L’incendio all’Ospedale Fratelli Parlapiano di Ribera: era stato lasciato in funzione il macchinario per l’ossigenoterapia La vittima aveva acceso la sigaretta

Presidio Ospedaliero Fratelli Parlapiano – RIBERA ...

 

Occorre approfondire le cause dell’incendio. Ed è in arrivo, da Palermo all’ospedale Fratelli Parlapiano di Ribera,(nella foto sopra) il Niat, nucleo investigativo speciale dei vigili del fuoco che effettuerà verifiche e accertamenti tecnici per chiarire definitivamente, le modalità con le quali ieri sera, è scoppiato l’incendio che ha ucciso il 53enne romeno Brustureanu Costica e reso inagibile un’ala della struttura sanitaria.
I vigili del fuoco di Sciacca e Agrigento, durante i sopralluoghi effettuati, hanno accertato che non c’è stata alcuna esplosione di bombola di ossigeno, perché era canalizzato al muro.
Scoperta comunque la causa: il macchinario per l’ossigenoterapia non era spento ma era stato lasciato in funzione nel momento in cui, nella stanza di degenza, il 53enne si sarebbe acceso la sigaretta.
Il terzo piano dello stabile, dove c’è il reparto di Medicina, è stato posto sotto sequestro preventivo.       Per disposizione del  sostituto Procuratore di turno di Sciacca che è rimasto fino a notte inoltrata sul posto.

Il magistrato, assieme ai carabinieri, ha indagato    e ascoltato  il medico, due infermieri e l’operatore socio-sanitario che erano in servizio, nel momento in cui è scoppiato il tremendo incendio. Nelle prossime ore, l’Asp di Agrigento dopo lo spegnimento ,dovrà prendere contezza dei danni effettivi e quantificare la spesa occorrente per rifare l’ala della struttura resasi inagibile…

Catania, tredicenne stuprata da sette egiziani. Fermati sei sospettati. Ma dov’erano i vigili urbani? Perchè non si mettono qui le telecamere di controllo?

 

Lettori: "Bagni della Villa Bellini, chiusi"

Foto Archivi, Posto di guardia dei Vigili urbani, alle spalle della trafficata Piazza Roma di Catania. Dov’erano quel giorno?

 

 

Un altro stupro di gruppo, stavolta a Catania,dopo Palermo,  nei bagni pubblici nella centrale Villa Bellini. Vittima  una ragazzina di 13 anni  violentata da sette persone. Sarebbero tutti egiziani e tre di loro non sarebbero maggiorenni. I carabinieri avrebbero già eseguito il fermo di sei sospettati, un settimo sarebbe irreperibile. La ragazzina sarebbe stata violentata da due degli indagati sotto gli sguardi degli altri cinque. La tredicenne era con il fidanzato,intento a fare una passeggiata nei viali della Villa ma è stato  minacciato, bloccato e tenuto lontano.

Gli abusi sarebbero stati commessi la sera dello scorso 30 gennaio, nei bagni del Giardino comunale di Villa Bellini dove i sette avrebbero minacciato la giovanissima coppia, lei 13enne e lui 17enne, abusando della vittima. Sono stati i due fidanzatini a denunciare la violenza facendo così attivare le indagini dei militari dell’Arma.

Quel che sorprende è che il fatto sia avvenuto a pochi metri da un casotto di guardia della Villa dove sono in servizio a turno i vigili urbani, a due passi dalla centralissima e trafficatissima Piazza Roma. Possibile che non  sappiano niente dello stupro?  Ed erano in servizio in quel giorno?    O erano a fare le multe alle auto in doppia fila, fuori della Villa ?  Un pò strano visto che i bagni della Villa sono pure collocati nei pressi di un plurisecolare Ficus turistico, tra i più grandi d’Europa ed oggetto di fotografie -ricordo.  E perchè nei punti strategici della Villa Bellini, Parco monumentale, -ci rivolgiamo al Capo della Polizia municipale di Catania, e al Sindaco Trantino, non si collocano telecamere di controllo della popolazione che entra dagli ingressi ivi compresa quella extracomunitaria criminale che pensa di  passare inosservata?

Le Procura distrettuale e quella per i minorenni di Catania hanno disposto accertamenti sui telefoni cellulari sequestrati agli indagati fermati. Si cercano contatti ed eventuali video nei loro smartphone e per accertare a quale ‘cella telefonica’ erano agganciati quando è avvenuta l’aggressione, alle 19.30 circa dello scorso 30 gennaio.

