Palermo, sette misure cautelari per il reato di associazione di stampo mafioso

Arrestato il boss Matteo Messina Denaro: finita una latitanza durata 30 anni. Era in una clinica privata a Palermo: è stato operato due volte per tumore - Gazzetta di Parma

 

Sette misure cautelari nel mandamento mafioso di Pigliarelli per i reati di associazione di tipo mafioso ed estorsioni.
Palermo, Riesi (CL) e Rimini

Alle prime ore dell’alba di oggi, nelle città di Palermo, Riesi (CL) e Rimini, i militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a 7 provvedimenti cautelari (5 in carcere e 2 degli arresti domiciliari), emessi dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, per i reati di associazione di tipo mafioso ed estorsioni, consumate e tentate, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività mafiosa e di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva.
L’operazione si incardina in una più ampia manovra investigativa, condotta all’unisono dalle articolazioni territoriali e speciali dell’Arma dei Carabinieri sotto l’egida della Procura della Repubblica di Palermo, tesa a disarticolare cosa nostra nel suo complesso – colpendone tanto l’assetto militare quanto i cospicui patrimoni illeciti – nell’intento di neutralizzarne l’impatto sul tessuto socio-economico nonché di scardinare quella rete di omertà e connivenza grazie alla quale, ancora oggi, l’associazione mafiosa fornisce supporto alla latitanza di suoi esponenti di spicco.

L’attività odierna, in particolare, costituisce l’esito di un articolato impegno in direzione del mandamento mafioso palermitano di Pagliarelli, che ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario in ordine all’appartenenza a cosa nostra dei membri della famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale, alcuni dei quali, posti in posizione di vertice, già condannati in passato in via definitiva per il reato associativo mentre altri, considerati uomini d’onore riservati, rimasti ad oggi immuni da attenzioni investigative a causa delle cautele adottate nei loro confronti dal sodalizio.
Grazie all’importante dispositivo di contrasto di cui si è dotato il Comando Provinciale Carabinieri di Palermo, nonché al ricorso sistematico alle più sofisticate tecnologie di captazione, è stato possibile superare le continue accortezze poste in essere dagli indagati al fine di sottrarsi alle investigazioni, arrivando ad ottenere acquisizioni di elevatissimo pregio ed assoluta genuinità che hanno confermato, ancora una volta, la piena operatività dell’associazione nel suo complesso, nonché il costante richiamo della stessa alle più arcaiche regole mafiose.
L’indagine, condotta sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario, sostanzialmente accolto nella suindicata ordinanza cautelare e che dovrà trovare in seguito conferma nel corso dell’iter processuale, in ordine ai gravi reati ipotizzati in capo agli indagati. In sintesi, le investigazioni hanno permesso di:
– smantellare la famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale, inquadrata nel mandamento palermitano di Pagliarelli, nonché di confermarne, ancora una volta, le storiche figure di vertice, già in passato protagoniste di episodi rilevantissimi per la vita dell’associazione mafiosa, quali, ad esempio, la gestione operativa della trasferta in Francia del capomafia deceduto Bernardo PROVENZANO per sottoporsi a cure mediche o la tenuta dei contatti con l’allora capomafia trapanese latitante Matteo MESSINA DENARO;
– svelare l’esistenza, in seno alla predetta famiglia mafiosa, di uomini d’onore riservati rimasti ad oggi del tutto estranei alle cronache giudiziarie, i quali, pur dimostrando una piena adesione al codice mafioso universalmente riconosciuto da cosa nostra, godrebbero di una speciale tutela e verrebbero chiamati in causa soltanto in momenti di particolare criticità dell’associazione;
– intercettare completamente, mediante il ricorso a complessi servizi di pedinamento e a certosine attività tecniche di intercettazione, una riunione della famiglia mafiosa di Palermo – Rocca Mezzomonreale al completo, tenutasi per estrema prudenza in una casa nelle campagne della provincia di Caltanissetta; in quel contesto si è registrato il costante richiamo degli indagati al rispetto di regole e dei principi mafiosi più arcaici che – compendiati in un vero e proprio “statuto” scritto dai “padri costituenti” – sono considerati, ancora oggi, il baluardo dell’esistenza stessa di cosa nostra. Nell’ambito della conversazione captata, definita dallo stesso G.I.P. “di estrema rarità nell’esperienza giudiziaria”, si è più volte fatto esplicito richiamo all’esistenza di citato “codice mafioso scritto”, custodito gelosamente da decenni e che regola, ancora oggi, la vita di cosa nostra palermitana;
– scongiurare l’attuazione di un proposito omicidiario, una vera e propria sentenza di morte, emessa nel contesto della predetta riunione di mafia quale suggello della ritrovata armonia tra i membri della famiglia mafiosa e, in seguito, riattualizzata nel corso delle successive captazioni tecniche, nei confronti di un architetto ritenuto responsabile di una serie di mancanze nello svolgimento della propria opera professionale;
– ricostruire il compimento di diversi episodi estorsivi – posti in essere al fine di alimentare le casse dell’associazione mediante la richiesta del cd. pizzo o l’imposizione di ditte riconducibili al sodalizio mafioso – uno dei quali caratterizzato dal ricorso ad una metodologia particolarmente inquietante quale l’apposizione, sul cancello di una privata abitazione, di una bambola recante un proiettile conficcato nella fronte. 
Comunicazione finale : “È doveroso rilevare che gli odierni destinatari della misura restrittiva sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, seppur gravemente, e che la loro posizione verrà vagliata dall’Autorità Giudiziaria nel corso dell’intero iter processuale e definita solo a seguito dell’eventuale emissione di una sentenza di condanna passata in giudicato, in ossequio al principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza.

