Che Dio – e S.Rita – aiutino l’equipaggio del sommergibile argentino S.Juan

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(Foto Archivio-Agenzia)

E’ il momento del pianto e della disperazione.Anche della preghiera . Occorre rivolgersi a Dio e ai Santi perchè l’impossibile si avveri. La salvezza cioè  di quegli uomini coraggiosi a salire su un mezzo datato di oltre trenta anni..Sarebbe davvero ora il momento di richiedere l’intercessione della Santa che aiuta nei casi disperati: S.Rita.

Disperati, perché ormai sanno che solo un miracolo potrebbe riportare a casa i loro fratelli, mariti, figli e amici del sottomarino San Juan.. Tutti dispersi. Tutti, forse, già morti nei fondali dell’oceano. Ma c’è anche rabbia.Sono furiosi i famigliari dei 44 membri dell’equipaggio  dopo quasi 10 giorni di ricerche nel Sud Atlantico. Ieri il portavoce della Marina argentina, Enrique Balbi non ha lasciato spazio a dubbi. “Sì, c’è stata un’esplosione” ha detto, confermando la tesi che già da qualche giorno aveva iniziato a rimbalzare sui media dopo il rilevamento dell’anomalia idro-acustica.

I parenti  perdono la calma, fanno domande. Soprattutto vogliono risposte, desiderano conoscere la verità. Come il 34enne Federico Ibañez. Suo fratello Christian è un tecnico e si è imbarcato sul San Juan per occuparsi dei radar. “Ho chiesto spiegazioni alla Marina argentina – ha detto il giovane alla ‘Cnn’ -. Perché continua a dire che il sottomarino potrebbe trovarsi in superficie?E perché i soccorritori hanno impiegato così tanto tempo prima di cominciare a setacciare il fondo dell’oceano?”.

Tutti aspettano il miracolo.

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(Foto Agenzia)

Ma la Marina prosegue le ricerche senza sosta. Gli altri non smettono di sperare. Anche se non fossero morti nell’esplosione, l’ossigeno all’interno del San Juan potrebbe già essere finito da un pezzo. Se così fosse, il destino dei marinai sarebbe già segnato, a meno che non siano stati in grado di raccogliere nuove riserve d’aria in superficie.

Oltre all’Argentina, hanno unito le forze Germania, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Spagna, Stati Uniti, Francia, Norvegia, Perù, Gran Bretagna e Uruguay. E ieri si è aggiunta anche la Russia. Ma del sottomarino, ancora non c’è traccia.

– Gli esperti, nel frattempo, sembrano divisi. Per Peter Layton, visiting professor della Griffith University “se il San Juan è affondato ma è ancora intatto, avrà circa una settimana o 10 giorni di ossigeno”.In questo caso, quindi, il tempo sarebbe già scaduto. Per il capitano e comandante della Marina spagnola, Alejandro Cuerda Lorenzo, invece, se i marinai sono colati a picco ma sono ancora vivi, potrebbero avere ancora quattro giorni d’ossigeno. “Potrebbero sopravvivere fino al 28 novembre” ha spiegato il comandante ai microfoni di ‘Herrera En Cope’, sottolineando che, secondo i calcoli della Marina argentina, le scorte di ossigeno del San Juan avrebbero raggiunto il loro limite ieri.

– Se i marinai sono morti, quello del San Juan sarebbe il disastro sottomarino più letale dopo quello del Kursk, il sottomarino russo affondato 17 anni fa nel mare di Barents, con a bordo 118 membri dell’equipaggio      Che Iddio ora aiuti i sommergibilisti  ( Agenzia).

Angoscia e mistero: fine dell’ossigeno- Addio al sottomarino argentino

(Foto S.Juan-  Agenzia )

Forse è arrivata la fine della storia del S.Juan.  Se  a bordo si è verificata davvero una esplosione-come avvertono gli esperti- la pressione all’interno sarebbe improvvisamente aumentata tanto da uccidere. I marinai “a 21 atmosfere di profondità, avrebbero avuto un impatto con l’acqua pari al peso di un tir precipitato in testa. .

Lo scenario tracciato  dagli studiosi oceanografici non concede alcuna possibilità di salvezza ai sommergibilisti:  Diventano comunque bassissime le possibilità di sopravvivenza nelle condizioni di questi particolari mezzi costruiti – si apprende – oltre trenta anni fa. Il guasto elettrico che impedisce contatti con la terraferma ma  allo stesso tempo tiene gli uomini al buio e al freddo.Il rischio maggiore è l’ipotermia  che può essere acuta o cronica. Se ci fosse stato un allagamento e i marinai fossero venuti a contatto con l’acqua gelida si ipotizza non avrebbero potuto resistere. Plausibile anche la morte per annegamento- dicono alcuni esperti -o per asfissia per carenza di ossigeno.

  “L’effetto schiacciamento della pressione – – può aver frantumato anche i corpi dell’equipaggio. Si apprende infine che per il  comandante della base  del plata Gabriel Galeazzi, dove il sottomarino era atteso fra domenica e lunedì, il “problema di batterie, un corto-circuito”, non era sufficientemente grave per far scattare una procedura d’urgenza.

Quattordici navi e dieci aerei di dieci Paesi tra cui Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia, il Brasile, il Cile e  l’Uruguay, sono mobilitati per le ricerche sulla zona intorno all’ultima posizione comunicata mercoledì dal San Juan, 430 chilometri dalle coste del sud est del Paese.Insomma è l’addio agli uomini del S.Juan.  Il mistero resta sempre.