Enna, un acceso contrasto tra padre e figlio causa l’uccisione del padre a coltellate. Ricercato e subito arrestato.

 

 

Polizia - Fotogramma

Enna,

Una lite tra padre e figlio ha causato l’uccisione del   padre a coltellate per poi scappare e convincersi poi di rientrare ad Enna in Questura.

La Polizia del luogo ha posto M.M.,in stato di fermo,quale  presunto responsabile dell’omicidio del genitore convivente. Il delitto si sarebbe consumato all’interno dell’abitazione di famiglia, dove la vittima sarebbe stata colpita da numerosi fendenti inferti con un’arma da taglio, presumibilmente un coltello da cucina, ritrovato sui luoghi. Il presunto autore, in seguito, si è allontanato facendo perdere le sue tracce.

Sono scattate le ricerche dei  poliziotti della squadra mobile  e dislocate numerose pattuglie su tutto il territorio ennese alla ricerca del sospettato, alcune delle quali si sono estese anche nelle province limitrofe dove, per un certo tempo, era stata localizzata l’utenza in uso dal presunto assassino. Il tempestivo intervento delle forze di Polizia ed il contestuale avvio delle indagini condotte dalla Procura di Enna hanno consentito agli agenti di agganciare telefonicamente il presunto autore del reato, che con estenuanti attività di convincimento è stato invitato a far rientro ad Enna. Nonostante ciò, nel frattempo, lo stesso è stato intercettato nei pressi degli uffici della Questura.

Dai primi accertamenti sarebbero emersi accesi e forti contrasti tra padre e figlio, accresciuti nel tempo, per motivi verosimilmente di carattere economico e, comunque, in fase di ulteriore indagine .  Il Pubblico Ministero di turno, dopo aver proceduto all’immediato interrogatorio dell’arrestato, durante il quale lo stesso ha parzialmente ammesso il tragico gesto, ne ha disposto il trasferimento in carcere, in attesa dell’udienza di convalida da parte del Gip.

Il Questore di Enna ha espresso massima soddisfazione per l’attività d’indagine svolta dal personale della Squadra Mobile di Enna 

 

 

NAS: ispezioni con rilievi di irregolarità e violazioni in 382 strutture, denunciati 18 gestori, emessi 27 provvedimenti di chiusura per prodotti dolciari in cattivo stato, sequestro per 39 tonnellate

Cibo avariato tra vermi e insetti, sequestrate 9 tonnellate di alimenti

Archivi-Sud Libertà

 Roma – Territorio Nazionale,
Il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, di concerto con il Ministero della Salute, ha intensificato i controlli sui prodotti dolciari tipici che arricchiranno in modo significativo le tavole in occasione delle imminenti Festività natalizie.
Gli accertamenti, estesi a livello nazionale a tutte le fasi di produzione, distribuzione e vendita al dettaglio, sia a livello artigianale che industriale, hanno consentito di ispezionare circa 1.000 imprese, rilevando irregolarità presso 382 strutture (pari al 38% degli obiettivi controllati) e portando alla contestazione di oltre 585 violazioni penali ed amministrative, per un ammontare di oltre 423 mila euro di sanzioni pecuniarie.
Nel corso delle verifiche sono state individuate e sequestrate 39 tonnellate di prodotti dolciari e materie prime, poiché detenute in cattivo stato di conservazione o in locali interessati da gravi carenze igienico strutturali, invase da parassiti, prive di tracciabilità e oggetto di frode in commercio. Tra gli interventi, il NAS di Bologna ha sequestrato 24 tonnellate di frutta secca contaminata da micotossine, sostanze di origine fungina pericolose per la salute. Inoltre sono stati sottratti al consumo oltre 500 tra panettoni, pandori e altri a dolci natalizi tipici anche regionali, in parte di produzione industriale ma commercializzati come artigianali, in parte con ingredienti diversi per qualità ed origine rispetto a quanto dichiarato in etichetta.
A seguito degli illeciti individuati, i NAS hanno deferito all’Autorità giudiziaria 18 gestori e titolari di attività imprenditoriali per l’ipotesi di frode in commercio e detenzione di prodotti dolciari in cattivo stato di conservazione, nonché ulteriori 342 sanzionati per carenze dei laboratori di pasticceria e mancata applicazione della tracciabilità e delle procedure preventive di sicurezza alimentare. Gli esiti ispettivi hanno altresì portato all’emissione di 27 provvedimenti di chiusura / sospensione di attività di produzione e vendita, per un valore economico pari ad oltre 8 milioni di euro.

