CORRUZIONE NELLA REGIONE SICILIA, SCOPERTA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE, E TRUFFE AI DANNI DELL’UE

 

PALERMO

I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale di Termini Imerese, su richiesta della Procura Europea (EPPO – European Public Prosecutor’s Office) – sede di Palermo, nei confronti di 22 soggetti, di cui dodici colpiti dagli arresti domiciliari e dieci sottoposti all’obbligo di presentazione alla P.G.

Con il medesimo provvedimento, il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo, anche nella forma per equivalente, di somme e beni per un valore complessivo di circa 2,5 milioni di euro, quale profitto delle condotte delittuose ipotizzate.

I reati contestati, allo stato, sono a vario titolo, associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, abuso d’ufficio, falso, distruzione e occultamento di atti e rivelazione di segreto d’ufficio.

Le indagini condotte dagli specialisti del Nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo – Gruppo Tutela Spesa Pubblica, che costituiscono un ulteriore filone dell’operazione “Gulasch-Amici Miei” che aveva già portato nel mese di marzo 2020 ad eseguire numerosi provvedimenti cautelari personali e reali, hanno riguardato l’iter di concessione dei finanziamenti in agricoltura, europei e nazionali, nell’ambito del PSR (Programma di Sviluppo Rurale) 2007/2013 e 2014/2020, gestiti dall’I.P.A. (Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura) della Regione Sicilia, ente deputato alla valutazione circa l’ammissibilità delle istanze volte ad ottenere le citate provvidenze.

Gli elementi acquisiti allo stato delle indagini consentono di ipotizzare l’esistenza di un sodalizio criminale, composto da funzionari e professionisti del settore, in grado di condizionare le scelte della Pubblica Amministrazione al fine di consentire l’ammissione al finanziamento pubblico di progetti presentati per il tramite di studi tecnici operanti nel palermitano.

In particolare, sarebbero emersi comportamenti illeciti posti in essere da alcuni funzionari pubblici dell’IPA per favorire, in forza di rapporti privilegiati, studi professionali (agronomi e ingegneri), a beneficio dei quali:

– nella fase istruttoria delle istanze di finanziamento, sarebbe stata effettuata, in violazione di legge, la comunicazione delle anomalie riscontrate, provvedendo, in taluni casi, anche alla materiale sostituzione della documentazione all’interno dei fascicoli, fuori dai termini temporali e dalle modalità previste da bando, così da consentire alle pratiche d’interesse l’inserimento in posizione utile in graduatoria;

– nella fase di rendicontazione, sarebbero state rallentate fraudolentemente le procedure di collaudo e controllo così da evitare l’applicazione di penali, ovvero la decadenza o la revoca dei contributi già erogati.

In tale contesto, sarebbero emerse anche cointeressenze di natura corruttiva tra privati e funzionari pubblici che:

– avrebbero omesso, in qualità di membri della commissione incaricata di verificare la sussistenza dei presupposti per l’ammissione delle domande, di rilevare i vizi della documentazione presentata per il tramite di uno studio tecnico, ricevendo in cambio da quest’ultimo prestazioni professionali a favore di uno stretto familiare;

– sempre nell’ambito di una commissione, accertata la presenza di irregolarità nella documentazione, si sarebbero adoperati per consentirne la sostituzione ricevendo, quale utilità, un impiego a favore di un componente del nucleo familiare.

Sarebbero 18 le pratiche relative a finanziamenti indebitamente percepiti a danno dei bilanci europeo, nazionale e della Regione Siciliana per un ammontare complessivo di 2,5 milioni di euro.

L’odierna operazione di servizio testimonia la stretta sinergia operativa tra la Procura Europea e la Guardia di Finanza a tutela degli interessi economico – finanziari dell’Unione Europea e dei bilanci nazionali, nonché per il contrasto delle gravi forme di reati contro la Pubblica Amministrazione.

