PAPA FRANCESCO : “L’UOMO SMETTA DI ODIARE ED ABBI COMPASSIONE VERSO GLI ALTRI”

ALLA FINE L’UOMO SARA’ IN UNA BARA: VUOL PORTARE L’ODIO ANCHE LI’ ? “

 

Papa Francesco spiega la parabola del Re misericordioso e del Servo spietato proposta nel Vangelo di oggi tratto da Matteo: “Troviamo due atteggiamenti differenti: quello di Dio – rappresentato dal re – e quello dell’uomo. Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia”.

Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Così il servo che ha con il padrone un debito enorme, pari a diecimila talenti, lo supplica di attendere finché riuscirà a saldarlo e la sua preghiera tocca il cuore del padrone che, come quello di Dio che qui rappresenta, è un cuore misericordioso.

Il cuore della parabola è l’indulgenza che il padrone dimostra verso il servo con il debito più grande. L’evangelista sottolinea che “il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito”. Un debito enorme, dunque un condono enorme!

Quella stessa indulgenza, quella stessa compassione –  – però, il servo condonato non la dimostra verso un altro servo di quel padrone, un suo pari, che ha un debito con lui molto più piccolo di quello che egli aveva con il padrone. Alla richiesta di quello di avere pazienza finché lo saldasse, la stessa che lui aveva fatto al padrone, però, va su tutte le furie:

Non lo ascolta, inveisce contro di lui e lo fa gettare in prigione finché non avrà pagato il debito. Il padrone viene a saperlo e, sdegnato, richiama il servo malvagio e lo fa condannare.

La differenza di atteggiamento tra il padrone e il servo spietato, che è spesso la stessa differenza di atteggiamento che c’è tra Dio e l’uomo:

Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia. Gesù ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia. 

A volte non basta la giustizia, quindi, ma “c’è bisogno di quell’amore misericordioso” che ci dimostra il Padre e che, ricorda Francesco, è alla base della risposta che Gesù dà alla domanda di Pietro che nel testo evangelico precede la parabola: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? E Gesù risponde: Non dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”:

Nel linguaggio simbolico della Bibbia, questo significa che noi siamo chiamati a perdonare sempre!

“CHE L’UOMO SMETTA DI ODIARE”

Il Papa sottolinea, poi, quante siano le relazioni umane in cui è necessario applicare l’amore misericordioso verso il nostro prossimo: nel matrimonio, tra genitori e figli, nelle famiglie troppo spesso distrutte dall’odio tra fratelli, all’interno delle comunità, nella Chiesa e anche nella società e nella politica:

Quanta sofferenza, quante lacerazioni, quante guerre potrebbero essere evitate, se il perdono e la misericordia fossero lo stile della nostra vita!

Francesco racconta poi come celebrando la Messa questa mattina, sia rimasto colpito da una frase contenuta nella Prima Lettura, tratta dal libro del Siracide:

“Ricorda la fine smetti di odiare”, una bella frase. Pensa alla fine: sarai in una bara, vuoi portarti l’odio anche lì?

Se non si perdona, infatti, ricorda il Papa, il “il rancore torna come una mosca fastidiosa”: meglio, quindi, perdonare, per essere a nostra volta perdonati, perché il perdono non è un impeto di un momento, ma uno stile di vita che deve durare per sempre:

E non è facile perdonare perché nei momenti tranquilli uno dice: “Sì ma questi o questo me ne ha fatto di tutti i colori ma anche io ne ho fatte tante. Meglio perdonare per essere perdonato”. Ma poi il rancore torna, come una mosca fastidiosa nell’estate che torna e torna e torna… Perdonare non è soltanto una cosa di un momento, è una cosa continua contro questo rancore, questo odio che torna. Pensiamo alla fine, smettiamola di odiare.

 

Papa: no alla voracità di pochi, ma guadagnare solo per condividere

 

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PAPA FRANCESCO: “ATTENZIONE A CHI GRIDA PIU’ FORTE, TRASMETTE ARROGANZA, NON LASCIATEVI CONTAGIARE DA TALI ATTEGGIAMENTI..”

