 75%. Un mancato aumento di 19 euro e 50 centesimi, per un totale annuo di 234 euro lordi”.

Risparmi che lo Stato ha investito nelle pensioni più basse, sia per aumentarne la rivalutazione sia per finanziare la Pensione di Cittadinanza.

 

Sprechi in Europa: tagliare con urgenza i numerosi privilegi ai politici – Un comunicato-protesta del M5S

Riceviamo e pubblichiamo (in sintesi)

 

“Dagli stipendi dei Commissari europei alla pensione privilegio degli europarlamentari, dalle spese forfettarie alle agenzie da accorpare. L’Europa concede anacronistici privilegi ai politici, mentre ai cittadini impone sacrifici nel nome dei vincoli di bilancio e dell’austerity. Ecco una carrellata dei principali sprechi da tagliare e le proposte del Movimento 5 Stelle per rendere l’Europa più equa e trasparente.

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STIPENDI COMMISSARI EUROPEI

Gli stipendi dei Commissari europei sono uno schiaffo agli oltre 100 milioni di poveri presenti in tutta Europa. Il Presidente della Commissione Juncker percepisce il 138% dello stipendio del funzionario con più alto grado della Commissione (fonte dati relativi al 2016) e cioè 27.436,90 euro al mese. L’alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini 25.845,35 al mese, i cinque vicepresidenti 24.852,26 euro al mese, mentre tutti gli altri Commissari 22.852,26 euro al mese.

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Nella foto il Presidente Commissione Juncker: percepisce circa 28 mila euro al mese

A queste esorbitanti cifre vanno aggiunte alcune indennità variabili, come l’indennità di residenza, di espatrio e per i figli. I Commissari hanno inoltre a disposizione 1.500 euro al mese per le spese di rappresentanza. In totale nel 2019 i contribuenti europei spenderanno per mantenere tutti i Commissari una cifra pari a 12,6 milioni di euro.

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LIQUIDAZIONE COMMISSARI EUROPEI

Nel 2019 sono stati messi a bilancio anche 682.000 euro previsti per le indennità transitorie, ovvero una sorta di sussidio che i Commissari ricevono alla fine del loro mandato per una durata di due anni. Questa indennità è proporzionale allo stipendio dei Commissari, tagliando quindi i salari automaticamente si riducono anche queste indennità che, comunque, coprono un arco temporale troppo lungo.

 

STIPENDI E PENSIONE DEGLI EURODEPUTATI

I parlamentari europei ricevono un’indennità per l’esercizio delle loro funzioni pari al 38,5% del trattamento di base di un giudice della Corte di giustizia delle Comunità europee. Lo stipendio di base equivale, dunque, a 8.757,7 euro lordi al mese. A questo si somma un’indennità di soggiorno che viene assegnata per ogni giorno di presenza al Parlamento europeo e che ammonta a 320 euro.

Tutti gli eurodeputati, inoltre, al compimento dei 63 anni di età, hanno diritto a un pensione di anzianità a vita pari al 3,5% della retribuzione per ciascun anno completo di esercizio di mandato. Questo privilegio scatta dopo appena un solo anno di mandato. Con una sola legislatura (5 anni di mandato) ogni europarlamentare matura una pensione a vita pari a 1.484,70 euro al mese. Questo importo raddoppia se l’europarlamentare fa due legislature.

 

SPESE FORFETTARIE

I deputati europei hanno diritto a un’indennità forfettaria mensile (denominata “indennità di spese generali”). L’importo mensile è di 4.342 euro. Questa indennità – che per tutti gli europarlamentari raggiunge la cifra di 40 milioni di euro l’anno – è destinata a coprire le spese effettuate nel Paese in cui il deputato è stato eletto, come per esempio le spese di locazione per uffici, spese telefoniche e informatiche. Queste spese vengono erogate in modo forfettario.

 

ACCORPIAMO LE AGENZIE

Così come per il Parlamento europeo, anche alcune Agenzie hanno una doppia sede amministrativa e operativa. Qualche esempio? L’Agenzia dell’Unione europea per le ferrovie e l’Agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT. Durante i nostri cinque anni al Parlamento europeo abbiamo presentato degli emendamenti per aumentare i risparmi e accorpare le funzioni amministrative comuni delle AgenzieCi aspettiamo dalla futura Commissione europea un piano per ridurre le spese, tagliare i rami secchi e rendere più efficiente le numerose Agenzie europee.