 

Operazione “Crediti fantasma” ad Asti – 2,4 miliardi di falsi crediti fiscali per bonus edilizi- Un arresto e sequestro per 196 milioni

Archivi -Sud Libertà

 

All’esito di indagini di polizia giudiziaria economico finanziaria, scaturite dall’operazione “Crediti Fantasma – Capisci ammè” della primavera scorsa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Asti, in collaborazione con i colleghi del Nucleo Speciale Tutela Entrate e Repressione Frodi Fiscali di Roma, militari del Nucleo di Polizia economico finanziaria di Asti, stamane, hanno dato esecuzione ad un provvedimento cautelare, emesso dal GIP presso il locale Tribunale, di sequestro preventivo per 195.829.110,00, nonché di custodia cautelare in carcere nei confronti di un imprenditore iscritto all’AIRE (anagrafe dei residenti all’Estero), originario della provincia di Caserta, effettuando perquisizioni a Castel Volturno e Napoli.

Si tratta di una ulteriore fase dell’articolata investigazione che il 22 marzo aveva portato i Finanzieri del Comando Provinciale di Asti, con l’ausilio dei Reparti del Corpo competenti per territorio, impiegando 150 militari, ad operare in 18 province l’arresto di 10 responsabili e 73 perquisizioni, con il sequestro di cassetti fiscali contenenti crediti d’imposta ritenuti falsi per la cifra record di oltre 1,5 MLD di € e poi ancora, in maggio, di un ulteriore sequestro per 700 milioni. L’intervento di vincolo giudiziario – mirato ad impedire l’utilizzo anche di questa ulteriore platea di crediti d’imposta ritenuti inesistenti, generati nel 2022 dal sodalizio criminale oramai disarticolato – è stato condotto dalle Fiamme gialle astigiane con la collaborazione dell’Agenzia delle Entrate di Roma, alla quale è stato notificato oggi il decreto magistratuale, in modo da inibire sulla apposita piattaforma digitale del fisco l’accesso ai cassetti fiscali incriminati. Questi 196mln di titoli di credito fiscale sono riconducibili a 2 società e 27 persone fisiche (con sede dichiarata in Campania, Emilia Romagna, Marche, Piemonte, Puglia e Veneto) – non coinvolte nell’operazione iniziale, ma che comunque fanno anch’esse capo a intestatari di partita IVA indigenti, titolari di società inattive o evasori totali sconosciuti al fisco, nullatenenti, privi di possidenze.

L’analisi della Guardia di Finanza ha evidenziato anche in questo caso incongruenze sostanziali, quali l’indicazione di lavori effettuati presso immobili non posseduti o inesistenti. In quest’ultima tranche di investigazioni si staglia la figura di un altro attore della truffa, dimorante in Castel Volturno (CE), che era riuscito ad eludere le precedenti indagini. Costui, C.C. di anni 64, attinto oggi anche dal sequestro preventivo per equivalente dei beni per € 463.006,76, per l’illecito profitto in danno all’erario conseguito dal sodalizio, sarà oggi tradotto in carcere, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

L’operazione odierna costituisce il culmine di articolati accertamenti, peculiari della Guardia di Finanza, quale unico organo specializzato di polizia giudiziaria economico-finanziaria, che opera a tutela del Bilancio dell’U.E., dello Stato e degli Enti locali; primaria missione istituzionale del Corpo, mirata nel caso di specie a prevenire e contrastare chi minaccia il corretto impiego delle ingenti risorse pubbliche erogate per contribuire al rilancio dell’economia e al sostegno delle iniziative di riqualificazione energetica e di transizione ecologica. Si sottolinea che il procedimento penale si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo in caso di emissione di una sentenza irrevocabile di condanna.

