Napoli e Caserta: stop alle attività mafiose, arresti di 6 persone che volevano affermare la propria egemonia

Elicottero, Carabinieri, Decollo
Carabinieri in elicottero

 

Nelle prime ore della mattinata odierna, nelle province di Caserta e Napoli, i Carabinieri del Reparto Territoriale di Mondragone hanno dato esecuzione alla misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 persone (da ritenersi presunti innocenti in considerazione dell’attuale fase del procedimento fino a definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile) gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di rapina, estorsione, sequestro di persona, con le aggravanti di aver agito per motivi abbietti, in più persone, avvalendosi dell’uso di armi e di aver agito con metodo mafioso, ponendosi sul territorio di Castel Volturno in contrapposizione con affiliati al clan dei “Casalesi” al fine di affermarne la propria egemonia criminale.

I provvedimenti cautelari costituiscono l’epilogo di una complessa ed intensa attività investigativa condotta, dal settembre del 2021, dalla Sezione Operativa del NORM del Reparto Territoriale di Mondragone, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli.

Le investigazioni hanno consentito di documentare come uno dei destinatari del provvedimento, grazie alla disponibilità di una ingente somma di denaro e ad un agguerrito seguito di complici, che venivano cooptati con un vero e proprio rito di affiliazione nel corso del quale veniva consegnato loro un anello quale simbolo del loro vincolo associativo, pianificasse e realizzasse un preciso piano criminale affermando la propria leadership criminale in Castel Volturno.  

Gli episodi criminali contestati vanno dalle rapine alle estorsioni ed ai danneggiamenti a esercizi commerciali del luogo, fino ad arrivare a violenti pestaggi ed atti intimidatori perpetrati anche mediante l’uso di armi. In talune circostanze sono stati altresì esplosi numerosi colpi d’arma da fuoco e posti in essere sequestri di persona a scopo estorsivo nei confronti di “gestori” di piazze di spaccio, sempre al fine di affermare la propria egemonia su Castel Volturno.

Le perquisizioni eseguite nel corso dell’esecuzione dei provvedimenti restrittivi, con l’impiego di unità cinofile hanno consentito di rinvenire armi nonché ulteriore materiale a riscontro delle risultanze investigative.

Operazione Antimafia dei Carabinieri in lotta contro le cosche di indrangheta

LE 5 ORGANIZZAZIONI CRIMINALI PIÙ POTENTI DEL MONDO - YouTube
Lotta alle cosche di indrangheta

 

 

La Direzione Investigativa Antimafia, su disposizione del Tribunale di Catanzaro, ha eseguito un provvedimento di sequestro di beni mobili ed immobili nella disponibilità di un imprenditore di origini calabresi stabilitosi da oltre 20 anni in provincia di Padova ed attualmente in regime di detenzione domiciliare.

Lo stesso era stato già colpito nell’ambito di una precedente operazione antimafia poiché ritenuto uomo di fiducia sul territorio padovano dell’associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetista della quale sarebbe stata partecipe e per la quale avrebbe fornito in via continuativa supporto logistico, economico ed investimenti imprenditoriali in provincia di Padova.

Il provvedimento trae origine dalle indagini coordinate dalle DDA di Catanzaro e Venezia, che hanno consentito di acclarare elementi relativi ad una pericolosità sociale sia generica che qualificata.

Le investigazioni avrebbero documentato incontri e rapporti con esponenti di spicco delle cosche di ‘ndrangheta, lasciando ipotizzare la costituzione di un’associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e all’autoriciclaggio di denaro, quest’ultimi sarebbero stati perpetrati attraverso un articolato sistema di emissione di fatture per operazioni inesistenti i cui pagamenti sarebbero stati schermati grazie alla compiacenza di funzionari di Banca.

Con il provvedimento odierno sono stati posti in sequestro beni mobili registrati, una società operante nel settore delle costruzioni con sede in MILANO e posizioni finanziarie per un valore complessivo di circa 19.000 euro.
Il risultato operativo si inserisce nell’ambito delle attività Istituzionali finalizzate all’aggressione delle illecite ricchezze acquisite e riconducibili, direttamente o indirettamente, a contesti delinquenziali, agendo così a tutela e salvaguardia della parte sana del tessuto economico nazionale.

