Europa indecente che uccide l’idea della Libertà- Anche gli Onorevoli italiani un gregge di pecore: ecco perchè!

Che delusione l’Europa.   Che delusione il rappresentante italiano alla Presidenza dell’Unione europea. Che delusione Juncker.  Un’Europa che uccide le idee come quelle di Carles Puigdemont e dei suoi colleghi di governo non  rappresenta il giusto, la verità, la democrazia, la vera libertà.      E’ un’Europa di cui vergognarsi per infierire contro gli “ultimi”, il Presidente desitituito della Generalitat de Catalunya, ed accettare un governo e il suo sacrificio imprigionato come fosse criminale .   E’ davvero inaccettabile ed indecente vedere che gli Stati membri dell’Unione sostengano Rajioy e la sua dittatura nel “colpo di Stato” contro dei rappresentanti eletti democraticamente.    Ma chi dei nostri Onorevoli italiani o siciliani ha mosso un dito, un rigo cioè, in una interrogazione parlamentare, contro il premier spagnolo Rajioy  suddito del  “suo” re di Spagna.

Ci piacerebbe sapere chi  dei professionisti della politica ha criticato anche il premier italiano Gentiloni, tanto indecente – e pecora – nella sua difesa del governo spagnolo.     Le idee di questo Signore, Puigdemont meritano l’assoluto rispetto. E non solo politicamente ma anche come uomo. E’ qui la grandezza della Catalogna. Di avere dei grandi sostenitori dei valori umani, quelli che l’Europa non considera neanche e si allinea come un gregge di pecore. Onore a Puigdemont un uomo che non ha esitato a perdere tutto per il valore della Libertà.   E’ l’urlo della libertà che 200 sindaci hanno urlato nella Catalogna.              Il dubbio adesso  diventa legittimo: lo esprime lo stesso leader catalano – se il 21 dicembre, giorno delle elezioni, dovesse vincere il fronte indipendentista cosa faranno i potenti dell’Europa’?      Non riconosceranno il risultato elettorale allineandosi con Madrid?

Sarebbe un’altra grave indecenza e a questo punto gli animi diventerebbero così infiammati che scoppierebbe la rivoluzione armata. Inevitabile.

 

 

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Dal canto suo Puigdemont si è detto pronto all’eventualità di un’estradizione in Spagna. “Tutti sappiamo che possiamo finire in prigione se verrà concessa l’estradizione. Siamo preparati al fatto che ci estradino” ha detto a a Catalunya Radio.

Puigdemont, che si trovava con i suoi quattro ex consiglieri, Clara Ponsatí, Lluís Puig, Toni Comín e Meritxell Serret, ha nuovamente denunciato il ‘polso totalitario’ di Mariano Rajoy: “A noi catalani hanno rubato una legislatura, un governo e un parlamento”. Il leader catalano ha anche ribadito la sua contrarietà all’applicazione dell’articolo 155 della costituzione ed ha lasciato trapelare l’intenzione di deferire il governo davanti al Tribunale di Strasburgo perché la Spagna “provi imbarazzo”.

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Abbiamo diritto di parlare di costituzionalità nei tribunali, di cosa hanno paura? Lo Stato spagnolo parla di costituzionalità solo quando gli conviene. L’attuazione del 155 è illegale“.  “L’Europa non può avere prigionieri politici, non può avere un governo legittimo in prigione o in esilio”,è un golpe illegale questo di Madrid  ha aggiunto il leader catalano esprimendo sdegno ed indignazione.

Il prezzo della Libertà

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Sofferenza prevista per l’ex Presidente della Catalogna, eroe dei valori umani

Momenti difficili per l’eroe della Catalogna Puigdemont.  Insieme ai  quattro ex consiglieri catalani verra’ ascoltato nel pomeriggio dal giudice inquirente. A dichiararlo è stato il portavoce dell’ufficio della procura di Bruxelles confermando che i cinque si sono consegnati spontaneamente questa mattina alla polizia.Tolta così la soddisfazione di vederlo in manette ai suoi nemici governanti spagnoli. Il giudice avrà 24 ore dal momento in cui si sono consegnati per decidere su come procedere in merito alla detenzione. “La decisione dovrà dunque essere presa non oltre le 9.17 di domani mattina”, ha aggiunto il portavoce.

PUIGDEMONT CANDIDATO ALLE ELEZIONI – Il PDeCAT, partito dell’ex presidente della Generalitat catalana, ha deciso oggi che Puigdemont sarà il primo candidato del partito alle elezioni del prossimo 21 dicembre in Catalogna, a capo di una lista unica formata da tutte le forze indipendentiste.

