Aci Sant’Antonio,l”Albero Falcone” dell’Istituto De Gasperi, “Amico della legalità”

 

Lunedì l’inaugurazione della targa. Caruso: “Una testimonianza importante

Nella settimana dal 17 al 22 maggio gli alunni delle classi quinte della scuola primaria e delle classi della scuola secondaria dell’Istituto Comprensivo “Alcide De Gasperi” si sono impegnati nella realizzazione di disegni, riflessioni, poesie che hanno disposto lungo la recinzione che delimita l’aiuola dove cresce un ficus piantato nel 1993 durante una manifestazione sulla legalità, un anno dopo la strage di Capaci.
In occasione di un censimento nazionale condotto dalla “Fondazione Falcone” il ficus è stato inserito tra gli alberi “amici della legalità”.       Alla base dell’albero sono state deposte mattonelle floreali alternate a mattonelle che riportano parole di legalità realizzate dagli studenti di terza media nel laboratorio di educazione artistica.
Lunedì 24 maggio alle 11.00 verrà inaugurata una targa, che sarà posta accanto all’“Albero Falcone”, per celebrare la memoria di quanti caddero nella strage di Capaci. Saranno presenti il Sindaco Santo Caruso, l’Assessore ai Beni confiscati
alla mafia, Quintino Rocca, la Dirigente Scolastica, prof.ssa Silvana Di Bella, il Presidente dell’Associazione “Cives Pro Civitate” – per la diffusione della cultura della legalità, dott. Lo Bello, la referente alla Legalità, prof.ssa Valeria Aloisi, e una rappresentanza di alunni della scuola.
Si tratta di una testimonianza importante – ha dichiarato il primo cittadino – e il fatto che quest’albero si mostri così rigoglioso davanti una delle principali strutture scolastiche di Aci Sant’Antonio assume un significato che va al di là della retorica. Il ricordo delle vittime della mafia e di si è battuto riuscendo di fatto a cambiare le cose, avviando una stagione straordinaria di lotta e di rivendicazione della legalità, è linfa per le generazioni future. È proprie all’interno
delle scuole, di ogni singola aula, che viene formata la società di domani, e occasioni come questa sono un modo per farla maturare al meglio”.

Ricordate – ha detto oggi Papa Francesco all’Angelus- le parole di Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”

 

Riflessioni di Papa Francesco, oggi all’Angelus .Nella solennità dell’Ascensione, che si celebra oggi in Italia e in altri Paesi, il Papa prima della recita del Regina Coeli, dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico, riflette sul brano odierno del Vangelo di Matteo  che narra dell’ultimo incontro del Signore Risorto con gli Apostoli radunati in Galilea, “sul monte che Gesù aveva loro indicato”.

Il monte, ricorda Francesco, ha una forte carica simbolica, evocativa: è su un monte che “Gesù ha proclamato le Beatitudini; sui monti si ritirava a pregare; là accoglieva le folle e guariva i malati”.

Ma questa volta sul monte, non è più il Maestro che agisce e insegna, guarisce, ma è Colui risorto che chiede ai discepoli di agire e di annunciare, affidando a loro il mandato di continuare la sua opera.

Annunciare, battezzare, insegnare a camminare sulla via tracciata dal Maestro, cioè il Vangelo. Questi, spiega il Papa, sono i contenuti della missione che Gesù affida agli Apostoli, una missione presso tutte le genti che coinvolge anche noi oggi:

Questo messaggio di salvezza implica prima di tutto il dovere della testimonianza,  senza testimonianza non si può annunciare, alla quale anche noi, discepoli di oggi, siamo chiamati per rendere ragione della nostra fede. Di fronte a un compito così impegnativo, e pensando alle nostre debolezze, ci sentiamo inadeguati, come di certo si sentirono anche gli Apostoli stessi.  Ma non bisogna scoraggiarsi, ricordando le parole che Gesù ha rivolto a loro prima di ascendere al Cielo: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo»

Quella di Gesù è, dunque, una promessa di presenza “costante e consolante” che si realizza mediante il suo Spirito, che non solo “conduce la Chiesa” ma che opera la “remissione dei peccati” e “santifica” quanti, pentiti, “si aprono con fiducia al suo dono”. Con l’esperienza dell’Ascensione, spiega Francesco, Gesù inaugura lo stile della sua presenza nel mondo, presenza sempre viva nella Parola, nei Sacramenti, nell’azione costante e interiore dello Spirito Santo.

La festa dell’Ascensione ci dice che Gesù, pur essendo salito al Cielo per dimorare glorioso alla destra del Padre, è ancora e sempre tra noi: da qui derivano la nostra forza, la nostra perseveranza e la nostra gioia, proprio nella presenza di Gesù tra noi con la forza dello Spirito Santo.

