Operazione ” Fuel family Lussemburgo” – Scoperta frode Iva di 300 milioni di euro. Procura Europea (Napoli e Roma) e Guardia di Finanza smantellano sodalizio criminale

 

Napoli,

Nella mattinata odierna un’operazione coordinata dagli uffici di Bologna, Napoli e Roma della Procura Europea ha consentito di smantellare un sodalizio criminale che avrebbe commercializzato prodotti energetici in Italia evadendo sistematicamente l’imposta sul valore aggiunto. L’operazione, convenzionalmente denominata “Fuel family”, ha dato luogo all’esecuzione di misure cautelari personali nei confronti di otto soggetti, inclusi i vertici del sodalizio. Contestualmente, nei confronti di 59 persone fisiche e 13 imprese sono stati sequestrati beni per circa 300 milioni di euro.

Il provvedimento trae origine dalle indagini condotte nei confronti di un’associazione per delinquere composta da almeno dieci soggetti (alcuni dei quali legati da vincoli familiari), con ramificazioni in Italia e all’estero, che avrebbero posto in essere una ingente frode all’IVA nel settore dei carburanti. Cinque indagati sono stati sottoposti agli arresti domiciliari mentre tre sono destinatari dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Sono gravemente indiziati dei reati di associazione per delinquere, frode all’IVA e riciclaggio.

Le attività investigative avrebbero consentito di disvelare la commercializzazione in Italia di carburante proveniente, principalmente, dalla Slovenia e dalla Croazia attraverso una filiera commerciale in cui erano fittiziamente interposte 41 società “cartiere” con sedi in Campania e Lombardia, che hanno sistematicamente violato gli obblighi di dichiarazione e versamento dell’IVA. Secondo quanto emerso dalle indagini, al vertice della filiera vi era una società con sede a Rovigo e deposito fiscale a Magenta (MI), dove era destinata la maggior parte del prodotto.

Le società “cartiere” avrebbero emesso e utilizzato fatture per operazioni inesistenti per un ammontare di oltre 1 miliardo di euro determinando un’evasione dell’IVA di oltre 260 milioni.

Sarebbe stato, inoltre, accertato il riciclaggio di proventi illeciti per un ammontare complessivo di oltre 35 milioni di euro, prima trasferiti sui conti correnti di società ungheresi e rumene, quindi monetizzati attraverso sistematici prelievi di denaro contante e infine consegnati ai promotori del sodalizio.

Grazie alla sistematica evasione dell’IVA, gli indagati avrebbero praticato prezzi illecitamente concorrenziali ai clienti finali (distributori stradali) applicando un sistematico “sottocosto” sul prezzo di cessione.

L’operazione è stata condotta dai Nuclei di Polizia Economico-Finanziaria di Verbania, Rovigo, Roma, Napoli e Caserta, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata e con il II Gruppo Napoli.

La Procura europea (EPPO) è un organismo indipendente dell’Unione europea incaricato di indagare, perseguire e portare in giudizio i reati che ledono gli interessi.

 

 

Guardia di Finanza: scoperti  illeciti contributi a fondo perduto in Sicilia, coinvolte dieci società e professionisti a Siracusa, Messina e a Malta

 

 

I finanzieri del Comando Provinciale di Siracusa hanno proceduto a verificare la correttezza dei dati autocertificati per la fruizione dei suddetti benefici, riscontrando l’esistenza di oltre dieci società, destinatarie delle predette erogazioni pubbliche, con sede legale nelle province di Siracusa, Messina e nello Stato di Malta

Nel corso del periodo di emergenza sanitaria per Covid-19 sono state riconosciute a favore delle imprese in difficoltà varie agevolazioni tra cui i contributi a fondo perduto a beneficio dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo, titolari di partita IVA, mediante la presentazione telematica di una specifica istanza, con l’indicazione della sussistenza dei requisiti previsti dalla legge.

 

I finanzieri del Comando Provinciale di Siracusa hanno proceduto a verificare la correttezza dei dati autocertificati per la fruizione dei suddetti benefici, riscontrando l’esistenza di oltre dieci società, destinatarie delle predette erogazioni pubbliche, con sede legale nelle province di Siracusa, Messina e nello Stato di Malta, intestate a mere “teste di legno” e prive di reale operatività, gravitanti intorno ad un unico “faccendiere” siracusano, operanti perlopiù nel settore delle sponsorizzazioni delle corse automobilistiche, costituite con il principale scopo di schermare le operazioni commerciali fittizie.
Dopo aver notiziato la Procura della Repubblica, nel corso delle indagini delegate veniva accertata la presenza di un’associazione a delinquere che, grazie a dichiarazioni reddituali ed IVA attestanti dati non veritieri, aveva illecitamente beneficiato di ingenti misure economiche a fondo perduto a sostegno delle imprese in difficoltà.