“Vogliamo che il presidente Puigdemont continui ad essere la persona che guida una grande lista del Paese il prossimo 21 dicembre”, ha annunciato la coordinatrice generale del Partito democratico europeo catalano, PDeCAT, Marta Pascal, durante il consiglio nazionale del movimento a Barcellona. Pascal ha chiesto che il PDeCat si presenti in una lista comune con le altre forze favorevoli all’indipendenza, Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) e Candidatura de Unidad Popular (CUP)-   Il rischio è che il governo spagnolo soffochi nella Catalogna ogni iniziativa democratica dei sostenitori dell’ex presidente catalano – (Agenzia)

L’Europa non riesce ancora ad esprimere il valore della Libertà rappresentata nella sua grandezza da Puigdemont

Inizia il tormento per l’uomo che ha portato una ventata di libertà in Catalogna.La Procura di Madrid ha chiesto oggi l’arresto senza la condizionale dei componenti del governo catalano e di spiccare un mandato di arresto europeo nei confronti di Puigdemont e degli altri consiglieri Antoni Comín, Meritxell Serret, Lluís Puig e Clara Ponsatí, che non si sono presentati all’interrogatorio, restando a Bruxelles dove si trovano da lunedì sera.

I reati contestati sono quelli di ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici in relazione all’organizzazione del referendum in Catalogna il primo ottobre scorso. L’arresto è stato chiesto per l’ex numero due del governo catalano, Oriol Junqueras, e per gli ex ministri Jordi Turull, Josep Rull, Meritxell Borras, Raul Romeva, Carles Mundò, Dolores Bassa e Joaquim Forn (Interno), mentre a Santi Villa è stato concesso il rilascio in libertà condizionata.

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Nel documento di richiesta del mandato di arresto europeo, inviato dalla procura spagnola al magistrato che si occupa dell’indagine, si sottolinea che “ci sono stati ripetuti tentativi di consegnare la citazione nei domicili” delle persona chiamate a comparire “così come ripetute telefonate, tutti ignorati”. Inoltre, si osserva che l’ex presidente catalano “ha dichiarato pubblicamente la sua intenzione a non comparire”, e che ha chiesto di essere interrogato in videoconferenza, e lo stesso hanno fatto i consiglieri Comín e Serret.

Su richiesta degli avvocati difensori il giudice Pablo Llarena ha accettato di rinviare al 9 novembre, alle 9.30, l’interrogatorio della presidente del ‘Parlament’ catalano, Carme Forcadell, e di altri cinque parlamentari. Il giudice ha accettato la richiesta dei legali di avere più tempo per preparare la loro difesa, in quanto le notifiche sono state ricevute solo due giorni fa.

Il presidente della Corte suprema spagnola, Carlos Lesmes, ha confermato che Puigdemont rischia l’arresto nel caso in cui non si presenti in tribunale : “Quando qualcuno non si presenta dopo essere stato citato da un giudice per testimoniare, in Spagna o in qualsiasi altro Paese europeo, di solito si emette un ordine di arresto

Il mandato di arresto europeo, previsto da una direttiva europea del 2002, costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di mutuo riconoscimento, semplificando e accelerando l’estradizione di un indagato tra due Paesi membri dell’Unione europea.

Le caratteristiche principali della procedura risiedono nel fatto che le autorità giudiziarie cooperano direttamente senza la necessità di passare per una valutazione da parte dell’esecutivo, tipica dei casi tradizionali di estradizione.

Per 32 categorie di reati si deroga al principio della cosiddetta ‘doppia incriminazione’, ovvero l’atto non deve essere considerato un reato in entrambi i Paesi. L’unico requisito è che sia punito con pene detentive di almeno tre anni nel Paese di esecuzione.

Il mandato semplifica le procedure e la documentazione da presentare mediante la creazione di un unico documento e prevede scadenze brevissime per l’adozione della decisione sulla consegna.

Prevede inoltre il superamento del divieto di estradizione di cittadini contemplato da diverse Costituzioni, per cui se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo ai fini dell’azione penale è cittadino o residente dello Stato membro di esecuzione, la consegna non può essere rifiutata, ma può essere subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza eventualmente pronunciata nello Stato membro emittente.

Ciò che si trascura – e l’Europa ha il dovere di tenerne conto – è che siamo di fronte ad un uomo che ha lottato per l’idea della libertà  e per un mondo migliore.        Le azioni del governo spagnolo rivelano pertanto una dittatura di idee che non tollera le idee diverse -e migliori per i valori rappresentati- e sono di fatto davvero indecenti.     Se l’Ue dovesse allinearsi all’idea della dittatura spagnola, ci sarebbe  da vergognarsi di essere partecipi di un mondo che non riesce ad esprimere il significato della Libertà di un popolo.

 (Agenzia)

“La causa della Catalogna è la causa dei valori dell’Europa: libertà e democrazia

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 Puigdemont e gli altri esponenti del deposto governo catalano sono i destinatari di un mandato di comparizione del Tribunale nazionale spagnolo. Puigdemont e gli altri esponenti catalani dovranno comparire in tribunale domani e dopodomani. I giudici spagnoli della Audiencia Nacional hanno chiesto anche il deposito cauzionale di 6.207.450 euro, con l’avvertimento che in caso di mancato versamento saranno pignorati i loro beni per una cifra corrispondente.