 

 

Siracusa,cartelle pazze ed “abusi d’ufficio” di funzionari comunali che prendono di mira anche un bambino di 3 anni per 11 mila euro

Cartelle pazze sui tributi locali con danno erariale per oltre 6,5 milioni di euro

Siracusa,

I finanzieri del Comando Provinciale di Siracusa hanno concluso una complessa indagine nel settore della tutela delle entrate, riscontrando un danno erariale di oltre 6,5 milioni di euro perpetrato nelle fasi di accertamento e riscossione dei tributi locali di un Ente comunale della provincia aretusea.

Le operazioni di servizio, eseguite dai militari della Tenenza di Pachino, diretti dal Luogotenente CS Carmelo Lombardo, rientrano nel più ampio dispositivo di controllo economico – finanziario del territorio ordinato dal Comandante Provinciale di Siracusa, Colonnello Lucio Vaccaro.

Nel corso delle attività, le Fiamme Gialle hanno vagliato le procedure adottate dall’Ente per la gestione dei tributi locali (I.M.U. – TA.S.I. – TA.RI.): numerosi gli avvisi di accertamento decaduti per i termini di notifica che hanno generato un mancato introito nelle casse del Comune per diversi milioni di euro.

L’attività investigativa, supportata da numerosissimi riscontri esperiti nei confronti dei destinatari degli avvisi di accertamento e dall’incrocio dei dati presenti nelle banche dati in uso al Corpo con la documentazione amministrativa acquisita, ha anche consentito di rilevare l’esistenza per gli anni d’imposta 2014 – 2019 delle c.d. “Cartelle Pazze”.

E’ emerso, infatti, che la società esterna affidataria del servizio di supporto all’ufficio tributi per le attività di recupero delle entrate comunali, ha prodotto numerosi atti di accertamento esecutivi per diversi milioni di euro, successivamente oggetto di annullamento e/o rettifica, riportanti debiti tributari inesistenti e/o eccedenti l’importo dovuto.

Emblematico il caso in cui un bambino di soli 3 anni è risultato destinatario di una pretesa erariale di circa 11 mila euro per gli anni d’imposta dal 2015 al 2019.

Inoltre, la società non ha assicurato nei modi previsti dal contratto, il servizio di front office presso l’Ente comunale che avrebbe garantito ai cittadini una rapida risoluzione delle problematiche riscontrate.

Al termine delle attività di polizia, i Finanzieri hanno deferito alla Procura della Repubblica di Siracusa il titolare della società per il reato di inadempimento e frode nelle pubbliche forniture nonché un funzionario dell’Ente comunale per abuso d’ufficio e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale.

Quest’ultimo è stato segnalato, unitamente ad altri 14 dirigenti e funzionari dell’Ente, alla Magistratura Contabile per l’ingente danno erariale quantificato in oltre 6,5 milioni di euro.

Reggio Calabria, spaccio sostanze stupefacenti sedici misure cautelari

Operazione “Rail Verde” – contrasto alla produzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Eseguite 16 misure cautelari

Reggio Calabria

I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con l’ausilio di unità cinofile e la collaborazione delle Fiamme Gialle di Livorno, Olbia, e della Sezione Aerea di Lamezia Terme, su delega della Procura della Repubblica di Palmi, diretta dal dott. Emanuele Crescenti, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari personali emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palmi nei confronti di 16 soggetti per detenzione e spaccio di stupefacenti di tipo marijuana.

In particolare con il provvedimento è stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di 12 persone e il divieto di dimora nei confronti degli altri 4 soggetti.

I soggetti colpiti dalla misura sono dieci di origine italiana, residenti a Gioia Tauro, Rosarno e Palmi, un liberiano, un senegalese e quattro ghanesi, di cui uno risulta tuttora percettore di reddito di cittadinanza, beneficio che verrà immediatamente sospeso, così come previsto dalla normativa vigente.