Dall’analisi dei flussi finanziari dei conti correnti intestati alle persone fisiche e giuridiche coinvolte e delle loro dichiarazioni dei redditi, emergeva un modus operandi tanto semplice quanto efficace; decuplicando i fatturati del 2019 rispetto a quelli realmente conseguiti da parte delle società coinvolte, mediante la rettifica delle dichiarazioni dei redditi già presentate, è stato possibile giustificare un drastico calo dei ricavi conseguiti nel
successivo periodo pandemico 2020-2021, inducendo in errore l’ente pagatore.

 

Quanto indebitamente percepito dall’organizzazione criminale veniva immediatamente “messo al sicuro” e trasferito su conti correnti detenuti nello Stato di Malta intestati ai componenti dell’organizzazione criminale.
Le movimentazioni di denaro tra le società coinvolte e il trasferimento all’estero venivano giustificate con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti relative a sponsorizzazioni mai rese, in modo da rendere estremamente difficoltosa l’individuazione della provenienza delittuosa delle somme illecitamente accumulate.

 

Al termine delle indagini sono state eseguite 10 misure cautelari di cui una in carcere, due ai domiciliari e sette misure interdittive nei confronti dei promotori e partecipi al sodalizio criminale, fra i quali i rappresentanti di fatto e di diritto delle società coinvolte e 4 professionisti in campo tributario e legale.
La Finanza -si apprende pure- ha provveduto  al sequestro preventivo della somma di circa 1.800.000 euro quale profitto dei reati di indebita percezione di erogazioni pubbliche, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illegale e autoriciclaggio.

 

 

Forse un punto d’incontro tra Israele e Hamas per il rilascio degli ostaggi

 

Palestinesi passano davanti alle case danneggiate dagli attacchi israeliani durante il conflitto, nel mezzo di una tregua temporanea tra Israele e Hamas, nel nord della Striscia di Gaza. (Reuters/Abed Sabah)

Archivi -Sud Libertà

 

Oggi, venerdì 26 gennaio, la Corte internazionale di Giustizia deciderà sulle eventuali misure cautelari da adottare nei confronti di Israele nell’ambito del ricorso presentato dal Sudafrica contro lo Stato ebraico per il crimine di genocidio. Lla Corte dell’Aja potrebbe  chiedere lo stop dell’operazione militare nella Striscia di Gaza.

Dal canto suo , Hamas si dice pronto a rispettare qualsiasi decisione della Corte Internazionale di Giustizia che richieda il cessate il fuoco a Gaza se lo farà anche Israele. La notizia, rilanciata dal sito di Al Jazeera, in vista dell’udienza con cui la Corte oggi dovrà annunciare se concederà misure di emergenza, Hamas afferma che rilascerà tutti gli ostaggi israeliani se Israele scarcererà tutti i prigionieri palestinesi. “Il nemico sionista deve mettere fine al suo assedio di 18 anni a Gaza e far entrare tutto l’aiuto necessario alla popolazione e alla ricostruzione”, conclude la dichiarazione.

La decisione dell’Aja è vincolante e non appellabile, ma non è detto che Israele decida di rispettarla  visto  che la Corte non ha gli strumenti per far rispettare le sue sentenze.

Dubbi comportamenti di Israele

Nel ricorso presentato dal Sudafrica si chiede alla Corte di determinare se i comportamenti di Israele rappresentino violazioni della convenzione contro il genocidio di cui fanno parte sia Tel Aviv che Pretoria. Lo Stato sudafricano, nello specifico, accusa Israele non solo di commettere atti di genocidio, ma anche di una mancata prevenzione e repressione di atti di genocidio imputabili alle truppe. La Convenzione, infatti, vieta agli Stati gli atti di genocidio, ma prevede anche il loro obbligo di prevenire e reprimere i corrispondenti atti individuali.

Operazione “Smart Delivery”,voluminoso traffico di stupefacenti , dialoghi criptati, schede cellulari intestate a soggetti stranieri, consegne a domicilio11 arresti

Possesso di droga: quanti grammi per uso personale?

Droga confezionata in pillole – Archivi-Sud Libertà

 Reggio Calabria – Gioia Tauro 

Nella notte, nelle province di Reggio Calabria, Benevento, Vibo Valentia e Siracusa, i Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro, supportati dallo Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria, hanno dato esecuzione a 11 misure cautelari emesse dal GIP del Tribunale di Palmi (9 in carcere e 2 ai domiciliari), su richiesta della locale Procura della Repubblica retta dal Dott. Emanuele CRESCENTI, nei confronti di altrettanti indagati, ritenuti responsabili, tra l’altro e a vario titolo, dei reati di «Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope».