 Se giovedì Puigdemont e i 13 consiglieri del destituito governo catalano non dovessero comparire davanti ai giudici dell’Audiencia Nacional come richiesto dalla Procura spagnola, quest’ultima ha facoltà (Carmen Lamea9 di procedere con  dei mandati di arresto europei.

Siamo qui alla ricerca di garanzie che per ora alla Catalogna non vengono date in Spagna ha detto Puigdemont in conferenza stampa a Bruxelles – Avete notato qual è il titolo del documento del procuratore generale? ‘Màs dura serà la caìda’ (‘La caduta sarà più dura’, ndr): questo denota non un desiderio di giustizia, ma un desiderio di vendetta. E dunque, finché ci sarà il rischio di non avere un processo che garantisca tutti, e in particolare coloro che sono stati presi di mira da gruppi molto violenti, non ci saranno le condizioni oggettive” per tornare in Spagna.

Non scartiamo la possibilità – ha proseguito – ma vogliamo poter agire in modo libero e tranquillo. Insisto: non stiamo sfuggendo alle nostre responsabilità davanti alla giustizia“, ma siamo qui a Bruxelles “per avere garanzie giuridiche, nel quadro dell’Unione Europea. Siamo qui come cittadini europei, che possono girare liberi per tutta l’Europa. Dovremo lavorare come governo legittimo e abbiamo deciso che il modo migliore per comunicare al mondo quello che succede in Catalogna era quello di andare nella capitale d’Europa”

Quanto a lungo resterò qui? Dipende dalle circostanze – ha spiegato – Certo, se ci fosse la garanzia di un trattamento equo e se fosse garantito un processo giusto, con la separazione dei poteri, non ci sarebbero dubbi: tornerei immediatamente. Ma dobbiamo poter continuare a lavorare ed è per questo che venerdì sera abbiamo deciso per questa strategia”, il trasferimento a Bruxelles.

Con il governo, di cui sono il presidente legittimo, ci siamo trasferiti a Bruxelles per rendere evidente il problema catalano nel cuore istituzionale dell’Europa e denunciare anche la politicizzazione della giustizia spagnola, l’assenza di imparzialità, la volontà di perseguire non i delitti e i crimini, ma le idee”. Il  trasferimento a Bruxelles è stato deciso “anche per rendere evidente al mondo il grave deficit democratico che c’è oggi nello Stato spagnolo, nonché l’impegno e la risolutezza del popolo catalano per il diritto all’autodeterminazione, per il dialogo e per una soluzione concordata”.

“Se lo Stato spagnolo intende attuare il suo progetto a partire dalla violenza, sarà una sua decisione, ma non ci può trascinare verso uno scenario che tutto il movimento indipendentista ha rifiutato in modo coerente”.

“RISPETTERÒ ESITO ELEZIONI” – “Noi – ha assicurato – rispetteremo i risultati delle elezioni convocate per il 21 dicembre, come abbiamo sempre fatto, quale che sia il risultato. Chiedo al governo spagnolo: faranno lo stesso? Voglio un impegno chiaro da parte dello Stato: sono pronti a rispettare un risultato che dia la maggioranza agli indipendentisti o no? Sono pronti a rispettare il risultato elettorale, quale che sia? Noi sì”.

 – “Alla comunità internazionale, e in particolare all’Europa” Puigdemont ha chiesto di reagire. Bisogna comprendere che la causa dei catalani è la causa dei valori sui quali è fondata l’Europa: la democrazia, la libertà, la libera espressione, l’accoglienza, la non violenza”.

“Permettere al governo spagnolo di non dialogare, di tollerare la violenza dell’estrema destra, di imporsi militarmente, di metterci in prigione per 30 anni significa farla finita con l’idea dell’Europa – ha avvertito – ed è un errore enorme, che pagheremo tutti”.

– Carles Puigdemont ha fatto sapere che non chiederà asilo politico al Belgio, tuttavia questa opzione non può essere esclusa. E’ quanto ha precisato il suo legale belga, Paul Bekaert, parlando dopo la conferenza stampa. “Un mandato d’arresto europeo può sempre essere emesso” dalla Spagna, ha sottolineato Bekaert, in riferimento alle accuse di “ribellione, sedizione e malversazione” mosse dalla procura di Madrid nei confronti dei leader catalani.

Fino a quando ci sarà il rischio che la Spagna chieda che Puigdemont sia consegnato, non si può escludere che chieda asilo politico“, ha chiarito l’avvocato. Bekaert, citato dal sito dell’emittente Rtbf, ha poi lamentato tutta l’agitazione ‘inutile’ che si è creata per l’arrivo del leader catalano a Bruxelles: “Quello che fa Puigdemont è perfettamente legale. Ogni spagnolo è libero di venire in Belgio. Inoltre ha precisato lui stesso di aver scelto Bruxelles per beneficiare di un foro europeo”.