Video   Vaticano -Angelus

Rinnovare lo “stupore” e la “gioia” per il “dono stupendo del Signore”, che è l’Eucaristia. Papa Francesco  richiama così l’invito della festa del Corpus Domini, la solennità del Corpo e Sangue di Cristo che in Italia e in altri Paesi si celebra oggi

Accogliamolo con gratitudine, non in modo passivo, abitudinario; non dobbiamo abituarci all’Eucaristia e andare a comunicarci come per abitudine: no! Ogni volta che noi ci accostiamo all’altare per ricevere l’Eucaristia, dobbiamo rinnovare davvero il nostro “amen” al Corpo di Cristo. Quando il sacerdote ci dice “il Corpo di Cristo”, noi diciamo “amen”: ma che sia un “amen” che viene dal cuore, convinto. E’ Gesù, è Gesù che mi ha salvato, è Gesù che viene a darmi la forza per vivere. E’ Gesù, Gesù vivo. Ma non abituarci: ogni volta come se fosse la Prima Comunione.

Guadagnare non per accumulare -a che serve?- ma per condividere

Francesco si sofferma sull’odierno Vangelo di Luca e sul miracolo tanto “importante” che – spiega – viene raccontato “da tutti gli evangelisti”: quello dei pani e dei pesci che si svolge sulla riva del Lago di Galilea. Gesù nutre la folla che non ha cibo, dinanzi allo “stupore dei discepoli”, invitando loro stessi a dare da mangiare.

Gesù invita i suoi discepoli a compiere una vera conversione dalla logica del “ciascuno per sé” a quella della condivisione, incominciando da quel poco che la Provvidenza ci mette a disposizione.

Papa Francesco spiega così: “guadagnare non per accumulare ma per condividere. “Nel mondo sempre si cerca di aumentare i guadagni, di far lievitare i fatturati… Sì, ma qual è il fine? È il dare o l’avere? Il condividere o l’accumulare? – si chiede il Pontefice – L’economia del Vangelo moltiplica condividendo, nutre distribuendo, non soddisfa la voracità di pochi, ma dà vita al mondo. Non avere ma dare, è il verbo di Gesù”, sottolinea. Infatti, “ciò che abbiamo porta frutto se lo diamo e non importa che sia poco o tanto. E l’amore fa grandi cose con le piccole cose. L’Eucaristia ce lo insegna: lì c’è Dio racchiuso in un pezzetto di pane. Semplice ed essenziale, Pane spezzato e condiviso, l’Eucaristia che riceviamo ci trasmette la mentalità di Dio. E ci porta a dare noi stessi agli altri. E’ antidoto contro il ‘mi spiace, ma non mi riguarda’, contro il ‘non ho tempo, non posso, non è affare mio’, contro il guardare dall’altra parte“.

Il    miracolo dei due pesci di Gesù

Gesù spezza i cinque pani, divide i due pesci, facendoli poi distribuire ai discepoli e – sottolinea – “quel cibo non finisce, finché tutti ne hanno ricevuto a sazietà”. Un miracolo che, ricorda il Papa, “manifesta la potenza del Messia e, nello stesso tempo, la sua compassione” per la gente.

Quel gesto prodigioso non solo rimane come uno dei grandi segni della vita pubblica di Gesù, ma anticipa quello che sarà poi, alla fine, il memoriale del suo sacrificio, cioè l’Eucaristia, sacramento del suo Corpo e del suo Sangue donati per salvezza del mondo. L’Eucaristia è la sintesi di tutta l’esistenza di Gesù, che è stata un unico atto di amore al Padre e ai fratelli.

Alla vigilia della sua Passione Gesù prese ancora il pane, elevò al Padre la preghiera di benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli, lasciando in quel gesto “il Testamento della nuova Alleanza, memoriale perpetuo della sua Pasqua di morte e risurrezione”. Ed espressione della fede eucaristica, aggiunge, sono le processioni con il Santissimo Sacramento, che in questa solennità si svolgono “dappertutto” nella Chiesa cattolica.

 

La speranza del Papa è affinché la Madonna ci aiuti a “seguire con fede e amore” Gesù che adoriamo nell’Eucaristia. Subito dopo la recita della preghiera mariana, il Pontefice ricorda che ieri a Madrid sono state proclamate Beate Maria Carmen Lacaba Andía e 13 consorelle dell’Ordine francescano dell’Immacolata Concezione, uccise in odio alla fede durante la persecuzione religiosa avvenuta tra il 1936 e il 1939.

Queste monache di clausura, come le Vergini prudenti, attesero con fede eroica l’arrivo dello Sposo divino. Il loro martirio è un invito per tutti noi ad essere forti e perseveranti specialmente nell’ora della prova.