Siracusa,Beni culturali, partono i lavori di restauro nella chiesa Montevergine a Sortino

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Palermo,
Parte  il restauro delle preziose maioliche che costituiscono parte del rivestimento interno della chiesa della Natività del monastero di Montevergine di Sortino, nel Siracusano. Venerdì 26 maggio, alle 10 nell’edificio di culto, la Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Siracusa, in qualità di stazione appaltante, consegnerà i lavori alla ditta Kermes Conservazione Diagnostica e Restauro Srl di Ragusa, affidataria dell’intervento per un importo di poco più di 105 mila euro oltre Iva.

Il restauro, tra i pochissimi di questa tipologia effettuati sino ad ora sul nostro territorio, è stato finanziato con le risorse del Fondo edifici di culto (Fec) e prevede il consolidamento della pavimentazione esistente attraverso l’integrazione e l’eventuale sostituzione e ripristino dei pezzi che risultino irrimediabilmente ammalorati a causa del cattivo stato di conservazione. 

La Chiesa, detta di Montevergine, un vero gioiello architettonico di gusto rinascimentale di cui si conosce con certezza solo l’anno di conclusione dei lavori di costruzione, il 1774, completata di decorazioni nel 1779, sorge accanto al monastero di clausura delle suore benedettine. Il pavimento maiolicato a piastrelle (di Valenza), oggetto dell’intervento, reca l’unitaria figurazione della “Pesca miracolosa” in un ampio e ricco scenario. I motivi decorativi, la posa delle figure e il loro aspetto espressivo, le scelte cromatiche, sembrano richiamare la scuola napoletana del Settecento e in particolare gli ornati paesaggistici e i decori che riprendono motivi fitomorfici di Leonardo Chianese (metà del secolo XVIII). 

La Soprintendenza di Siracusa completa il restauro del castello Maniace ..Migliorati i servizi

 

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Siracusa,

Ultimati i lavori di restauro nel castello Maniace di Siracusa. Le opere hanno riguardato la pavimentazione della corte d’ingresso, la ristrutturazione della sala adibita al servizio di custodia e, per quanto riguarda l’impiantistica, la riqualificazione dei servizi igienici e dell’impianto di smaltimento delle acque reflue.
Gli interventi, sotto la vigilanza della Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Siracusa, sono stati realizzati con risorse del Comune destinate alla valorizzazione dei siti archeologici e di interesse storico-culturale. «Oltre a valorizzare lo spazio interno al castello – evidenzia l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’identità siciliana Elvira Amata – l’intervento aveva l’obiettivo di migliorare le condizioni complessive di accessibilità alla sala ipostila, con i suoi 800 metri quadri di volte a crociera e di colonne in pietra luminosa, nella sobria architettura normanna. Un impegno coerente con l’impulso dato da questo governo di rendere sempre più attrattivo e fruibile il patrimonio regionale, garantendo a tutti i visitatori le migliori condizioni per apprezzare i nostri beni culturali». «Le opere di ammodernamento – precisa il soprintendente dei Beni culturali di Siracusa Salvatore Martinez – sono frutto della collaborazione tra istituzioni: in particolare il sindaco di Siracusa Francesco Italia, gli uffici del settore Mobilità e trasporti del Comune e la Siam S.p.a., società che gestisce il servizio idrico integrato».
Scheda tecnica L’ingresso al castello Maniace è segnato da un portale in marmi policromi oltre il quale si trova la corte creata a seguito della riedificazione spagnola dopo l’esplosione che nel 1704 provocò la distruzione di 15 delle 25 campate che facevano parte dell’originaria sala ipostila. La corte interna al castello, così riconfigurata, al termine del restauro del 2017, si presentava con fasce incrociate in calcestruzzo grezzo che delimitavano una maglia quadrata ricoperta da ghiaietto che richiamava le preesistenti campate della sala ipostila.
Con i lavori di restauro è stata mantenuta la geometria preesistente con interventi sulle fasce che sono state realizzate nella stessa pietra calcarea che ricopre il pavimento della sala e rivestimento dello spazio interno con il cocciopesto. All’intersezione delle fasce, sono state disegnate, in pianta, la forma e le dimensioni delle basi e delle colonne preesistenti. La campata centrale, infatti, era costituita da colonne monolitiche accostate che mettevano in evidenza il centro del castello, focalizzato dall’impluvium.
Il basamento del portale monumentale, all’ingresso della corte, era composto da un rettangolo di pietre laviche e calcaree sconnesse che, grazie al progetto di restauro, sono state regolarizzate e sarcite per rendere il piano calpestio meno accidentato e più agevole da percorrere, riacquistando la piena fruibilità di un suggestivo spazio interno che sarà reso disponibile anche per manifestazioni ed eventi culturali.