Ai 16 indagati vengono provvisoriamente contestati, a vario titolo, i reati di produzione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, di combustione illecita di rifiuti pericolosi, di resistenza a pubblico ufficiale, di evasione e furto, fatti salvi ulteriori approfondimenti che saranno eseguiti, anche in favore degli indagati, nel corso del procedimento che attualmente pende nella fase delle indagini preliminari, e la conferma delle ipotesi investigative sinora formulate negli eventuali successivi gradi di giudizio.

L’operazione di servizio, convenzionalmente denominata “Rail Verde” ed eseguita dal Gruppo di Gioia Tauro ha permesso di scoprire le condotte illecite dei soggetti, i quali avrebbero incentrato la propria attività criminale sulla “marijuana” di cui curavano la coltivazione, il “controllo di qualità”, la preparazione all’immissione in vendita ed infine l’immissione sul mercato.

L’indagine ha origine nel giugno 2021 allorquando un elicottero della Sezione Aerea della Guardia di Finanza di Lamezia Terme ha individuato una vasta piantagione di marijuana, situata su un terreno demaniale del Comune di Gioia Tauro (RC) nei pressi del termovalorizzatore.

I Finanzieri intervenuti sul posto hanno rinvenuto e sottoposto a sequestro 1.219 piante di cannabis e 14 kg di infiorescenze, per un totale di sostanza stupefacente di tipo marijuana poi risultata essere pari a 795,95 kg.

Le indagini hanno consentito di ricostruire come la piantagione fosse irrigata tramite un sofisticato sistema “a goccia”, costantemente vigilata dagli indagati. Uno di questi, in particolare, si sarebbe recato giornalmente sul posto evadendo dagli arresti domiciliari disposti nei suoi confronti nell’ambito di altro procedimento penale, accedendovi attraverso la linea ferroviaria che costeggia il terreno.

Alcuni tra gli indagati, inconsapevoli di essere monitorati dagli investigatori, nell’imminenza dell’intervento che ha portato al sequestro, hanno tentato di dileguarsi tra i campi del “Bosco di Rosarno” mentre altri si sono dati ad una spericolata fuga fra le trazzere, a bordo di un mezzo inseguito dalle auto della Guardia di Finanza. Fuga terminata con un rovinoso incidente. Altri soggetti, invece, hanno provato a distruggere le piantine dando fuoco alla piantagione e costringendo i Finanzieri sul posto a mettere in sicurezza dall’incendio il terreno e le coltivazioni nelle adiacenze.

Le indagini hanno consentito, inoltre, di individuare il luogo di deposito, di lavorazione ed essiccazione dello stupefacente dal quale gli indagati scambiavano foto, anche selfie, via WhatsApp. Sono state ricostruite decine di operazioni di spaccio tra Gioia Tauro e Livorno, effettuate anche in pieno giorno ed in zone perfino frequentate da bambini.

L’operazione di servizio, condotta dalle Fiamme Gialle di Reggio Calabria a contrasto dei fenomeni di produzione e traffico di sostanze stupefacenti, si inserisce nel più ampio dispositivo realizzato sul territorio dalla Guardia di Finanza a tutela della collettività dai gravi pericoli che l’immissione della droga sequestrata sul mercato avrebbe potuto provocare.

V  I D E O  –

 

 

 

Stop della Finanza al contrabbando di “bionde” (9 tonnellate) tra Palermo e Napoli- Sequestro e misure cautelari

Contrabbando di sigarette tra Palermo e Napoli - Eseguite misure cautelari personali
Foto Ufficio Stampa G.di Finanza

 

Palermo,

Nella mattinata odierna i finanzieri del Comando Provinciale di Palermo -informano le Fiamme gialle -hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale emessa dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Palermo, nei confronti di 14 soggetti, di cui 3 destinatari della misura cautelare in carcere, 8 ai domiciliari e 3 con l’obbligo di presentazione alla p.g..

Gli indagati, sulla base degli elementi probatori allo stato raccolti, sono indiziati di associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di sigarette.

In esecuzione della medesima ordinanza, nei confronti di 6 soggetti sono scattati anche i sequestri preventivi delle somme di denaro individuate come ammontare del profitto del reato e quantificato in oltre 2,5 milioni di euro.