Operazione Free credit – Falsi crediti d’imposta per 440 milioni di euro , sismabonus e bonus facciate

Operazione Free credit - Maxi frode per 440 milioni di euro di falsi crediti locazioni, sismabonus e bonus facciate
Falsi crediti d’imposta- Scattono le denunce all’Autorità Giudiziaria

 

Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, coordinati dalla Procura della Repubblica di Rimini, con il supporto di 44 Reparti territorialmente competenti, nonché della componente aerea del Corpo, del supporto tecnico dello S.C.I.C.O e del Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche, per un totale di oltre 200 militari, hanno dato avvio, alle prime luci dell’alba, ad una vasta operazione di polizia in Emilia Romagna ed in contemporanea in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto.

In queste ore le Fiamme Gialle stanno eseguendo un provvedimento del G.I.P. presso il Tribunale di Rimini con cui sono state disposte 35 misure cautelari personali di cui 8 in carcere e 4 ai domiciliari nonché 23 interdittive di cui 20 all’esercizio di impresa nei con-fronti di altrettanti imprenditori e 3 all’esercizio della professione nei confronti di altrettanti commercialisti, in quanto ritenuti componenti di un articolato sodalizio criminale con base operativa a Rimini ma ramificato in tutto il territorio nazionale, responsabile di aver creato e commercializzato per 440 milioni di euro falsi crediti di imposta, introdotti tra le misure di sostegno emanate dal Governo con il decreto rilancio (D.L. 34/2020), durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19 per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà.

In atto 80 perquisizioni ed il sequestro dei falsi crediti, di beni e assetti societari per il reato di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato. Tra loro, in 9 avevano presentato domanda di reddito di cittadinanza e 3 avevano precedenti di polizia per associazione a delinquere di stampo mafioso.

L’associazione a delinquere, che secondo l’ipotesi investigativa è composta da 56 soggetti che si sono avvalsi di 22 prestanomi, ha un nucleo centrale di 12 persone, oggi sottoposti a misure cautelari custodiali, tra imprenditori e commercialisti.

L’indagine del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria trae origine da un attento esame della documentazione relativa ad una presunta “cessione di crediti d’imposta”, effettuata da una società coinvolta in altro procedimento penale per reati fallimentari. L’analisi sull’origine dei crediti effettuata tramite l’utilizzo delle banche dati operative in uso al Corpo incrociata con le indagini sul campo e la valorizzazione delle segnalazioni per operazioni sospette, ha consentito di appurare che gli stessi erano inesistenti per carenza di requisiti. Da lì è nato il nuovo filone investigativo che fin dallo scorso mese di giugno ha consentito il monitoraggio dell’organizzazione criminale fin quasi dalla sua genesi e in tutti i passaggi di sviluppo, verificando come la stessa fosse totalmente dedicata alla crea-zione e commercializzazione di falsi crediti di imposta, successivamente monetizzati cedendoli a ignari acquirenti estranei alla truffa, portati in compensazione con conseguente danno finale alle casse dello Stato.

Gli esiti investigativi, suffragati dagli accertamenti bancari e dai dati pervenuti dall’Agenzia delle Entrate di Rimini e dalla Sogei S.p.A., hanno consentito di riscontrare l’esistenza del sopra menzionato sodalizio criminale, che ha operato secondo il seguente iter criminis comune alle tre casistiche di crediti d’imposta fittizi generati (Bonus locazioni, Sismabonus e Bonusfacciate):

  • tramite professionisti compiacenti, reperire società attive in grave difficoltà economica o ormai decotte, utili alla creazione degli indebiti crediti d’imposta;
  • sostituire il rappresentante di diritto di tali società con un prestanome, da cui ottenere le credenziali per poter inserire le comunicazioni di cessioni crediti nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate, così da avere uno schermo in caso di futuri accertamenti;
  • inserire le comunicazioni dichiarando di aver pagato canoni di locazione superiori agli effettivi (persino oltre il 260.000%) o effettuato lavori edili mai iniziati, così da generare crediti di imposta non spettanti;
  • cedere i crediti d’imposta a società compiacenti e dopo il secondo passaggio a società terze inconsapevoli, così da rendere più difficile la ricostruzione.