 

 

Droga,” Operazione Gold Green”, 15 arresti in Sicilia

La droga arriva a casa: chi sono i giovani tossicodipendenti

Archivi -SUD LIBERTA’

 

Palermo –
Alle prime ore di stamattina, nelle città di Palermo e Africo Nuovo (RC), i militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo, hanno dato esecuzione a 15 provvedimenti cautelari (10 in carcere e 5 degli arresti domiciliari), emessi dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, per i reati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, con le aggravanti relative alla composizione dell’associazione con più di dieci associati, all’aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività mafiosa e per essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo mafioso e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva. Sono anche contestati vari episodi di detenzione, in concorso, di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio.
L’indagine costituisce l’esito di un’articolata manovra investigativa antidroga, focalizzata nel contesto territoriale dei mandamenti mafiosi palermitani di Porta Nuova, Brancaccio e Tommaso Natale – San Lorenzo, che ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario in ordine all’esistenza di un’associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti, che si occupava di importare nel territorio palermitano, tramite vari e consolidati canali di rifornimento, grosse partite di narcotici da immettere nelle piazze di spaccio del capoluogo, registrando ulteriori connessioni con le singole articolazioni mafiose interessate territorialmente.
L’importante dispositivo di contrasto al traffico di stupefacenti connesso con “Cosa Nostra”, di cui si è dotato il Comando Provinciale Carabinieri di Palermo, ha sviluppato un articolato percorso investigativo antidroga, coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, finalizzato al contrasto del principale e più redditizio asset di arricchimento della criminalità organizzata mafiosa.
L’indagine, avviata nel settembre 2019, ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario che è stato sostanzialmente accolto nella suindicata ordinanza cautelare, secondo il quale, per l’appunto, sussistono gravi indizi (che dovranno successivamente essere confermati dagli ulteriori passaggi processuali) in ordine ai gravi reati ipotizzati in capo ai soggetti indagati. In sintesi, le investigazioni hanno permesso di:
– individuare un’associazione dedita al traffico di stupefacenti che si occupava di importare a Palermo, tramite vari canali di rifornimento, grosse partite di narcotici di diversa tipologia, da immettere nelle piazze di spaccio del centro del capoluogo siciliano, registrando connessioni tra il sodalizio e distinte articolazioni territoriali di cosa nostra, riunite trasversalmente dal comune interesse di acquisire, per le loro finalità, ingenti quantitativi di droga;
– collocare, al vertice dell’associazione, importanti uomini d’onore (già definitivamente condannati per la loro appartenenza all’associazione mafiosa) delle famiglie mafiose di Palermo Centro e di Partanna Mondello, che, coadiuvati dagli altri sodali (fra i quali anche affiliati mafiosi del mandamento di Brancaccio – non attinti dalla presente misura in quanto già sottoposti a misura cautelare in altro procedimento), operavano a tutto tondo nel mercato degli stupefacenti, rapportandosi sia con fornitori operanti in altre regioni – Campania e Calabria – sia con spacciatori palermitani, incaricati di rivendere al dettaglio i narcotici;
– appurare che parte dei proventi derivanti dallo spaccio siano stati destinati al mantenimento dei detenuti affiliati a più famiglie mafiose del capoluogo;
– individuare, in un’abitazione di Pollena Trocchia (NA), un deposito di stupefacenti del gruppo criminale, all’interno del quale, il 14.05.2020, venivano sequestrati 255 kg di hashish;
– arrestare, nel corso delle indagini, otto corrieri e sequestrare, complessivamente, ulteriori 185 kg di sostanze stupefacenti di varia tipologia (cocaina, hashish e crack), nonché circa 52.000 euro in contanti, verosimile provento dall’attività illecita.