La misura patrimoniale è stata disposta per coloro che, nel corso delle attività, sarebbero stati individuati a capo dell’organizzazione dedita all’acquisto, stoccaggio e commercializzazione di ingenti partite di Tabacco Lavorato Estero di contrabbando.

L’operazione delle Fiamme Gialle palermitane nasce in prosecuzione di analoga attività che aveva portato nell’ aprile del 2021 all’arresto di ulteriori 15 soggetti responsabili delle medesime fattispecie delittuose.

Le correnti indagini, svolte dagli investigatori del 2° Nucleo Operativo Metropolitano del Gruppo di Palermo, hanno richiesto l’impiego di sofisticate strumentazioni tecniche che sono risultate fondamentali per documentare il fiorente traffico di tabacchi lavorati esteri verosimilmente posto in essere dalla societas sceleris monitorata.

L’organizzazione, gerarchicamente strutturata e radicata nel quartiere palermitano di Brancaccio, ha visto destinatari del provvedimento di custodia cautelare in carcere due palermitani, verosimilmente il promotore del sodalizio criminale ed il suo luogotenente, e un soggetto napoletano probabile fornitore delle sigarette e punto di contatto con i broker stranieri.

Gli ulteriori associati avrebbero rivestito i ruoli di addetti al trasporto e allo stoccaggio delle “bionde” nonché di procacciatori delle autovetture che venivano utilizzate nei frequenti trasporti effettuati lungo il tragitto Napoli-Palermo sia via terra che a mezzo traghetto.

Dopo i primi sequestri operati dalle Fiamme Gialle, l’organizzazione ha iniziato ad utilizzare autovetture prese a noleggio o intestate a soggetti compiacenti; successivamente il gruppo indagato, vedendosi sempre più spesso colpito dagli interventi repressivi dei finanzieri, avrebbe cambiato il proprio modus operandi ricorrendo a corrieri che viaggiavano a bordo di autobus di linea sulla tratta Napoli-Palermo e che avrebbero occultato il prezioso carico all’interno di normali valigie da viaggio.

Una volta giunte a Palermo le sigarette sarebbero state stoccate all’interno di tre magazzini, presi in locazione da alcuni prestanome, ed ubicati in zona Corso dei Mille e Settecannoli.

L’organizzazione in breve tempo avrebbe gestito i “banchetti di vendita” nelle zone di Oreto-Stazione, Settecannoli, Borgo Vecchio, Brancaccio, Ballarò, Sperone e dello Zen.

Nel corso delle indagini sono stati inoltre denunciati ulteriori 20 soggetti, sequestrati oltre 530 kg. di TLE e arrestati 5 soggetti in flagranza di reato in 4 differenti occasioni.

La ricostruzione effettuata dalle Fiamme Gialle palermitane avrebbe fatto emergere un presunto traffico di oltre 9 tonnellate di sigarette in soli 7 mesi (giugno 2019/gennaio 2020) trasportate da Napoli a Palermo.

Dalle attività tecniche sarebbero emersi anche gli ingenti guadagni dell’organizzazione che avrebbe acquistato le sigarette sulla piazza napoletana a 21 euro a “stecca”, rivenduta nel capoluogo palermitano all’ingrosso a 28 euro e al dettaglio a 35 euro.

Il giro d’affari complessivamente ricostruito si attesterebbe oltre i 2 milioni e mezzo di euro.

L’odierna operazione di servizio testimonia la costante attenzione dalla Guardia di Finanza a tutela degli interessi economici finanziari dell’Unione Europea. In tale ambito rientra l’azione di contrasto al fenomeno del contrabbando di sigarette che ancor oggi rappresenta un crimine diffuso e costituisce una minaccia per i bilanci dell’Unione Europea e degli Stati nazionali ma anche un potenziale pericolo per la salute dei cittadini.