Neppure le recenti modifiche normative introdotte dal c.d. decreto antifrode n. 157/2021 hanno scoraggiato i membri dell’organizzazione criminale, che ha continuato a perpetra-re la truffa. Il profitto dei reati è stato:

  • investito in attività sia commerciali che immobiliari (subentro nella gestione di ristoranti, acquisto di immobili e/o quote di partecipazioni societarie);
  • veicolato, attraverso una fatturazione di comodo, verso alcune società partenopee per essere monetizzate in contanti;
  • trasferito su carte di credito ricaricabili business, con plafond anche di 50.000 euro e prelevato in contanti presso vari bancomat;
  • impiegato per finanziarie società a Cipro, Malta, Madeira;
  • convertito in cripto valute;
  • investito in metalli preziosi ed in particolare nell’acquisto di lingotti d’oro.

In fase di esecuzione dei sequestri, ritenendo plausibile che alcuni indagati potessero fa-re ricorso a botole e intercapedini in cui custodire contanti e preziosi, sono stati impiegati i c.d. “cash dog”, unità cinofile addestrate a fiutare l’odore dei soldi.

 

La Procura milanese Antimafia e la Guardia di Finanza mettono in ginocchio -e agli arresti -famiglie “indranghetiste” che usavano metodi mafiosi

Operazione della procura distrettuale antimafia di Milano tra Lombardia, Calabria e Piemonte
Ordinanze di custodia cautelare a seguito dell’indagine della Gdi Finanza

 

 

È scattato alle prime luci dell’alba di oggi l’intervento dei militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Pavia che, con la collaborazione del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma e supportato da reparti della Lombardia, Piemonte e Calabria, stanno eseguendo, tra l’altro, 13 ordinanze di custodia cautelare emesse dal G.I.P. del Tribunale di Milano nei confronti di altrettanti soggetti alcuni dei quali sarebbero contigui a storiche famiglie ‘ndranghetiste originarie di Platì (RC) e radicatesi nel Nord Italia nei territori a cavallo tra le province di Pavia, Milano e Monza Brianza nonché nel torinese.

Le ipotesi investigative contestate agli odierni arrestati dalla Procura Distrettuale Antimafia milanese vanno, a vario titolo, dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti alla detenzione e porto di armi da sparo fino a episodi di estorsione perpetrati in Lombardia con l’aggravante del metodo mafioso.

Le Fiamme Gialle pavesi, con il supporto dei reparti territoriali, di decine di unità anti terrorismo pronto impiego (ATPI), l’impiego di unità cinofile e dei mezzi aerei del Corpo sono stati impegnati nella ricerca e cattura dei destinatari della misura interessando anche la roccaforte di Platì dove i principali responsabili del sodalizio si erano spostati, facendo poi la spola con la Lombardia.

L’attività investigativa, iniziata nella primavera del 2019 e conclusasi oggi con l’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare, è stata caratterizzata dal costante monitoraggio dei soggetti originari del Reggino e da tempo stanziati nei territori compresi tra le province di Pavia e Milano, dove avrebbero operato seguendo condotte tipicamente mafiose. Infatti, le attività investigative hanno registrato ripetute attività estorsive nei confronti di soggetti che ritardavano a pagare lo stupefacente, ricorrendo alla forza intimidatrice, sovente manifestata con la prospettazione nei confronti delle loro vittime di gravi conseguenze ove non avessero saldato i propri debiti nei tempi richiesti dai sodali. Il sodalizio indagato avrebbe trattato considerevoli quantitativi di stupefacente, del tipo cocaina e marijuana, immessi nella rete di distribuzione, vendita e consumo anche con l’intento di rifornire gruppi criminali a loro collegati della Lombardia, del Piemonte, della Liguria e in Toscana.

Non sarebbero risultate estranee a queste ultime dinamiche criminali alcune figure femminili, congiunte dei principali indagati, che pur svolgendo una funzione servente o secondaria, hanno comunque dato un contributo reale ed effettivo per la commissione dei reati. Infatti, in più occasioni, è stato rilevato il loro supporto durante le operazioni di prelievo, consegna e confezionamento dello stupefacente nonché durante le operazioni di conteggio dei proventi illeciti incassati.

Per una di loro, come per altri due fiancheggiatori del sodalizio, il GIP del Tribunale di Milano ha disposto la misura dell’obbligo di presentazione avanti alla P.G. e per un quarto la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel territorio del comune di residenza. Il clan, per supportare le proprie capacità operative, per perpetrare le estorsioni ed il traffico di droga o anche per fronteggiare qualsiasi tipo di minaccia proveniente dall’esterno del sodalizio, aveva la disponibilità di armi automatiche, come i noti mitragliatori Kalashnikov, riforniti da altra cellula calabrese collegata.