 

 

L’Operazione “Hesperia” avvicina sempre più al latitante superboss Matteo Messina Denaro

Svelato il nuovo volto di Matteo Messina Denaro
Matteo Messina Denaro.

Comunicato C.Carabinieri-

 

Trapani,

Indagini sempre più pressanti per la cattura di Matteo Messina Denaro . Si prova di tutto e, ogni volta sembras che sia il momento propizio.Ieri  il comunicato dei  Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Trapani, con il supporto in fase esecutiva dei Comandi Provinciali Carabinieri di Palermo e Catania, del 9° Nucleo Elicotteri Carabinieri di Palermo, degli Squadroni Eliportati Carabinieri “Cacciatori Sicilia” e “Cacciatori Calabria”, nonché del 12° Reggimento Carabinieri “Sicilia”, sui provvedimenti emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo nei confronti di circa 70 soggetti, 35 dei quali gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose (e tutti attinti da provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Palermo su richiesta della D.D.A.); nei confronti degli altri soggetti è in corso l’esecuzione di decreti di perquisizione e sequestro.

L’indagine s’inquadra nella più ampia manovra investigativa condotta dall’Arma in direzione della cattura del latitante Matteo Messina Denaro e che, oramai da circa 30 anni si sottrae volontariamente all’esecuzione di decine di misure cautelari.

L’odierno provvedimento cautelare compendia gli esiti di articolate indagini svolte dai Carabinieri sul conto di esponenti di primo piano dei mandamenti mafiosi di cosa nostra trapanese, confermandone la riferibilità alla leadership del ricercato castelvetranese, il quale sarebbe ancora in grado di impartire direttive funzionali alla riorganizzazione degli assetti della suddetta provincia mafiosa.

Inoltre, le investigazioni hanno restituito l’immagine di una perdurante vitalità di cosa nostra trapanese che continua a regolare il proprio funzionamento sul più rigoroso rispetto delle regole ordinamentali che hanno nel tempo contraddistinto l’agire dell’organizzazione.

Il monitoraggio delle famiglie mafiose di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Marsala, nelle loro espressioni di vertice ha fatto emergere, in primo luogo, la figura di un uomo d’onore campobellese che, recentemente scarcerato e già protagonista in passato di importanti dinamiche riguardanti i rapporti dell’area trapanese con esponenti apicali di cosa nostra palermitana, secondo quanto ritenuto dal Giudice per le indagini preliminari, sarebbe gravemente indiziato di avere acquisito centralità in tutto l’aggregato mafioso di quella provincia, risultando in grado di esprimere una costante e trasversale autorevolezza nell’ambito di dinamiche intermandamentali, anche esterne alla provincia di Trapani.

Posizione di rilevanza questa garantita anche dalla ritenuta vicinanza al MESSINA DENARO del quale l’uomo d’onore campobellese – a detta di alcuni indagati – avrebbe ricevuto comunicazioni finalizzate alla designazione dei referenti di diverse articolazioni territoriali mafiose della provincia: elementi questi confermativi della primazia del MESSINA DENARO nelle dinamiche complessive della provincia trapanese.