 

(Agenzia)

Catalogna e Spagna: si agita lo spettro di una guerra civile –

 

Cosa succederà adesso?  La Catalogna obbedirà ai suoi “nemici” spagnoli governanti?     Non scherziamo !Il rischio di una guerra civile tra la Catalogna e la Spagna  non è da escludere, di fronte agli eventi che si susseguono di ora in ora. Dopo la dichiarazione d’indipendenza e il commissariamento di Barcellona, sono molti a interrogarsi sul futuro della Spagna, stretta da mesi in una morsa inedita. C’è chi agita lo spettro di una lotta armata e chi invece spera in una tregua. Una situazione da guerra civile, insomma, è immaginabile? “Non penso proprio lo sia – dice all’AdnKronos Enzo Moavero Milanesi, già ministro per gli Affari Europei e ora direttore della School of Law dell’Università Luiss – spero si tratti soltanto di ragionamenti estremi. Mi spaventa già il solo fatto che si evochi in astratto una simile tragica possibilità. Sarebbe terribile e non va dimenticato che la Spagna, e in particolare la Catalogna, hanno vissuto, 80 anni fa, una vera guerra civile, cruenta e sanguinosa”.

Certo, le condizioni di allora erano diverse. “Ricordiamoci che negli anni immediatamente antecedenti l’atroce guerra civile del 1936, ci furono un paio di effimeri esperimenti di una Repubblica di Catalogna, sebbene sempre nell’ambito di una Spagna che si voleva federale – continua Moavero Milanesi -. La situazione attuale è differente, ma purtroppo, presenta svariate ombre“. Il conflitto, finora contenuto, tra il governo centrale e la ribelle Catalogna, potrebbe sfuggire di mano e improvvisamente esplodere in una rivolta armata. Un’ipotesi inimmaginabile in uno Stato civile come la Spagna, ma che in un clima arroventato come quello attuale, non va neanche scartata.

“In questa complessa vicenda, fra le tante sfaccettature, ci sono due elementi importanti da tenere presenti – argomenta Moavero Milanesi -. Il primo, è la lunga storia identitaria della Catalogna, che si è sempre considerata una sorta di nazione all’interno della Spagna, con una sua identità culturale dalle profonde radici storiche, una sua lingua e con una tradizione consolidata di forte autonomia amministrativa, riconosciuta dall’odierno quadro costituzionale spagnolo. Questi elementi rendono piuttosto peculiare il caso catalano e penso, relativizzino il rischio emulativo per l’Europa che molti commentatori hanno sottolineato, ricollegandolo alla questione delle cosiddette ‘piccole patrie’, dei nazionalismi regionali”.

“Il secondo elemento, attiene all’allarmante carenza di dialogo. Proprio perché la questione catalana è antica, non doveva degenerare in una specie di muro contro muro – prosegue Moavero Milanesi – accorreva evitare di finire su un piano inclinato. Non v’è dubbio che, dal punto di vista dell’ordine costituzionale della Spagna, il governo centrale agisca, legittimamente, a difesa dell’unità del Paese; un’azione di sua esclusiva competenza, come esplicitamente prescritto anche dal Trattato UE. E’ davvero un peccato, guardando a come da tanti mesi si sono concatenati gli avvenimenti e le prese di posizione, che siano venute meno la capacità di dialogo e la volontà di reciproca comprensione, sole matrici di soluzioni equilibrate. Non si può non notare, per esempio, come i governanti locali catalani, si siano progressivamente collocati in una situazione in cui quasi ogni scelta alternativa alla piena indipendenza sarebbe intesa, in buona sostanza, come un tradimento”.

Adesso si sfiora il conflitto fisico e lo si è visto il giorno del referendum. Malgrado le posizioni radicalizzate di entrambe le parti, non è da escludere uno scenario più roseo. “Fino a qualche settimana fa, prima del contestato referendum, si poteva costruire un punto di incontro, magari, sulla base di uno statuto di autonomia più avanzato – riflette Moavero Milanesi – ma oggi, all’evidenza, questa via è diventata estremamente impervia. Penso, però, che sia l’unica tuttora potenzialmente risolutiva”.

Intanto, il governo Rajoy ha indetto nuove elezioni in Catalogna per il prossimo 21 dicembre. Un’occasione che potrebbe diventare un’ufficiale e formale verifica degli equilibri e della volontà degli elettori. “In linea teorica, lo potrebbero – dice Moavero Milanesi – ma unicamente se vi partecipassero tutte le forze politiche catalane, incluse quelle indipendentiste. E se tutti i contendenti si dichiarassero pronti ad accettarne l’esito, senza contestazioni a priori o successive. A meno che, dalle urne, gli indipendentisti non escano minoritari, anche in questo scenario, resterebbe aperto il quesito di fondo, quello nodale: se prevalgono gli indipendentisti e chiedono, coerentemente, l’indipendenza, cosa si fa? Sarebbe, verosimilmente, indispensabile aprire un tavolo per serrate trattative”.