Al fine di rendere, poi, oltremodo difficile l’individuazione dei proventi delle attività delittuose così da poter sfuggire ad una eventuale aggressione patrimoniale da parte dello Stato, il sodalizio criminale avrebbe utilizzato società di servizi ed imprese edili, costituite ad hoc, ma di fatto inattive, che tramite l’emissione di fatture false avrebbero potuto occultare i proventi illeciti sfruttando anche la complicità di almeno un professionista per presentare bilanci e dichiarazione dei redditi opportunamente “adattati”. 

Operazione Petrolmafie s.p.a. -Reggio Calabria, Sequestro di n. 3 società dai profitti illeciti, n. 21 immobili, n. 8 tra automobili e moto

 

Grande attività investigativa dei finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dello S.C.I.C.O., che con  il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Dott. Giovanni Bombardieri, hanno dato corso, con il supporto dei Reparti del Corpo competenti per territorio, nelle province di Asti, Milano, Piacenza, Parma, Roma, Latina, Caserta, Napoli, Bari, Brindisi e Lecce ad un decreto emesso dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della medesima Procura della Repubblica con il quale è stato disposto il sequestro preventivo dell’intero patrimonio aziendale di n. 3 società di capitali operanti nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, disponibilità finanziarie, beni mobili ed immobili, per un valore complessivo stimato in circa 15 milioni di euro.

L’operazione costituisce l’epilogo delle indagini condotte dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria e dallo S.C.I.C.O., con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, a contrasto dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nel commercio, su ampia scala, degli idrocarburi.

L’attività investigativa svolta ha permesso di scoprire, allo stato degli atti e sotto il profilo della gravità indiziaria, l’esistenza di una struttura organizzata, attiva nel commercio di prodotti petroliferi, avente la finalità di evadere le imposte, in modo fraudolento e sistematico, sotto la direzione strategica di un commercialista campano e con la compiacenza di soggetti esercenti depositi fiscali e commerciali, avvalendosi del controllo capillare di tutta la filiera della distribuzione del prodotto, dal deposito fiscale ai distributori stradali.

Le investigazioni hanno altresì consentito, in questa fase del procedimento penale e fatte salve le necessarie conferme nel merito, di lumeggiare gli interessi della ‘ndrangheta, e di altre organizzazioni criminali siciliane e campane nella gestione del business del commercio di prodotti petroliferi – settore economico altamente remunerativo – sull’intero territorio nazionale, per il tramite di una vera e propria joint venture criminale volta alla massimizzazione dei profitti illeciti ai danni dello Stato e della libera concorrenza.

In particolare, le società investigate (cartiere), affermando fraudolentemente di possedere tutti i requisiti richiesti al fine di poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, presentavano ad un deposito fiscale ubicato nella provincia di Reggio Calabria – volano della frode – la relativa dichiarazione di intento per l’acquisto del prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’I.V.A.. Il prodotto così acquistato, a seguito di diversi (e cartolari) passaggi societari, veniva poi ceduto, a prezzi concorrenziali, ad individuati clienti. Nel corso delle indagini è stato ricostruito un giro di false fatturazioni per un ammontare complessivo di oltre 600 milioni di euro ed IVA dovuta per oltre 130 milioni di euro, appurando l’omesso versamento di accise per 31 milioni di euro.

I proventi derivanti dalla frode venivano trasferiti verso una fitta rete di conti correnti controllati dall’organizzazione criminale, intestati a società di comodo o persone fisiche, da cui il denaro veniva in seguito trasferito verso società di comodo estere o prelevato in contanti e restituito (sempre in contanti) tanto ai membri dell’organizzazione quanto agli acquirenti del prodotto petrolifero.

I profitti illeciti, così ripartiti dai membri dell’organizzazione, venivano reinvestiti nel medesimo circuito criminale e/o impiegati in altre attività finanziarie/imprenditoriali così determinando un vorticoso giro di riciclaggio – autoriciclaggio, per un importo complessivo di oltre 173 milioni di euro. Parte di detto importo (per oltre 41 milioni di euro) veniva riciclato su conti correnti esteri riconducibili a società di comodo bulgare, rumene, croate ed ungheresi, per poi rientrare nella disponibilità dell’organizzazione medesima.

