Migranti, Francia: “Non accoglieremo i 3mila presenti in Italia “

 

Situazione incandescente e diplomazia estera al lavoro per riequilibrare  la problematica sotto i riflettori Per il governo francese, l’Italia “non mantiene l’impegno fondamentale nel meccanismo di solidarietà europea” quindi Parigi non manterrà l’obbligo previsto. E Meloni è “la grande perdente di questa situazione

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L’Italia non mantiene l’impegno fondamentale nel meccanismo di solidarietà europea” e la Francia non manterrà l’obbligo previsto, “ovvero accogliere 3mila migranti attualmente sul territorio italiano“…..

“L’Italia – ha aggiunto – è perdente perché dispone normalmente di un meccanismo di solidarietà europea che significa che un gran numero di Paesi europei, in particolare Francia e Germania, si impegnano in cambio del fatto che l’Italia accolga le navi barche” a ricevere una parte dei migranti che sbarcano in territorio italiano.

Conclude Veran:”Avevamo l’obiettivo e l’impegno di accogliere poco più di 3mila persone in Italia, di cui 500 entro la fine dell’anno”

 

 

Rapporti deteriorati tra l’America ed Ankara..Biden ricorda il “genocidio” degli Armeni

Un gesto finora mai compiuto da alcun presidente americano

Turchia, Biden a Erdogan: "Vogliamo relazioni costruttive per gestire  disaccordi" - Rai News

New York

Joe Biden sfida Recep Erdogan definisce “genocidio” lo sterminio degli armeni, uno sterminio che la Turchia ha sempre considerato come un’offesa al suo passato. Erdogan, rilancia la polemica:”Nessuno insegni e dia lezioni alla Turchia..”

La scelta di Biden di ignorare le convenzioni diplomatiche è una prova del deterioramento delle  relazioni tra Washington e Ankara.Anche l’italia ha rincarato la dose sulla strage dell’Armenia all’epoca. E’ la vittoria di una lunga campagna condotta da parlamentari americani, su pressione della forte diaspora armena negli Stati Uniti.

Progetto Pilota di Messina all’Assessorato Regionale Infrastrutture e Mobilità: domande di fuoco del Vicesindaco all’assessore Falcone

 

APPARATI POLITICI E BUROCRATICI IN UNA VIBRATA POLEMICA

Premesso che ho grande stima dell’Assessore Marco Falconescrive in una Comunicato/nota il Vicesindaco Carlotta Previti – proprio per questo motivo sono sinceramente dispiaciuta che venga preso in giro dal suo stesso apparato burocratico ed esterni dichiarazioni che non corrispondano alla verità dei fatti accaduti. Purtroppo devo dimostrarglielo punto per punto.

CRONISTORIA EVENTI:

-15/01/2021: con nota prot. 12440 il Comune di Messina chiede all’Assessorato regionale Infrastrutture e Mobilità di presentare, come soggetto proponente, un Progetto Pilota di 100 milioni di euro in cui il Comune si sarebbe fatto carico di predisporre il progetto definitivo.
-26/01/21: con nota prot. n.3873 l’Assessorato regionale Infrastrutture e Mobilità prende atto della proposta progettuale e ne condivide iter e obiettivi precisando che l’approvazione sarà formalizzata con successiva delibera di Giunta Regionale affinché il Comune di Messina venga riconosciuto soggetto attuatore della proposta pilota regionale.
-01/04/2021: con nota prot. 9127 il progetto pilota di Messina, definitivo munito di tutti i pareri, viene inviato all’Assessorato regionale Infrastrutture e Mobilità per il corretto invio telematico e cartaceo entro la scadenza del 15 aprile 2021.
Queste le dichiarazioni dell’Assessore Falcone: ‘Per venire incontro alle esigenze della città di Messina io stesso, ieri mattina, li ho accompagnati presso gli uffici dell’Assessorato per recepire correttamente il progetto e risolvere quei problemi che erano stati creati da loro stessi. Dieci giorni fa il Comune di Messina ha inviato gli atti, tra l’altro non completi, per accedere al progetto pilota.
I fatti: – prosegue il Vicesindaco – nonostante avessimo presentato il progetto esecutivo il 1 aprile, completo e munito di tutti i pareri, dopo ben 14 giorni (!) apprendiamo che il progetto non era stato ancora presentato tramite piattaforma al Ministero nonostante la scadenza del 15 Aprile.
Domande:
1. Sulla base di quali analisi o approfondimento istruttorio afferma che il progetto era incompleto? E se lo era perché non avete MAI inoltrato nessuna richiesta di integrazione documentale?
2. Perché il giorno della scadenza 15 aprile non avevate ancora presentato l’istanza?
3. E perché ho dovuto inviare a Palermo il Rup e una squadra di tre funzionari per supportare i vostri uffici regionali a inoltrare l’istanza al vostro posto?
4. Esattamente può indicarmi quali sarebbero i problemi da noi creati che Lei ha dovuto risolvere?
Siamo stati noi Assessore – puntualizza la Previti – a venirvi incontro e non viceversa come da Lei asserito.
Assessore Falcone: ‘Il bando del ministero dava la possibilità a Regioni e Comuni di presentare tre progetti in via ordinaria, da 15 milioni ciascuno entro il 15 marzo, e un progetto cosiddetto pilota, dal valore massimo di 100 milioni entro il 15 aprile”.