Infine, l’invocazione di Francesco alla Vergine Maria affinché accompagni il nostro cammino con la sua materna protezione; da Lei, dice, impariamo la dolcezza e il coraggio per essere testimoni nel mondo del Signore Risorto.

“La salvezza dell’uomo non sta nelle cose di questo mondo che producono siccità ma in Gesù che offre acqua viva”

Risultato immagini per immagine di papa francesco che parla dalla biblioteca

E’ la  Biblioteca del Palazzo Apostolico il luogo dove Papa Francesco dirà l’Angelus in diretta streaming a causa dell’emergenza Coronavirus, una modalità di trasmissione già sperimentata per l’udienza generale così come avverrà per la Pasqua, la Settimana Santa.    Papa Francesco rivolge il pensiero alla Chiesa della Lombardia, regione maggiormente colpita dalla pandemia . Ricorda un’immagine, quella dell’arcivescovo Delpini sul tetto del Duomo a pregare la Beata Vergine Maria perchè interceda.

Gesù spezza ogni barriera, si rivolge alla Samaritana per chiedergli l’acqua

L’acqua come elemento che sostiene la vita e come mistero.    Il passo evangelico di oggi, terza domenica di Quaresima riporta infatti l’incontro di Gesù al pozzo con la Samaritana. Cristo, stanco e assetato, chiede da bere ad una donna che appartiene ad una comunità disprezzata dai Giudei “rompendo – afferma il Pontefice – ogni barriera”:

Arriva una donna a prendere acqua e lui le chiede: «Dammi da bere» (v. 7). Così, rompendo ogni barriera, comincia un dialogo in cui svela a quella donna il ‘mistero dell’acqua viva’, cioè dello Spirito Santo, dono di Dio. Infatti, alla reazione di sorpresa della donna, Gesù risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (v. 10).

“Se la nostra ricerca e la nostra sete trovano in Cristo pieno appagamento, manifesteremo che la salvezza non sta nelle “cose” di questo mondo, ma in Colui che ci ha amati e sempre ci ama: Gesù nostro Salvatore (Papa Francesco)”

Mosè fa sgorgare l’acqua da una roccia per la sete di Israele

Nella tradizione biblica, spiega il Papa, Dio è la fonte dell’acqua viva e allontanarsi da Lui comporta la peggiore siccità. È quanto accade al popolo di Israele guidato nel deserto da Mosè:

Nel lungo cammino verso la libertà, esso, arso dalla sete, protesta contro Mosè e contro Dio perché non c’è acqua. Allora, per volere di Dio, Mosè fa scaturire l’acqua da una roccia, come segno della provvidenza di Dio che accompagna il suo popolo e gli dà vita.

La roccia è il Tempio da cui sgorga lo Spirito Santo

In quella roccia da cui zampilla l’acqua, San Paolo vede Cristo, “sorgente da cui scaturisce lo Spirito Santo”:

L’apostolo Paolo interpreta quella roccia come simbolo di Cristo, anzi, come misteriosa figura della sua presenza in mezzo al popolo di Dio in cammino  . Cristo infatti è il Tempio dal quale, secondo la visione dei profeti, sgorga lo Spirito Santo, che purifica e dà vita. Chi ha sete di salvezza può attingere gratuitamente da Gesù, e lo Spirito diventerà in lui o in lei una sorgente di vita piena ed eterna. La promessa dell’acqua viva che Gesù ha fatto alla Samaritana è divenuta realtà nella sua Pasqua: dal suo costato trafitto sono usciti «sangue ed acqua» (Gv 19,34). Cristo, Agnello immolato e risorto, è la sorgente da cui scaturisce lo Spirito Santo, che rimette i peccati e rigenera a vita nuova. 

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Chiunque incontra Gesù, lo racconti agli altri per testimoniare la vita e la speranza

Francesco parla del bisogno di raccontarlo agli altri proprio come accadde alla Samaritana:

Impossibile tacere dopo l’incontro con Cristo perchè, prosegue ancora Papa Francesco, come la Samaritana, chiunque incontra personalmente Gesù vivo sente il bisogno di raccontarlo agli altri, così che tutti arrivino a confessare che Gesù «è veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,42), come dissero poi i compaesani di quella donna. Anche noi, generati a vita nuova mediante il Battesimo, siamo chiamati a testimoniare la vita e la speranza che sono in noi.

Se la nostra ricerca e la nostra sete trovano in Cristo pieno appagamento, manifesteremo che la salvezza non sta nelle “cose” di questo mondo, che alla fine producono siccità ma in Colui che ci ha amati e sempre ci ama: Gesù nostro Salvatore, nell’acqua viva che Lui ci offre.