In tale contesto, nel mese di aprile 2021 veniva data esecuzione a provvedimenti cautelari personali, nei confronti di 23 persone (n. 19 in carcere e n. 4 agli arresti domiciliari) e reali. su un patrimonio complessivamente stimato in centinaia di milioni di euro.

I successivi approfondimenti esperiti hanno permesso di accertare, allo stato ed in via indiziaria, come il sodalizio investigato, parallelamente alle descritte attività, si fosse prodigato per l’acquisto di un ulteriore deposito fiscale con cui proseguire ed ampliare il disegno criminoso. Allo scopo, l’organizzazione, reimpiegando parte dei proventi illecitamente accumulati, ha rilevato, per il tramite di una società di comodo ubicata a Milano, un deposito fiscale con sede in Bari.

Analogamente, al fine di massimizzare i profitti connessi alla frode perpetrata, il sodalizio ha acquistato, facendo ricorso anche in tal caso a provviste illecite, un deposito commerciale insistente nella provincia di Parma.

Con l’operazione odierna si è proceduto, quindi, al sequestro dei citati compendi industriali, frutto del reimpiego dei proventi illeciti generati dalla consorteria criminale.

Detenuto di Caltagirone ucciso nel sonno dal compagno di cella

 

Carcere di Bellizzi Irpino: trovati due cellulari all'intero di una cella -  Irpiniaoggi.it

Archivio -Sud Libertà

Un omicidio maturato in piena notte fra i corridoi del penitenziario di Caltagirone. Ad uccidere G. Calcagno, secondo la Procura, sarebbe stato il suo compagno di cella, che lo avrebbe strangolato nel sonno.Un uomo, T.G. – fornite solo le iniziali del nome – è stato arrestato dai carabinieri perché reo di aver strangolato il compagno di cella, mentre la vittima dormiva, il 3 gennaio scorso nel carcere di Caltagirone, nel catanese, dove era detenuto.

E’ da supporre che la vittima si sia svegliata e abbia cercato di reagire al suo assassino compagno di cella.

La ricostruzione dei fatti, corroborata da inequivocabili accertamenti medico-legali, ha permesso di fare luce sulle cause del decesso del detenuto, G.C, inizialmente apparsa quale morte naturale. L’uomo era già agli arresti domiciliari, perché gravemente indiziato dell’omicidio del compagno di cella. In passato, inoltre, era stato condannato per omicidio e tentato omicidio.

Emessa l’Ordinanza giudiziaria

I militari dell’Arma hanno notificato un’ordinanza del Gip all’uomo arrestato, emessa su richiesta del Procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera, e del sostituto Samuela Maria Lo Martire.

Reggio Calabria, La Sicilia Operazione Laguna – Individuate imprese percettrici di ingenti finanziamenti dell’Unione Europea

REGGIO CALABRIA

Reati anti Unione euopea.Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, sotto il coordinamento dell’EPPO (European Public Prosecutor’s Office), hanno individuato diverse imprese calabresi percettrici di ingenti finanziamenti dell’Unione Europea, finalizzati all’acquisto di grandi imbarcazioni da diporto, come barche a vela o catamarani, che avrebbero dovuto incentivare il turismo calabrese, con i relativi benefici occupazionali, e che invece solcavano i mari siculi.

L’indagine, coordinata dalla Procura Europea (EPPO) – Organo giudiziario dell’UE, operativo dallo scorso 1° giugno, istituito con il compito di indagare e perseguire i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione – ha condotto alla denuncia di sei imprenditori reggini per il reato di malversazione a danno dello Stato, nonché per il conseguente illecito amministrativo dipendente da reato.

Il Tribunale di Reggio Calabria – direttamente interessato dai Procuratori Europei Delegati per la Sicilia e Calabria – nel condividere l’impianto investigativo del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Reggio Calabria, ha emesso appositi decreti di sequestro preventivo, in via diretta o per equivalente, della somma complessiva di 900.000 euro.

Disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili sono stati così appresi dalle Fiamme Gialle reggine, nell’ambito dell’Operazione denominata “Laguna”, nei confronti dei rappresentanti legali delle sei imprese calabresi destinatarie dei finanziamenti UE.

Complessivamente, le attività eseguite hanno consentito di individuare fondi comunitari illecitamente utilizzati per 1.200.000 euro, 300.000 dei quali, avviati i controlli, sono stati revocati, ovvero restituiti dai beneficiari e assicurati alle casse dello Stato.