L’operazione è il frutto di una articolata attività investigativa, svolta tra il mese di agosto 2020 e giugno 2022 e condotta dalla Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro, finalizzata all’individuazione di un gruppo di soggetti originari di alcuni Comuni della Piana i quali, utilizzando un sistema rodato e ben collaudato, si occupavano di gestire, in varie località, lo spaccio di sostanze stupefacente, principalmente cocainamarijuana e crack.

L’indagine prende spunto da alcune informazioni raccolte da una pattuglia dell’Arma, nel corso di un intervento per lite in famiglia: nella circostanza, i militari della Sezione Radiomobile della Compagnia di Gioia Tauro, si accorsero che la lite nasceva da un debito legato al traffico di stupefacenti. 

Da quel momento, i Carabinieri hanno approfondito alcune dinamiche e, le successive investigazioni, hanno permesso d’individuare numerosi episodi di detenzione e cessione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, consentendo di censire la presenza di almeno due “piazze di spaccio” sia nella municipalità di Rosarno che nel comune di Gioia Tauro oltre che individuare alcuni “posti sicuri” in Rizziconi. In tutti i casi è stato riscontrato un voluminoso giro di affari e clienti, gestito da soggetti ritenuti comunque vicini agli ambienti della criminalità organizzata locale.

I riscontri obiettivi acquisiti attraverso i servizi d’osservazione, pedinamento e controllo, nonché mediante perquisizioni, sequestri, arresti in flagranza ed attività tecnica, hanno fornito la chiave di lettura per decifrare, inoltre, alcuni dialoghi “criptati”, nei quali gli stupefacenti erano spesso chiamati con nomi di fantasia usando linguaggio convenzionale (“sto arrivando con una birra ma senza vino” … “se vuoi passare una birra te la posso dare” … ).

Più di cento episodi documentati e ventitré le persone indagate, 11 delle quali colpite da provvedimento restrittivo della libertà personale: tra queste, gli investigatori hanno ritenuto di particolare rilevanza il ruolo tenuto da tre soggetti i quali, ciascuno nel territorio di specifica competenza,  utilizzavano una serie d’espedienti e stratagemmi per evitare gli eventuali controlli delle forze di polizia, ad esempio intestando le schede cellulari a soggetti stranieri o addirittura a persone inesistenti, oppure ancora utilizzando motocicli per potersi agevolmente muovere nella viabilità urbana, cercando così di eludere eventuali pedinamenti.

Ma la particolarità dell’indagine è quella di aver registrato le “consegne a domicilio”, da qui la decisione di denominare l’operazione “smart delivery”. Si è registrato infatti che, in alcune circostanze, soprattutto nel periodo di maggiore limitazione negli spostamenti per l’imposizione delle misure imposte dalla pandemia da Covid-19, alcuni indagati erano soliti prendere l’ordine per lo stupefacente: non era quindi il cliente a recarsi dallo spacciatore, ma a concordare con questi, anche telefonicamente o via canali “social”, la consegna della sostanza, che veniva portata direttamente a casa o in altro luogo preventivamente individuato.

Gli indizi raccolti nei confronti degli indagati, corroborati da una consistente attività di riscontro, sono stati utili al fine di rappresentare all’Autorità Giudiziaria di Palmi un quadro schematico di chiara valutazione, da cui poter evincere le differenti personalità dei soggetti indagati e la loro tendenza alla commissione di specifici reati, reiterati nel tempo.

In aggiunta, la procura di Palmi ha contestato, ad uno degli indagati, la “morte come conseguenza di altro delitto” poiché, nel 2021, un cittadino italiano era deceduto dopo aver acquistato e successivamente assunto per endovena, alcune dosi di cocaina, peraltro con un grado di purezza notevole.

La particolare avvedutezza e circospezione con cui tutti gli indagati, ciascuno nell’ambito delle sue funzioni, operavano nella consumazione dei reati di spaccio al minuto, hanno denotato, secondo l’Autorità Giudiziaria, una maturazione di tecniche volte ad eludere le attività investigative, nonché una “professionalità” ormai consolidata, affinatasi a seguito dei numerosi controlli a cui, nel corso del tempo, gli indagati sono stati sottoposti.

Nel corso dell’indagine, tra l’altro, veniva rinvenuto un vero e proprio arsenale pronto all’uso all’interno di una casa apparentemente abbandonata. Nello specifico, dentro un secchio di plastica, ben occultati da diversi strati di cellophane sono stati rivenuti: una mitraglietta modello “Uzi” perfettamente oleata, in ottimo stato di utilizzo, senza matricola munita di 2 caricatori, una scatola contenente 50 proiettili calibro 9 luger e un involucro con ulteriori 20 cartucce calibro 7,65, oltre che un ordigno artigianale improvvisato, perfettamente funzionante, del peso lordo di 850 grammi, collegato ad una miccia a rapida combustione, nonchè, due sacchetti di plastica contenenti più di 4 chilogrammi di polvere pirica, idonea al confezionamento di altri ordigni artigianali.