Questa strada, quindi, è molto teorica, perché le elezioni del 21 dicembre potrebbero essere boicottate dagli indipendentisti, essendo indette dal governo centrale spagnolo. “In effetti, ed è preoccupante rendersi conto – ragiona Moavero Milanesi – che, di fronte ad aspirazioni ben note nella storia, come l’indipendenza e l’autodeterminazione, le stesse democrazie moderne possano trovarsi in ambasce. Che si tratti di Stati federali o centralistici, democrazie o regimi totalitari, la questione dell’integrità territoriale tocca corde ancestrali, resta sensibilissima e di ardua soluzione”.

Poco spazio all’ottimismo, quindi? “No, ci sono esempi virtuosi e qualcuno molto recente – conclude Moavero Milanesi -: pensiamo alla Cecoslovacchia che, pacificamente, nel 1992, con una decisione votata dal suo Parlamento, si divide in Repubblica Ceca e Slovacchia, due Stati che diventeranno entrambi membri dell’Unione Europea. C’è, poi, il caso esemplare del democratico e legale referendum del 2014 per l’indipendenza della Scozia dal Regno Unito: con la decisione a maggioranza di restarvi. Ecco, quest’ultimo è un bel precedente di riferimento per evitare tensioni politiche pesanti o come accadde in Jugoslavia, catastrofi umanitarie. Ciò che conta davvero è non chiudere mai la porta al dialogo“.

(Agenzia)

Catalogna: il prezzo della libertà

 

In migliaia hanno festeggiato a plaza Sant Juame, sotto la sede del governo della Generalitat.

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La dichiarazione d’indipendenza, approvata con voto segreto, annuncia la costituzione della “repubblica catalana come stato indipendente e sovrano” e invita il governo di Barcellona a “emettere tutte le risoluzioni necessarie per l’implementazione della legge di transizione giuridica e fondamento della Repubblica”.

Fra le misure, figurano provvedimenti per istituire la nazionalità catalana, la promozione del riconoscimento internazionale, la creazione di una Banca della Catalogna, l’integrazione dei funzionari spagnoli nella nuova amministrazione indipendente, provvedimenti per l’esercizio dell’autorità fiscale, la messa a punto di una lista dei beni dello stato spagnolo presenti in Catalogna per una effettiva successione nella proprietà. Sono previsti anche un negoziato con Madrid e la firma di trattati internazionali.

Dopo il via libera del Senato all’applicazione dell’articolo 155 in Catalogna e al termine di un consiglio dei ministri straordinario, Rajoy ha annunciato la destituzione del presidente della Generalitat catalana e del suo governo, oltre allo scioglimento del Parlamento autonomo di Barcellona e la convocazione di elezioni anticipate in Catalogna il 21 dicembre. Rajoy ha inoltre annunciato la presentazione di un ricorso alla Corte Costituzionale contro la dichiarazione di indipendenza.

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Ho deciso di convocare quanto prima elezioni libere, pulite e legali per restaurare la democrazia” ha detto Rajoy. “Sono le urne, quelle vere, con leggi, controlli e garanzie quelle su cui si può basare la convivenza”, ha affermato il primo ministro, con un chiaro riferimento al referendum sulla secessione, ritenuto illegale.

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Nell’applicare l’articolo 155, il governo spagnolo ha destituito anche il segretario generale del dipartimento dell’Interno della Generalitat, Cesar Puig, e il direttore generale della polizia generale della polizia regionale dei Mossos d’Esquadra, Pere Soler. Il provvedimento, nota El Mundo, non colpisce per il momento il comandante dei Mossos, Josep Lluis Trapero. E’ stata anche decisa la chiusura di tutte le rappresentanze della Catalogna all’estero, una delle quali si trova anche a Roma.

(Agenzia)

 

Libertà, Libertà, Libertà: grandezza del momento della Catalogna

I Deputati indipendentisti hanno cantato l’inno della Libertà “Les Segadores”

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La dichiarazione d’indipendenza della Catalogna con 70 voti a favore, 10 contrari e 2 schede bianche, ha fatto scattare i primi provvedimenti di Madrid.  Destituire cioè il governo Catalano e commissariare la Catalogna.  Altra conseguenza: l’indizione immediata delle elezioni anticipate. La Spagna sembra avere la solidarietà dell’Unione europea.   Ma il risultato dell’indipendenza catalana – checchè ne possa dire l’Europa intera – si rivela straordinario per aver esaltato il sentimento della libertà e della giustizia.   Nessuno può offendere o reprimere questo valore. Onore alla Catalogna e al suo leader per la capacità dimostrata.  I deputati indipendentisti hanno salutato intanto  il risultato cantando in piedi l’inno Les Segadores, mentre in piazza è esplosa la festa. I partiti unionisti avevano lasciato l’aula prima del voto.

