PATTO TRA MAFIA E ‘INDRANGHETA’ SULL’OMICIDIO DEL GIUDICE SCOPELLITI: C’E’ ANCHE LA PRIMULA ROSSA ,MATTEO MESSINA DENARO

 

Giudice Scopelliti ucciso per volere di M. Denaro? Primula rossa tra 17 indagati per delitto

(Nella foto a sinistra il latitante Matteo Messina Denaro, a destra il Giudice Scopelliti-  Archivio Sud Libertà)

La Procura distrettuale di Reggio Calabria ha indagato 17 persone per l’omicidio del Sostituto Procuratore generale della Corte di Cassazione Antonio Scopelliti ucciso- ricorderemo – da un commando mafioso il 9 agosto del 1991 a “Piale”, Villa San Giovanni, mentre faceva ritorno a Campo Calabro dove viveva e trascorreva le vacanze.

Tra i 17 indagati un boss di spicco,attorno al quale il cerchio si stringe sempre più,  il “Capo dei capi” dopo la morte di Totò Riina,  Matteo Messina Denaro, come  comunicato dal Procuratore di Reggio, Giovanni Bombardieri. L’inchiesta della Dda di Reggio mette in luce che dietro  l’omicidio del giudice ci sarebbe stata una vera e propria alleanza tra mafia e ‘ndrangheta. I 17 indagati sono infatti boss siciliani e calabresi e di ciò avrebbe dato conferma anche il pentito catanese Maurizio Avola.

Che l’alleanza  tra mafia siciliana e calabrese fosse poi  concreta  già all’epoca del delitto,era intuibile dal momento che il giudice Scopellitti si doveva sostenere l’accusa nel maxi processo in Cassazione contro la mafia. Per questo i vertici della cupola finirono a processo: i boss Bernardo Provenzano, Giuseppe Calo’, Bernardo Brusca, Nitto Santapaola ed i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano però poi furono assolti in via definitiva dall’accusa di avere svolto un ruolo nell’assassinio dell’alto magistrato.Dieci gli indagati calabresi: Giuseppe Piromalli, Giovanni e Paquale Tegano, Antonino Pesce, Giorgio De Stefano, Vincenzo Zito, Pasquale e Vincenzo Bertuca, Santo Araniti e Gino Molinetti

Tutti gli  indagati , ad eccezione, ovviamente, del latitante Matteo Messina Denaro, hanno ricevuto un avviso di garanzia finalizzato all’affidamento di una perizia tecnica sul fucile ritrovato nell’estate scorsa nel catanese e che sarebbe, secondo le indagini degli inquirenti, una delle armi usate per l’omicidio del magistrato. L’affidamento peritale dovrebbe avvenire nei prossimi giorni.
I tecnici dovranno analizzare il fucile calibro 12, 50 cartucce Fiocchi, un borsone blu e due buste, una blu con la scritta “Mukuku casual wear» ed una grigia con scritto «Boutique Loris via R. Imbriani 137 – Catania» alla ricerca di tracce genetiche, balistiche e impronte che potrebbero trovarsi sui reperti e che potrebbero risultare decisive per le indagini. 

Nell’ambito del processo ‘ndrangheta stragista, il collaboratore di giustizia Francesco Onorato ha dichiarato che il giudice Scopelliti fu ucciso dalle cosche calabresi per favorire il boss siciliano Totò Riina. Riina -si sa- prendeva di mira i magistrati che controllavano la sua attività mafiosa in espansione  e  temeva l’esito del giudizio in Cassazione sul maxiprocesso a Cosa Nostra.

 

“La Mafia diventa in Sicilia sempre più silente e mercatistica”: oggi i Mafiosi ( dirigenti della pubblica amministrazione in genere ) vogliono i finanziamenti europei

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” E’ ancora imprescindibile il ruolo del Superboss Matteo Messina Denaro (nella foto) e  si colgono segnali interessanti rispetto ad una lenta ma progressiva minore pervasività operativa della sua leadership”.  La mafia non sembra più quella violenta e sanguinaria che piaceva all’ex Capo dei capi Totò Riina. Oggi la Mafia è sinonimo di dirigente pubblico, di politico affaristico, insomma di colletti bianchi spesso insospettabili perchè posti al vertice di una struttura.

Così si esprime la Direzione nazionale antimafia trasmessa alla Camera e resa nota con un comunicato: “Si prospetta la formale apertura di una nuova epoca – quella della mafia 2.0. – sempre più al passo con i tempi, che confermerà definitivamente la strategia della sommersione. Conseguentemente non dovrebbero profilarsi guerre di mafia per sancire la successione di Riina”.

Appare, infatti, superata per sempre, aggiunge, “l’epoca della mafia violenta, che ha ceduto il passo a metodologie volte a prediligere le azioni sottotraccia e gli affari, sovente realizzati attraverso sofisticati meccanismi collusivi e corruttivi”. La relazione ipotizza la possibilità di un accordo tra i capi più influenti per ricostituire una sorta di “cabina di regia”, simile ma diversa dalla Commissione provinciale (che non risulta essersi più riunita dopo l’arresto dei capi storici), intesa quale organismo unitario di vertice, con un prevedibile ritorno in scena dei “palermitani”

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(Nella foto, un ex dirigente generale dei beni culturali della Regione Sicilia, Sergio

Gelardi, più volte accusato ed “indagato di reati connessi all’ambito mafioso…” oltre che di favoritismo nelle nomine dei soprintendenti dell’isola)

Le indagini evidenziano che la “nuova mafia” è sempre più “silente e mercatistica”, privilegiando un modus operandi “collusivo-corruttivo: i dirigenti della pubblica amministrazione sono il trampolino di lancio per  accordi affaristici  che non sono stipulati per effetto di minacce o intimidazioni, ma sono il frutto di patti basati sulla reciproca convenienza e la regola del dare-avere”.

Tra i settori ad alto rischio di corruzione c’è quello dei trasporti marittimi, destinatario di ingenti finanziamenti pubblici, anche comunitari.