Vallelunga, si scoprono dagli scavi archeologici nella villa romana tre nuovi edifici

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La villa romana di età imperiale (I-II secolo d.C.), emersa nel corso degli scavi archeologici condotti in località Manca, a Vallelunga Pratameno, in provincia di Caltanissetta, continua a regalare preziosi ritrovamenti.
Le ricerche effettuate in questi mesi nella zona più meridionale hanno fatto emergere, infatti, almeno tre edifici a pianta rettangolare che si distribuiscono secondo una pianificazione urbanistica non sempre regolare e che prospettano verso una zona centrale sulla quale sembra aprirsi anche un altro vano che presenta consistenti tracce di bruciato e resti di concotto.
Il rinvenimento, negli scorsi mesi, di alcune tegole con bollo lascia pensare che la villa sia collegabile a un personaggio della cerchia pubblica romana.
Le ricerche sono state avviate tra il 2020 e il 2021 a seguito dell’attività di vigilanza della Soprintendenza dei Beni culturali di Caltanissetta sui lavori del raddoppio della linea ferrata Catania-Palermo.
«L’attività di vigilanza svolta dalla Soprintendenza di Caltanissetta – dice l’assessore ai Beni culturali e all’Identità siciliana, Elvira Amata – ci sta restituendo un’importante testimonianza della vita economica dell’entroterra siciliano in quell’area che per i romani era il granaio dell’impero. Le scoperte effettuate ci consegnano l’emozione di una testimonianza della ricca attività economica della provincia di Caltanissetta su un importante asse di collegamento viario e creano le condizioni per lavorare ancora di più alla valorizzazione delle aree interne della Sicilia».
«Il ritrovamento di abbondante materiale ceramico di scarico all’esterno degli ambienti – evidenzia la soprintendente Daniela Vullo – lascia ipotizzare un’attività di produzione e lavorazione che ancora non siamo in grado di definire dettagliatamente. Mentre gli edifici individuati presentano caratteristiche costruttive che stiamo riscontrando in modo costante».
 
Scheda tecnica dei ritrovamenti
Le costruzioni individuate nel corso dell’ultima fase di scavo, quasi sempre a pianta rettangolare, sono costituite da almeno quattro vani in sequenza secondo un prevalente asse nordest-sudovest, fatta eccezione di uno, l’edificio IV, che presenta un orientamento chiaramente divergente. In tre casi, l’angolo sudovest interno del vano è delimitato da un muretto semicircolare ed è pavimentato da un lastricato di ciottoli ben costipati; probabilmente si tratta di un vano-ripostiglio per derrate o altri oggetti. Alcuni ambienti di questo insediamento si ritiene dovessero essere utilizzati come deposito o magazzino. È il caso, ad esempio, dell’ambiente posto al centro dell’attuale area di scavo che ha restituito una notevole quantità di anfore da trasporto riconducibili, secondo una prima analisi, a 3-4 tipologie prevalentemente di produzione africana che si collocano cronologicamente tra IV e V secolo d.C.
L’insediamento, che è di grandi dimensioni, doveva avere degli spazi la cui funzionalità deve ancora essere individuata, come il grande ambiente rettangolare (edificio X) interamente pavimentato con ciottoli di piccole dimensioni che sembra essere stato privo di copertura e probabilmente utilizzato come ricovero per animali.
Un altro dato interessante, che proviene dagli ultimi scavi, riguarda la sequenza della frequentazione del sito. La villa si colloca chiaramente su una precedente fase che è stata individuata, al momento, nella zona nord-orientale di un terzo saggio aperto a sud dell’edificio. Le strutture individuate sono pertinenti a una costruzione a pianta quadrata o rettangolare al cui interno si imposta un grande impianto circolare a doppio paramento per il quale, al momento, è prematuro avanzare ipotesi funzionali dal momento che lo scavo non è ancora stato completato.
Dall’abbondanza dei tipi di ceramica rinvenuti, fra i quali si distinguono lucerne, anfore, vasellame da mensa in sigillata africana, ma anche alcune monete, collocabili entro un arco cronologico compreso tra il II ed il IV sec. d.C. si desume la lunga vita di questo interessante complesso edilizio che aveva trovato il suo principale sostentamento nello sfruttamento, a scopi cerealicoli, del vasto territorio attraversato dal Torrente Belici.
Le indagini archeologiche sono curate dalla Soprintendenza dei Beni culturali di Caltanissetta diretta da Daniela Vullo e dal dirigente della sezione archeologica, Filippo Spagnolo, in sinergia con la responsabile archeologa di Italferr, Valeria d’Amico. Le operazioni di scavo sul campo sono seguite dagli archeologi Cristina Restivo, Paolo Scifo e Italo Giordano, coordinati da Marina Congiu e con la direzione tecnica di Andrea Simeoni per la ditta appaltatrice dei lavori. 