Il più volte citato uomo d’onore campobellese – la cui operatività sul territorio sarebbe stata garantita, secondo univoche emergenze compendiate dal GIP nel provvedimento cautelare, da un fiduciario parimenti raggiunto dal provvedimento cautelare – avrebbe:

  • designato il reggente della decina di Petrosino;
  • chiesto conto circa la nomina del reggente dell’importante mandamento di Mazara del Vallo, rimasto vacante all’esito dell’operazione c.d. ANNO ZERO.

Le investigazioni hanno anche permesso di ricostruire la successione al vertice di cosa nostra marsalese, individuando i soggetti allo stato gravemente indiziati di rivestire il ruolo di reggenti e documentandone le interlocuzioni con il più volte citato esponente mafioso campobellese.Sono state, infine, acquisiti gravi indizi con riferimento a:

  • dinamiche associative ultra-provinciali, in direzione di cosa nostra palermitana, agrigentina e catanese nel cui ambito i trapanesi venivano indicati come “quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro”;
  • le attività di infiltrazione di cosa nostra trapanese nel tessuto economico/sociale con riferimento a presunti condizionamenti della libertà degli incanti, alla gestione, in forma pressochè monopolistica, del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti;
  • interventi finalizzati ad alterare le procedure di aggiudicazione di immobili oggetto di asta giudiziaria;
  • presunte estorsioni in danno di aziende locali nel settore enogastronomico (tra cui una cantina vinicola) e turistico (strutture ricettive);
  • la disponibilità di armi da fuoco.

Nel corso dell’operazione – svoltasi – sono state effettuate numerose perquisizioni delegate dall’A.G. su siti ritenuti di interesse anche ai fini della ricerca del latitante ed intensificate le attività di controllo del territorio nelle località di maggiore interesse operativo.

 

 

Catania, Operazione Pecunia Portuum: frode nelle pubbliche forniture

Operazione Pecunia Portuum - Frode nelle pubbliche forniture per l’esecuzione di lavori pubblici in Provincia di Catania
Operazione Gdi Finanza -Pecunia Portuum

 

CATANIA

Nell’ambito di una più ampia, complessa e articolata operazione a tutela della spesa pubblica, coordinata dalla Procura della Repubblica di Catania,-  comunica l’Ufficio Stampa della Finanza –  i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Catania hanno dato esecuzione a un’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale ha disposto misure cautelari nei confronti di 6 persone, sottoposte a indagine per frode nelle pubbliche forniture, in relazione a lavori inerenti delle opere per la protezione dello specchio acqueo del primo bacino del porto turistico di Riposto, che sono state realizzate in modo difforme rispetto a quanto previsto nel progetto con una conseguenziale diminuzione della sicurezza delle opere costruite e un indebito profitto per l’impresa derivante da un consistente risparmio di spesa pari a circa la metà della somma stanziata.

Le citate misure interdittive hanno riguardato un dipendente pubblico (funzionario direttivo) del Servizio 8 (Infrastrutture marittime e portuali) del Dipartimento delle Infrastrutture e della Mobilità della Regione Siciliana, un ingegnere di Messina, nonché quattro imprenditori di Catania, Agrigento, Naro e Brolo, operanti nel settore delle costruzioni edili.

Le indagini, svolte dai militari della Compagnia della Guardia di Finanza di Riposto, hanno riguardato un appalto di lavori eseguiti tra settembre 2019 e maggio 2020, relativi alle opere complementari per la protezione dello specchio acqueo del primo bacino del porto di Riposto, per un valore di circa un milione di euro.

Dalle investigazioni sarebbe emersa la sussistenza di irregolarità nella realizzazione di una scogliera finalizzata alla mitigazione del moto ondoso all’interno del primo bacino del porto di Riposto, che sarebbe stata realizzata in modo difforme dalle previsioni del capitolato per quel che concerne la qualità dei lavori di fatto eseguiti, che sarebbero stati realizzati con modalità grossolane, con materiali di qualità inferiore e senza utilizzo degli strumenti previsti per l’esecuzione a regola d’arte.

