Esercitava la professione di avvocato senza titolo ed abilitazione nell’area venusiana-Rinviato a giudizio

 

Scoperto falso avvocato nell'area vesuviana

Napoli,

Il Gruppo della Guardia di Finanza di Nola, all’esito di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nola, ha identificato un soggetto che, senza alcuna abilitazione, esercitava la professione forense nell’area vesuviana.

In particolare, la Compagnia di Ottaviano ha accertato che il sedicente professionista, riceveva gli assistiti in una stanza adibita a studio legale all’interno della propria abitazione, fra il 2016 ed il 2019 e, approfittando della fiducia di ignari clienti, li avrebbe indotti a versargli ingenti somme di denaro a fronte di consulenze per acquisto di immobili ed altri beni di valore in Italia e all’estero.

Gli accertamenti effettuati consentivano di ipotizzare come lo stesso, pur non avendo mai sostenuto esami né tantomeno conseguito un titolo di studio idoneo, si proponesse come avvocato anche creando e falsificando documenti giudiziari.

L’attività criminale non si limitava solo alla truffa in danno dei malcapitati clienti: l’indagato, infatti, poneva in essere anche operazioni volte a trasferire fraudolentemente il denaro frutto dell’attività criminosa, così da sottrarlo ad eventuali attività investigative finalizzate al rintraccio e, quindi, al sequestro.

Al termine delle indagini, il soggetto è stato rinviato a giudizio per truffa, esercizio abusivo della professione, falsità materiale di atti pubblici, impiego di denaro provento di attività illecite e calunnia, nonché segnalato all’Agenzia delle Entrate, per aver sottratto al Fisco ricavi non dichiarati e Iva non versata.

Palermo, Operazione Gomme lisce- Arresti per corruzione, e reati vari di nove soggetti-tra cui il direttore generale – di società trasporti della Regione siciliana

Operazione Gomme lisce - Corruzione e reati contro la Pubblica Amministrazione
Arresti a Palermo per corruzione

AGGIORNAMENTO:        GAETANO   TAFURI,51 ANNI,EX PRESIDENTE DELL’AST  INTERDETTO DAI PUBBLICI UFFICI

 

Gaetano Tafuri, interdetto dai pubblici uffici Elementi pesanti di corruzione contro l’avvcatanese

 

Palermo,

Ci risiamo. Corruzione ed appalti truccati. I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali emessa dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di 9 soggetti, di cui uno posto agli arresti domiciliari ed otto destinatari di misure interdittive della durata di un anno (sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio e divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione).

Gli indagati, in totale 16 persone, sulla base degli elementi probatori allo stato raccolti, sono indiziati a vario titolo dei reati di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, falsità ideologica in atto pubblico, frode nelle pubbliche forniture e truffa aggravata ai danni dello Stato.

Le indagini, condotte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo – Gruppo Tutela Spesa Pubblica, hanno riguardato un’importante società interamente partecipata dalla Regione Siciliana che svolge il servizio di trasporto pubblico locale, sia a livello urbano che interurbano.

Gli elementi acquisiti allo stato delle indagini hanno consentito di ipotizzare una gestione societaria superficiale e privatistica da parte dei vertici aziendali, che avrebbero violato le norme di trasparenza pubblica e colluso con i referenti di alcune imprese, turbando diverse procedure di appalto, tra cui quelle per:

  • l’acquisto di pneumatici, a danno di altri possibili fornitori;
  • l’approvvigionamento di autobus aziendali, attraverso l’artificiosa rappresentazione delle condizioni giustificanti il ricorso alla procedura negoziata;
  • l’affidamento del servizio di revisore contabile e la fornitura di servizi per le fasi di startup di una compagnia aerea.

Nel corso delle indagini, inoltre, emergerebbero condotte corruttive nei confronti del direttore generale dell’azienda in questione, il quale:

  • avrebbe conferito illecitamente l’incarico di revisore contabile ad un professionista, il quale, in cambio, avrebbe omesso la rilevazione di irregolarità contabili in grado di inficiare l’attendibilità dei bilanci della società pubblica;
  • in cambio di utilità varie, tra cui la promessa dell’assunzione di propri familiari, avrebbe posto in essere atti contrari ai doveri del proprio ufficio, tra cui la predisposizione di una procedura di gara per la fornitura di servizi per lo startup di una compagnia aerea, del valore di euro 2.150.000,00, al fine di consentirne l’aggiudicazione a una società appositamente individuata grazie a requisiti “ritagliati su misura”.