In altro locale della medesima abitazione, all’interno di un radiatore vi erano nascoste due confezioni contenenti 77 grammi totali di sostanza stupefacente di tipo cocaina, materiale per il confezionamento e un bilancino di precisione.

L’operazione, si inserisce in un più ampio contrasto alla diffusione degli stupefacenti della piana di Gioia Tauro che, negli ultimi tre anni, ha visto assestare dai Carabinieri del Gruppo un pesantissimo colpo alle varie famiglie di ‘ndrangheta e, in questo caso, anche alle diramazioni finali della catena di diffusione degli stupefacenti.

 

Catania: Operazione “Alcatraz” , arresti e stop a spaccio droga e cellulari all’interno della casa di reclusione di Augusta

 

Catania

Su delega della Procura Distrettuale della Repubblica etnea, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania e personale del Nucleo Investigativo Regionale di Palermo della Polizia Penitenziaria hanno dato esecuzione nelle province di Catania, Ragusa, Siracusa, Palermo, Cosenza e Udine a un’ordinanza con cui il Gip di Catania ha disposto l’applicazione di misure cautelari coercitive personali nei confronti di 11 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, dei delitti di traffico organizzato di sostanze stupefacenti e di spaccio delle predette sostanze all’interno della casa di reclusione di Augusta nonché di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.

Gli arresti sono stati operati con il supporto dei finanzieri Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata (SCICO) nonché dei Comandi Provinciali di Palermo, Ragusa e Udine e, per la Polizia Penitenziaria, con l’ausilio di personale del Nucleo Investigativo di Padova e di Catanzaro, sotto il coordinamento del Nucleo Investigativo Centrale.

Nel dettaglio, l’indagine, diretta dalla locale Procura e condotta dal GICO del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catania e dal predetto Nucleo Investigativo Regionale di Palermo della Polizia Penitenziaria, trae origine dalle dichiarazioni di alcuni detenuti ristretti presso la casa di reclusione di Augusta in merito a presunte condotte di illecita introduzione di stupefacenti e telefoni cellulari all’interno della struttura carceraria.

Le investigazioni, svolte anche mediante attività tecniche e servizi di pedinamento, osservazione e controllo, hanno consentito, nell’attuale stato del procedimento in cui non è stato ancora instaurato il contradittorio con le parti, di individuare un’associazione criminale, composta da non meno di 8 soggetti, dedita in particolare all’approvvigionamento, al trasporto e all’introduzione clandestina dello stupefacente, principalmente hashish, all’interno del richiamato istituto di pena.

Il sodalizio sarebbe stato promosso, organizzato e coordinato dai due detenuti. Il primo avrebbe impartito dalla predetta struttura carceraria direttive ai propri sodali a piede libero su quantitativi, tipologia, prezzi e modalità di pagamento della droga, coordinando le successive fasi di introduzione clandestina e cessione ad altri detenuti.

Il secondo avrebbe curato l’approvvigionamento, il confezionamento, il trasporto e l’ingresso dello stupefacente all’interno del medesimo istituto di pena avvalendosi dell’ausilio, a vario titolo, di altri 6 sodali.

L’attività criminosa sarebbe stata resa possibile dall’utilizzo di telefoni cellulari illegalmente introdotti, dotati di sim intestate a soggetti inesistenti, i quali costituivano lo strumento fondamentale per le quotidiane comunicazioni con l’esterno.

Per l’ingresso della “merce” e dei citati telefoni cellulari all’interno della struttura carceraria sarebbero state utilizzate due consolidate strategie operative: la fruizione di permessi premio da parte dei detenuti e i colloqui visivi di questi ultimi con i propri familiari. Nel primo caso il detenuto di rientro nella struttura penitenziaria avrebbe, in più occasioni, abilmente occultato la sostanza stupefacente sulla persona in modo da superare i relativi controlli di rito, nel secondo caso sarebbero state utilizzate diverse modalità che prevedevano il trasporto e l’occultamento ad opera dei “visitatori” dei panetti o dei cellulari all’interno di involucri di patatine, di pannolini per bambini o di bricchi di succhi di frutta, poi cestinati in specifici contenitori dell’immondizia all’interno dell’istituto di pena, previamente indicati da uno dei due promotori dell’associazione, il quale, approfittando della sua mansione di addetto alle pulizie, avrebbe successivamente provveduto al recupero e alla consegna ai propri sodali detenuti.