 

 

Interrogazione/denuncia del M5S sulla Timpa contro la Soprintendenza etnea per “aver rilasciato pareri incoerenti con l’assetto storico urbanistico dell’ambiente

 

Timpa di Leucatia a Catania , Ciancio e Bonaccorsi (M5S): “Fare luce sui pareri rilasciati dalla soprintendenza”

Foto M5S

Lavori Timpa di Leucatia a Catania, occorre fare  massima chiarezza sui permessi rilasciati dalla Soprintendenza di Catania”.

 

 La deputata regionale M5S Giannina Ciancio e il consigliere comunale M5S di Catania, Graziano Bonaccorsi hanno reso noto un quesito sulla Timpa e pareri – di dubbia credibilità- e difformità della Soprintendenza di Catania

“Sulla notizia – di lavori di edificazione sulla Timpa di Leucatia a Catania, vogliamo la massima chiarezza.  La zona della Timpa di Leucatia  era già stata oggetto di lavori di sbancamento terra, nel 2009, poi bloccati dalla magistratura grazie ad un esposto di Legambiente. Nel 2021 le ruspe sono tornate in azione e stanno modificando visibilmente il profilo della collina di Leucatia”. 

 “Parliamo – afferma l’esponente Ciancio – di un’area di grande interesse paesaggistico, naturalistico e archeologico, all’interno della quale troviamo diversi reperti archeologici, bunker della Seconda guerra mondiale, oltre che colate laviche, sorgenti e un bosco”. 

Ciancio ha presentato  un’interrogazione all’Assessore regionale dei Beni Culturali per chiedere chiarimenti “in merito alla ormai strana tendenza di autorizzare, a Catania,  opere cementizie in zone della città, dal centro storico alle periferie, dove ciò sembra a dir poco in contrasto rispetto al contesto paesaggistico, urbanistico e ambientale”. 

“Siamo venuti a conoscenza,  –  di almeno due diversi permessi di costruire sulla zona e per questo abbiamo inviato un’apposita richiesta di accesso atti alla Soprintendenza di Catania. Ci sono anche altre opere in fase di realizzazione e di progettazione, ad esempio in via Scuto-Costarelli o a Ognina, per le quali occorre fare chiarezza, perché dai documenti in nostro possesso risultano incoerenti con l’assetto storico e urbanistico dell’ambiente nel quale verranno realizzate”.

Sulla vicenda interviene anche Graziano Bonaccorsi, componente della commissione urbanistica del Comune, che ha più volte sollevato in commissione i suoi dubbi sui lavori in corso. “Considerati i vincoli e le vicenda giudiziaria che  ha  bloccato i lavori nel 2009 – dice Bonaccorsi- ritengo incomprensibile l’iter per il rilascio delle autorizzazioni e dei pareri che hanno permesso i lavori nella Timpa, ma soprattutto, curioso il fatto che alcuni bunker della seconda guerra e la tomba Romana siano stati accatastati come ‘collabente’, ovvero rudere a rischio crollo o demolizione. Com’è possibile? Per questo ho presentato una richiesta di accesso agli atti al Comune e rimango in attesa di riscontro”.