Durante le investigazioni, infine, sarebbero state riscontrate:

  • un’ipotesi di truffa aggravata in danno dell’azienda pubblica commessa dai referenti della società aggiudicataria del servizio di bigliettazione elettronica, del valore complessivo di 3,2 milioni di euro, attraverso l’utilizzo di documentazione falsa al fine di simulare il possesso dei requisiti previsti nel bando;
  • una frode in pubbliche forniture nella somministrazione di lavoratori a tempo determinato da parte dell’agenzia di lavoro interinale aggiudicataria dell’appalto del valore complessivo di 6 milioni di euro, in quanto le assunzioni sarebbero state influenzate da logiche di natura politica piuttosto che dalle effettive necessità aziendali.

AGGIORNAMENTO: VERGOGNA,       GAETANO   TAFURI INTERDETTO DAI PUBBLICI UFFICI PER 12 MESI – ANCHE L’ACCUSA DI “TRUCCARE” I BILANCI AST-     UN’AZIENDA CHE IN SICILIA NON HA MAI FUNZIONATO A DOVERE-VIDEO

Questi gli indagati nell’inchiesta. Oltre ad Andrea Ugo Enrico Fiduccia,direttore generale, per lui disposti i domiciliari, interdizione di pubblico ufficio per 12 mesi per Maria Carmelo Gaetano Tafuri, 51 anni, ex presidente del consiglio di amministrazione Ast, Felice Maria Genovese, 53 anni, revisore contabile del bilancio Ast, Giuseppe Carollo, 62 anni, componente ufficio legale e affari generali di Ast.

Divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per 12 mesi per Alessio Porzi, 62 anni, amministratore di fatto della società Porzimark srls di Cannara (Pg), Alberto Carrotta, 68 anni, amministratore di fatto della società Officine del turismo srl, poi ALC 14 srl di Palermo, Massimo Albanese 46 anni, referente della società Officine del turismo srl (poi ALC 14 srl) di Palermo, Mario Salbitani, 37 anni, referente della società IN.HR. Agenzia per il lavoro srl di Potenza, Giuseppe Telesca, 46 anni, referente della società IN.HR. Agenzia per il lavoro srl di Potenza.

Scoperta frode internazionale a Messina dalle Fiamme gialle ai danni dell’UE e della Regione Sicilia

 

MESSINA

Articolate indagini delle Fiamme gialle di Messina,dirette dalla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), nella persona del Procuratore Capo dr. Emanuele Crescenti, hanno scoperto una strutturata frode ai danni del bilancio dell’Unione Europea e della Regione Siciliana, dando esecuzione ad una misura cautelare personale, nonché al sequestro del profitto illecito pari a 180 mila euro, nonché di un impianto fotovoltaico, del valore oltre 230 mila euro.

L’operazione conferma l’attenzione della Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto e della Guardia di Finanza di Messina, quale forza di polizia a competenza generale in materia economico-finanziaria, alla sempre più necessaria tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea e nazionali, così recuperando ingenti risorse indebitamente sottratte alle finalità di interesse pubblico, per le quali erano state originariamente destinate.

Le Fiamme Gialle della Tenenza di Patti, coordinate dal Sost. Proc. Emanuela Scali, sviluppavano complesse investigazioni rispetto ad una articolata frode internazionale, finalizzata ad indebitamente intercettare contributi pubblici, comunitari e regionali, nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale Regione Sicilia 2007/2013, in relazione alla realizzazione di un impianto fotovoltaico nel territorio di Montalbano Elicona (ME).