Nel dettaglio, il frangiflutti sarebbe stato realizzato con l’utilizzo di massi di peso e categoria diversa e inferiore rispetto a quella prevista. Le attività di indagine, inoltre, avrebbero fatto emergere:

  • la mancata pesatura dei massi da collocare nel fondale;
  • il mancato utilizzo di idonei mezzi meccanici terrestri e navali idonei alla selezione ed al corretto posizionamento dei massi medesimi;
  • il posizionamento di alcune boe di segnalazione difformi rispetto alle caratteristiche qualitative dal capitolato d’appalto;
  • irregolarità per quel che concerne la manodopera impiegata;
  • l’omessa vigilanza sulla corretta realizzazione delle opere da parte del direttore dei lavori e dell’Ispettore di cantiere e del Responsabile unico del procedimento.

Tali difformità, come si è anticipato, avrebbero comportato una significativa riduzione degli standard di sicurezza del porto di Riposto.

In conseguenza di tali attività investigative e degli elementi acquisiti nell’attuale stato del procedimento, in cui non è stato ancora instaurato il contradittorio con le parti, il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale, su richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto le misure cautelari:

  • della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio da lui svolto per la durata di dodici mesi, con interdizione temporanea di tutte le attività ad esso inerenti per un funzionario direttivo del Dipartimento delle Infrastrutture e della Mobilità della Regione Siciliana;
  • del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione e del divieto di esercitare la sua professione per la durata di dodici mesi, con interdizione di tutte le attività ad essa inerenti per un ingegnere di Messina;
  • del divieto di contrarre con la Pubblica amministrazione e del divieto di esercitare attività d’impresa e di ricoprire uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, con interdizione delle attività ad esse inerenti, per la durata di dodici mesi per quattro imprenditori di Catania, Agrigento, Naro e Brolo.

 

 

Dietro le sbarre chi assaltava i bancomat di Trapani e Catania

Assalti ai bancomat, presa banda del Pilastro - Cronaca -  ilrestodelcarlino.it

Assalti ai bancomat con gli escavatori. Vasta operazione della Polizia contro alcune bande criminali attive nelle province di Trapani e Catania. Oltre un centinaio di poliziotti delle Squadre mobili trapanese ed etnea, coordinati dal Servizio centrale operativo, insieme agli investigatori del commissariato di Marsala, stanno dando esecuzione a 18 provvedimenti cautelari richiesti dalla Procura di Marsala contro altrettanti indagati.

L’accusa, a vario titolo, è di associazione a delinquere, furto, danneggiamento aggravato e simulazione di reato. In corso anche numerose perquisizioni con l’ausilio di unità cinofile dei reparti Prevenzione crimine e di un elicottero del reparto Volo di Palermo.

Aci Sant’Antonio, contagi Covid 19 in salita. Il Sindaco Caruso si appella al buon senso dei cittadini ed adotta provvedimenti

business people greeting during covid-19 pandemic, elbow bump - coronavirus foto e immagini stock

Foto Archivio Sud Libertà

 Caruso: “Stiamo adottando provvedimenti per scongiurare la zona rossa, ma faccio appello al buon senso dei cittadini”

Sono 121 oggi i soggetti positivi al Covid-19 residenti sul territorio di Aci Sant’Antonio, e alla luce della costante crescita degli ultimi sette giorni e del numero di abitanti, che sono di qualche centinaio superiori ai 18.000, sono sorte diverse voci che nelle ultime ore si sono rincorse circa l’istituzione della zona rossa.