-V I D E O –

 

La Finanza sequestra beni per 6 milioni di euro e denuncia 29 persone

 

Sequestrati beni per 6 milioni di euro e denunciate 29 persone

Roma,

Disponibilità finanziarie, quote societarie e automezzi, per un valore complessivo di circa 6 milioni di euro, sono stati sequestrati dai Finanzieri del Comando Provinciale della Capitale, in esecuzione di un decreto emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Civitavecchia, su proposta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 27 persone – tra rappresentanti legali di società e ditte individuali – indagate per l’ipotesi di reato di indebita compensazione di debiti fiscali e contributivi con crediti d’imposta inesistenti.

Il provvedimento costituisce l’epilogo di indagini svolte dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Ladispoli, che hanno fatto piena luce sull’attività di una consulente tributaria, che aveva ideato un “pacchetto chiavi in mano” per consentire alle imprese coinvolte di abbattere le proprie pendenze con il Fisco.

Gli accertamenti hanno permesso di appurare che altri 130 contribuenti – sanzionati in via amministrativa – si sarebbero avvalsi dei “servizi” offerti dalla donna compensando crediti inesistenti per importi inferiori alle soglie di rilevanza penale.

Complessivamente, ammontano a 9,3 milioni di euro le imposte e i contributi non versati all’Erario grazie al sistema fraudolento orchestrato dalla consulente.

Allo stato delle attuali acquisizioni probatorie e in attesa di giudizio definitivo vale la presunzione di non colpevolezza degli indagati.

L’operazione si inquadra nella più ampia azione posta in essere dall’Autorità Giudiziaria e dalla Guardia di Finanza a contrasto delle frodi fiscali, che alterano le regole del mercato e danneggiano i cittadini e gli imprenditori onesti.

 

La Finanza sequestra a Napoli oltre 9 quintali di sigarette di contrabbando, gli automezzi e i locali adibiti a deposito

 

Sequestrati oltre 9 quintali di sigarette di contrabbando, gli automezzi e i locali adibiti a deposito

Napoli,

Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli ha sequestrato, nel corso di due distinti interventi, entrambi epilogati a Scafati (Salerno), oltre 9 quintali di sigarette e tratto in arresto in flagranza di reato un contrabbandiere, mentre un secondo è stato denunciato a piede libero.

In particolare i “Baschi Verdi” del Gruppo pronto Impiego di Napoli, durante la costante attività di controllo economico del territorio, hanno notato nel quartiere Scampia un soggetto che viaggiava su un furgone a forte velocità.

 

 

Ne è nato un inseguimento, al termine del quale il veicolo è stato fermato e sottoposto a controllo all’interno di un cortile dotato di un sistema di videosorveglianza.

L’ispezione è stata estesa anche ad un box nella disponibilità di un 44enne di Napoli, all’interno del quale è stato rinvenuto un ulteriore ingente quantitativo di sigarette, per un totale di circa 670 kg di “bionde” che sono state sottoposte a sequestro.

Nel corso di un secondo intervento, le Fiamme Gialle del Gruppo di Torre Annunziata hanno scoperto sempre all’interno di un garage ubicato nel piazzale di un centro commerciale 266 kg di sigarette di contrabbando.

Quel locale è risultato concesso in locazione a un 57enne di Torre Annunziata, già pregiudicato per reati di contrabbando, e quindi nuovamente denunciato.

In entrambe le operazioni, sono state sequestrate, oltre alle sigarette di contrabbando, anche i mezzi utilizzati per il trasporto e i locali-deposito.

 

Caltanissetta, arresti per Mafia: gli indagati “inducevano persino ad interrompere il rapporto di lavoro”

 

 

 

 

Caltanissetta,

I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta hanno eseguito, in data 30.05.22, Un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 12 persone,è  stata notificata dai finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta..  I destinatari sono indagati – in concorso e a vario titolo – per i delitti di furto ed estorsione aggravata dal metodo mafioso, a nove degli stessi è stata applicata la misura detentiva in carcere ed agli altri tre quella degli arresti domiciliari.

