Caso Saguto, condanna e maxstangata risarcimento- Il mistero dell'”agenda blu”-che contiene nomi di alti magistrati- “ignorata” dalla Procura

 

Nella foto l’ex giudice Silvana Saguto

 

Caltanissetta,

Prima della sentenza di condanna, il collegio giudicante ha discusso il caso Saguto oltre cinque ore.. Il Tribunale di Caltanissetta presieduto da Andrea Catalano ha emesso poi la sentenza di condanna per  l’ex giudice Silvana Saguto a otto anni e mezzo di reclusione, dimezzando quasi la pena chiesta dalla Procura nissena al termine della requisitoria.

I pm Claudia Pasciuti e Maurizio Bonaccorso avevano chiesto la condanna a 15 anni e 4 mesi di carcere. Non sussiste il reato di associazione per delinquere per Saguto. Restano, invece, la corruzione, anche se non tutti i capi di imputazione, e l’abuso d’ufficio. Dunque, anche per i giudici, Silvana Saguto, avrebbe gestito i beni sequestrati e confiscati alla mafia “con interessi familiaristici” per “favorire amici e parenti”.

Lo scandalo dei beni confiscati, condannata a 8 anni e mezzo l’ex giudice Silvana Saguto
L’indagine era nata proprio a Caltanissetta, quando erano stati avviati degli accertamenti sulla gestione di una delle tante amministrazioni giudiziarie affidate da Saguto, nello specifico quella gestita proprio dal giovane Virga e legata ai beni sequestrati alla famiglia Rappa, come la “Nuova Sport Car”. Quando i pm si accorsero che forse c’erano delle irregolarità, spedirono però gli atti a Palermo. Ma nuovamente l’indagine tornò presto a Caltanissetta, visto che i magistrati del capoluogo si trovarono di fronte al coinvolgimento di loro colleghi in servizio in città.Da quel momento furono messi sotto controllo i telefoni di Virga padre, di Saguto, ma anche quelli di suo marito, di Cappellano Seminara – che da anni lavorava con l’ex giudice alle Misure di prevenzione, gestendo decine di amministrazioni giudiziarie – e di Carmelo Provenzano. Microspie furono piazzate anche nello studio legale “Prodea” di Walter Virga e ovviamente nell’ufficio di Saguto all’interno del palazzo di giustizia. 

Processo: „Non sono mancati i colpi di scena. In una delle udienze, l’ex presidente delle Misure di prevenzione si è presentata con in mano un’agendina blu. Non un blocchetto qualsiasi, ma quello in cui  – a suo dire – avrebbe annotato i nomi delle persone caldeggiate per gli incarichi e i loro relativi “padrini”, ovvero altri magistrati. L’agenda però non è mai stata messa agli atti“ Nè i Pubblici Ministeri hanno chiesto di indagare sul contenuto di quell’agenda scottante.

L’ex magistrato  dovrà pagare ora anche  un  maxrisarcimento, 500mila euro alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, costituitasi parte civile nel processo. Un risarcimento compreso tra 50mila e 400mila euro in favore della Presidenza del Consiglio dovrà essere versato anche da altri 6 imputati: tra questi il marito della Saguto, Lorenzo Caramma, e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara.

Ed ancora: Saguto dovrà anche risarcire con 50mila euro la Regione Siciliana, con 30mila il Comune di Palermo, con 30mila l’Uuniversita’ Kore di Enna, tutti parti civili. L’ex giudice è stata poi condannata al risarcimento del danno di 10mila euro a titolo di provvisionale anche nei confronti dell’imprenditore palermitano Filippo Rappa verso il quale il collegio presieduto dall’imputata aveva emesso un provvedimento di sequestro di beni.     

 E’ raro che un giudice condanni al risarcimento dopo la condanna. Ma nell’occasione la circostanza è stata richiesta ed aggravata dal ruolo di magistrato della Saguto..

 Sette anni e 6 mesi all’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il “re” degli amministratori giudiziari per i quali la Procura aveva chiesto la condanna a 12 anni e tre mesi. Sei anni e 10 mesi per l’ex professore della Kore Carmelo Provenzano. Tre anni per l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo. “Un sistema perverso e tentacolare”, lo avevano definito i pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti nel corso della requisitoria. Assolti invece Vittorio Saguto, padre dell’ex magistrato, Aulo Gigante e Lorenzo Chiaramonte, ex giudice della sezione Misure di prevenzione.

Questi gli altri condannati dal Tribunale di Caltanissetta: all’ingegner Lorenzo Caramma, marito di Silvana Saguto sei anni e due mesi di carcere; a Roberto Nicola Santangelo, amministratore giudiziario, sei anni e due mesi; all’avvocato ed ex amministratore giudiziario Walter Virga, un anno e 10 mesi; Emanuele Caramma, figlio di Saguto, che era presente in aula, sei mesi; Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna, due anni e otto mesi; Maria Ingrao, moglie di Provenzano, quattro anni e due mesi; Calogera Manta, cognata di Provenzano, quattro anni e due mesi; il colonnello della Dia Rosolino Nasca, quattro anni. Per l’ufficiale della Dia la Procura aveva chiesto la condanna a 8 anni e mezzo. Assolto il giudice Lorenzo Chiaramonte, per il quale la Procura aveva chiesto 2 anni e 6 mesi di reclusione.

Secondo la Procura Silvana Saguto, accusata di abuso d’ufficio e corruzione, “era a capo di un sistema perverso e tentacolare” nella gestione dei beni sequestrati al tribunale di Palermo. Un sistema che, per i pm sarebbe stato composto da magistrati, avvocati, prefetti, vertici delle forze dell’ordine.  Erano più di 70 i capi di imputazione a suo carico. Alla fine della requisitoria fiume i pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti, alla presenza dell’allora Procuratore Amedeo Bertone, ora in pensione, avevano chiesto per l’ex giudice la pesante condanna a 15 anni e 4 mesi di carcere, oltre che l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici.

Per i magistrati d’accusa dunque  l’ex giudice “era la figura centrale di un vincolo associativo stabile” comprovato dalla “frequenza dei rapporti dei soggetti”. Accuse contestate però dalla difesa del giudice, rappresentata dall’avvocato Ninni Reina. Il legale, durante l’arringa difensiva, ha invece respinto ogni accusa per Saguto parlando di un “processo anomalo, sia per quantità che per qualità”.    Silvana Saguto sosteneva  nel corso delle udienze di avere come riferimenti i giudici Falcone e Borsellino. E di essere un baluardo dell’Antimafia.     Versione diversa per l’accusa.     I pubblici Ministeri accusano invece Silvana Saguto di avere “sfruttato e mortificato il suo ruolo di magistrato”. Ma “è sbagliato parlare di processo all’antimafia”, avevano detto. Già, quell’antimafia rappresentata da Silvana Saguto, sempre presente ai convegni, e che dopo il suo rinvio a giudizio è stata massacrata.