I fatti: l’articolo 3, comma 5 del D.I. n. 395 del 16 settembre 2020 così recita: ‘il numero totale complessivo di proposte che può presentare ciascun soggetto proponente è massimo tre.

 

La Frequently Asked Questions del D.I. n. 395/20 del Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare aggiornato al 01.03.21 così recita a pag. 30: Quesito I4. Il Progetto Pilota deve essere considerato ulteriore, rispetto alle tre massimo presentabili da ciascun Ente? Ai sensi dell’articolo 3, comma 5 del D.I. n. 395 del 16 settembre 2020, ‘il numero totale complessivo di proposte che può presentare ciascun soggetto proponente è massimo tre’, siano esse proposte di cui all’articolo 6 o Progetti Pilota di cui all’articolo 14.

 

IL FALSO IMPEGNO DELLA REGIONE SICILIANA, ASSESSORE FALCONE
Domande:
5. Se ogni soggetto proponente poteva presentare un massimo di tre proposte (sia ordinarie che pilota) perché l’Assessorato Infrastrutture prende l’impegno di presentare il progetto pilota del Comune di Messina con nota prot. n.3873 del 26.01.21 e invece presenta istanza per tre progetti in data 11 e 16 marzo di cui n. 2 (due) identici a Ravanusa, Licata e Palma di Montechiaro e n. 1 (uno) ad Acireale?
6. Ma soprattutto perché n. 2 (due) sono IDENTICI?
7. Se la scadenza era del 15 marzo perché uno dei due progetti è stato approvato con delibera n. 134 del 16 marzo?
8. Perché nella Sua nota di accompagnamento n. 2868 alla delibera del 16 marzo Lei scrive si rappresenta l’urgenza essendo decorso il termine (15 marzo) per la presentazione delle istanze? Avete presentato un progetto fuori termine?
9. Sulla base di quale elemento dichiara che l’istanza del progetto pilota di MESSINA è stata rifiutata per errore della piattaforma ministeriale?
L’istanza inoltrata dalla Regione è stata rifiutata perché la piattaforma non consentiva di inoltrare più di tre proposte come previsto dall’articolo 3, comma 5 del D.I. n. 395 del 16 settembre 2020 e correttamente riportate nella FAQ ministeriale. Ne è prova che quando è stata inoltrata come Città metropolitana la piattaforma ha accettato immediatamente il progetto pilota di Messina.

ASSESSORE FALCONE: ALLORA CI DICA CHI HA STUDIATO POCO E MALE

È evidente che i suoi uffici non hanno letto attentamente il bando né le successive faq che riportano quanto detto dal bando. E allora chi ha fatto l’errore Assessore? Il Comune? Il Ministero? O la Regione che ha inviato tre proposte di cui due identiche? E lo sa che una di queste verrà rifiutata perché lo stesso progetto non può essere finanziato due volte e perché fuori termine? E che questo errore è stata la causa che vi ha impedito di presentare una proposta pilota di 100 milioni di euro per cancellare la vergogna della baraccopoli di Messina in cui vivono ancora 2.500 famiglie?
Assessore Falcone – conclude il Vicesindaco – può adesso dirmi, con l’onestà che la contraddistingue, chi ha studiato poco o male? Quantomeno questa storia ha avuto l’effetto di far cambiare la foto della baraccopoli indiana postata dal Presidente Musumeci che ha rimediato e correttamente inserito una foto di Fondo Fucile”.

Regione Siciliana e Polo Museale troppo distanti dalle proposte dell’Ordine Architetti

I segreti di Palazzo d'Orleans: la stanza nascosta che smista le  comunicazioni

Nella foto l’interno di una stanza di Palazzo D’Orleans

“QUALITA’: DUE PASSI AVANTI E QUATTRO INDIETRO»

L’Ordine degli Architetti catanesi: «Dopo la brevissima stagione dei concorsi di progettazione, si torna al passato con affidamenti interni e bandi restrittivi»

«Due passi avanti e quattro indietro: avevamo intrapreso con la Regione Siciliana un percorso virtuoso, volto a valorizzare le professionalità in tema di architettura e paesaggismo, ma purtroppo dobbiamo ricrederci alla luce delle ultime scelte fatte in tema di opere pubbliche». Il presidente degli Architetti di Catania Alessandro Amaro fa riferimento a due questioni in particolare: il progetto di restyling dell’area a verde davanti Palazzo d’Orleans, al centro di numerose polemiche; e il nuovo polo museale che nascerà all’interno dell’ex ospedale Vittorio Emanuele di Catania, oggetto di un bando pubblicato proprio in questi giorni per “il restauro, la rifunzionalizzazione e l’allestimento” del padiglione che ospiterà il Museo dell’Etna.