CIMITERO DI CALTAGIRONE,  PROGETTO INNOVATIVO CHE INTERESSA A TANTI

Presentazione Concorso di idee: domani, giovedì 25 marzo ore 11.00

 

 CALTAGIRONE –

Un bene monumentale unico al mondo; una città nella città; un’opera realizzata nella seconda metà del 1800, tra le espressioni più alte dello stile gotico-siciliano. Si tratta del cimitero monumentale di Caltagirone, oggetto del Concorso di idee – promosso dal Comune di Caltagirone , dalla Fondazione degli Architetti di Catania  e dall’Ordine ) – che verrà presentato in streaming domani, giovedì 25 marzo, a partire dalle ore 11.00, per accendere i riflettori sulla necessita del recupero di un Bene artistico-architettonico dichiarato “Monumento nazionale italiano”.

Il progetto dovrà rispecchiare e dar vita a un luogo di culto ecumenico, mistico, di quiete, di silenzio e di riflessione (senza specificità confessionali). Un luogo per l’anima, in cui architettura e vita spirituale si intrecciano in un rapporto vivido e intenso.

Un’iniziativa patrocinata dalla Soprintendenza dei Beni Culturali di Catania (soprintendente Donatella Aprile), dall’Ordine etneo degli Ingegneri (presidente Giuseppe Platania), da Ance Catania (Rosario Fresta) e dalla diocesi di Caltagirone (vescovo S.E. mons. Calogero Peri). Importante la collaborazione dell’Ordine degli Architetti di Bologna (presidente Pier Giorgio Giannelli) – che ha messo a disposizione la piattaforma per la partecipazione al Concorso di idee – mentre a sostenere il progetto sono i partner Chiesa Oggi e Kinetika.

Il concorso è frutto del duro lavoro delle parti interessate e della sinergia tra Fondazione e Comune di Caltagirone, che dal 2018 (anno della firma di un protocollo d’intesa) operano per potenziare e valorizzare un luogo eccezionale con caratteristiche uniche: sia per la sua natura ed evoluzione storica, che per lo sviluppo urbanistico legato all’ampliamento delle aree cimiteriali che, di fatto, trasformano il cimitero in un vero e proprio “centro storico”.

Di interesse storico 23 armi consegnate dal Commissariato Borgo-Ognina alla Soprintendenza di Catania

 

Inserire testo che descrive l'immagine quando questa viene inserita

L’ASSESSORE SAMONÁ: “LE SOPRINTENDENZE IMPEGNATE GIORNALMENTE IN INIZIATIVE DI RICONOSCIMENTO DEL VALORE STORICO DEI BENI

Il Commissariato di Polizia di Borgo-Ognina   ha consegnato alla Soprintendenza etnea 23 armi tra cui pistole, fucili e spade di valore storico ..
Le armi, consegnate alla Polizia da privati cittadini per la rottamazione, sono state esaminate dagli esperti della Soprintendenza di Catania che le ha valutate di interesse storico. Tra i reperti, anche una spada risalente al Regno delle Due Sicilie.

In virtù del Codice dei Beni Culturali l’amministrazione regionale, attraverso le proprie Soprintendenze, effettua un controllo tecnico sui beni di rilevanza storico-artistica per verificarne il valore e apporre l’eventuale vincolo di tutela. Quest’a verifica avviene anche sulle armi che vengono consegnate dai singoli cittadini ai Commissariati di Polizia della Sicilia per la rottamazione. È grazie a quest’attività di perizia, affidata ai nostri esperti, – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà – che siamo riusciti a sottrarre numerose armi dalla rottamazione e ad acquisire al patrimonio della Regione preziose testimonianze storico-artistiche che ci aiutano a ricostruire e comprendere meglio momenti e situazioni storiche che hanno avuto come teatro la Sicilia. Si tratta di un’azione di salvaguardia del patrimonio mobile svolta con costanza e quotidianità, sulla quale il Governo Musumeci è costantemente impegnato e rispetto al quale  – aggiunge l’assessore Samonà – si valuterà con i Soprintendenti della Sicilia la possibilità di programmare esposizioni e iniziative che possano mettere in luce il singolare materiale acquisito”.