 

PARTITI E FONDAZIONI EUROPEE

I cittadini pagano, i partiti spendono. In Europa c’è un sistema ben oleato di finanziamento pubblico a partiti e fondazioni che in pochi conoscono: tutte le delegazioni, presenti al Parlamento europeo, hanno dei fondi messi a disposizione per costituire dei partiti politici europei e delle fondazioni europee. Basta 1 europarlamentare che si iscriva a un partito con rappresentanti in almeno 1/4 degli Stati membri e il gioco è fatto. I partiti europei possono utilizzare questi fondi per riunioni, pubblicazioni, per spese amministrative, per il personale e per i i costi relativi alle campagne per le elezioni europee. Per il 2019 sono stati previsti 50 milioni per i partiti politici europei e 19.7 milioni per le fondazioni politiche. La delegazione del Movimento 5 Stelle ha rinunciato totalmente alla possibilità di usufruire di questi fondi perché non ha aderito a nessun partito europeo. Rinunciamo a circa 3 milioni di euro. Chi altri lo fa?

Ricerca e comunicazione del M5S

 

 

MANOVRA, SI RADDRIZZANO I CONTI PER BRUXELLES MA IL BLOCCO ASSUNZIONI 2019 ACCRESCE IL DRAMMA DELL’OCCUPAZIONE

RESTA IL DRAMMA OCCUPAZIONE NEL SUD ITALIA

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“Quota 100” paga un prezzo alto- d’intesa con Bruxelles – e all’ultimo momento vede scendere i fondi a disposizione per il 2019 da 6,7 miliardi a poco meno di 4.

La riforma della legge Fornero dovrebbe partire ad aprile assicura il governo, insieme a quello sul reddito di cittadinanza (che ha subito un taglio di 1,9 miliardi e può contare su 7,1 miliardi): entrambi i provvedimenti dovrebbero arrivare al Consiglio dei ministri solo a gennaio e non entro la fine dell’anno come inizialmente ipotizzato e annunciato.

       Il reddito prevede- secondo il ministro Tria – fino ai 780 euro per i redditi più bassi: arriverà anche l’aumento degli assegni minimi e delle pensioni d’invalidità, assicura Di Maio.

Quanto alla riforma della Fornero, il taglio di 2,7 miliardi, contro i 2 annunciati nelle settimane scorse, non comporta secondo il sottosegretario al Mef leghista Massimo Garavaglia modifiche sostanziali o ulteriori paletti: “Non c’è nessun problema né per quota 100 né per le altre misure esistenti”, vale a dire Ape social, che si dovrebbe finanziare con alcuni fondi ‘avanzati’ e Opzione donna, il cui costo è relativamente oneroso.

Nessuna retromarcia ma solo una conferma dei  capisaldi della riforma della legge Fornero, che però sarà triennale: potrà andare in pensione, tra il 2019 e il 2021, chi ha almeno 62 anni e 38 di contributi con una finestra trimestrale se lavoratore privato (la prima scatta ad aprile) e semestrale se pubblico. In questo caso l’uscita sarà a ottobre. Confermato anche il divieto di cumulo con l’attività lavorativa fino ai 67 anni.

 In particolare il prossimo anno il risparmio per l’erario ammonta a 253 milioni, a cui si aggiungono 745 nel 2020 e 1,23 miliardi nel 2021. Gli assegni fino a 1.521 euro ( questo punto interesserà più di 24 mila persone) le pensioni saranno rivalutate al 100%, quelli fino a 2.535 euro del 90% e quelli superiori del 75%.

PENSIONI D’ORO – Il contributo sulle pensioni d’oro sarà del 15% per i redditi tra 100.000 e 130.000 euro e andrà a salire fino ad arrivare al 40% per quelli superiori a 500.000 euro. Le fasce sono complessivamente 5 e, oltre alla minima e la massima, è previsto un prelievo del 25% per i redditi tra 130.001 e 200.000 euro; del 30% per i redditi tra 200.001 e 350.000 euro; del 35% per i redditi tra 350.001 e 500.000 euro. Dal taglio delle pensioni d’oro è previsto un mini-gettito- secondo un comunicato del governo- pari a 76 milioni il prossimo anno, 80 milioni nel 2020 e 83 milioni nel 2021. Il totale è pari a 236 milioni nel triennio

WEB TAX – Web tax al 3% per le imprese che si occupano di commercio ma anche quelle che vendono dati e fanno pubblicita online. Il prelievo interessa ”i soggetti esercenti attività d’impresa che singolarmente o a livello di gruppo, nel corso di un anno solare realizzano” uno dei seguenti risultati: un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a 750 milioni; un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato non inferiore a 5,5 milioni.La web tax consentirà di incassare 150 milioni il prossimo anno, a cui si aggiungono 600 milioni nel 2020 e altri 200 milioni nel 2021.      Infine non sono previsti assunzioni nel pubblico impiego fino al mese di novembre 2019…  La Sicilia, il Sud resta nel dramma occupazione in attesa che i conti si raddrizzino….