I parametri stabiliti per le decisioni da adottare in questi casi, che dovrebbero sorgere a fronte dello sforamento di un tetto di 2,5 soggetti positivi ogni 1.000 abitanti da registrare nell’arco di una settimana, hanno portato il Commissario ad Acta Giuseppe Liberti ad inviare una comunicazione al Sindaco, Santo Caruso, facendo presente che alla giornata di ieri si era raggiunto il numero limite di 49 casi per il territorio, ma alla luce della lieve flessione registrata oggi, e di una serie di considerazioni legate proprio al territorio e alla distribuzione degli abitanti e degli attuali casi, il primo cittadino ha deciso di non richiedere l’istituzione della zona rossa, predisponendo però, al contempo, una serie di provvedimenti atti ad arginare la crescita di quest’ultimo periodo.
Ho deciso di non avanzare la richiesta della zona rossa per diversi motivi – ha dichiarato Caruso – Al di là del calo che abbiamo registrato già oggi, che chiaramente va considerato un dato da contestualizzare, ho potuto appurare da una verifica accurata che la maggior parte dei soggetti positivi si trovano all’interno di specifici nuclei familiari,
e che non c’è una omogeneità di casi sul territorio, che è molto vasto.
“Il fatto che non venga richiesto di adottare i provvedimenti restrittivi da zona rossa, però, non significa che prendiamo sottogamba la questione: già da giorni avevamo posto i numeri sotto la lente d’ingrandimento, e questo ci ha portato a valutare, adesso, la possibilità di attuare una serie di provvedimenti alternativi. Al fine di evitare la zona rossa, ora, cercheremo di limitare gli assembramenti nelle zone di maggior concentrazione, quelle più votate agli incontri e
alle soste: chiuderemo il mercato settimanale e la villa comunale.
“Inoltre sono state date disposizioni al Comando dei Vigili Urbani per intensificare i controlli, ed ho provveduto a contattare anche la Stazione locale dei Carabinieri per far presente la situazione.
“La cosa più importante, però, al di là dei dettami e dei modi per provare ad arginare la crescita è il buon senso dei cittadini: i santantonesi si sono già mostrati molto responsabili, permettendo di contenere la diffusione del virus, e faccio adesso un appello affinché in questa fase mostrino la massima collaborazione, dimostrando la stessa
maturità che nei mesi scorsi è stata determinante. Noi, da par nostro,monitoreremo costantemente l’andamento dei contagi, nella speranza che i numeri rientrino”.

Messina: controlli straordinari antiCovid e antidroga dei Carabinieri che, nel corso dei servizi hanno effettuato arresti e denunce

Le foto di Messina: galleria fotografica - ItalyGuides.it - ItalyGuides.it

(Foto I.G.-Archivi Sud Libertà)
Nella serata di ieri, i Carabinieri della Compagnia Messina Centro, supportati dalle pattuglie del Nucleo Radiomobile, hanno intensificato i controlli lungo le principali arterie stradali del capoluogo peloritano ed in particolare sono stati predisposti controlli allo scopo di contrastare lo smercio di sostanze stupefacenti e reati predatori in generale, con una particolare attenzione al rispetto della normativa anti-covid.
Nel corso dei servizi, i militari dell’Arma hanno arrestato, in esecuzione di distinti provvedimenti emessi dall’Autorità Giudiziaria:
 S.F., 56enne messinese, arrestato in esecuzione di provvedimento di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in quanto condannato alla pena residua di anni 5, mesi 8 e giorni 5 di reclusione ritenuto responsabile dei reati di truffa, calunnia e resistenza a pubblico ufficiale. L’uomo, al termine delle formalità di rito è stato ristretto in detenzione domiciliare presso la propria abitazione;
 C.C., 68enne messinese, arrestato in esecuzione di provvedimento di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina in quanto condannato alla pena residua di anni 4 e mesi 6 di reclusione poiché ritenuto responsabile del reato di truffa. L’uomo, al termine delle formalità di rito è stato condotto presso la Casa Circondariale di Messina Gazzi;
 I.V., 44enne messinese, arrestato in esecuzione di ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria e condannato alla pena residua di anni 4 e giorni 12 di reclusione poiché ritenuto colpevole del reato di favoreggiamento della prostituzione. L’uomo, al termine delle formalità di rito, è stato ristretto presso la Casa Circondariale di Messina Gazzi.
Nel corso delle attività di controllo, inoltre, i Carabinieri della Stazione di Messina Principale hanno deferito, in stato di libertà, per furto e danneggiamento, un 28enne, già noto alle forze dell’ordine, sorpreso da un equipaggio mentre forzava un distributore automatico di sigarette collocato in via Cesare Battisti. Il giovane, bloccato dai Carabinieri, a seguito di perquisizione personale è stato trovato in possesso di alcuni pacchetti di sigarette, provento di furto, che sono stati restituiti al proprietario.
Si apprende anche c he i Carabinieri della Stazione Messina Arcivescovado hanno altresì deferito, in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria, un uomo, che, controllato in Piazza Stazione, è risultato sprovvisto del permesso di soggiorno.
Nel corso dei medesimi servizi i Carabinieri delle Stazioni e del Nucleo Operativo sono riusciti ad intercettare, in più zone del centro cittadino, 9 giovani, che sono stati tutti segnalati alla locale Prefettura quali assuntori di sostanze stupefacenti, poiché trovati in possesso di modiche quantità di marijuana detenute per uso personale, con il sequestro, in totale, di oltre 20 grammi di droga.
I servizi hanno permesso anche di accertare violazioni alla normativa prevista per il contenimento della diffusione del virus covid-19, con conseguenti sanzioni amministrative elevate nei confronti di 4 persone.
Infine sono state controllate oltre 70 persone e 39 autovetture, elevando 4 sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada.