«Nell’ultimo anno siamo riusciti a portare avanti la battaglia legata ai Concorsi di progettazione in due fasi – continua Amaro – che mette finalmente al centro il “progetto”, ampliando la platea dei partecipanti, riducendo i tempi burocratici e garantendo trasparenza nei processi d’affidamento. Basti pensare al Centro Direzionale della Regione Siciliana, che accoglierà tutti gli edifici dell’Amministrazione; e alla Cittadella Giudiziaria del capoluogo etneo, un’opera riuscita, nata da un iter condiviso, che rilancerà l’architettura contemporanea di qualità».

«Adesso invece torniamo indietro nel tempo, con l’affidamento dei progetti agli uffici interni dell’Ente e con bandi restrittivi che aprono le porte solo ai grandi studi, escludendo giovani e professionisti d’eccellenza. Nel primo caso – quello del “Giardino” voluto da Musumeci – con progetti superati che ci catapultano a 40 fa (palle in marmo, catene nere e fontane); nell’altro caso, invece, con un bando che solleva non poche perplessità per le sue “legittime” ma fin troppo specifiche e dettagliate richieste».

Per progettare il nuovo Museo dell’Etna, infatti, si richiede un architetto con Diploma di Specializzazione in Beni architettonici e del paesaggio, che in un solo mese (questo il tempo a disposizione) dovrà produrre 20 schede in formato A3 e 5 tavole in formato A1, un portfolio con curricula (di max 40 pagine!) e una descrizione tecnica illustrativa dettagliata (”azioni e soluzioni da rispettare, ridefinizione degli spazi, percorsi fluidi e avvincenti”), che dovrà praticamente contenere il progetto preliminare: «Requisiti che la stessa Regione non richiede per un analogo bando su Messina: la progettazione della “Cittadella della Cultura” (ex Complesso ospedaliero Regina Margherita)».

«Perché opere di grande valenza estetica e culturale devono finire nel tritacarne? Chiederemo ufficialmente di modificare le procedure – conclude Amaro – per rimettere al centro il progetto e non i progettisti sulla base di requisiti e fatturati. Credevamo fosse una questione ormai superata – già discussa e condivisa in diversi incontri – ma evidentemente non è così. “

Il Sindaco Caruso di Aci Sant’Antonio: “Il commissario Covid dell’Asp, Liberti, non si rende conto che la “richie sta di fornire certezze sul numero dei contagiati, è obbligo…”

 

Covid-19, i numeri non tornano: discrepanze fra il dato dell’ASP e le comunicazioni -verificate-  al sindaco. di Aci Sant’Antonio  .Caruso: “Serve chiarezza,e l’informazione sul Coronavirus non deve essere fuorviante, i cittadini mi hanno comunicato che i soggetti positivi al Covid-19 sono più degli 11 resi noti dall’ASP, da Liberti,  che alza solo muri di parole

In seguito alle dichiarazioni del Commissario del Team Covid dell’Azienda Sanitaria Provinciale, Giuseppe Liberti,  (dirigente medico presso l’A.O “Cannizzaro” e nominato commissario nell’ambito dell’emergenza Covid-19 con decreto n.380 del 7 maggio scorso dall’assessore regionale alla Salute Razza   n.d.r.)  che su ‘La Sicilia’ del 19 ottobre 2020 ha dichiarato che “le cose non stanno come le ha raccontate il Sindaco Caruso”, il primo cittadino di Aci Sant’Antonio, che ha sollevato la questione delle discrepanze fra i dati comunicati dall’ASP e quelli pervenuti a lui in qualità di Sindaco, risponde:

Roghi ad Aci Sant'Antonio, il sindaco Caruso: "Allarmante ipotesi di dolo" - Giornale di Sicilia

Mi sono trovato al centro di una polemica che mi amareggia. Io so per certo,avendo avuto contatti con cittadini che in modo responsabile hanno comunicato a me il loro stato di salute ufficiale, che i soggetti positivi al Covid-19 sul nostro territorio sono più degli 11 resi noti nei giorni scorsi, eppure nell’ultima comunicazione dell’ASP non si fa cenno a modifiche. Sapevo che erano in numero maggiore anche all’atto della precedente comunicazione, ma anche in quel caso non è seguita alcuna rettifica.
“Il fatto che renda note le discrepanze non è certo votato alla ricerca di uno scontro: se lo faccio presente è piuttosto per trovare un punto di incontro, per affiancare chi deve fornire i numeri ufficiali.  Leggere, come risposta a questo, un’accusa legata alla presunta mancata lettura dei dati ufficiali è assurdo: gran parte dei miei cittadini vede, sui social, come le mie comunicazioni avvengano tempestivamente, a volte in tarda serata e a volte, quando non possibile, al mattino (per una questione legata ad una più capillare diffusione in base all’orario), ma sempre e comunque dopo aver appreso il dato ufficiale.
“Il fatto che non sia l’unico sindaco a lamentare questo (anche se,pare, l’unico sulla stampa, vista la risposta dell’ASP rivolta proprio a me) dovrebbe far riflettere.