In tale ambito, secondo ipotesi investigativa, emergevano responsabilità penali nei confronti di tre soggetti, un imprenditore ed un ingegnere, messinesi, ed una imprenditrice catanese, quest’ultima dimorante a Enna, indagati a vario titolo per truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ed autoriciclaggio. Più in particolare, anche all’esito di perquisizioni locali e complesse analisi documentali e bancarie, emergeva come un ingegnere messinese, L.F.S. cl. 77, gestisse, di fatto – attraverso un trust amministrato da una società fiduciaria – una società maltese, secondo ipotesi investigativa esistente solo cartolarmente, del tutto priva di personale dipendente e di una reale struttura operativa, e come tale schermo giuridico estero fosse stato utilizzato per consentire ad un imprenditore messinese, A.A. cl. 81, operante nella coltivazione di frutti oleosi, non solo l’evasione delle imposte, ma soprattutto di beneficiare di un contributo AGEA per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

A tal fine, si accertava l’emissione di fatture fittizie per oltre 130 mila euro, asseritamente per l’acquisto di materiali e prestazioni d’opera.

Analogamente, le indagini documentali, integrate da ulteriore attività istruttoria, consentivano di attribuire analogo comportamento anche all’imprenditrice catanese, C.M. cl. 40, la quale, con le medesime finalità, emetteva nei confronti dell’A.A. cl. 81 fatture in tutto o in parte false per oltre 70 mila euro, per la compravendita di due mezzi agricoli.

In altri termini, la fittizia documentazione così prodotta veniva annotata nel computo metrico allegato alla domanda per l’ottenimento del pagamento del contributo, presentata dall’A.A. cl. 81 all’Assessorato Regionale all’Agricoltura della Regione Sicilia, inducendo pertanto in errore i relativi funzionari e così ottenendo l’ingiusto profitto, peraltro corrisposto, di circa 180 mila euro sui 237 mila euro di spesa ammessa.

Seppur in una fase cautelare – che solo attraverso il contraddittorio tra le parti e le decisione di Giudici ulteriori e diversi rispetto al GIP si potrà trasformare in una decisione definitiva in ordine alle responsabilità sino ad ora ipotizzate – i convergenti elementi indiziari raccolti dalle Fiamme Gialle pattesi e condivisi dalla Procura di Barcellona Pozzo di Gotto, sono stati adeguatamente vagliati dal competente Giudice del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che, all’esito, ha ritenuto le “articolate consecuzioni di una serie di false fatturazioni inerenti un rapporto tra soggetti fittizi”, “riconducibili ad un unico centro decisionale, anche per mezzo di società di Malta”, un chiaro indice di pericolo di reiterazione delittuosa da parte dell’ingegnere messinese, cui veniva conseguentemente applicata la misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale di ingegnere e l’attività imprenditoriale, per un periodo di 12 mesi.

Con il medesimo provvedimento, inoltre, il medesimo Giudice, su conforme richiesta della Procura di Barcellona Pozzo di Gotto, disponeva anche il sequestro finalizzato alla confisca dei circa 180 mila euro indebitamente ottenuti.

Ancora, nel medesimo ambito, sempre i Finanzieri della Tenenza di Patti hanno altresì sottoposto a sequestro, con separato provvedimento del Giudice del Tribunale e su richiesta della Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, anche l’impianto fotovoltaico con annesso biotrituratore, del valore di stima pari ad oltre 230 mila euro.

Ragusa, “Operazione Centoventuno”, frode ai danni del bilancio Ue,fatture false, riciclaggio….

 

Operazione Centoventuno - Frode ai danni del bilancio UE, bancarotta, emissione ed utilizzo di fatture false e riciclaggio

RAGUSA,

Lotta agli sprechi del denaro pubblico.Militari del Comando Provinciale di Ragusa hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misura cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Ragusa su richiesta della Procura della Repubblica nei confronti di una organizzazione responsabile di numerose truffe per l’indebito ottenimento di finanziamenti comunitari concessi tra il 2013 ed il 2018 per l’impianto e l’ammodernamento di strutture serricole nelle campagne del vittoriese.

Quindici le persone indagate a vario titolo nell’ambito dell’operazione “CENTOVENTUNO”, portata a termine dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ragusa, con il coinvolgimento di sei aziende ed imprese agricole, utilizzate dagli indagati per accedere indebitamente ai contributi che l’Unione Europea mette a disposizione per lo sviluppo del settore in attuazione della “Misura 121- ammodernamento delle aziende agricole”.

