Ragusa, “Operazione Centoventuno”, frode ai danni del bilancio Ue,fatture false, riciclaggio….

 

Operazione Centoventuno - Frode ai danni del bilancio UE, bancarotta, emissione ed utilizzo di fatture false e riciclaggio

RAGUSA,

Lotta agli sprechi del denaro pubblico.Militari del Comando Provinciale di Ragusa hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misura cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Ragusa su richiesta della Procura della Repubblica nei confronti di una organizzazione responsabile di numerose truffe per l’indebito ottenimento di finanziamenti comunitari concessi tra il 2013 ed il 2018 per l’impianto e l’ammodernamento di strutture serricole nelle campagne del vittoriese.

Quindici le persone indagate a vario titolo nell’ambito dell’operazione “CENTOVENTUNO”, portata a termine dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ragusa, con il coinvolgimento di sei aziende ed imprese agricole, utilizzate dagli indagati per accedere indebitamente ai contributi che l’Unione Europea mette a disposizione per lo sviluppo del settore in attuazione della “Misura 121- ammodernamento delle aziende agricole”.

Per cinque degli indagati i giudici hanno configurato l’accusa di associazione a delinquere (art. 416, commi 1 e 2 c.p.), finalizzata alla truffa ai danni della UE (art. 640 bis c.p.) all’utilizzo ed emissione di fatture false (artt. 2 e 8 D. Lgs. 74/2000), bancarotta fraudolenta (art. 216 legge fallimentare) e autoriciclaggio (art. 648 ter 1 c.p.), perché considerati principali artefici dell’intero articolato disegno criminoso, ideato e promosso da T.G. (classe ’56) imprenditore agricolo di Vittoria. Gli altri quattro, familiari e persone vicine, sono:

  • T.S. (classe 1983) di Vittoria (RG), figlia di T.G. e legale rappresentante protempore di alcune delle società coinvolte;
  • T.F. (classe 1991), figlia di T.G., di Vittoria (RG);
  • B.M. (classe 1986) di Vittoria (RG), legale rappresentante protempore di alcune delle società coinvolte e marito di T.S.;
  • D.S. (classe 1959) di Comiso (RG), perito agrario incaricato di predisporre i progetti utilizzati per accedere indebitamente ai finanziamenti ed attestare falsamente il corretto stato avanzamento lavori (S.A.L.) per l’erogazione dei contributi.

Sequestrati anche 19 immobili ed orologi di superlusso

Tra gli altri indagati, oltre a soggetti piccoli imprenditori che si sono prestati ad agevolare le diverse fasi delle truffe scoperte, figurano anche quattro funzionari ed un dirigente dell’Ispettorato Provinciale Agrario di Ragusa, incaricati di procedere ai controlli per constatare lo stato dei lavori, in realtà non realizzati.

L’indagine delle Fiamme Gialle è scaturita dagli sviluppi di una relazione dell’AGEA inviata in Procura, nella quale venivano segnalate incongruenze in merito alle domande di accesso ai finanziamenti presentate da alcune società agricole che avevano ottenuto l’anticipo di contributi economici previsti dal Programma di sviluppo Rurale Regione Sicilia 2007/2013 – Misura 121. L’attività investigativa delegata dall’A.G. si è articolata sui tradizionali mezzi di ricerca delle prove tipiche delle indagini di polizia economica e finanziaria, quali l’acquisizione di documentazione, l’escussione a sommarie informazioni testimoniali di persone informate sui fatti, l’esecuzione di riscontri nelle scritture contabili delle aziende coinvolte, l’esame della documentazione bancaria di supporto, tutto potendo sempre contare sul supporto delle risultanze ottenute dall’incrocio delle banche dati in uso al Corpo.

All’esito degli accertamenti si rilevava l’esistenza di un sodalizio criminale promosso, coordinato e diretto dall’indagato T.G. che, tramite numerose società agricole a lui o a suoi familiari riconducibili, attraverso un complesso sistema di false dichiarazioni ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, molte delle quali emesse da una società (successivamente fallita), ha ottenuto indebitamente quasi 2 milioni di euro di contributi grazie anche alle condotte di compiacenti funzionari dell’ispettorato Provinciale Agrario di Ragusa.

Il modus operandi utilizzato prevedeva la predisposizione di articolati progetti di ammodernamento, destinati poi a rimanere solo sulla carta, idonei però ad essere presi a base dagli organi eroganti per l’assegnazione ed il pagamento dei contributi. Infatti, a fronte di un contributo deliberato pari al 40% del valore totale del progetto, vi era immediatamente l’erogazione di un’anticipazione pari al 50% del valore deliberato (20% del totale del progetto). Successivamente, l’istante poteva presentare uno o più stati avanzamento lavori, allegando apposita relazione tecnica, corredata dalle fatture quietanzate riportanti gli estremi della data e del numero del titolo di spesa, del nominativo del fornitore, dell’imponibile e della descrizione della fornitura, per ottenere fino ad un ulteriore 45% del contributo deliberato.