Ogni giorno privati cittadini consegnano ai Commissariati di Polizia della Sicilia armi, spesso rinvenute in abitazioni o ereditate. “È grazie alla collaborazione costante tra Forze dell’Ordine e Soprintendenze che preziosi cimeli sono stati sottratti alla rottamazione e sono entrati a far parte del patrimonio regionale. Oltre alle armi sono tante le testimonianze relative al periodo bellico tutelate dalla Soprintendenza di Catania; tra queste una ricca e interessante collezione di ex voto pittorici riguardanti episodi drammatici della Seconda Guerra mondiale che è custodita presso il santuario di Trecastagni“.

Recuperati in mare dalla G. di Finanza resti di due scafi preziosi per l’Archeologia e la storia della navigazione

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Balzo in avanti della Archeologia marina per il recupero di materiale scientifico di prioritario interesse da parte dei Nuclei specializzati sul mare della Guardia di Finanza. Il Golfo di Follonica (GR) si rivela, ancora una volta,  prezioso custode di tesori archeologici.

Ricorderemo che, nel mese di giugno, i finanzieri del Reparto Operativo Aeronavale di Livorno, in collaborazione con la Tenenza di Follonica che aveva svolto le preliminari attività infoinvestigative sfociate in un primo rinvenimento, intervenivano per effettuare un recupero di materiale archeologico nello spazio di mare antistante Follonica.

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Una successiva ricognizione del Nucleo Sommozzatori della Stazione Navale di Livorno consentiva così d’individuare i resti di un relitto navale, oltre a ulteriori reperti archeologici localizzati nelle immediate vicinanze.

La Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Siena Grosseto e Arezzo – diretta da Andrea Muzzi- informata delle operazioni in corso fin in prima battuta, nel contempo si attivava e, grazie a una proficua collaborazione con la Direzione Generale, otteneva così uno specifico finanziamento, su un capitolo di spesa dedicato espressamente alle indagini e attività finalizzate alla tutela delle aree e delle zone di interesse archeologico, che consentisse un più esteso intervento di scavo, conclusosi proprio in questi giorni.

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Le ricerche, condotte sul campo dagli archeologi della ASPS Servizi Archeologici e con il supporto dello stesso personale della Guardia di Finanza, con l’appoggio logistico del diving Feel Dive di Scarlino, hanno così evidenziato, nei pressi di una secca, la presenza di almeno due affondamenti navali, uno romano e uno più recente, avvenuti nello stesso punto a distanza di secoli. Nel corso delle operazioni sono stati così documentati i resti di due scafi e recuperato materiale archeologico di rilevante interesse per la storia della navigazione.

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La Guardia di Finanza- informano i vertici del Corpo –  con mirate attività ispettive nell’ambito delle specifiche prerogative istituzionali di polizia economico-finanziaria con la propria ramificata componente aeronavale e territoriale, rappresenta anche sul mare la forza di polizia di riferimento per il contrasto alle attività illecite, la tutela dell’ordine pubblico, la difesa dei beni collettivi e delle risorse marine nazionali e costiere, concorrendo in questo caso in funzione della conservazione del patrimonio archeologico, in sinergia con le autorità preposte.

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Butera antica abbandonata, nessuna cura del sito culturale e la Soprintendenza non risponde

 

Risultati immagini per parco archeologico di butera abbandonato

Il sito abbandonato dalla Soprintendenza
Foto d’Archivio -Butera

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Il Parco archeologico di Butera è in rovina.  Vi sono resti di costruzioni e muretti molto antichi ma seppelliti da sterpaglie ed erbacce.       Non c’è nessuna  cura del sito. La protesta proviene dal comitato ambientalista del luogo, dagli storici, dal parroco del paese.   Perchè Butera, noto per il parco eolico, è stato abbandonato dalle autorità competenti. 

Sul posto hanno al tempo collocata una struttura precaria tubolare ma si tratta- avvertono gli abitanti di Butera- di fumo negli occhi .  Perchè la Soprintendenza non interviene?    Lo reclamano tutti, non si può tralasciare un sito divorato dalla giungla devastante.