 

 

 

Crolla l’economia: aumenta lo spread e le famiglie ed imprese con i mutui bancari sono al tappeto

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L’Economia italiana è in seria difficoltà L’aumento dello spread ”è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di interessi negli ultimi sei mesi”. La comunicazione proviene dal  il vice direttore generale di Bankitalia, Luigi Federico Signorini, in audizione nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato, riunite per l’esame del disegno di legge di bilancio. ”. L’aumento dello spread sovrano si apprende – ”si ripercuote sull’intera economia: famiglie, imprese, istituzioni finanziarie”.

La crescita dei tassi di interesse sul debito pubblicosecondo Bankitaliaha un effetto in qualche modo comparabile a una stretta monetaria; Il rischio che si corre, secondo Signorini, è quello di ”vanificare tutto l’impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio. Davanti a un’eventuale nuova recessione l’Italia si troverebbe con un disavanzo relativamente elevato, come prima della crisi, e un’incidenza del debito sul prodotto perfino superiore. I margini di manovra sarebbero, di nuovo, ristretti’‘.

Chi aveva attivato un mutuo in questi mesi si è visto alzare il tasso d’interesse. A determinare un ”considerevole innalzamento dei tassi ‘, spiega Signorini, è stato un mix di fattori tra cui: ”La protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti relativi all’equilibrio di bilancio, e sulla credibilità dell’impegno del Paese a riprendere con decisione la strada della diminuzione del debito, e da ultimo, ma certo non ultimo per importanza, il conflitto con gli organi dell’Unione europea sul rispetto delle regole comuni”. Rispetto a quanto si sarebbe pagato con i tassi di interesse ad aprile l’aumento, registrato negli ultimi mesi, ”costerebbe oltre 5 miliardi nel 2019 e circa 9 nel 2020, se i tassi dovessero restare coerenti con le attuali aspettative dei mercati”.

Una politica di bilancio espansiva ”non garantisce la crescita nel medio termine e può metterla in pericolo a lungo andare”, afferma il vice direttore generale di Bankitalia. Il prossimo anno, continua, il governo programma di attuare interventi espansivi valutabili in 34 miliardi di euro, coperti da aumenti delle entrate e riduzione della spesa per poco più di un terzo. Il disavanzo aumenterebbe di quasi a 22 miliardi.

Le riforme attuate negli ultimi anni, o meglio nei decenni, passati hanno cominciato a dare frutti”, avverte Luigi Federico Signorini. La ripresa,  ”ha generato più lavoro di quanto ci si sarebbe potuti aspettare: anche se il pil rimane inferiore di circa il 4% rispetto al 2007, il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico”. Nel complesso, conclude, gli andamenti dell’economia ”rendono ambizioso il conseguimento degli obiettivi di crescita prefigurati dal governo per il prossimo anno“.

Sulla problematica delle  pensioni,tanta cara a migliaia di lavoratori, più quelli direttamente interessati, il vice direttore generale di Bankitalia sottolinea come ”è certamente possibile introdurre altri elementi di flessibilità rispetto alle regole vigenti, per esempio per quanto riguarda i requisiti minimi di pensionamento”. Tuttavia ”è necessario che interventi di questo tipo tengano conto del fatto che la sostenibilità finanziaria e l’equità intergenerazionale del nostro sistema si fondano sul nesso tra contributi versati e prestazioni erogate”. In altre parole, ”l’importo di una pensione eventualmente anticipata dovrebbe essere aggiustato, per tener conto del minore montante acquisito e del più lungo periodo atteso di erogazione della pensione”, spiega palazzo Koch. ”Non rispettando questo criterio, si rischierebbe di compromettere l’equilibrio di lungo periodo del sistema, aggravando l’onere a carico delle generazioni future”.

Pensioni anticipate: come in Sicilia saranno aperte le finestre di accesso-

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Nella foto l’INPS di Catania

                 –          I      VELENI DI  TITO  BOERI   –

Pensione anticipata.  Come si agirà concretamente’?  Il modello Sicilia adottato per i dipendenti regionali insegna qualcosa.  Qui il personale richiedente è stato contingentato a brevi periodi fino al 2020.

Secondo le nuove misure governative l’accesso al pensionamento sarà possibile oggi attraverso quattro finestre, una decorrenza almeno trimestrale rispetto al momento nel quale si maturano i nuovi requisiti, ad esempio per quelli maturati entro il 31 dicembre si potrebbe uscire il 1 aprile, ma nel caso di requisiti maturati il 3 gennaio, l’uscita slitterebbe al 1 luglio. La nuova riforma interesserebbe 492.000 lavoratori con un costo stimato di 8 miliardi di euro per il primo anno, nel presentare la manovra il governo ha annunciato anche la proroga del opzione donna con 35 anni di contributi potranno andare in pensione a 58 anni le lavoratrici dipendenti e a 59 quelle autonome.