Per cinque degli indagati i giudici hanno configurato l’accusa di associazione a delinquere (art. 416, commi 1 e 2 c.p.), finalizzata alla truffa ai danni della UE (art. 640 bis c.p.) all’utilizzo ed emissione di fatture false (artt. 2 e 8 D. Lgs. 74/2000), bancarotta fraudolenta (art. 216 legge fallimentare) e autoriciclaggio (art. 648 ter 1 c.p.), perché considerati principali artefici dell’intero articolato disegno criminoso, ideato e promosso da T.G. (classe ’56) imprenditore agricolo di Vittoria. Gli altri quattro, familiari e persone vicine, sono:

  • T.S. (classe 1983) di Vittoria (RG), figlia di T.G. e legale rappresentante protempore di alcune delle società coinvolte;
  • T.F. (classe 1991), figlia di T.G., di Vittoria (RG);
  • B.M. (classe 1986) di Vittoria (RG), legale rappresentante protempore di alcune delle società coinvolte e marito di T.S.;
  • D.S. (classe 1959) di Comiso (RG), perito agrario incaricato di predisporre i progetti utilizzati per accedere indebitamente ai finanziamenti ed attestare falsamente il corretto stato avanzamento lavori (S.A.L.) per l’erogazione dei contributi.

Sequestrati anche 19 immobili ed orologi di superlusso

Tra gli altri indagati, oltre a soggetti piccoli imprenditori che si sono prestati ad agevolare le diverse fasi delle truffe scoperte, figurano anche quattro funzionari ed un dirigente dell’Ispettorato Provinciale Agrario di Ragusa, incaricati di procedere ai controlli per constatare lo stato dei lavori, in realtà non realizzati.

L’indagine delle Fiamme Gialle è scaturita dagli sviluppi di una relazione dell’AGEA inviata in Procura, nella quale venivano segnalate incongruenze in merito alle domande di accesso ai finanziamenti presentate da alcune società agricole che avevano ottenuto l’anticipo di contributi economici previsti dal Programma di sviluppo Rurale Regione Sicilia 2007/2013 – Misura 121. L’attività investigativa delegata dall’A.G. si è articolata sui tradizionali mezzi di ricerca delle prove tipiche delle indagini di polizia economica e finanziaria, quali l’acquisizione di documentazione, l’escussione a sommarie informazioni testimoniali di persone informate sui fatti, l’esecuzione di riscontri nelle scritture contabili delle aziende coinvolte, l’esame della documentazione bancaria di supporto, tutto potendo sempre contare sul supporto delle risultanze ottenute dall’incrocio delle banche dati in uso al Corpo.

All’esito degli accertamenti si rilevava l’esistenza di un sodalizio criminale promosso, coordinato e diretto dall’indagato T.G. che, tramite numerose società agricole a lui o a suoi familiari riconducibili, attraverso un complesso sistema di false dichiarazioni ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, molte delle quali emesse da una società (successivamente fallita), ha ottenuto indebitamente quasi 2 milioni di euro di contributi grazie anche alle condotte di compiacenti funzionari dell’ispettorato Provinciale Agrario di Ragusa.

Il modus operandi utilizzato prevedeva la predisposizione di articolati progetti di ammodernamento, destinati poi a rimanere solo sulla carta, idonei però ad essere presi a base dagli organi eroganti per l’assegnazione ed il pagamento dei contributi. Infatti, a fronte di un contributo deliberato pari al 40% del valore totale del progetto, vi era immediatamente l’erogazione di un’anticipazione pari al 50% del valore deliberato (20% del totale del progetto). Successivamente, l’istante poteva presentare uno o più stati avanzamento lavori, allegando apposita relazione tecnica, corredata dalle fatture quietanzate riportanti gli estremi della data e del numero del titolo di spesa, del nominativo del fornitore, dell’imponibile e della descrizione della fornitura, per ottenere fino ad un ulteriore 45% del contributo deliberato.