Nella foto d’archivio l’infettivologo Giuseppe Liberti ,Commissario ad acta-Covid- presso l’Asp

Chiedere certezze sui numeri è d’obbligo, perché questo permette di far scattare un preciso protocollo (legato, ad esempio, alle Ordinanze regionali sulla trattazione dei rifiuti di soggetti positivi) che va incontro alle esigenze non solo di chi si trova nella sfortunata condizione di avere contratto il Covid-19, ma dell’intera cittadinanza. È incredibile che non si valuti questo e si risponda con un attacco, che si cerchi lo scontro anziché mostrare interesse per ciò che viene sollevato e lavorare per arrivare a una soluzione condivisa.
“C’è poi la questione della sanificazione delle scuole: non capisco come Liberti possa lasciarsi andare a dichiarazioni da scaricabarile affermando che la competenza sulle scuole è solo del primo cittadino, e mi chiedo come faccia a non sapere, ad esempio, che un sindaco non può certo decidere se tenere aperto o chiuso un istituto. Ci sono delle difficoltà oggettive, legate ad esempio ad una puntuale azione di tracciamento, e fare presenti le difficoltà non significa per forza voler additare questo o quello.
“Sarebbe opportuno, a mio modo di vedere, pensare a forme di collaborazione che partano anche da segnalazioni, piuttosto che alzare muri di parole. Tutti noi, che siamo prima di tutto cittadini, abbiamo bisogno anzitutto di sinergie”.

Dibattito all’infinito sull” arresto” – caso unico al mondo- della comandante Carola Rackete

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Polemica all’infinito tra il ministro dell’interno, l’Europa e uomini di cultura europea. La voce comune è di una condanna del comportamento del ministro Salvini e di una violazione del diritto internazionale sui porti chiusi e la capitana della nave di migranti ,Carola, arrestata. La smentita intanto: “Nessuno dei 41 immigrati scesi dalla Sea Watch presenta malattie o problemi particolari come scabbia o disidratazione». E’ quanto affermano fonti del Viminale, sottolineando che tutti «sono stati rifocillati, hanno passato una notte serena e per nessuno di loro è stato disposto alcun accertamento specifico né il trasferimento in elisoccorso verso l’ospedale di Palermo». «La notizia – si aggiunge – non sorprende il Viminale: i bambini con gli accompagnatori e i malati erano già scesi a terra col via libera del governo italiano. Resta quindi da capire a quale stato di necessità si riferisse la Ong per giustificare l’attracco non autorizzato con speronamento della motovedetta della Guardia di Finanza».

Gli sbarchi si susseguono ogni giorno a Lampedusa: un barchino con a bordo 17 persone, tutti tunisini, è approdato direttamente sull’Isola. I migranti sono stati fatti sbarcare e trasferiti al centro di Contrada Imbriacola.

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Carola Rackete, la 31enne comandante della Sea Watch finita ieri mattina in manette dopo avere disatteso l’ordine di divieto di sbarco al porto di Lampedusa, ha intanto trascorso ha trascorso la sua prima notte ai domiciliari in una abitazione privata di Lampedusa, eletta appunto come suo domicilio temporaneo in attesa del suo trasferimento ad Agrigento per l’interrogatorio di garanzia davanti al Gip del Tribunale. Rackete potrà avere contatti solo con i suoi legali. Tanti Paesi dell’UE reclamano la libertà piena per Carola.

 

Mafia Sicilia. Montante condannato pesantemente annuncia ricorso. Il Presidente dell’Antimafia lancia accuse prima del processo. Vibrata polemica con i legali

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Con una condanna a 14 anni di carcere, quasi 4 anni più della pena richiesta, finisce la storia  dell’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, l’ex presidente degli industriali siciliani accusato di avere ordito un vero e proprio sistema di spionaggio con la complicità di alti funzionari delle forze dell’ordine. La sentenza è stata emessa in serata, dopo quasi due ore di Camera di consiglio, dal gup del tribunale di Caltanissetta Graziella Luparello nel processo abbreviato.