Decreto di confisca a pericolosi pregiudicati (15 milioni di euro)

 

Roma,

Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno eseguito un decreto di confisca emesso dalla Sezione Specializzata Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma – confermato per l’intera totalità dei beni dalla Corte di appello capitolina e divenuta definitivo a seguito della pronuncia della Suprema Corte di Cassazione – avente a oggetto beni mobili e immobili, oltre a disponibilità finanziarie, per un valore di circa 15 milioni di euro, riconducibili a quattro pluripregiudicati, dediti alla commissione di plurimi reati anche in forma associativa quali furto, truffa, riciclaggio, ricettazione e lo spaccio di sostanze stupefacenti.

Gli accertamenti economico-patrimoniali svolti dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Frascati, avevano evidenziato, oltre alla pericolosità sociale dei proposti, la rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati e l’ingente patrimonio nella loro disponibilità, che hanno consentito di pervenire al sequestro nel 2019 e alla confisca di I grado a luglio del 2020.

I pregiudicati manifestavano tutti un elevato tenore di vita, con la frequentazione di esclusivi club della Capitale e delle più rinomate località marittime, raggiunte a bordo di una imbarcazione a vela, anch’essa colpita dal provvedimento con cui lo Stato ha incamerato definitivamente nel suo patrimonio 30 unità immobiliari (ville, appartamenti e terreni), 90 autovetture, conti correnti, quote societarie e l’intero patrimonio di 9 società, tra le province di Roma e Latina, nonché un noto locale della movida romana in zona Tiburtina.

Confiscato anche denaro contante per circa 100 mila euro, trovato in possesso di uno dei membri della famiglia, di cui lo stesso non era stato in grado di giustificarne la legittima provenienza.

L’operazione – che assume un rilevante valore “sociale”, venendo restituiti alla collettività beni illecitamente accumulati dalla c.d. “criminalità da profitto” – si inquadra nell’azione della Guardia di Finanza, in sinergia con l’Autorità Giudiziaria, volta all’individuazione e alla conseguente aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati.

 

 

 

Valuta non dichiarata all’aeroporto di Fiumicino: un milione e 700 mila euro sequestrati perchè superano la soglia di legge

 

 

 

Video G.di Finanza (Comunicato)

Roma,

Da Catania a Palermo. Dal capoluogo siciliano a Napoli fino a Roma.  La capitale coagula le somme di denaro la cui valuta non risulta essere dichiarata .Nei mesi di settembre e ottobre dell’anno in corso circa 1.700.000 euro di denaro contante non dichiarati sono stati intercettati dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma e dai funzionari dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli.

In particolare, nell’esecuzione dei controlli di routine svolti presso lo scalo aeroportuale di Fiumicino, sono state accertate 116 violazioni per il mancato rispetto delle normative valutarie per un totale di quasi € 1.700.000 di valuta non dichiarata.

Essendo stata superata la soglia di legge, parte della somma è stata sottoposta a sequestro in via amministrativa, a garanzia del versamento della sanzione che sarà irrogata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il risultato raggiunto è il frutto di un’accurata attività di analisi e di un attento monitoraggio dei flussi di passeggeri in transito presso il citato scalo aeroportuale della provincia di Roma, attuato quotidianamente per reprimere e contrastare l’illecita circolazione di capitali.

L’attività rientra nel più ampio dispositivo di contrasto ai traffici illeciti messo in campo dalla Guardia di Finanza in sinergia con la citata Agenzia.

Incidente sul lavoro a Cefalù, operaio cade dal tetto di capannone e muore in cantiere

Incidente sul lavoro a Catania, muore operaio messinese

Incidente sul lavoro a Cefalù, nel palermitano. Un uomo di 51 anni ha perso la vita mentre lavorava al cantiere per il raddoppio della linea ferroviaria Palermo-Messina, nel tratto Ogliastrillo-Cefalù.

Secondo le prime informazioni, l’uomo sarebbe caduto dal tetto di un capannone.L’azienda dove la vittima lavorava ha rilasciato questa dichiarazione:  “E’ con profondo dolore che Toto Costruzioni Generali apprende del tragico incidente verificatosi presso il cantiere per il raddoppio della linea ferroviaria Palermo-Messina, nella tratta di Ogliastrillo-Cefalù –  –

Al momento  sono in corso gli accertamenti da parte delle autorità giudiziarie, con cui la società sta pienamente e attivamente collaborando. La famiglia Toto, insieme a tutti i dipendenti e le maestranze si unisce al dolore della famiglia, alla quale garantirà tutto il sostegno possibile per superare questa tragica situazione

Napoli, al culmine di un litigio figlio uccide a coltellate la madre

 

Napoli,

Altre notizie di drammi in famiglia si susseguono dopo quella di Catania. Qui l’attore principale è il figlio assassino.