Le Regioni, domani in videoconferenza, studieranno le nuove misure per arginare la pandemia

Fase 2, DPI, App, personale di protezione civile - Due videoconferenze tre  le Regioni e il Ministro Boccia e Speranza | AostaNews24

Domani le Regioni valuteranno le proposte da rimettere al premier intento a sintetizzare le nuove misure del prossimo Dpcm per arginare sempre più il fenomeno della pandemia..   La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome viene  convocata dal vice presidente Giovanni Toti in seduta straordinaria per domani alle 17 solo in videoconferenza.

.L’impianto del provvedimento si va delineando sulla base di una linea comune come per le misure adottate nelle ultime settimane nel contrasto all’emergenza Covid in Italia. Qualche giorno prima di Natale dovrebbe entrare in vigore il divieto di spostamento tra le Regioni. Una misura che non dovrebbe riguardare chi ha la residenza in un’altra regione o chi dovrebbe fare rientro nel proprio domicilio.

Nella zona arancione, secondo le regole già in vigore, non è consentito lasciare il proprio Comune. Più libertà di movimenti per chi vuole raggiungere la propria seconda casa all’interno della zona gialla prima del blocco. Per chi andrà all’estero, in particolare per sciare nei Paesi che mantengono gli impianti aperti, si profila la quarantena al rientro. I ristoranti dovrebbero restare chiusi il 25 e il 26 dicembre, mentre i negozi resterebbero aperti fino alle 21 per evitare assembramenti.

Nuova Ordinanza per la Regione Sicilia classificata “zona gialla”

 

Coronavirus, la nuova ordinanza del Presidente della Regione Musumeci - Malgrado Tutto Web

 

 

Nuova ordinanza del Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, già firmata, per limitare il contagio del Coronavirus nell’Isola. Il provvedimento, in vigore da domani (domenica 29 novembre) a giovedì 3 dicembre, modifica alcune delle attuali restrizioni, secondo la nuova  classificazione decisa adesso quale  «area gialla» per la Sicilia.

Resta a bordo dei mezzi pubblici del trasporto locale e del trasporto ferroviario regionale, il limite del 50 per cento di riempimento rispetto alla capienza, oltre alla chiusura dei centri commerciali nelle giornate domenicali. Eccezione solo per farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole.Confermati la didattica a distanza per gli studenti delle scuole superiori, la chiusura di teatri, cinema, musei, parchi, palestre e piscine e il divieto di circolazione dalle 22 alle 5.

Domani cambiano un pò le cose visto che potranno riaprire (dalle 5 alle 18), invece, i bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie e pizzerie. Consentita, fino alle 22 la vendita di cibo solo per asporto, mentre nessun limite per il domicilio. Sarà possibile muoversi all’interno del proprio Comune, e fuori, dalle 5 alle 22. Negli altri orari spostamenti possibili solo per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o di salute.