La Procura aveva richiesto la condanna a 10 anni e sei mesi di carcere. L’ex comandante della Guardia di Finanza di Caltanissetta Gianfranco Ardizzone è stato condannato a 3 anni,  la Procura ne aveva chiesti 4 anni e sei mesi di reclusione. Quattro anni a Marco De Angelis, ex funzionario della Questura di Agrigento per il quale la Dda aveva chiesto sei anni e undici mesi. Ancora: un anno e quattro mesi per il questore di Vibo Valentia Andrea Grassi, assolto per altri due capi, per il quale erano stati chiesti due anni e otto mesi di reclusione. Diego Di Simone, responsabile security di Confindustria ed ex poliziotto è stato condannato a 6 anni e 4 mesi mentre la richiesta era di  sette anni e un mese di carcere. Assoluzione per Alessandro Ferrara, funzionario Regione siciliana.

 

 

Secondo l’accusa, rappresentata dai pm Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, Montante, che dopo avere trascorso quasi un anno in carcere si trova adesso agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, avrebbe cercato di ottenere notizie riservate sui profili di alcune persone di suo interesse. In media, come spiegato dai pm durante la requisitoria, sarebbero stati effettuati nove accessi abusivi ogni tre mesi per un arco di 7 anni per cercare informazioni anche su alcuni collaboratori di giustizia, sull’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero, parte offesa e parte civile, e il magistrato ed ex assessore regionale Nicolò Marino.

Mentre noi lavoravamo di giorno, qualcuno di notte disfaceva le indagini”, aveva denunciato il pm Luciani durante la requisitoria fiume. I difensori, durante le arringhe difensive, gli avvocati Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto, avevano detto invece che Montante “ha operato all’insegna dell’antimafia quasi per 10 anni e mezzo e pare che la pubblica accusa si sia ispirata a questo concetto: dieci anni e mezzo hai governato, dieci anni e mezzo stai in galera“. ”Qui c’è anzitutto da prendere atto – ha detto ieri Taormina – che da un punto di vista di implicazioni di carattere mafioso non ce ne sono assolutamente. Si tratta poi di capire se all’interno di questo percorso ci possano essere state delle situazioni che non siano andate secondo quello che avrebbe voluto la legge e questo sarà oggetto di accertamento”.  Antonello Montante resta comunque il simbolo dell’antimafia, conclude Taormina..

Nella foto, Montante amareggiato
Rivendichiamo la titolarità in capo a Montante di essere stato e di essere ancora il vessillo dell’antimafia e chi lo vuole abbattere è il potere mafioso che è riemerso, purtroppo allineato a quello giudiziario che inconsapevolmente sta dando un forte contributo alla sua vittoria”. Prima di concludere le arringhe difensive, c’è stato anche lo spazio per una polemica a distanza tra il difensore di Montante, Giuseppe Panepinto, e il presidente della Commissione nazionale antimafia, Nicola Morra. Panepinto, fuori dall’aula, durante una pausa del processo, ha detto: “E’ semplicemente vergognoso che il presidente della Commissione nazionale antimafia nel momento in cui c’è un processo ancora in corso, venga fuori con esternazioni sulla stampa su vicende che riguardano il processo, perché queste cose possono condizionare il processo”.

Nicola Morra aveva annunciato che la Commissione si occuperà del processo nel quale sono evidenti le trame torbide di interi pezzi di Stato che hanno tradito, e naturalmente sono molto preoccupato che la Procura rimanga isolata, anche perché il ministero dell’Interno non si è costituito parte civile, un segnale grave”.

Ma il difensore di Montante tuona: “La Commissione nazionale antimafia nel rispetto delle istituzioni ha la possibilità di fare tutte le indagini che vuole, ma non può pubblicare due giorni prima della sentenza esternazioni sul processo. Questi sono fatti molto gravi”. Anche in aula, davanti al gup Luparello, Panepinto ha parlato di “pressioni sul processo“. E prima della sentenza, ha detto: “Non mi aspetto niente di buono…”.

Il legale  Giuseppe Panepinto spiega: “I 14 anni sono perfettamente in linea con il clima che si respirava…”. “Considerando che 14 anni con l’abbreviato sono 20 anni di base vale quanto un omicidio…”. E annuncia già ricorso.

– “Il dispositivo della sentenza dà largamente conto della fondatezza dell’accusa e dello straordinario lavoro che l’ufficio della Procura di Caltanissetta ha svolto in questi anni e fa giustizia di alcune affermazioni che ho sentito durante il processo”. E’ quanto ha detto il Procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone. “Non so di cosa parli la difesa di Montante quando parla di pressioni che ci sono state sul processo Montante, certamente l’ufficio di procura si è mosso in condizione di assoluta libertà senza alcun condizionamento. Abbiamo cercato le prove per ricostruire questo sistema che ha trovato riconoscimento nel dispositivo della sentenza”. “La decisione della Commissione antimafia di indagare sul processo Montante non riguarda noi, certamente il sistema che è stato delineato dalle indagini può consentire sul piano della ricerca amministrativa e dei rapporti tra uomini che svolgono attività pubblica e altri soggetti, la necessità di un ulteriore verifica, quindi la Commissione vorrà acquisire ulteriore elementi”.