Il presidente della Generalitat catalana Carles Puigdemont si è detto emozionato per “la grandezza di questo momento” ed ha salutato il voto della dichiarazione di indipendenza come “un passo molto atteso”. “Nelle prossime ore dovremo mantenere questo Paese in vita, lo faremo sul terremo della pace, del civismo e della dignità”, ha affermato Puigdemont, parlando sulla scalinata d’ingresso del Parlamento davanti a 700 sindaci indipendentisti catalani.

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Migliaia di persone – 6mila secondo le stime della Guardia Urbana di Barcellona – stanno festeggiando a plaza Sant Juame, sotto la sede del governo della Generalitat. La ‘Festa della proclamazione della Repubblica’ è stata convocata dall’associazione civica indipendentista Omnium Cultural. “Fuori, fuori la bandiera spagnola”, cantano i manifestanti, secondo quanto riferisce il sito del quotidiano catalano La Vanguardia, chiedendo che vengano ammainate le bandiere spagnole che ancora sventolano sugli edifici pubblici.

DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA – La dichiarazione, approvata con voto segreto, annuncia la costituzione della “repubblica catalana come stato indipendente e sovrano” e invita il governo di Barcellona a “emettere tutte le risoluzioni necessarie per l’implementazione della legge di transizione giuridica e fondamento della Repubblica”.

Fra le misure, figurano provvedimenti per istituire la nazionalità catalana, la promozione del riconoscimento internazionale, la creazione di una Banca della Catalogna, l’integrazione dei funzionari spagnoli nella nuova amministrazione indipendente, provvedimenti per l’esercizio dell’autorità fiscale, la messa a punto di una lista dei beni dello stato spagnolo presenti in Catalogna per una effettiva successione nella proprietà. Sono previsti anche un negoziato con Madrid e la firma di trattati internazionali.

Nel segreto dell’urna, si è appreso che : i deputati dei partiti indipendentisti – l’alleanza Junts pel Sì e il Cup –  erano 72, ma i voti favorevoli sono stati 70. Erano presenti in aula, ma hanno votato contro i deputati di Catalunya si que es Pot, il raggruppamento della sindaca di Barcellona Ada Colau, di cui fa parte Podemos.

Intanto, il Senato spagnolo ha approvato a grande maggioranza il ricorso all’articolo 155 in Catalogna. E’ la prima volta che una simile misura viene approvata in Spagna. Vi sono stati 214 voti a favore, 47 contrari e una astensione. Il provvedimento è stato approvato dal Partito Popolare al governo, dai Socialisti e Ciudadanos. Hanno votato contro Unidos Podemos, il partito nazionalista basco e le due formazioni secessioniste catalane: Erc e PDeCat.

RAJOY – Nel suo intervento di questa mattina al Senato di Madrid, Rajoy aveva chiesto la destituzione del presidente della Generalitat della Catalogna Carles Puigdemont, del suo vice e dei consiglieri del governo regionale. “Lui, solo lui” è l’unico responsabile di quanto sta avvenendo, secondo Rajoy.

Ciò da cui i catalani devono essere protetti – ha detto – non è l’imperialismo spagnolo ma una minoranza che, in modo intollerante, vuole sottomettere chiunque al giogo della sua dottrina secessionista”. “Celebrare elezioni urgenti è una saggia decisione”, ha dichiarato ancora Rajoy, spiegando che il suo obiettivo è quello di convocare consultazioni entro sei mesi. “Ora non c’è più via di uscita rispetto alla chiamata alle urne”, ha aggiunto il premier.

(Agenzia)

Il governo spagnolo vuol porre fine ai propositi di Libertà ed autonomia della Catalogna

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Il governo di Madrid  obbligherà per legge la Generalitat de Catalunya a fare un passo indietro sui propositi indipendentisti.

Secondo l’articolo 155 della Costituzione, mai applicato fino ad ora nella storia della Spagna, “ove la Comunità Autonoma non ottemperi agli obblighi imposti dalla Costituzione o dalle altre leggi, o si comporti in modo da attentare gravemente agli interessi generali della Spagna, il Governo, previa richiesta al Presidente della Comunità Autonoma e, ove questa sia disattesa con l’approvazione della maggioranza assoluta del Senato, potrà prendere le misure necessarie por obbligarla all’adempimento forzato di tali obblighi o per la protezione di detti interessi“.

 Attraverso questo specifico articolo della Costituzione, Rajoy e il suo governo da oggi potranno quindi adottare provvedimenti che, impopolari agli occhi del mondo e, comunque agli osservatori più attenti, spazieranno dalla diminuzione dei poteri ai membri del Parlamento catalano alla sostituzione del presidente della Generalitat de Catalunya, Carles Puigdemont, con un rappresentante nominato dall’esecutivo iberico, fino alla convocazione di nuove elezioni e, addirittura e nel peggiore fra gli scenari possibili, allo scioglimento del Parlamento.