La sostanza stupefacente avrebbe alimentato un mercato interno a favore dei “clienti-detenuti” interessati al relativo acquisto, con tanto di tariffario completo e aggiornato che variava a seconda della qualità della droga e del grado di conoscenza dell’acquirente. Di norma il prezzo di un panetto di hashish si sarebbe aggirato intorno alle 1.500/2.000 euro e il relativo pagamento sarebbe stato assicurato attraverso accreditamenti su diverse carte Postepay nella disponibilità di alcune sodali a piede libero, madri e compagne dei due dominus del sodalizio, addette alla gestione della cassa e alla tenuta della contabilità del denaro incassato e da incassare. La diversificazione delle carte da ricaricare a titolo di pagamento sarebbe stata finalizzata anche a evitare incongruenze tra l’esiguo ISEE dichiarato e il giro di denaro gestito, essendo taluni dei sodali percettori del reddito di cittadinanza.

Nel corso dell’attività d’indagine, a riscontro dell’operatività del descritto sodalizio, sono stati tratti in arresto, in flagranza di reato, 3 soggetti per detenzione ai fini della cessione di sostanze stupefacenti e si è proceduto al sequestro, in più momenti, di 15 panetti di hashish e apparecchi cellulari. Sono state inoltre individuate specifiche responsabilità a carico degli altri indagati che avrebbero, a vario titolo, preso parte alla florida attività criminosa posta in essere dal predetto sodalizio ponendo in essere attività di acquisto, trasporto o cessione dello stupefacente.

Alla luce delle evidenze investigative raccolte dal Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania e dal Nucleo Investigativo Regionale di Palermo della Polizia Penitenziaria, il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale – su richiesta del P.M. inquirente – ha dunque disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di 9 soggetti e gli arresti domiciliari per ulteriori 2 indagati.

L’attività investigativa in questione si inquadra nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla Procura di Catania, dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia Penitenziaria volte alla repressione di tutte le forme di traffico organizzato e spaccio di sostanze stupefacenti.

Operazione “Condor”- 10 misure cautelari per associazione di tipo mafioso, stupefacenti ed estorsione.

Carabinieri, via al concorso per 4mila posti - Il Capoluogo

Archivi- Sud Libertà

 Agrigento 
All’alba di oggi i Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento e del R.O.S., con il supporto dei militari dei Comandi Provinciali di Palermo, Trapani, Enna e Caltanissetta, del Nucleo Carabinieri Cinofili e dello Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori, hanno notificato una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Palermo su richiesta della locale D.D.A., a carico di 10 soggetti (5 dei quali destinatari della custodia cautelare in carcere, 4 degli arresti domiciliari ed 1 dell’obbligo di dimora) gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Eseguite 23 perquisizioni personali e locali (di cui 3 in carcere) nei confronti dei destinatari dei suddetti provvedimenti e di altri soggetti indagati, a vario titolo, nello stesso procedimento penale. L’intervento repressivo scaturisce dai convergenti esiti dell’indagine denominata “Condor”, condotta dai militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Agrigento, e da quella denominata “Xidy” condotta dal R.O.S. e che già nel febbraio 2021 aveva registrato una prima fase esecutiva.
Le indagini, coordinate dalla D.D.A. di Palermo hanno consentito di acquisire un grave compendio indiziario relativo: – agli assetti mafiosi nel territorio di Favara (AG) ed in quello di Palma di Montechiaro (AG), quest’ultimo caratterizzato – come accertato da sentenze definitive – dalla convivenza della articolazione territoriale di cosa nostra e di formazioni criminali denominate paracchi sul modello della stidda. In tale contesto sono stati raccolti indizi relativi: • al tentativo di uno degli indagati di espandere la propria influenza al di là del territorio palmese, e segnatamente a Favara ed al Villaggio Mosè di Agrigento; • al ruolo di “garante” esercitato dal vertice della famiglia di Palma di Montechiaro (AG) a favore di un esponente della stidda, al cospetto dell’allora reggente del mandamento di Canicattì; – all’ipotizzato controllo delle attività economiche: • nel territorio di Palma di Montechiaro (AG), con specifico riferimento al settore degli apparecchi da gioco e delle mediazioni per la vendita dell’uva (c.d. sensalie); • nel territorio di Favara (AG) mediante l’imposizione delle cosiddette “messe a posto” ad imprenditori operanti nel territorio favarese e danneggiamenti a mezzo incendio; – all’ipotizzata operatività di una parallela struttura associativa con base a Palma di Montechiaro (AG) e diretta da soggetti indiziati di appartenere alla stidda, che gestiva il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti. In merito a quest’ultima attività delittuosa, le attività investigative hanno permesso di raccogliere gravi indizi in ordine all’avvenuta commissione di diversi episodi di spaccio. Con riferimento, poi, ai reati fine contestati ad alcuni degli indagati, sono stati acquisiti e giudicati dal GIP gravi indizi in ordine: – all’interferenza esercitata da cosa nostra sul lucroso settore economico delle transazioni per la vendita di uva e la progressiva ingerenza in detto settore della stidda. In tale ambito sono emersi gli asseriti rapporti del vertice della famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro con la ‘ndrina calabrese dei BARBARO di Platì; – al controllo illecito di una grossa parte del remunerativo settore imprenditoriale delle slot machines e degli apparecchi da gioco installati nei locali commerciali; – all’attività estorsiva posta in essere in danno di un imprenditore, costretto ad astenersi dalla partecipazione ad un’asta giudiziaria finalizzata alla vendita di alcuni terreni; – alla tentata estorsione in danno di un imprenditore operante nel settore della distribuzione e gestione di congegni e apparecchi elettronici; – alla gestione di un impianto di pesatura dell’uva, i cui proventi sarebbero stati in parte destinati al mantenimento dei detenuti; – all’estorsione – consistita nell’imposizione dell’assunzione di uno degli stessi indagati – ai danni di un’impresa aggiudicataria di lavori a Ravanusa (AG); – all’incendio perpetrato ai danni del titolare di un’autodemolizione con deposito giudiziario.