Un “cerchio magico” costruito attorno ad Antonello Montante, con la partecipazione di alti rappresentanti delle forze dell’ordine e un rapporto stretto con alcuni organi di informazione. Così, la Commissione regionale antimafia dell’Assemblea regionale siciliana, presieduta da Claudio Fava, aveva definito il ‘sistema Montante’. Un lavoro intenso, durato dieci mesi, con 49 audizioni. Una relazione, lunga 121 pagine, approvata all’unanimità dai commissari, frutto di centinaia di ore di audizione e decine di migliaia di pagine acquisite sia dall’autorità giudiziaria che dall’amministrazione regionale. Claudio Fava incontrando i giornalisti aveva definito il sistema come un vero e proprio “governo parallelo” che “per anni ha occupato militarmente le istituzioni regionali e ha spostato fuori dalla politica i luoghi decisionali sulla spesa”. “Abbiamo assistito per anni a una privatizzazione della funzione politica che ha trovato un salvacondotto in una presunta lotta alla mafia. Parlo di sistema non a caso – aveva aggiunto Fava – perché si è andati avanti grazie alla benevolenza, alla complicità e alla solidarietà di personaggi appartenenti ai settori più diversi: da quelli istituzionali, a quelli delle professioni. Un sistema con una sua coesione che si è auto protetto”. “Dopo l’iscrizione di Montante nel registro degli indagati per concorso in associazione mafiosa e la diffusione della notizia sui giornali – aveva proseguito il presidente dell’Antimafia – le tutele di cui Montante godeva, invece di venir meno si sono addirittura rafforzate”. L’obiettivo che si è data la relazione è stato quello di comprendere “i meccanismi che hanno reso possibile una lunga stagione di anarchia istituzionale”. “La forzatura delle procedure, la sistematica violazione delle prassi istituzionali, l’asservimento della funzione pubblica al privilegio privato, l’umiliazione della buona fede di tanti amministratori, l’occupazione fisica dei luoghi di governo, la persecuzione degli avversari politici, fino al vezzo di una certa ‘antimafia’ agitata come una scimitarra per tagliare teste disobbedienti e adoperata come salvacondotto per se stessi attraverso un sillogismo furbo e falso: chi era contro di loro, era per ciò stesso complice di Cosa nostra. Un repertorio di ribalderie spesso esibito come un trofeo: era il segno di un potere che non accettava critiche e non ammetteva limiti”, diceva Claudio Fava. La Commissione antimafia aveva anche raccontato dell’esistenza di accordi per le nomine dei vertici istituzionali regionali: “Abbiamo accertato che alcuni dirigenti regionali sono stati selezionati attraverso dei veri e propri ‘provini’ fatti a casa di Montante che era un privato cittadino. In un caso un dirigente è stato indotto a mettere per iscritto che avrebbe mantenuto fede a certi impegni. Una sorta di scrittura privata usata come garanzia che i ‘desiderata’ di Montante sarebbero stati osservati”. “I dirigenti erano di due tipi – aveva spiegato Fava – quelli fedeli da premiare, sottoposti a forme di quasi vassallaggio, e quelli da cacciare”.

Dopo l’iscrizione di Montante nel registro degli indagati per concorso in associazione mafiosa e la diffusione della notizia sui giornali – aveva detto il presidente dell’Antimafia – le tutele di cui Montante godeva, invece di venir meno si sono addirittura rafforzate”. La Commissione antimafia ha ascoltato “tutti i dirigenti che si sono succeduti. Ci sono state due categorie di comportamenti nei loro confronti: quelli da premiare perché disponibili alla benevolenza e alle direttive e quelli che andavano cacciati via. Con liste di proscrizione elaborate a tavolino in cui si decideva quelli che dovevano uscire dagli assessorati”. Fava aveva anche parlato dei “provini che questi dirigenti fossero chiamati a tenere prima di entrare all’assessorato. Provini da fare a casa di Montante. In un caso arrivando anche alla impudenza di fare mettere per iscritto al dirigente che doveva essere indicato dall’assessore, ciò che Montante voleva che facesse. Una scrittura privata totalmente illegittima in triplice copia: una da dare all’Assessore, una a Montante e una al futuro dirigente“.

-“Una spy story dai contorni ancora tutti da definire. Che arriva fino al Quirinale con l’ombra delle intercettazioni distrutte tra l’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano e l’ex Presidente del Senato Nicola Mancino. . C’è tutto questo nel ‘Sistema Montante’, così come lo hanno ricostruito gli inquirenti, una vicenda complessa che ha  come protagonista Antonello Montante, fino a poco tempo fa considerato un ‘paladino dell’antimafia’, fatta di spie ed ex amici diventati nemici.