Il provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Caltanissetta, nel corso delle indagini preliminari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nissena, giunge al culmine di complesse investigazioni, che hanno consentito di accertare gravi indizi in relazione alle presunte “interferenze” nella gestione di beni aziendali.

I gravi indizi ritenuti dal GIP, che di seguito saranno esposti, sono stati accertati grazie alle indagini, condotte dal G.I.C.O. di Caltanissetta (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata), coadiuvati dai finanzieri della locale Sezione di Polizia Giudiziaria; indagini che si collocano nel più ampio contesto investigativo delle cosiddette “agromafie”. Tali gravi indizi  sulle persistenti “ingerenze”,  sarebbero state perpetrate da due fratelli – imprenditori agricoli operanti nell’agro della provincia di Enna, sulle aziende agli stessi confiscate a seguito di procedimento di prevenzione.

In particolare, i due germani, attraverso dipendenti “fidelizzati”, avrebbero inciso nelle dinamiche aziendali a più livelli, talvolta anche attraverso l’erogazione di direttive in contrasto con quelle dell’amministratore giudiziario, arrivando alla presunta sottrazione di beni strumentali all’attività agricola per fini personali.

Inoltre, in danno delle stesse aziende, oltre ai ricorrenti furti, sarebbero state accertate diversificate forme di intimidazione nei confronti dei lavoratori assunti dall’amministrazione giudiziaria, configurandosi, in danno di questi ultimi, una singolare forma di estorsione aggravata dal metodo mafioso, perché sarebbero stati indotti ad interrompere precocemente il rapporto di lavoro.

Secondo il suindicato provvedimento cautelare le minacce non sarebbero state direttamente avanzate dai due fratelli, per non sovraesporsi, attesa la loro sottoposizione a procedimento di prevenzione e procedimento penale; si sarebbero avvalsi, invece, dell’operato di soggetti a loro “vicini”, ovvero di “fiancheggiatori” per indurre i dipendenti assunti dall’amministratore giudiziario ad abbandonare il posto di lavoro.

Tali minacce sarebbero avvenute con le classiche modalità proprie di chi esercita una capacità di intimidazione mafiosa, tanto che le vittime non solo non hanno sporto denuncia, ma avrebbero altresì sottaciuto al datore di lavoro, l’amministratore giudiziario, le reali ragioni del repentino recesso dal rapporto di lavoro appena instaurato.

Nella sostanza, i due fratelli avrebbero così assicurato la presenza esclusiva di personale di comprovata fedeltà presso le imprese loro sequestrate, che avrebbe garantito il costante controllo sul divenire delle diverse attività aziendali.

Ma non è tutto. Essi avrebbero organizzato, all’interno di una delle imprese sequestrate, anche un evento conviviale “una cena a base di porchetta”. Evento che, in tale contesto, assumerebbe un alto valore simbolico: una dimostrazione di forza, che avrebbe accresciuto altresì il loro prestigio di fronte agli intervenuti.

Inoltre uno dei due fratelli, attraverso “l’intermediazione” di altri “fiancheggiatori”, uno dei quali dentro  “cosa nostra” e operanti nella provincia di Messina, avrebbe preteso, con modalità estorsive, la restituzione di un autocarro aziendale che un privato, dimorante nella provincia di Messina, aveva legittimamente e “incautamente” acquistato dall’amministrazione giudiziaria.

Si precisa, infine, sono stati raccolti gravi indizi circa l’attualità di una vera e propria rete di presunti “sodali” e “fiancheggiatori”, con ramificazioni nelle province di Enna, Catania e Messina, che avrebbe agevolato la pervicace interferenza dei fratelli nelle quotidiane attività aziendali delle imprese confiscate.

 

 

Con i cani antidroga “Fanda” e “Jachpot” la Finanza scopre un traffico illecito di droga,(54 Kg), armi e riciclaggio

Sequestrati al porto di Civitavecchia 54 chili di droga, armi e oltre 200 mila euro in contanti

Roma,

Oltre 54 chilogrammi di hashish, 210 mila euro in contanti e un’arma da fuoco con relative cartucce sono stati intercettati al porto di Civitavecchia dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma.