L’articolo 155 non specifica infatti quali ‘poteri speciali’ possono essere esercitati dal governo spagnolo, che sembra così essere autorizzato a mettere in campo qualunque strumento per porre rimedio alla questione e obbligare la Catalogna “all’adempimento forzato” degli “obblighi imposti dalla Costituzione o dalle altre leggi”. Sarà il governo quindi a dover sottoporre all’approvazione del Senato le misure studiate per risolvere la crisi e che vorrà adottare in caso di voto a favore.

(Agenzia)

Il futuro della Catalogna nelle mani di un ex giornalista che sogna sin da bambino la libertà del paese (duemila anime)

 

Classe 1962, secessionista tenace  e  puro,’ex sindaco di Girona , Carles Puigdemont che sfida il re, tenendo il mondo con il fiato sospeso, prova a realizzare il sogno che coltiva sin da bambino: quello di vedere la Catalogna trasformata in Stato indipendente. Un sogno che per l’ex giornalista prestato alla politica oggi potrebbe diventare realtà. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, infrangersi per sempre dietro le sbarre della prigione.

Alle 18 il president della Generalitat si pronuncerà sul futuro della Catalogna, parlando dalla plenaria del parlamento regionale. Difficile calarsi nei suoi panni per decifrarne le mosse. Ancora più difficile provare a indovinare quello che dirà stasera. Avrà il coraggio di pronunciare la parola ‘indipendenza’ ufficializzando lo strappo con Madrid? Nessuno lo sa, tutti si augurano che non lo faccia. Quel che è certo è che Puigdemont si troverà a declamare un discorso che potrebbe mettere la parola fine alla crisi spagnola. O farla sprofondare definitivamente nel baratro. Quella di oggi è una giornata chiave per Puigdemont, il giorno che potrebbe incoronarlo come il primo presidente secessionista oppure detronizzarlo, sancendone la rovina politica. Ma da dove viene questo uomo con il buffo caschetto di capelli scuri, sconosciuto fino a due anni fa, e diventato con un solo giro di boa il nemico numero uno del Regno di Spagna?

L’EX GIORNALISTA COL PALLINO INDIPENDENTISTA – La parabola ascendente di Puigdemont porta impressi un luogo e una data: Amer, 29 dicembre 1962. E’ qui che nasce e cresce l’uomo forte della Catalogna. Un paesino alle porte di Girona, di circa duemila anime. Figlio di pasticceri, nel corso degli anni Puigdemont dà prova della sua determinazione. Appare insospettabile agli occhi di chi non lo conosce, ma sa bene quando deve cambiare pelle. E lo fa in fretta, passando da perfetto sconosciuto a carismatico leader. Gli studi in filologia catalana poco brillanti, (non ha mai portato a termine gli studi) non gli impediscono la scalata ai piani alti della politica. Dopo aver mosso i primi passi nel mondo del giornalismo, giovanissimo diventa capo redattore del quotidiano ‘Punt Diari’.

A dettare il ritmo alla sua brillante carriera da giornalista, fa notare il quotidiano francese ‘Ouest-France’ è stata sempre e solo l’immagine della Catalogna da trasmettere all’estero e l’uso costante delle nuove tecnologie. Puigdemont è stato uno dei primi a credere nel potere di Twitter. “Vuole sempre essere un passo avanti agli altri” ha confidato al quotidiano francese un suo ex collega. Ancora oggi, tra un botta e risposta con Rajoy e una stoccata al re, è sulla rete che ama confrontarsi. In maniera lenta e costante, così come la sua scalata al potere.

L’ASCESA POLITICA – Dopo un passato da membro fondatore della sezione di Girona della ‘Gioventù nazionalista di Catalogna’, Puigdemont entra nel parlamento catalano. Poi, nel 2007 si candida alle elezioni locali a Girona con ‘Convergenza e Unione’, ma non vince e resta quindi all’opposizione. La rivincita arriva comunque con le successive elezioni locali, nel 2011, quando riesce a rompere l’egemonia del Partito dei Socialisti di Catalogna e a farsi eleggere sindaco. A Madrid in pochi credono nell’avanzata di Puigdemont. Anche quando l’ex presidente della Generalitat, il radicale Artur Mas, dopo il flop delle elezioni regionali del 2015 ‘abdica’ in suo favore. Nessuno si aspetta il suo successo, neanche i fedelissimi di Barcellona. Ma nel giro di qualche mese eclissa completamente il suo mentore e compagno di partito Mas, tanto da farlo arrivare a pronunciare, qualche giorno fa sulle colonne del Financial Times, che la Catalogna non è pronta per un”indipendenza reale’.