Si apprende anche che , secondo l’accusa, rappresentata dai pm di Caltanissetta Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, l’ex presidente degli industriali Montante, che oggi è agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, avrebbe cercato di ottenere notizie riservate sui profili di alcune persone di suo interesse. In media sarebbero stati effettuati nove accessi abusivi ogni tre mesi per un arco di 7 anni per cercare informazioni anche su alcuni collaboratori di giustizia, sull’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero, parte offesa e parte civile, e il magistrato ed ex assessore regionale Nicolò Marino. Montante è stato arrestato nel maggio del 2018 a Milano. Un arresto un po’ rocambolesco perché i poliziotti rimasero fuori dalla porta per quasi un’ora in attesa che Montante aprisse. Solo dopo qualche ora si è capito il perché. L’ex paladino dell’antimafia, amico di politici, prefetti e giornalisti, dopo l’arrivo delle forze dell’ordine, avrebbe gettato dal balcone sei sacchetti contenenti diverse pen drive dopo averle distrutte. O meglio, dopo avere tentato di distruggerle. Fino ad oggi, ufficialmente, non si è mai saputo il contenuto delle pen drive”.

Al PRESIDENTE MUSUMECI NEGATO L’IMPEGNO MORALE DI ENTRARE AL POLICLINICO DOVE CI SONO I MORTI DI CASTELDACCIA

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ROMA – «Gravissimo strappo istituzionale in un momento di tragedia e lutto dove tutte le forze devono mostrarsi unite». Così il deputato Vittorio Sgarbi commenta la vicenda che ha coinvolto Conte e Musumeci.

«Il dandy presidente del consiglio è circondato, come un cantante pop, di bodyguard di Stato che impediscono al presidente della Regione, che gli è superiore in senso gerarchico e che è il responsabile di una regione autonoma, di andare al policlinico dove ci sono morti e feriti per lasciare la scena a Conte, vice di se stesso. Non è un fatto formale né di protocollo, ma una totale mancanza di coscienza delle istituzioni come se l’impegno di assistenza e di soccorso non toccasse in prima istanza al presidente della Regione», aggiunge. «Questo episodio mostra una gravissima inadeguatezza dello pseudo presidente del Consiglio e induce a sollecitarne le dimissioni perché chi sbaglia sulle forme non può non sbagliare sulla sostanza».

Fin qui la dichiarazione pubblica di Sgarbi. Un passo indietro e ricorderemo quel che ha detto Musumeci sulla vicenda.

«Ho appreso dalla viva voce del prefetto di Palermo e dai funzionari della Digos che il cerimoniale del presidente Conte non mi avrebbe consentito di accedere al Policlinico, dove avrei voluto accogliere il premier e, assieme a lui, rendere l’omaggio alle vittime di questa notte e portare ai familiari il cordoglio della comunità siciliana. Il profondo rispetto per i morti di questa sciagura mi ha indotto ad assumere una condotta improntata al senso di responsabilità: ho preferito, senza plateali polemiche, fare rientro alla Presidenza della Regione per presiedere la seduta dalla Giunta e decidere quali ulteriori misure debbano essere adottate a partire da domani, dopo quelle deliberate e realizzate nei giorni scorsi».

«Sia chiaro – ha aggiunto il governatore siciliano – questa inaudita vicenda, che non ha precedenti nella storia della Regione Siciliana, allarma e suscita indignazione – denuncia- Non cerco il rispetto per la mia persona, ma lo pretendo per l’Istituzione che rappresento e per il popolo siciliano. E questo vale per tutte le istituzioni, anche per il presidente del Consiglio“.

Conte ha telefonato al governatore Musumeci spiegando che è successo perchè ha deciso di venire in Sicilia all’improvviso, non appena è stato informato della tragedia e senza neppure dare ai suoi uffici il tempo di preavvertire il Governatore e le altre Autorità locali. Conte ha prospettato al Governatore Musumeci che potevano incontrarsi in Prefettura, mentre non era opportuno farlo al Policlinico anche al fine di rispettare le richieste di riserbo dei familiari delle vittime. L’ha invitato comunque a Palazzo Chigi: il presidente del Consiglio è sempre disponibile a incontrare i Rappresentanti delle Istituzioni. E’ quanto si apprende da Palazzo Chigi. 

Il prefetto di Palermo deve andare via afferma Musumeci : «Se il premier Conte dice di non avere dato disposizione in questo senso come mi ha detto al telefono, se il capo del cerimoniale dice alla mia struttura di non averne dato disposizione, allora la condotta del capo della Prefettura mi sembra inadeguata al ruolo. Sono portato a pensare che il capo del governo non stia mentendo, quindi o mente il capo del cerimoniale o il Prefetto di Palermo, e allora se così è spero che il prefetto venga allontanato». «Per due volte il presidente del Consiglio è venuto in Sicilia e il presidente della Regione lo ha appreso col massimo ritardo. Pretendo rispetto non per quello che sono ma per quello che rappresento. Qualcuno lo deve dire a Roma che in Sicilia bisogna venire col cappello in mano». .