Le Fiamme Gialle del Gruppo di Civitavecchia, con l’ausilio del cane antidroga “Fanda”, hanno scovato – occultati all’interno di un autoarticolato proveniente da Barcellona – 4 borsoni contenenti 551 panetti di hashish.

L’autista del veicolo, un Italiano di 70 anni, è stato arrestato per l’ipotesi di reato di traffico di droga. Inoltre, su un carro attrezzi sbarcato da Olbia, grazie al fiuto del cane “Jackpot”, i Finanzieri hanno rinvenuto e sequestrato una pistola calibro 7,65 marca Browning di fabbricazione belga, illegalmente detenuta, 19 cartucce e banconote di vario taglio per oltre 210 mila euro. Anche in questo caso l’autista, un Italiano di 34 anni, è stato arrestato per le ipotesi delittuose di porto illegale di arma e riciclaggio.

Le misure sono state adottate allo stato delle attuali acquisizioni probatorie e, in attesa di giudizio definitivo, vale la presunzione di non colpevolezza.

Le due operazioni, coordinate dalla Procura della Repubblica di Civitavecchia, rientrano nel più ampio dispositivo di contrasto ai traffici illeciti messo in campo dalla Guardia di Finanza negli scali aeroportuali e portuali di accesso alla Capitale.

 

Sequestro beni ad imprenditore edile mafioso del Clan “Casalesi”per 6,5 milioni di euro

 

Sequestrati tra Campania e Abruzzo beni per 6,5 milioni di Euro a imprenditore edile

Napoli,

In data odierna, -comunica la Finanza – i Finanzieri del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata e i Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale di Napoli hanno eseguito, tra le province di Napoli, Caserta e L’Aquila, un decreto di sequestro di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore di circa 6.500.000 di euro.

Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione per le Misure di Prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, – su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Napoli – nei confronti di un membro del clan ZAGARIA.

Lo stesso, attualmente detenuto, imprenditore nel campo dell’edilizia, originario di Casapesenna (CE), ma stabilmente domiciliato a Caserta, risulta condannato in via definitiva per associazione mafiosa avendo partecipato all’organizzazione operante nella provincia di Caserta e in altre aree del territorio nazionale, denominata clan dei Casalesi – fazione ZAGARIA, a seguito dell’indagine condotta dal ROS dei Carabinieri denominata SISTEMA MEDEA diretta dalla Procura della Repubblica di Napoli e conclusa il 14 luglio 2015, con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, nei confronti, tra gli altri, del “proposto” per i reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, turbata libertà degli incanti, finanziamento illecito a partiti politici ed altri delitti aggravati dalle finalità mafiose.

Le indagini economico-patrimoniali condotte dal G.I.C.O. della Guardia di Finanza hanno consentito di individuare un cospicuo patrimonio in capo allo stesso e ai componenti del proprio nucleo familiare, non giustificato rispetto ai redditi e alle attività economiche dichiarate.

Il sequestro, in particolare, riguarda 33 immobili, di cui 26 ubicati in provincia di Caserta, 6 nella provincia di Napoli e 1 nella provincia de L’Aquila, 4 terreni in provincia di Napoli, 3 società con sede in provincia di Caserta operanti nel settore edile e immobiliare, 5 autoveicoli e rapporti finanziari.

 

La Finanza individua lavoratori in “nero” filmati da un drone

 

 

Lavoratori in nero individuati grazie all'ausilio di un drone

 

 

Per garantire la legalità nelle lavorazioni agricole, interessate da una fase di particolare operosità, i Finanzieri del Comando Provinciale di Pordenone e i Funzionari dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Pordenone-Udine hanno effettuato, tra San Vito al Tagliamento e Morsano al Tagliamento, una serie di interventi “sui campi”, rintracciando, in sole 4 aziende agricole, ben 23 lavoratori “in nero”.