Quello eseguito rappresenta il primo provvedimento giudiziario della specie richiesto dai Procuratori Europei Delegati per la Sicilia e Calabria, peraltro in un settore di rilevanza strategica per il rilancio economico-imprenditoriale quale è quello dei “Fondi strutturali” europei.

Più in particolare, le attività investigative si sono concentrate, per più di un anno, sulla verifica della regolarità nella gestione e nell’utilizzo di agevolazioni finanziarie per l’acquisto di grandi imbarcazioni da diporto, fino ai 24 metri, erogate dalla Comunità Europea, finalizzate appunto all’incentivazione del turismo calabrese, efficacemente sponsorizzata dallo slogan “Una Calabria più competitiva”.

Mirate verifiche alle imprese, controlli incrociati, acquisizione e disamina della documentazione amministrativo-contabile hanno permesso agli investigatori di scoprire che i beni oggetto della pubblica sovvenzione erano stati in realtà impiegati per finalità diverse da quelle per le quali erano stati acquistati. Più nel dettaglio, i finanzieri hanno ricostruito le modalità di commissione dell’illecito, consistenti nella concessione in locazione delle imbarcazioni, attraverso particolari contratti stipulati per il tramite di brokers specializzati, con rotte ricadenti prevalentemente a largo della Sicilia nord-orientale. Ed è proprio presso i porti turistici di tale area costiera, come verificato dagli stessi finanzieri, che le barche risultavano stabilmente attraccate ed utilizzate, in violazione delle finalità previste dal Bando regionale che ne prevedevano, come esposto, l’utilizzo esclusivo sul litorale calabrese.

Il servizio dà prova della costante attenzione che la Guardia di Finanza, oggi operando in sinergia con la neoistituita Procura Europea, rivolge al delicato settore della Spesa pubblica comunitaria e nazionale, nella consapevolezza che il corretto impiego dei fondi pubblici aiuti la crescita produttiva e occupazionale e contribuisca, nell’attuale congiuntura, ad arginare l’impatto negativo della crisi economica e sociale conseguente all’emergenza pandemica e sostenere il rilancio del Paese.

La Finanza di Catania paralizza e disarticola consorterie criminali internazionali dedite al traffico di droga

 

Nell’ambito di articolate attività d’indagine coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Catania, con la collaborazione e il supporto dello SCICO (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata) e del “Cuerpo Nacional de Policia” spagnolo, hanno individuato e tratto in arresto a Valencia (Spagna) J. C. H. R., narcotrafficante di origine colombiana, latitante, su cui pendeva un mandato di arresto europeo per traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Nel dettaglio, le informazioni acquisite nel tempo e la collaborazione internazionale hanno permesso di individuare a Valencia il citato H., che è stato tratto in arresto dalla polizia spagnola ed è in attesa di estradizione.

H. era infatti tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania, con cui, lo scorso 25 maggio, sono state disposte misure restrittive nei confronti 13 persone, sottoposte a indagine, a vario titolo, per associazione a delinquere e spaccio di sostanze stupefacenti.

Si apprende anche che l’attività investigativa – svolta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catania – ha consentito di porre in luce e disarticolare due consorterie criminali operanti nel capoluogo etneo, dedite alla commercializzazione di elevati quantitativi di sostanze stupefacenti, e di sottoporre a sequestro, in più occasioni, oltre 367 kg di marijuana e cocaina.

In particolare, la prima associazione, promossa da due fratelli colombiani, coadiuvati da altri due cittadini del medesimo paese sudamericano, era dedita al traffico di cocaina.

La seconda associazione criminale era a sua volta articolata in due gruppi.

Il primo, costituito da cittadini albanesi, ed è risultato attivo nell’importazione di importanti quantitativi di droga dall’Albania, poi rivenduti a organizzazioni operanti sul territorio siciliano.

Il secondo gruppo si riforniva di stupefacente del tipo marijuana dal primo sodalizio, per poi rivenderlo a Catania.

Le investigazioni, condotte dalle unità specializzate antidroga del GICO del Nucleo di PEF della Guardia di finanza di Catania, hanno consentito, nel tempo, di effettuare sei interventi repressivi del traffico di stupefacente. In particolare, gli interventi, operati in provincia di Catania (Belpasso e Misterbianco) e a Messina, hanno consentito di pervenire al sequestro di 367 kg tra marijuana e cocaina, destinate al mercato catanese.

