Messina, Ponte sullo Stretto:” Necessaria una reazione di popolo del Meridione..”

Infrastrutture al Sud e Ponte sullo Stretto: Quali e quanti benefici…?”. È stato il tema del convegno tenutosi oggi, venerdì 4, nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca organizzato dal Rotary Club Messina, Kiwanis Distretto Italia – San Marino, dall’Associazione Centro Studi Diodoro e E-Campus Università. Alla cerimonia di apertura dei lavori è intervenuto il Sindaco Cateno De Luca, dopo i saluti istituzionali e i ringraziamenti per l’invito a partecipare si è soffermato sulle ultime notizie relative alla realizzazione del Ponte sullo Stretto.

Proprio stanotte nel corso dell’ennesima riunione di Commissione è stata definita – ha riferito il Sindaco De Luca – la relazione per evidenziare gli elementi scientifici che portano ahimè, alla non realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Da tempo assistiamo al cosiddetto ‘festival delle fesserie sul Ponte’, poiché a partire da, è meglio fare il Tunnel al Ponte a tre campate, ciò che è emerso qualche ora fa è veramente inverosimile cioè, tra 15-20 anni non oltre, la Sicilia si unirà alla Calabria e dunque il Ponte non è più necessario realizzarlo, per cui questi convegni diventano inutili. Ecco perché le nostre iniziative politiche insieme a questi convegni diventano addirittura un incubo.

Vi ringrazio ancora una volta per l’invito, in quanto anche voi per l’ennesima volta portate al centro dell’attenzione la necessità di realizzare questa importante opera. Intendo esprimere il mio pensiero sotto il profilo politico e per certi aspetti socio – economico, non mi permetto di entrare nel merito degli aspetti tecnici. Sotto il profilo politico quest’opera – ha sottolineato De Luca – rappresenta un delitto di Stato, da quel momento in cui una legge cancella con il governo allora Monti ciò che era stato fatto concretamente perché eravamo quasi ormai all’apertura dei cantieri. Un provvedimento anomalo collegato ovviamente ai poteri forti dell’Europa del nord cioè a quelli che sono i poteri legati alla potenza e alla politica dei loro porti che riescono ad intercettare le merci provenienti dal canale di Suez. Noi invece, mancando le infrastrutture ferroviarie, l’alta velocità che consentono ai nostri porti di diventare punti di riferimento, di conseguenza non siamo nelle condizioni di potere fare una sana concorrenza al nord Europa. Per cui è chiaro che c’è un interesse forte che si è sostituito a quello che nel 2006 aveva portato a coniare definitivamente il corridoio Berlino- Palermo.

Tralasciando questo aspetto dal punto di vista politico in merito alla nostra rappresentanza meridionale in Parlamento – ha continuato il Sindaco – superato lo Stretto questa si consegna al nemico, e chi continua ad agire contro la realizzazione del Ponte lo considero un nemico. E’ indispensabile mostrare la nostra forza meridionalista che declini in termini chiari ciò che è necessario per il Sud, ma ad oggi ancora non si è riusciti. Non si può parlare di Ponte solo qualche anno prima delle elezioni e una volta fatte le elezioni regna il silenzio totale. Lo scandalo a cui abbiamo assistito di recente con il Recovery plan è quello che il Ponte non si poteva inserire perché non previsto nel cronoprogramma relativo al collaudo di questa infrastruttura. Di conseguenza noi riceviamo dall’Europa quasi 200 miliardi perché esiste il Meridione, riconoscono al sud delle risorse con l’obiettivo di tentare il livellamento socio-economico per superare il divario tra nord e sud.

Quindi il 70 per cento di quelle risorse sono state assegnate perché c’è il meridione, e non è altrettanto vero che sono state attribuite al sud il 40 per cento di queste risorse, in quanto a monte ci sono progetti già coperti da appositi finanziamenti che sono stati definanziati e rimessi in circolazione in quel 40 per cento, e quindi a mala pena del Recovery plan se arriverà a noi, circa il 15%, è già una fortuna. Questo è il trattamento che hanno riservato al Sud.

A seguire, si sono inventati il ‘fondino’, peccato che pure in quest’ultimo non hanno introdotto il Ponte sullo Stretto e tutto continua serenamente a tacere. Noi sicuramente, dobbiamo organizzarci perché questa impostazione non ha dato risultati, è necessaria una reazione di popolo del meridione al fine di essere livellati ad avere tutte le opportunità per essere competitivi. Basta – ha concluso il Sindaco de Luca – ad essere lì pronti a chiedere con un cappello in mano”.

Il programma dei lavori è proseguito con gli interventi di Agata Rinciari, presidente Kiwanis Peloro, Tonino Brancato, chairman del convegno, Piero Luccisano, testimonial per il Centro Studi Diodoro e il Prorettore vicario dell’Università degli Studi di Messina Giovanni Moschella. In qualità di relatori hanno partecipato Enzo Siviero, Rettore Università e-Campus su “Connessioni Mediterranee”; Giovanni Mollica, imprenditore e appassionato meridionalista ed esperto di trasporti con “Il ponte e le reti ten-ti”; Fernando Rizzo presidente Rete Civica per le Infrastrutture del Mediterraneo su “Recovery Fund, i fondi assegnati per il Meridione e la violazione dei diritti umani dello Stato centrale”; Salvatore Sciliberto, chair distrettuale “Mantenimento e sviluppo”.

