MAFIA E ‘INDRANGHETA’ IN CALABRIA, SICILIA E PIEMONTE: 65 ARRESTI DI “BOSS E CAPICLAN”-

 

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   E’ ancora ‘ndrangheta in diverse città italiane, in Sicilia, in Piemonte dove le holding del narcotraffico spopolano in collegamento con la Calabria e l’hinterland milanese  , 400 carabinieri del Comando Provinciale di Torino stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale torinese su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 65 appartenenti o contigui alle locali di ‘ndrangheta di Volpiano e San Giusto Canavese e componenti delle famiglie Agresta e Assisi, capi locali di Volpiano e San Giusto Canavese, considerati i più potenti narcotrafficanti tra il Nordovest e il Sud America.ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti

 


L’ordinanza firmata dal gipi Luca Fidelio, consente l’arresto   dei boss delle famiglie Agresta, Catanzariti e Assisi, tra cui il nome più noto è quello di Nicola Assisi, rimasto latitante per anni in Sudamerica, arrestato a luglio a Praia Grande, una località balneare nello Stato di San Paolo, in Brasile insieme al figlio Patrick. Lì, nonostante i sequestri della giustizia italiana che lo cercava dal 2014, viveva nel lusso, possedeva tre appartamenti con piscina e aveva una stanza segreta in cui nascondeva il denaro, enormi quantità tanto che gli investigatori hanno preferito pesarlo anziché contarli: erano 20 chili. La cocaina era la sua specialità, quella che secondo le sentenze faceva arrivare a quintali in Italia, agli intermediari della ‘ndrangheta in Calabria, Piemonte e Lombardia.

L’operazione di  questa mattina sarà presentata direttamente a Torino dal procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho. E’ l’atto finale delle indagini di diverse forze di polizia, che che hanno come comune denominatore le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Domenico Agresta, il padrino ragazzino che a 29 anni aveva già scalato le gerarchie della locale di Volpiano ma che a ottobre del 2016, dal carcere di Saluzzo dove stava scontando 30 anni per omicidio, ha dato una svolta alla sua vita cominciando a collaborare con i magistrati di Torino, Monica Abbatecola e Paolo Toso. “La scuola mi ha fatto collaborare, perché l’istruzione mi ha dato strumenti che prima non avevo. In carcere, mi sono diplomato”, ha detto nelle molte udienze in cui ha portato la sua testimonianza, compresa quella per l’omicidio del procuratore di Torino, Bruno Caccia.

Le dichiarazioni del collaboratore Domenico Agresta hanno consentito agli inquirenti  di scoprire lo zio Antonio, in possesso della dote apicale di “corona”, come il capo locale della succursale mafiosa di Volpiano dopo la scarcerazione nel processo Minotauro (a novembre 2012) e perlomeno sino all’ulteriore arresto del giugno 2015. Dopo la condanna, infatti, il capo-clan assumeva la direzione della struttura distaccata di ‘ndrangheta..

 

Contestualmente la gdf di Torino sta procedendo alla notifica del medesimo provvedimento per ulteriori 6 indagati, ritenuti responsabili, nell’ambito della medesima associazione, anche di riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Sottoposti a sequestro beni mobili ed immobili, nonché conti correnti e quote societarie per un valore in corso di quantificazione.

Sequestrati anche 80 kg di droga.