I controlli hanno preso spunto dalle indicazioni pervenute, a livello centrale, sia dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che dal Comando Generale della Guardia di Finanza, confermate e supportate, a livello locale, da quelle impartite dal Prefetto di Pordenone, che, sul tema, aveva indetto uno specifico tavolo di confronto affidando la regìa delle attività alla Guardia di Finanza ed all’Ispettorato del Lavoro.

L’intensificazione delle lavorazioni agricole, calendarizzate in base alle stagioni, richiede, infatti, nei periodi di punta, un fabbisogno di manodopera difficilmente risolvibile con risorse locali, affrontato, in tempi recenti, affidando le fasi di semina, potatura, impianto e raccolta alle sempre più numerose imprese che propongono “servizi connessi all’agricoltura”. Queste realtà, gestite da stranieri, riescono, infatti, a reclutare – spesso tra i loro connazionali, in genere privi di specifiche abilità professionali – i lavoratori necessari a soddisfare le esigenze delle aziende locali. Per vincere, però, la loro stessa concorrenza, sono costrette ad abbattere sempre più il costo orario della manodopera, inquinando il mercato del lavoro a favore di un profitto, per loro, comunque marginalmente basso, ma a completo svantaggio degli attori più deboli e bisognosi della filiera: i lavoratori stessi.

Dopo una breve fase di studio della realtà locale, le Fiamme Gialle del Friuli Occidentale hanno, quindi, individuato – grazie all’impiego di un drone ed alla conoscenza del territorio – gli appezzamenti di terreno sui quali era evidente una diffusa presenza di lavoratori intenti nelle lavorazioni agricole tipiche di questa stagione: la messa in campo delle barbatelle, la coltivazione d’uva e la raccolta degli asparagi. La bontà della selezione, confermata dalla successiva elaborazione dei dati, è stata, quindi, tradotta in pratica, con l’effettuazione, in due giornate, di 4 controlli “sui campi”, eseguiti, assieme ai Funzionari dell’Ispettorato del Lavoro, cinturando le aree e provvedendo all’identificazione integrale di tutti i lavoratori presenti.

Gli interventi hanno permesso di individuare 4 aziende agricole, di cui una con il 100% di lavoratori in nero (7 su 7) ed altre 3 con un rapporto irregolari/lavoratori complessivi di molto superiore al 50% (7 su 13; 5 su 8 e 4 su 7). Per tutte e 4, superata la soglia del 10% di irregolari sui lavoratori complessivi, è stata, in ogni caso, disposta la sospensione dell’attività. In particolare, tra i lavoratori irregolari, 4 sono risultati “richiedenti asilo” e 3, denunciati alla Procura della Repubblica di Pordenone, immigrati clandestini.

Il loro datore di lavoro, un italiano, è stato anch’egli segnalato all’Autorità Giudiziaria per impiego di manodopera priva di permesso di soggiorno. La sanzione per l’impiego di lavoratori in nero – riconteggi dei contributi previdenziali ed assicurativi a parte – è pari a 1.800 € per risorsa, maggiorati del 20% in caso di assunzione di lavoratori stranieri clandestini o richiedenti asilo. I due interventi confermano come, anche nella Destra Tagliamento, la guardia sulla legalità nelle lavorazioni nei campi non possa essere abbassata, attesa l’evidente, perdurante, convinzione che l’impiego di manodopera in nero – in danno ed a totale scapito, prima, delle persone in stato di bisogno e, poi, dell’Erario – generi un profitto tale da rendere accettabile il rischio di subire un controllo.

La tecnologia, indispensabile per selezionare gli obiettivi, si è rivelata,- dicono i finanzieri – in questo caso, fondamentale per individuare, con speditezza, i campi maggiormente affollati. L’attività, in ogni caso, oltre a confermare la stretta sintonia tra i due organi di controllo, continuerà, con cadenza regolare, verso le aree interessate dalle diverse colture stagionali.