A conclusione dei lavori gli interventi di Francesco Garaffa, segretario Kiwanis Distretto Italia- San Marino; Alfredo Buttafarro, Lgt. Kiwanis Divisione I Sicilia Due Mari Valdemone; e Maura Magni, governatore Kiwanis Distretto Italia-San Marino.

Scandalo dieselgate: la Corte di Giustizia europea boccia la commissione d’inchiesta del Parlamento europeo

 

Pubblichiamo una comunicazione Stampa del M5s a firma di Eleonora Evi con un breve preambolo per la reale comprensione della problematica.

La bufera ha avuto inizio negli Usa quando l’Epa, l’Agenzia americana per la protezione ambientale, ha scoperto l’uso di software che modificavano i dati sulle emissioni delle auto. Tra le case automobilistiche più coinvolte le tedesche Volkswagen e Audi

Il Dieselgate o scandalo emissioni, consiste nella scoperta della falsificazione delle emissioni di vetture munite di motore diesel vendute negli Stati Uniti e in Europa consentendo così alle vetture di emettere sostanze inquinanti superiori ai limiti imposti per legge. La manipolazione avveniva attraverso un software. La bufera è scoppiata nel settembre 2015 e non è ancora conclusa come dimostra il fermo dell’amministratore dell’Audi Rupert Stadler.

Dopo quasi due anni dalla fine lavori della Commissione di inchiesta del Parlamento europeo sullo scandalo Dieselgate (EMIS) non si è fatto abbastanza per togliere dalla strada milioni di auto diesel che inquinano più di quanto dichiarato da costruttori e autorità di omologazione. Lo dice chiaramente la Corte dei conti nel documento di riflessione intitolato “La risposta dell’UE allo scandalo Dieselgate” (febbraio 2019).

I revisori inchiodano letteralmente la Commissione Junker alle proprie responsabilità quando affermano che potrebbero essere necessari molti anni per migliorare la qualità dell’aria nelle città considerato l’elevatissimo numero di auto diesel altamente inquinanti in circolazione in Europa, che secondo le stime a disposizione ammonterebbero a ben 43 milioni di veicoli. Perché i recenti sviluppi normativi promossi a livello dell’Unione, tra cui l’introduzione della prova RDE per gli inquinanti atmosferici, ovvero il test in condizioni reali di guida, non hanno avuto un impatto incisivo.

I revisori della Corte dei Conti scrivono che proprio la prova RDE avrebbe potuto portare ad una riduzione maggiore delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) da parte delle auto diesel se la Commissione europea non ne avesse indebolito l’efficacia introducendo dei moltiplicatori con cui rendere più laschi i limiti da far rispettare ai costruttori di auto diesel: “l’introduzione della prova RDE ha portato ad una significativa riduzione delle emissioni di NOx da parte delle autovetture diesel, ma l’impatto avrebbe potuto essere ancora maggiore se fosse stato adottato il limite massimo di 128 mg/km di NOx inizialmente proposto invece di quello di 168 mg/km.”

Tradotto: la Commissione poteva (e noi diciamo doveva) essere più ferma nei confronti delle case automobilistiche e non concedere loro di piegare la nuova procedura di test su strada a loro piacimento, consentendo il raddoppio dei limiti da rispettare fino al 2020.

Una vergogna. Esattamente quanto noi abbiamo sempre denunciato in Commissione EMIS. E un punto su cui la Commissaria all’industria e il mercato interno (la polacca Elżbieta Bieńkowska) è stata incalzata anche durante l’ultimo confronto sul follow-up dell’UE allo scandalo Dieselgate il 20 febbraio scorso.

E non è finita qui. La Commissione europea ha ricevuto un’altra sonora bocciatura del suo operato, questa volta da parte della Corte di Giustizia europea, con sentenza  di condanna di Dicembre 2018.

La sentenza ha annullato parzialmente il regolamento della Commissione – a cui il Movimento 5 Stelle si era opposto con un’obiezione in Parlamento UE – che aveva fissato limiti di emissione per i NOx troppo elevati, in base al cosiddetto “fattore di conformità” ovvero quei moltiplicatori (peraltro privi di solide fondamenta scientifiche) che consentono di annacquare i limiti.

La Corte condanna la Commissione perché la modifica dei limiti è avvenuta per mezzo di un atto “esecutivo”, ovvero una procedura che sfugge al pieno controllo e coinvolgimento dei co-legislatori – quindi del Parlamento europeo – atto che ha modificato un regolamento di base. Cosa significa in poche parole? che la Commissione ha modificato i limiti del regolamento con una procedura “secondaria” e non aveva il potere di farlo.

Ci sono voluti tre anni dallo scoppio dello scandalo dieselgate per confermare quello sempre denunciato, ovvero che annacquare i limiti non avrebbe risolto il problema. Il fatto che il 20 febbraio la commissaria Bieńkowska abbia pubblicamente dichiarato in Parlamento europeo che la sentenza della Corte verrà “probabilmente impugnata” di certo non fa ben sperare e dice moltissimo di quanto l’esecutivo comunitario continui ad essere tristemente prigioniero delle lobby dell’auto.