Ricercato si cala da una finestra per fuggire ai Carabinieri ma viene raggiunto ed arrestato

Banksy, il detenuto evade dal carcere con una macchina da scrivere è la sua  ultima opera - Il Fatto Quotidiano

Archivi-Sud Libertà

Noto protagonista ancora dell’azione investigativa dei Carabinieri che dopo aver arrestato, negli ultimi giorni, 2 persone all’interno della popolosa comunità dei Caminanti, hanno ora rintracciato nello stesso ambito ed assicurato alla giustizia un uomo ricercato da oltre due anni per reati che vanno dall’estorsione alla truffa al furto aggravato commessi tra il 2010 e il 2013 a Lecce, Trieste e Pordenone.
Gli uomini del Nucleo Operativo della Compagnia, all’esito di prolungate ricerche, sono riusciti ad individuare una villetta, sita nel così detto quartiere dei Caminanti, all’interno della quale poteva nascondersi il soggetto da arrestare. Quando i Carabinieri si sono presentati all’ingresso del palazzo per verificare la presenza del ricercato, l’uomo si è rapidamente calato da una finestra laterale ed ha cercato di fuggire correndo tra i tetti delle abitazioni vicine.

I militari però lo hanno inseguito e sono riusciti a raggiungerlo ed a trarlo in arresto. Dopo gli adempimenti burocratici, il soggetto è stato tradotto presso la casa circondariale di Siracusa – Cavadonna, dove dovrà scontare due anni e tre mesi di reclusione. 

Confiscati a titolare chiosco-bar, 23 immobili, auto d’epoca e disponibilità finanziarie per un valore di circa 6 milioni di euro

 

LA FINANZA CONTROLLA LE SPROPORZIONI DEI REDDITI DI UNA PERSONA MAFIOSA, NEL CASO DI UN RAPINATORE CON CHIOSCO BAR

 

CATANIA

Nell’ambito di attività di indagine coordinate dalla Procura della Repubblica, i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito un provvedimento di confisca in materia antimafia, emesso dalla Corte di appello etnea, relativo al patrimonio di N.F.T., originario di Catania.

Le indagini, eseguite dal Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania, hanno riguardato tanto il profilo soggettivo quanto le disponibilità economico-finanziarie del proposto e, per il profilo patrimoniale anche quello della sua famiglia.

In particolare, le investigazioni hanno consentito di accertare: da un lato, la pericolosità sociale del proposto.

  • Al riguardo, come confermato dalle intercettazioni telefoniche, captate in altro procedimento penale, di soggetti affiliati al clan mafioso “C.”, è emerso che il citato N.F.T. fosse specializzato in rapine a danno di soggetti cinesi, che aveva pianificato ed eseguito anche fuori dalla Sicilia.
    Inoltre, il proposto è stato condannato, con sentenze passate in giudicato, per plurimi delitti contro il patrimonio e nei suoi confronti pende tutt’ora un procedimento penale per lesioni;
  • dall’altro, la sproporzione tra il profilo reddituale del nucleo familiare del citato N.F.T. e l’ingente complesso patrimoniale riconducibile al proposto e alla sua famiglia.
    Al riguardo, le indagini, svolte dalle unità specializzate del GICO del Nucleo PEF di Catania, hanno consentito di appurare che il proposto (che non risultava svolgere alcuna attività lavorativa) e il suo nucleo familiare, a fronte di redditi modesti, hanno effettuato rilevanti investimenti in particolare per l’acquisto e la ristrutturazione degli immobili sottoposti a confisca.

In esito alle investigazioni del Nucleo PEF di Catania, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania, su richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto in primo luogo il sequestro e poi la confisca dei seguenti beni: 23 unità immobiliari a Catania; 1 ditta individuale, adibita chiosco bar; 3 rapporti finanziari; 3 autoveicoli d’epoca, per un valore complessivo di 6 milioni di euro.

Il provvedimento è stato confermato dalla Corte di appello di Catania e dalla Corte di  Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal proposto.

L’attività dei Finanzieri di Catania si inquadra nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza volte al contrasto sotto il profilo economico-finanziario, delle associazioni a delinquere di tipo mafioso, al fine di evitare i tentativi, sempre più pericolosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale, e di partecipazione al capitale di imprese sane, anche profittando delle difficoltà legate al periodo di contrazione economica.