Angelus: Missionari nel mondo per vincere l’ostilità

 

In questa speciale giornata, Papa Francesco ricorda  la Lettera apostolica Maximum illud del 1919 di Papa Benedetto XV, promulgata “per dare nuovo slancio alla responsabilità missionaria di tutta la Chiesa ”.

Nel mutato contesto odierno, osserva il Santo Padre, il messaggio di Benedetto XV “è ancora attuale e stimola a superare la tentazione di ogni chiusura autoreferenziale e ogni forma di pessimismo pastorale, per aprirci alla novità gioiosa del Vangelo”:

In questo nostro tempo, segnato da una globalizzazione che dovrebbe essere solidale e rispettosa della particolarità dei popoli, e invece soffre ancora della omologazione e dei vecchi conflitti di potere che alimentano guerre e rovinano il pianeta, i credenti sono chiamati a portare ovunque, con nuovo slancio, la buona notizia che in Gesù la misericordia vince il peccato, la speranza vince la paura, la fraternità vince l’ostilità. Cristo è la nostra pace e in Lui ogni divisione è superata, in Lui solo c’è la salvezza di ogni uomo e di ogni popolo.

Per vivere in pienezza la missione, sottolinea Francesco, c’è una condizione indispensabile: “la preghiera, una preghiera fervorosa e incessante, secondo l’insegnamento di Gesù”. “La preghiera è il primo sostegno del popolo di Dio per i missionari, ricca di affetto e di gratitudine per il loro difficile compito di annunciare e donare la luce e la grazia del Vangelo a coloro che ancora non l’hanno ricevuta”. Papa Francesco esorta infine a porsi una domanda: “Prego per coloro che vanno lontano per portare la Parola di Dio con la testimonianza?”

Il ricordo del Beato Alfredo Cremonesi

Dopo l’Angelus Francesco ha ricordato che ieri, a Crema, è stato proclamato Beato il martire don Alfredo Cremonesi, sacerdote missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere. Ucciso nel 1953, “fu infaticabile apostolo di pace e zelante testimone del Vangelo, sino all’effusione del sangue. Il suo esempio ci spinga ad essere operatori di fraternità e missionari coraggiosi in ogni ambiente; la sua intercessione sostenga quanti faticano oggi per seminare il Vangelo nel mondo”.

Papa Francesco: “Che il Signore dia a tutti la grazia di imparare a “congedarsi” dalle persone più care”

 

Papa Francesco: la vita ci insegna a congedarci, il distacco dai cari vuol dire testimonianza di chi è abituato a non essere attaccato ai beni di questo mondo

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Un messaggio Papa Francesco ha voluto darci nei giorni scorsi durante la Messa esequiale dell’arcivescovo Léon Kalenga Badikebele, nunzio apostolico in Argentina  Il messaggio riguarda la vita e la morte di un uomo.  Non bisogna lasciarsi andare dalla disperazione quando una persona cara lascia il mondo terreno.

Dire addio al fratello significa lasciarlo andare da Dio. Significa lasciarlo tra le mani del Signore, che sono le più belle mani perché “piagate di amore”

Il pastore, ha affermato il Santo Padre, si congeda dal proprio popolo come ha fatto San Paolo a Mileto prima di recarsi a Gerusalemme. Tutti, ha ricordato il Santo Padre, piangevano prima che l’Apostolo delle genti salisse sulla nave. Il pastore “si congeda con la propria testimonianza”:

Il pastore si congeda facendo vedere che la sua vita è una vita di obbedienza a Dio: “Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado” (v. 22) da un’altra parte. È lo Spirito che mi ha portato e che mi porta.

Il congedo è anche un distacco. È la testimonianza di chi “è abituato a non essere attaccato ai beni di questo mondo, a non essere attaccato alla mondanità”.  Il pastore che si congeda, ha aggiunto Francesco, affida ad altri il compito di vegliare, di procedere lungo il cammino. È come se dicesse:

Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge» (v. 28). Vegliate, lottate; siete adulti, vi lascio soli, andate avanti. 

Il congedo del pastore è anche profetico: mostra il cammino, indica come difendersi. Il pastore, ha osservato il Papa, esorta ad essere attenti perché dopo la sua partenza “verranno lupi rapaci”. E alla fine il pastore prega ed è come se dicesse: “adesso vi affido a Dio”. Questo, ha ricordato il Santo Padre, è il congedo del pastore, che “San Paolo ha vissuto così fortemente a Mileto”.

Oltre a quello dell’Apostolo delle genti, il Papa ha indicato un altro congedo: quello di Gesù, che è stato un congedo di speranza. Gesù, ha detto il Pontefice, ci dice: “vado a prepararvi un posto”. La vita, ha affermato il Papa, “insegna a congedarsi”, a compiere dei piccoli passi prima del grande congedo finale:

Che il Signore dia a tutti noi questa grazia: imparare a congedarci, che è una grazia del Signore.