ASL Calabria, truffa Sanità, 19 misure cautelari per medici e farmacisti

 

Carabinieri - Foto e Immagini Stock - iStock
Archivi-SUD LIBERTA’
False ricette mediche con la prescrizione di costosi farmaci dei quali nessun paziente aveva bisogno, prodotte solo per incassare denaro dal Servizio sanitario nazionale. Ipotesi di associazione a delinquere finalizzata a truffa aggravata ai danni del Ssn che i Carabinieri del Nas di Cosenza e del gruppo Tutela salute di Napoli, con l’ausilio dei Carabinieri dei comandi provinciali di Cosenza e Crotone, hanno dato esecuzione questa mattina a 19 misure cautelari nei confronti di medici e farmacisti, emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Castrovillari (Cosenza) su richiesta della Procura locale..
L’indagine  ha scoperto false ricette mediche con la prescrizione di costosi farmaci dei quali nessun paziente aveva bisogno, prodotte solo per incassare denaro dal Servizio sanitario nazionale . Sono inoltre in corso numerose perquisizioni presso abitazioni, ambulatori medici e farmacie nelle province di Cosenza e Crotone, con il sequestro preventivo di beni, informano i Nas cosentini.
Il provvedimento – comunicano gli inquirenti  – prevede l’applicazione di tre misure coercitive di custodia cautelare in carcere disposte nei confronti di due informatori farmaceutici e di un medico di medicina generale, e di una misura di arresti domiciliari nei confronti della moglie di quest’ultimo, mentre per gli altri 15 indagati, tra i quali alcuni farmacisti della fascia ionica cosentina, è stata applicata la misura interdittiva del divieto di esercizio della professione di titolare, gestore, collaboratore di farmacia.

Le indagini, condotte dal Nas di Cosenza attraverso intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, nonché servizi di controllo e pedinamento, ipotizzano l’esistenza di “un’associazione per delinquere finalizzata a truffa aggravata ai danni del Ssn, compiuta mediante la redazione di false ricette mediche relative a costose specialità medicinali, non collegate ad alcuna necessità terapeutica di ignari pazienti –  a cui sarebbero state prescritte al solo scopo di percepire il relativo profitto grazie al totale rimborso delle spese da parte del servizio sanitario”.

Reggio Calabria: arresti per maltrattamenti e abbandono di persone incapaci

Maltrattamenti nella casa di riposo di Grado, possibili violenze anche da  parte dei parenti
Maltrattamenti ad anziani Archivi Sud Libertà

 