Difatti l’istante poteva ottenere dal momento in cui la propria domanda risultava ammissibile e fino a quanto i lavori erano completati un ammontare pari al 95% del contributo riconosciutogli. In sintesi si è appurato che:

  • tutte le aziende agricole beneficiarie dei contributi, dapprima sotto forma di società semplici, erano tutte formalmente intestate a parenti e affini del principale indagato T.G.;
  • per agevolare l’esito favorevole dell’accoglimento delle istanze tendenti all’ottenimento dei contributi economici le società venivano trasformate nella natura giuridica diventando società a responsabilità limitata (s.r.l.);
  • le somme erogate mediante esibizione di fatture per operazioni inesistenti venivano successivamente fatte transitare da un’azienda all’altra per poi confluire nelle disponibilità degli indagati;
  • nessuna opera di completamento dei lavori indicati nei progetti era stata eseguita nonostante le attestazioni dei periti e degli Ispettori Provinciali, rilevatesi false. Infatti, i sopralluoghi effettuati in corso di indagine da parte dei militari operanti accertavano, nei luoghi indicati per i lavori eseguiti, la presenza solo di vecchie strutture serricole che non avevano subito alcun ammodernamento ed in alcuni casi venivano rinvenute targhette che permettevano di verificare che gli impianti erano stati realizzati con precedenti finanziamenti pubblici;
  • una delle società utilizzate per l’emissione delle false fatture impiegate per giustificare fittiziamente i lavori eseguiti è fallita nel 2019 anche a causa del dissesto finanziario causato dagli indagati. Il G.I.P. del Tribunale di Ragusa, accogliendo le richieste formulate dal P.M., condividendo l’intero quadro probatorio emetteva apposita ordinanza Applicativa di Misura Cautelare Reale del sequestro preventivo in forma diretta e per equivalente per ciascun capo di imputazione formulato fino alla concorrenza della somma complessiva di euro 2.693.044,14.

Nel corso delle perquisizioni, sono stati rinvenuti e posti sotto sequestro:

  • denaro contante, saldi di conto corrente, polizze, depositi al risparmio, depositi titoli per un valore complessivo pari ad euro 128.488.67;
  • 19 Immobili (abitazioni, magazzini etc.) e 14 terreni per un valore complessivo di euro 1.502.613,91;
  • Nr. 6 società agricole, nr. 1 Holding, nr. 1 società di riciclo plastica (quote di capitale sociale interamente versate 159.850 euro);
  • Nr. 13 orologi di lusso, e numerosi accessori in oro di particolare pregio (bracciali, monili, orecchini, collane etc.) per i quali sono in corso le operazioni di stima;
  • documentazione attestante il fatto che il principale indagato T.G., nel corso degli anni, per mettersi al riparo da future pretese erariali o da azioni giudiziarie aveva costituito un trust dove aveva fatto confluire tutti i suoi beni tra cui immobili di pregio e strutture ricettive, che invece sono state oggetto del provvedimento ablatorio eseguito.

L’attività in esame costituisce un esempio dell’impegno che la Guardia di Finanza sviluppa quotidianamente nella lotta agli sprechi di denaro pubblico allo scopo di tutelare un utilizzo trasparente ed efficiente dei finanziamenti nazionali e comunitari, tanto più importante in un contesto emergenziale come quello attuale.

Operazione ” Clean Up”: scoperto un articolato sistema di società che ha messo in luce reati come la Bancarotta fraudolenta ed omissione di imposte

 

 

Il Gip del tribunale di Palermo ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti dei fratelli Vincenzo e Liborio Abbate, rispettivamente di 49 e 53 anni. Sequestrati pure  beni e somme di denaro per complessivi 650 mila euro, l’intero capitale sociale e relativi beni aziendali di 3 società per oltre 1 milione e 700 mila euro.

’L’Operazione «Clean Up» secondo gli inquirenti ha posto in luce un articolato «sistema» di società come delle scatole cinesi, pensato e realizzato da un’unica regia riconducibile ai due fratelli, «nell’ambito del quale – – le persone giuridiche coinvolte erano una la continuazione aziendale dell’altra, con analogo oggetto sociale, soci e coincidenza di sedi operative ed assetti aziendali».

Con  la creazione di una rete di società, formalmente controllate dalla prima e soggette ad una direzione unitaria da parte dei due imprenditori, alle quali sono stati ceduti beni societari e rami d’azienda, i soggetti arrestati avrebbero svuotato e poi messo in stato di insolvenza l’impresa d’origine nata nel 1986.   Coinvolta nelle indagini, anche se non interessata  dal provvedimento cautelare di oggi, la madre degli imprenditori, di 77 anni, che era formalmente, dal 2016, titolare della società poi dichiarata in fallimento.

Catania: bancarotta fraudolenta della Banca Base, arrestati i vertici

 

Risultati immagini per immagine della banca base

Catania –

La Guardia di Finanza di Catania ha eseguito un’ordinanza di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale etneo nei confronti di 2 persone (agli arresti domiciliari) , Presidente del Cda, e direttore generale ,indagate, in concorso, con altre 18, per i reati di bancarotta fraudolenta, falso in prospetto, ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza e aggiotaggio per fatti attinenti allo stato d’insolvenza della “Banca Sviluppo Economico s.p.a.” (Banca BASE) dichiarato dal Tribunale civile di Catania nel dicembre 2018 (confermato in appello nell’aprile 2019). Più tardi, comunicano gli inquirenti, saranno resi noti ulteriori dettagli

L’operazione delle Fiamme Gialle, convenzionalmente nota come ‘Fake Bank’, “ha consentito di tracciare la perpetrazione ripetuta di illecite condotte operate dalla governance della ‘fallita’ banca etnea consistenti in operazioni finanziarie anti-economiche e dissipative del patrimonio societario, in dispregio dei vincoli imposti dall’Autorità di Vigilanza”.