Vediamo alcune notizie storiche fornite dal Comune e da alcuni storici del paese.

Butera sorge sopra un monte a 402 metri sul livello del mare a 14°,111 di longitudine Est e a 370,157 di latitudine Nord.
Posta su uno sperone roccioso che domina la piana di Gela e poco distante dalla costa meridionale dell’Isola, Butera fu tra le città più importanti della Sicilia del Medioevo. Ricca, popolosa e ben fortificata, la Butirah degli Arabi divenne, con i Normanni, sede di una contea in mano alla più potente famiglia lombarda venuta al seguito della terza moglie di Ruggero. Magnificata da Idrisi, venne distrutta nel 1161 da Guglielmo I per essere stata centro dell’opposizione baronale anti-monarchica. Ripopolata con gli Svevi, fu a lungo contesa fra Angioini e Aragonesi.

Sull’identificazione di Butera

Butera cartolina del passato

“Nessuno scrittore fino ad oggi – informa il Comune di Butera – si è curato di conoscere il preciso nome dell’antica città, su cui ora sorge Butera, perché l’incertezza del sito di varie remote città a cui si vorrebbe quella ricondurre, è stata, per i passati e moderni storici, oggetto di molte dispute e contraddizioni.
Il sito di Butera è creduto dagli storici singolarmente ed a volte associati, quello di Gela, Bucia, Bucinna, Ibla Herea, Mactorium. Nessuno scrittore è stato in grado di dare un preciso nome dell’antica città di Butera. Ortelio, parlando di Gela, riporta l’opinione di Leander Ghezzi che dice: «sembra ad alcuni scrittori che fosse stata Gela sul sito di Butera, Gela … nonnullis tamen Butera, videri». Cesare Orlando pensò che Gela non è quella sul sito di Butera, ma è quella sulla montagna di Monte Desusino (Ibla Herea), per ragione che da qui si vede Camarina, e fece cadere in errore Virgilio che nel libro LII dell’Eneide al verso 701 dice: «Apparet Camarina procui campique geloi, immanis Gela. » Orlando lo disse, forse, per non rendersi nemico né di Licata, né di Terranova, perché da due secoli andava avanti una lotta per l’identificazione che Gela era Licata.

La questione venne poi risolta dallo Schubring che chiamò: «der rhodischkreschen Pfanzstadl», pianta della città rodiocretese, e poi da Cluverio contro il Fazello, Amico contro Arezzo e Pizzolanti, Dimenza Vella contro Linares; non resta alcun dubbio a credere che sia Terranova. Holm e Schubring dopo aver fatto studi storici e topografici su molte contrade dell’isola, hanno dimostrato che Gela fosse Terranova. Ciò viene dimostrato dallo stesso Cluverio che ha trovato l’esistenza di un tempio dorico con colonna di stile corinzio sita a Mulino a Vento e per l’esistenza di ceramica raccolta nei dintorni di questa città. Lasciando Gela e ritornando a Butera, molti scrittori dicono che Butera sia stata nel sito di Bucia, ma Amico lo ricava dalle tavole di Tolomeo: «Cuius meminit Ptolemoeus» però lo ritiene d’incerto sito «oppidum vetustissimum incerti situs». Bucia in Sicilia non è mai esistita, forse furono lette male le tavole di Tolomeo e al posto di Buera (promontorio) lessero Bucia. Baudrand ed Hoffmann asseriscono che la città sorta sull’attuale Butera sia stata quella di Stefano Bizanzio e Maurolico che chiamano Bucinna ed altri Bucina o Bucinia. Ciò è stato creduto anche dal Massa e il suo nome latino sarebbe stato Bucinna e non Buterium. In Sicilia non c’è mai stato questo nome, Plinio dice che Bucinna era un isola dirimpetto a Trapani che Tolomeo chiamò Phorbantia (levanzo). però Nicolosio, Villabianca, la Rocca ed altri dicono che la posizione di Butera è quella dove fiorì una delle tre Ible, che fu detta Ibla Minima, per come è stato detto da Antonio, Stefano Bizanzio, Bochart e Cluverio, oppure sia Ibla Hera o Hybla Nera, secondo Maurolico «Cleandri coede infamis». Fazello, pur avendo girato la Sicilià per ben tre volte, a piedi, per conoscere i luoghi ed osservare le rovine dell’antichità, non era riuscito ad assicurarsi l’identità di Butera con Hybla Minima, purtroppo, parlando di Butera dice: «Buterium refugit, oppidum antiquitatis Pleraque ostentans monumenta; quod an Hyblea Minima fuerit non assero» Cluverio non trovato menzionato né in Pausania, né in Strabone il sito di Herea, volle cercare di determinarlo e dopo accurati studi e ricerche determinò che Hybla era dove c’é Ragusa.