Reggio Calabria
I Carabinieri del Nas di Reggio Calabria a conclusione di un’articolata attività investigativa, denominata “LA SIGNORA”, hanno dato esecuzione, con l’ausilio di militari del Comando Provinciale Carabinieri del capoluogo, ad una Ordinanza, emessa dal GIP presso Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale Procura della Repubblica diretta dal Procuratore G. B., di applicazione della misura cautelare personale degli arresti domiciliari nei confronti di due donne, titolari di una casa di riposo abusiva, e di tre loro dipendenti, gravemente indiziati, secondo l’ipotesi investigativa, dei reati di maltrattamenti verso conviventi e abbandono di persone incapaci, aggravati dall’aver cagionato la morte di un ospite.
Altri 7 soggetti sono stati deferiti in stato di libertà per diversi illeciti penali. Le indagini del NAS condotte da Gennaio a Maggio 2021, supportate da attività tecniche di intercettazioni telefoniche, acquisizioni e analisi di cartelle cliniche e ispezioni igienico sanitarie, nonché da pedinamento e osservazioni, sono originate dalla querela di una donna il cui marito, affetto da malattia neurodegenerativa, era deceduto dopo un periodo di degenza presso la casa di riposo oggetto di indagine. Si ipotizza che l’uomo sarebbe stato vittima di maltrattamenti e abbandono che avrebbero causato un peggioramento irreversibile della sua condizione clinica fino a giungere al decesso. Gli accertamenti investigativi avrebbero permesso di ricostruire, allo stato degli atti e fatte salve le successive valutazioni di merito, che le titolari della struttura, sottoposte agli arresti domiciliari, unitamente ai dipendenti (3 sottoposti a misura cautelare ed altri 6 deferiti in stato di libertà), avrebbero maltrattato 15 ospiti della casa di riposto, tutti affetti da gravi patologie e non autosufficienti, con plurimi atti vessatori che sarebbero consistiti: –
Nel somministrare scarse quantità di cibo, anche scaduto e mal conservato, tali da cagionare deperimento e malnutrizione; Nel tenere gli ospiti senza riscaldamento e di acqua calda, in ambienti privi di abbattimento architettonico; Nel somministrare arbitrariamente medicinali, senza consulto medico, e psicofarmaci, tra cui l’Entumin, per rendere più “gestibili” e sedare gli ospiti, tanto che agli indagati viene contestato anche l’esercizio abusivo della professione sanitaria; Nell’omettere le normali pratiche di igiene personale e degli ambienti, in quanto gli anziani sarebbero stati abbandonati e chiusi nelle stanze per cui, in alcuni casi, sono stati costretti così ad espletare i propri bisogni su sé stessi e sul letto dove dormivano, provocando l’aggravamento delle patologie già in essere e cagionando in alcuni casi anche la malattia della scabbia. Tutti gli ospiti, tra i quali vi erano anche anziani permanentemente allettati, sarebbero stati gestiti da personale assolutamente inidoneo e privo dei requisiti medici specialistici, infermieristici e socio assistenziali richiesti, ed inoltre, soprattutto di notte, alla presenza di un solo operatore, tanto che le vittime in alcuni casi sarebbero state costrette a dormire tra le loro feci e urine rimanendo a lungo fradici e sporchi. Le titolari, in concorso con la cuoca ed altra dipendente, sono indagate anche per il reato di epidemia colposa in quanto con condotte omissive e negligenti avrebbero agevolato il propagarsi di un focolaio Covid tra gli ospiti, cercando in tutti i modi di nascondere i contagi agli altri dipendenti, ai familiari delle vittime, alla Prefettura ed all’ASL reggina, tanto da rendere necessario un immediato intervento del NAS per avviare le previste misure contenitive e di cura e scongiurare ben più gravi conseguenze, interrompendo i tentativi di occultamento dei casi Covid.
Altri due dipendenti sono indagati per sostituzione di persona, in quanto, come avrebbero dimostrato le intercettazioni telefoniche, avrebbero fatto credere ad una anziana signora intenzionata a lasciare la casa di riposo di parlare al telefono con il figlio, che la rassicurava sulla “buona qualità” dell’assistenza e degli operatori che la curavano, mentre, in realtà si trattava di un dipendente. Tra gli indagati, poi, vi è anche una geometra reggina che, unitamente alle titolari, è stata deferita in stato di libertà per il reato di falsità ideologica, poiché avrebbe attestato falsamente la presenza, presso lo stabile in cui vi era la casa di riposo abusiva, di 4 distinte casa – famiglia che rispettavano i requisiti minimi strutturali. Contemporaneamente all’ esecuzione della misura cautelare personale è stato eseguito il sequestro preventivo della casa di riposo, e gli ospiti sono stati trasferiti presso i familiari o altre strutture socio sanitarie individuate dai Carabinieri e dai servizi sociali del Comune di Reggio Calabria. Il procedimento penale è nella fase delle indagini preliminari per cui vanno fatte salve le successive valutazioni di merito.

 

 

Stop della Finanza al contrabbando di “bionde” (9 tonnellate) tra Palermo e Napoli- Sequestro e misure cautelari

Contrabbando di sigarette tra Palermo e Napoli - Eseguite misure cautelari personali
Foto Ufficio Stampa G.di Finanza

 

Palermo,

Nella mattinata odierna i finanzieri del Comando Provinciale di Palermo -informano le Fiamme gialle -hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale emessa dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Palermo, nei confronti di 14 soggetti, di cui 3 destinatari della misura cautelare in carcere, 8 ai domiciliari e 3 con l’obbligo di presentazione alla p.g..

Gli indagati, sulla base degli elementi probatori allo stato raccolti, sono indiziati di associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di sigarette.

In esecuzione della medesima ordinanza, nei confronti di 6 soggetti sono scattati anche i sequestri preventivi delle somme di denaro individuate come ammontare del profitto del reato e quantificato in oltre 2,5 milioni di euro.