Una donna di 61 anni è stata uccisa a coltellate dal figlio 17enne. Il delitto consumato  a Napoli, in un’abitazione a rampe San Giovanni Maggiore, traversa di via Mezzocannone, nel centro storico.

Violenza e delitti in famiglia -Archivi SUD LIBERTA'

L’omicidio- si apprende –  è avvenuto al culmine di un litigio tra madre e figlio. Quest’ultimo, dopo aver ucciso la donna, si è chiuso in casa. Si apprende che vicini di casa,  hanno sentito i due litigare violentemente, e hanno inviato segnalazioni alla Polizia

I primi a riuscire ad entrare nell’abitazione sono stati i vigili del fuoco attraverso una finestra. Sul posto sono intervenuti i poliziotti dell’Ufficio prevenzione generale della Questura di Napoli e del Commissariato Decumani. Sono in corso accertamenti e indagini.      Si sta valutando la posizione del ragazzo, figlio adottivo della donna, soprattutto se è sano di mente.

 

Operazione “Vado e torno”- La Finanza combatte la piaga dell’assenteismo -e le coperture dei dipendenti- nei pubblici Uffici

 

Operazione Vado e torno - Assenteismo nella pubblica amministrazione

Militari della Guardia di Finanza di Torino,-apprendiamo da Comunicato stampa,  con il coordinamento della Procura della Repubblica del capoluogo piemontese, nell’ambito dell’operazione “VADO E TORNO” a contrasto del fenomeno dell’assenteismo nella Pubblica Amministrazione, hanno dato esecuzione alla misura cautelare della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio della durata di 3 mesi nei confronti di una dipendente dell’ASL TO5 di Chieri, con mansioni di “tecnico della prevenzione, vigilanza ed ispezione in materia di igiene e sanità veterinaria”, denunciata per le ipotesi di reato di truffa aggravata ai danni di un Ente pubblico e false attestazioni o certificazioni a mezzo di sistemi di rilevazione delle presenze.

Le attività investigative, avviate d’iniziativa e coordinate dalla Procura della Repubblica di Torino, si sono svolte da gennaio a giugno 2021. In tale periodo i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino hanno effettuato articolate indagini con pedinamenti, fotografie, filmati ed analisi dei tabulati telefonici nei confronti della dipendente, a cui il citato Ente sanitario aveva affidato il compito di effettuare controlli sulla sicurezza degli alimenti presso macelli, macellerie e supermercati ma che, invece, avrebbe destinato parte del proprio tempo lavorativo ad incombenze personali.

All’esito degli accertamenti sarebbe emerso che la donna, pur risultando formalmente in servizio, si sarebbe trovata, in realtà, presso l’abitazione propria o dei familiari, oppure impegnata in acquisti presso centri commerciali, mercati rionali, in bar e rivendite di tabacchi.

Per recarsi in luoghi estranei ai propri doveri la dipendente si avvaleva della propria autovettura e talvolta di autoveicoli dell’ASL stessa. Nel corso delle indagini si è altresì verificato un episodio in cui la signora, in orario di servizio, si era recata presso il noto mercato all’aperto di “Porta Palazzo”, parcheggiando in sosta vietata e venendo anche sanzionata dalla forza di polizia intervenuta. Nel corso di 6 mesi, la donna avrebbe maturato oltre 90 uscite e più di 180 ore di assenza non autorizzate.

Ferma restando la presunzione di innocenza fino a compiuto accertamento delle responsabilità, la posizione della dipendente che, nel corso delle indagini preliminari, ha integralmente ammesso gli addebiti davanti all’Autorità giudiziaria, è stata comunicata anche alla Procura Regionale per il Piemonte della Corte dei conti, in relazione ai conseguenti profili di danno erariale e per il recupero delle somme.

L’operazione si inquadra nel più ampio dispositivo messo in atto dalla Guardia di Finanza a tutela della legalità nei luoghi di lavoro pubblici, quale testimonianza del quotidiano impegno delle Fiamme Gialle nel contrasto di fenomeni illeciti a danno della Pubblica Amministrazione, a salvaguardia degli interessi della collettività.