Però Stefano Bizanzio diceva che le Ible erano tre in Sicilia, delle quali la più grande si chiamava Megara, la piccola, i cui cittadini, secondo Tucidide erano detti Geleati e secondo Pausania Gereati (dove si trova la dea Ibla) èPaternò, la minima, detta Herea, trovasi a diciotto miglia da Acre, ma Cluverio non dice la medesima cosa,perché conclude che tale Ibla è Ragusa e che è Hyblea Herea. Ragusa trovasi si a diciotto miglia da Acre, ma anche Chiaramonte ha la stessa distanza da Acre. Allora ritorna l’affermazione di ciò che aveva detto Fazello, Butera non può ritenersi sorta sulle rovine della Herea, anche il presupposto dell’etmologia della parola Butera, composta dal suo fondatore Butes ed Hera, non è esatta. Amari dice che forse Butera deriva da altro significato, di due parole arabe, non da Abu thir, che hanno significato di postula e di acqua che spicca da rupe, e che dalla stessa radice viene la parola italiana buttero del vaiolo, ma la u mi avverte ad andar piano con la etimologia araba; poiché non appartiene alla forma dell’aggettivo. Piuttosto, egli conclude, riferirei l’etimologia di Butera al latino butyrum, o meglio porrei il detto nome tra le migliaia di cui l’etimologia è incerta, e chi si mette a ricercarla è trascinato a supposizioni stravaganti, e conclude dicendo: «ho esposto le dette opinioni affinché nulla resti trascurato sull’argomento Butera». Altri scrittori dicono che Butera sia stata l’antica Mactorium, come Ferrara; Arezzo dice che è Milo, Airoldi ed altri dicono Mazzarino. Ma Mactorium, città antichissima, è ricordata da Erodoto, Stefano Bizantino; altri dicono che trovasi sopra Gela, ed Erodoto scrive che Mactorium servì di rifugio ai Gelesi, vinti in sedizione dai nemici «Cives nonnullis geloi in seditione vieti ab adversariis, in Mactorium oppidum confugerunt, supra Gelam situm. » Mactorium già conosciuta dai Greci, non fa pensare ad una colonia greca, ma ad una città già esistente prima dei Greci”.

Napoli: ritrovati reperti archeologici, la Soprintendenza studia

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           Foto Archivio Sud Libertà: La Soprintendenza di Napoli
Nuovi  reperti archeologici nella collina dei Camaldoli, nel territorio a ridosso tra Marano e il quartiere Chiaiano.  La scoperta ha richiamato l’Unità archeologica della Soprintendenza di Napoli  che sta effettuando uno studio sui reperti.
Sembra che siano pezzi importanti dell’archeologia locale.. Marano, comune territorialmente afferente ai Campi flegrei, è ricchissima di testimonianze storico-archeologiche. Nel corso degli anni anni, nonostante lo scempio perpetrato dai palazzinari, sono stati ritrovati innumerevoli reperti, molti dei quali di epoca romana con il Ciaurro, monumento funerario simbolo del territorio.

Eccezionale scoperta della Soprintendenza di Roma: una testa di divinità ritrovata ai Fori imperiali

 

Questa mattina una scoperta dell’Unità archeologica della Soprintendenza regionale ai Beni culturali di Roma :ritrovata durante gli scavi in via Alessandrina una testa di statua in marmo bianco di età imperiale in ottime condizioni di conservazione. Forse raffigurante una divinità… .

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Gli archeologi della Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali impegnati nello scavo archeologico di via Alessandrina informano” che per  le sue caratteristiche iconografiche il ritrovamento di età imperiale è riconducibile a una figura di divinità”.