La misura patrimoniale è stata disposta per coloro che, nel corso delle attività, sarebbero stati individuati a capo dell’organizzazione dedita all’acquisto, stoccaggio e commercializzazione di ingenti partite di Tabacco Lavorato Estero di contrabbando.

L’operazione delle Fiamme Gialle palermitane nasce in prosecuzione di analoga attività che aveva portato nell’ aprile del 2021 all’arresto di ulteriori 15 soggetti responsabili delle medesime fattispecie delittuose.

Le correnti indagini, svolte dagli investigatori del 2° Nucleo Operativo Metropolitano del Gruppo di Palermo, hanno richiesto l’impiego di sofisticate strumentazioni tecniche che sono risultate fondamentali per documentare il fiorente traffico di tabacchi lavorati esteri verosimilmente posto in essere dalla societas sceleris monitorata.

L’organizzazione, gerarchicamente strutturata e radicata nel quartiere palermitano di Brancaccio, ha visto destinatari del provvedimento di custodia cautelare in carcere due palermitani, verosimilmente il promotore del sodalizio criminale ed il suo luogotenente, e un soggetto napoletano probabile fornitore delle sigarette e punto di contatto con i broker stranieri.

Gli ulteriori associati avrebbero rivestito i ruoli di addetti al trasporto e allo stoccaggio delle “bionde” nonché di procacciatori delle autovetture che venivano utilizzate nei frequenti trasporti effettuati lungo il tragitto Napoli-Palermo sia via terra che a mezzo traghetto.

Dopo i primi sequestri operati dalle Fiamme Gialle, l’organizzazione ha iniziato ad utilizzare autovetture prese a noleggio o intestate a soggetti compiacenti; successivamente il gruppo indagato, vedendosi sempre più spesso colpito dagli interventi repressivi dei finanzieri, avrebbe cambiato il proprio modus operandi ricorrendo a corrieri che viaggiavano a bordo di autobus di linea sulla tratta Napoli-Palermo e che avrebbero occultato il prezioso carico all’interno di normali valigie da viaggio.

Una volta giunte a Palermo le sigarette sarebbero state stoccate all’interno di tre magazzini, presi in locazione da alcuni prestanome, ed ubicati in zona Corso dei Mille e Settecannoli.

L’organizzazione in breve tempo avrebbe gestito i “banchetti di vendita” nelle zone di Oreto-Stazione, Settecannoli, Borgo Vecchio, Brancaccio, Ballarò, Sperone e dello Zen.

Nel corso delle indagini sono stati inoltre denunciati ulteriori 20 soggetti, sequestrati oltre 530 kg. di TLE e arrestati 5 soggetti in flagranza di reato in 4 differenti occasioni.

La ricostruzione effettuata dalle Fiamme Gialle palermitane avrebbe fatto emergere un presunto traffico di oltre 9 tonnellate di sigarette in soli 7 mesi (giugno 2019/gennaio 2020) trasportate da Napoli a Palermo.

Dalle attività tecniche sarebbero emersi anche gli ingenti guadagni dell’organizzazione che avrebbe acquistato le sigarette sulla piazza napoletana a 21 euro a “stecca”, rivenduta nel capoluogo palermitano all’ingrosso a 28 euro e al dettaglio a 35 euro.

Il giro d’affari complessivamente ricostruito si attesterebbe oltre i 2 milioni e mezzo di euro.

L’odierna operazione di servizio testimonia la costante attenzione dalla Guardia di Finanza a tutela degli interessi economici finanziari dell’Unione Europea. In tale ambito rientra l’azione di contrasto al fenomeno del contrabbando di sigarette che ancor oggi rappresenta un crimine diffuso e costituisce una minaccia per i bilanci dell’Unione Europea e degli Stati nazionali ma anche un potenziale pericolo per la salute dei cittadini.

-V I D E O –

 

Scoperto a Napoli e a Caserta vasto traffico di droga, 40 ordinanze di custodia cautelare

Liberainformazione La diffusione della droga in Italia | Liberainformazione
Traffico stupefacenti

Carabinieri della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere, all’esito di una articolata attività di indagine coordinata dalla DDA della Procura della Repubblica di Napoli, hanno dato esecuzione, nelle prime ore della mattinata odierna, ad una ordinanza di applicazione di misura cautelare in carcere nei confronti di 40 soggetti a carico dei quali sono stati ritenuti sussistenti gravi indizi in relazione ai reati di associazione finalizzata al traffico illecito ed alla detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

L’attività di indagine, svolta dal mese di aprile 2017 al mese di aprile 2018, ha consentito di far luce su tre diversi sodalizi criminali che gestivano il traffico di droga, prevalentemente cocaina, da destinare a piazze di spaccio nella provincia di Caserta e di Napoli.

Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.