– Appassionato di lingue straniere, Puigdemont parla correntemente il francese e l’inglese. Nel 1994 scrive degli articoli per la stampa internazionale che verranno poi raccolti in un volume dal titolo emblematico ‘Cata…què?’. E’ questo il periodo in cui realizza che fuori dai confini iberici sono pochi a conoscere e interessarsi alla questione della Catalogna. Capisce che deve fare qualcosa. Così, quattro anni più tardi fonda l’Agence catalane d’information, un’agenzia di stampa dedicata interamente alla regione catalana, prima di fondare il primo quotidiano catalano in lingua inglese, ‘Catalonia Today’. I suoi amici lo descrivono come una persona tenace, che tiene sempre fede alle sue promesse e intenzioni. “Se non riesce risolvere a un problema – racconta un suo ex collega – non va a dormire fino a quando non ha trovato una soluzione”. Facile capire la tenacia con la quale da anni porta avanti la lotta indipendentista del suo popolo.

BEATLE MANCATO – Non è solo la politica, tuttavia, a scandire le sue giornate. Musicista mancato, (a 17 anni suonava in una band) Puigdemont è un fan accanito dei Rolling Stones e dei Beatles. Sarà per questo che nel suo caschetto bruno e nelle sopracciglia folte più di un ammiratore ha letto un chiaro omaggio ai Fab Four di Liverpool, tanto da spingere la stampa a ribattezzarlo ‘il quinto Beatle’. “Niente a che vedere con i Beatles – replica la parrucchiera che da anni cura il suo look – vuole sempre lo stesso taglio da anni. Si rifiuta di cambiare”. Testardo, del resto, lo era sin da bambino. Come ama raccontare di tanto in tanto nell’aneddoto che lo vide protagonista parecchie primavere fa. Non riuscendo a trovare una singola bandiera indipendentista in tutto il villaggio di Amer obbligò la madre a cucirgliene una.

 (Agenzia)

Alla Conquista dell’Indipendenza, adesso della Libertà

 

 

LA PROCLAMAZIONE DELL’INDIPENDENZA – La proclamazione di indipendenza della Catalogna dalla Spagna è rinviata fra breve tempo. Carles Puigdemont, leader della regione autonoma spagnola, prima del discorso con cui il re Felipe di Spagna ha accusato il governo catalano di “slealtà inammissibile” e parlato di situazione “di estrema gravità”, è convinto e certo che la libertà è vicinissima.  Adesso la parola indipendenza, dopo le dure affermazioni del regnante si è tramutata in libertà.    Puigdemont annuncia che il suo governo agirà “alla fine di questa settimana o all’inizio della prossima“. Un intervento del governo spagnolo per assumere il controllo del governo catalano sarebbe “un errore che cambia ogni cosa”, ha aggiunto, sottolineando come non esistano al momento contatti tra il governo di Madrid e la sua amministrazione.

 Il Parlamento catalano si riunirà lunedì prossimo 9 ottobre per discutere dei prossimi passi del processo sovranista della regione, passi che potrebbero includere la dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna. Lo riferiscono i media spagnoli, secondo cui l’unico punto all’ordine del giorno prevede l’intervento del capo del governo catalano, Carles Puigdemont, che ha preannunciato la dichiarazione “per i prossimi giorni”. Lo stesso Puigdemont terrà stasera alle 21 un discorso, che appare come una risposta alle dichiarazioni del re Felipe VI, che ha accusato di “inaccettabile slealtà” le autorità di Barcellona.

POLIZIA CON ESERCITO, I PRECEDENTI – La notizia dell’invio di unità dell’esercito spagnolo in Catalogna, sebbene solamente per fornire supporto logistico alla Guardia Civil e alla Polizia nazionale, appare inquietante per molti osservatori che in questi giorni si trovano a commentare la crisi in atto. Raramente, in tempi recenti, i militari sono stati impiegati in Europa a sostegno delle attività di polizia o, fatto ancora più raro, per ristabilire l’ordine pubblico in situazioni di disordini e potenziale guerra civile. Sebbene il contesto sia diverso, l’esempio che più facilmente può essere evocato è quello dei ‘Riots’ in Irlanda del Nord, quando il governo britannico nell’agosto del 1969 decise l’invio dell’esercito a sostegno del Royal Ulster Constabulary, la polizia locale. Il conflitto nordirlandese si concluse nel 1998 con la firma dell’Accordo del Venerdì Santo. Ma fu solo nel 2005 che l’Ira annunciò di rinunciare alla violenza, mentre l’ala oltranzista del movimento repubblicano continua a colpire sporadicamente, con azioni perlopiù dimostrative. L’esercito britannico si ritirò dalle contee nordirlandesi solamente nel 2007. In Italia, a parte ovviamente l’impiego di unità militari in caso di calamità naturali, ci sono due esempi di rilievo di impiego dell’esercito con compiti di ordine pubblico. Il primo fu l’Operazione Vespri Siciliani, dal luglio 1992 al luglio 1998, quando unità delle Forze Armate vennero inviate in Sicilia a sostegno della lotta alla mafia. Dal 2008 è invece in atto in varie città italiane l’Operazione Strade Sicure, dove il personale e i mezzi delle Forze Armate vengono impiegati a sostegno delle forze dell’ordine per il contrasto alla criminalità.