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Si interviene inoltre, sulle cosiddette pensioni d’oro quelle sopra i € 4500 mensili, operando una rimodulazione in modo da renderle più eque rispetto ai contributi versati. Tagli infine, sono stati operati  ai vitalizi degli ex e senatori, l’assegno verrà ricalcolato – ricorso o non ricorso -con il sistema contributivo, un risparmio di circa 200 milioni di euro l’anno che sommate a quelli derivanti dai tagli dei deputati, arriva quasi 56 milioni.

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Ma se da un lato il pensionamento anticipato può costituire motivo d’orgoglio per il dipendente che ha fatto tale scelta, per il via libera all’ingresso delle nuove leve,gli  assegni  – per chi opta per l’anticipo -saranno leggermente più leggeri  dal 21 al 24%. Una misura prospettata dal  presidente attuale dell’Inps, Tito Boeri, che  ha calcolato in circa € 500 in meno per i dipendenti pubblici. Una affermazione comunque da valutare bene quella di Boeri che punta al risparmio delle somme Inps e al sostegno politico  di chi gli ha dato la poltrona di presidente…

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 Secondo Boeri, che è intervenuto in un’audizione alla Commissione Lavoro della Camera, accettando di andare in pensione a 62 anni    lavorando così per 5 anni potenziali in meno (ricordiamo che l’età pensionabile è fissata a 67 anni), l’assegno previdenziale sarà più basso di circa il 21%.

Il motivo è semplice: ad oggi per il calcolo della pensione (per i contributi successivi al 1996, al 2011 per coloro che al 31 dicembre 1995 avevano almeno 18 anni di contribuzione accreditata) si applica il sistema contributivo con cui per quantificare l’importo dell’assegno previdenziale si tiene conto del solo montante contributivo del lavoratore che viene trasformato in pensione annua, applicando un coefficiente di trasformazione stabilito dall’Inps.

In soldoni , più sono gli anni di contributi maturati dal lavoratore e più alta sarà la sua pensione. Se l’attenzione viene però spostata sul piano ipotetico-potenziale  diventa ovvio anche che in questi 5 anni il dipendente può svolgere altra attività e risparmiare pure  il disagio economico di usare ogni giorno l’autovettura per arrivare in ufficio. Non crediamo dunque possano sussistere dubbi sulla scelta in anticipo di fuoriuscire dagli enti pubblici e privati

Pioggia di critiche pacate sul documento finanziario di Tria- L’Istat segnala il problema povertà del SUD (50%)

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Pioggia di critiche sulla manovra. Resiste comunque il ministro Tria che respinge le osservazioni più agguerrite. Lo scenario tratteggiato dal vice direttore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, nell’audizione sulla Nota di aggiornamento al Def davanti alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, riduce le aspettative del  governo giallo-verde con le stime della Nota di aggiornamento al Def.

Le critiche : –L’aumento dei trasferimenti correnti” per reddito di cittadinanza e pensioni “così come gli sgravi fiscali, tendono ad avere effetti congiunturali modesti e graduali nel tempo; stimiamo che il moltiplicatore del reddito associato a questi interventi sia contenuto”, osserva Signorini. Anche lo stop all’Iva dovrebbe avere “un effetto limitato”, impatto che “potrebbe essere ancora inferiore o nullo se il mancato aumento dell’Iva fosse già stato incorporato nelle aspettative delle famiglie”, aggiunge. Indice puntato anche sulle coperture: evitando il ricorso ad “anticipi di entrate, coperture temporanee o clausole di incerta applicazione” per misure permanenti.

La possibilità dell’insorgere anche improvviso di turbolenze finanziarie richiede che si dia chiarezza e certezza al percorso di rientro”, afferma Signorini, sottolineando che bisogna “piegare con decisione verso il basso l’incidenza del debito sul prodotto”. Sul fronte pensioni arriva la sollecitazione al governo a non modificare il sistema attuale.

Tria nel corso della sua audizione invita a “inquadrare” il documento “in un contesto europeo che ci vede in ritardo, un ritardo non più accettabile”, dice. Non solo sul fronte della crescita, le stime della Nadef “sono prudenziali”, “si basano su ipotesi caute se non pessimistiche” e “ritengo” che “possano essere ampiamente oltrepassate”, incalza il ministro.

Dal canto suo il presidente facente funzione dell’Istat, Maurizio Franzini, nel corso dell’audizione  segnala la problematica della povertà in Italia:  nel 2017 c’erano 5 milioni di persone in condizione di povertà assoluta, ai massimi dal 2005 sia in termini di famiglie (1,778 milioni, pari al 6,9% delle famiglie residenti) che in termini di singole persone (8,4% dell’intera popolazione). Una piaga che colpisce nel dettaglio il 6,2% dei cittadini italiani (3 milioni 349mila) e il 32,3% degli stranieri (pari a 1 milione e 609mila individui) e interessa  il Sud, dove risiede quasi il 50% degli indigenti.