Conte: ” sulla TAP abbiamo previsto una penale di venti miliardi”ma tre pentastellati non ci stanno

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La questione del TAP (Gasdotto) apre delle ferite nel M5s. Probabili interessi diversi. I parlamentari smentiscono il premier Conte: “Non ci possono essere penali”.  – Tre parlamentari pentastellati con una nota hanno risposto alle parole del premier Conte che aveva chiuso alla possibilità di stoppare l’opera per un costo troppo alto: “Anche il presidente del Consiglio – si legge – può sbagliare. Le penali non possono esistere perché non c’è un contratto tra Stato e TAP. Non ci possono essere costi a carico dello Stato, semplicemente perché, non essendovi ad oggi il rispetto delle prescrizione da parte di TAP, non c’è responsabilità del governo. Noi continuiamo ad avere fiducia nella magistratura“.  Per il vicepremier Luigi Di Maio: “ : “Non ci sono alternative – sottolinea il ministro del Lavoro – abbiamo fatto un’istruttoria per due mesi e in caso di mancata realizzazione ci sono venti miliardi di penale da pagare, più del reddito e di quota cento messi insieme“. “Questo – conclude il vicepremier – è il vero problema ma noi non abbasseremo la guardia. Continueremo a stare attenti a quello che succedere con quest’opera. Addirittura c’è una parte del cantiere sequestrato dalla Procura e non si faranno sconti a nessuno. Il tema vero è che dai controlli che abbiamo fatto nell’istruttoria ci sono almeno venti miliardi da pagare“.

Nella prossima settimana forse un incontro tra i leader di M5s e Lega per trovare una strada comune. Il Carroccio spinge per il completamento dell’opera mentre alcuni esponenti pentastellati chiedono lo stop. La situazione verrà analizzata in maniera approfondita nei prossimi giorni, con la decisione che sarà presa quantoprima

Ci mancava anche il ministro cretino -Jean Asselborn -del Lussemburgo: “Voi italiani siete venuti a lavorare da noi per dare i soldi ai vostri figli, siete migranti…”

Ci mancava anche il ministro cretino sulla strada di Salvini.     Il responsabile degli Esteri e degli Affari europei del Lussemburgo ,Jean Asselborn   nel corso della conferenza a Vienna sulle migrazioni dove partecipano i ministri degli Interni Ue e di alcuni Paesi del Nordafrica ha impugnato il suo microfono e urlato roba offensiva contro il titolare del Viminale e contro l’Italia.

È il ministro degli Esteri in Europa in carica da più tempo (dal 2004). E, nel 2016, prima dell’eurodeputata Judith Sargentini, fu lui ad invocare la sospensione o, addirittura, l’espulsione dell’Ungheria dall’Unione europea  a causa del suo trattamento verso i richiedenti asilo, suscitando critiche da parte di altri ministri europei. Un ministro antipopulista e con pregiudizi radicati nel tempo. Brutta storia. Nemico giurato di Orban, vuol sollecitare l’ Europa a distaccarsi da leader come Salvini, e lancia nell’occasione affermazioni prive di senso storico, una cretinata insomma del responsabile degli esteri lussumburghese.

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Vediamo il Comunicato Stampa pervenuto a SUD LIBERTA’:

Sentivo qualche collega prima di me dire che abbiamo bisogno di immigrazione perché la popolazione europea invecchia, io ho una prospettiva completamente diversa – afferma Salvini -. Io penso di essere al governo e di essere pagato dai miei cittadini per vedere i giovani tornare a fare quei figli che facevano qualche anno fa, e non per espiantare il meglio dei giovani africani e rimpiazzare europei che per motivi economici non fanno più figli. Sono due visioni completamente diverse. Magari in Lussemburgo hanno questa esigenza, in Italia abbiamo l’esigenza di fare figli non di avere nuovi schiavi per soppiantare i figli che non facciamo più“.

Asselborn grida al microfono: “In Lussemburgo, caro signore, avevamo migliaia di italiani che sono venuti a lavorare da noi, dei migranti , affinché voi in Italia poteste avere i soldi per i vostri figli”Rincara la dose con offese: Buffon, buffon ,Merde, alors”.

Risposta di Salvini:  ” io invece lavoro perché i ragazzi italiani (ed Europei) tornino a mettere al mondo dei figli perché non voglio nuovi schiavi. Guardate la sua reazione, non l’ha presa bene“.

E  al termine del vertice Salvini ironizza sul ministro lussumburghese: ”Stiamo aspettando a minuti il suo arrivo per continuare il sereno dibattito cominciato prima in Aula con toni, da parte sua, molto pacati e lo ringrazio… Lo ringrazio – ironizza il leader della Lega – perché ha dato visibilità a questa riunione in tutta Italia. Chi non sapeva che eravamo qui, grazie al volgare ministro del Lussemburgo, ora lo sa…“.

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