 

 

 

 

 

CANCRO DELLA CORRUZIONE: “OPERAZIONE BUCHE D’ORO” DELLA G.DI FINANZA

IN MANETTE DIPENDENTI ANAS ADDETTI ALLA MANUTENZIONE DELLE BUCHE STRADALI

CATANIA

Sistema regionale siciliano “malato a tutti i livelli” .Mazzette’ sugli appalti per la manutenzione stradale per decine di migliaia di euro. In manette tre dipendenti dell’Anas di Catania        Due hanno la qualifica di  capo manutenzione, finiti in carcere, un’altro è  un ingegnere, ora ai domiciliari.

 

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Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania (Gruppo Tutela Finanza Pubblica) e coordinate dalla Procura, hanno messo in luce la circostanza secondo la quale  gli appalti per riparare le buche (da qui il nome dell’operazione ‘buche d’oro’) venivano affidati in cambio di denaro a “imprenditori compiacenti” che eseguivano “le opere assegnate loro senza rispettare i capitolati tecnici” facendo scendere così i costi anche fino al 20% del valore ufficiale dell’appalto, che poi veniva diviso con i funzionari dell’Anas corrotti ..

I funzionari dell’Anas  avrebbero dovuto invece vigilare sulla regolarità e correttezza dei lavori. Altre sorprese. Nel corso delle perquisizioni i finanzieri hanno sequestrato contanti per circa 25mila euro, “denaro direttamente riconducibile alle più recenti dazioni corruttrici” avverte la Guardia di Finanza

Un caso di corruzione è stato possibile registrarlo in diretta dal Nucleo della Guardia di Finanza. Proprio negli uffici dell’Anas di Catania,  è stato così ripreso  un imprenditore nisseno che consegnava una busta contenente 10mila euro, che poi i 3 arrestati si sono subito divisi fra loro. In una conversazione intercettata poco prima degli arresti, l’imprenditore, dialogando con uno degli arrestati, si lamentava per la difficoltà nel poter reperire denaro contante a causa dei controlli anti-riciclaggio sui prelievi ingiustificati e chiedeva dove depositare la “mazzetta”.
A quel punto, l’imprenditore si alza e mette una busta con dentro 10mila euro in contanti in un armadietto dell’ufficio.

Quando sono intervenuti, i finanzieri hanno trovato i soldi già divisi fra due dei dipendenti arrestati. Il terzo responsabile Anas invece nel frattempo si era già allontanato e, dopo aver saputo dell’operazione delle Fiamme Gialle, ha lanciato 3mila euro dal finestrino dell’auto. Nella sua abitazione i finanzieri hanno trovato oltre 18mila euro frutto di altre tangenti intascate prima.. Il tarlo della corruzione era già presente in altre occasioni

                   L’ANAS ADOTTERA’ PROVVEDIMENTI NEI CONFRONTI DEI CORROTTI

Catania, mazzette per controlli più softUno confessa, arrestati tre funzionari Anas

Dal canto suo l‘ Anas , appena appresa la notizia, ha subito avviato le procedure amministrative per l’accertamento delle responsabilità dei soggetti coinvolti e l’adozione dei necessari provvedimenti.

I fatti accaduti – ha dichiarato l’AD di Anas Massimo Simonini – sono gravissimi e inaccettabili. Anas è un’azienda sana, fortemente impegnata nel contrasto dell’illegalità ed in particolare della corruzione.

Anas, oltre a condannare in maniera netta l’episodio garantendo che i responsabili saranno perseguiti con assoluto rigore, rafforzerà ulteriormente le misure interne di controllo per evitare il ripetersi di questi episodi di corruzione.

Questi comportamenti, oltre a lasciare sconcertati, fanno soltanto male all’immagine di una società dove migliaia di persone lavorano ogni giorno con professionalità, sacrificio, spirito di servizio e onestà per fornire al Paese il servizio essenziale della mobilità sulla rete stradale e autostradale. Siamo fiduciosi nell’operato della magistratura e delle forze dell’ordine, con le quali collaboreremo attivamente per fornire ogni utile contributo all’accertamento delle responsabilità”.