Difatti l’istante poteva ottenere dal momento in cui la propria domanda risultava ammissibile e fino a quanto i lavori erano completati un ammontare pari al 95% del contributo riconosciutogli. In sintesi si è appurato che:

  • tutte le aziende agricole beneficiarie dei contributi, dapprima sotto forma di società semplici, erano tutte formalmente intestate a parenti e affini del principale indagato T.G.;
  • per agevolare l’esito favorevole dell’accoglimento delle istanze tendenti all’ottenimento dei contributi economici le società venivano trasformate nella natura giuridica diventando società a responsabilità limitata (s.r.l.);
  • le somme erogate mediante esibizione di fatture per operazioni inesistenti venivano successivamente fatte transitare da un’azienda all’altra per poi confluire nelle disponibilità degli indagati;
  • nessuna opera di completamento dei lavori indicati nei progetti era stata eseguita nonostante le attestazioni dei periti e degli Ispettori Provinciali, rilevatesi false. Infatti, i sopralluoghi effettuati in corso di indagine da parte dei militari operanti accertavano, nei luoghi indicati per i lavori eseguiti, la presenza solo di vecchie strutture serricole che non avevano subito alcun ammodernamento ed in alcuni casi venivano rinvenute targhette che permettevano di verificare che gli impianti erano stati realizzati con precedenti finanziamenti pubblici;
  • una delle società utilizzate per l’emissione delle false fatture impiegate per giustificare fittiziamente i lavori eseguiti è fallita nel 2019 anche a causa del dissesto finanziario causato dagli indagati. Il G.I.P. del Tribunale di Ragusa, accogliendo le richieste formulate dal P.M., condividendo l’intero quadro probatorio emetteva apposita ordinanza Applicativa di Misura Cautelare Reale del sequestro preventivo in forma diretta e per equivalente per ciascun capo di imputazione formulato fino alla concorrenza della somma complessiva di euro 2.693.044,14.

Nel corso delle perquisizioni, sono stati rinvenuti e posti sotto sequestro:

  • denaro contante, saldi di conto corrente, polizze, depositi al risparmio, depositi titoli per un valore complessivo pari ad euro 128.488.67;
  • 19 Immobili (abitazioni, magazzini etc.) e 14 terreni per un valore complessivo di euro 1.502.613,91;
  • Nr. 6 società agricole, nr. 1 Holding, nr. 1 società di riciclo plastica (quote di capitale sociale interamente versate 159.850 euro);
  • Nr. 13 orologi di lusso, e numerosi accessori in oro di particolare pregio (bracciali, monili, orecchini, collane etc.) per i quali sono in corso le operazioni di stima;
  • documentazione attestante il fatto che il principale indagato T.G., nel corso degli anni, per mettersi al riparo da future pretese erariali o da azioni giudiziarie aveva costituito un trust dove aveva fatto confluire tutti i suoi beni tra cui immobili di pregio e strutture ricettive, che invece sono state oggetto del provvedimento ablatorio eseguito.

L’attività in esame costituisce un esempio dell’impegno che la Guardia di Finanza sviluppa quotidianamente nella lotta agli sprechi di denaro pubblico allo scopo di tutelare un utilizzo trasparente ed efficiente dei finanziamenti nazionali e comunitari, tanto più importante in un contesto emergenziale come quello attuale.

Catania, tutela agroalimentare, denunciato titolare azienda per frode in commercio, etichette non conformi e falso ideologico

 

Risultato immagini per immagini di carabinieri che controllano

 SEQUESTRATI VARI QUINTALI DI ALIMENTI – IN TOTALE QUATTRO DENUNCE FRA CUI DUE PER TRUFFA AGGRAVATA
Nelle scorse settimane, sul territorio nazionale, i Reparti Tutela Agroalimentare (RAC) hanno controllato numerose aziende riscontrando; una ditta, in provincia di Catania, sul sito  on-line commercializzava pistacchio e formaggi provenienti dall’estero come prodotti a Denominazione di Origine Protetta.
Denunciato il titolare dell’azienda per frode in commercio (515c.p.);  etichettatura con indicazioni non ammesse, in provincia di Parma; sequestrati 602 kg di Parmigiano DOP e 1.250 etichette non conformi; certificata nella Banca Dati dell’anagrafe bovina, in provincia di Salerno, la nascita in azienda di due vitelli in realtà nati altrove. Denunciato il titolare dell’allevamento per falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art.483 c.p.); rinvenute etichette prive delle indicazioni obbligatorie sulla provenienza dei prodotti, in provincia di Roma, sequestrati 2,5 quintali di ortofrutta di vario tipo. Diffidato il proprietario ad ottemperare ad una corretta etichettatura del prodotto; 2 supermercati campani, pur avendo aderito ad un bando comunale per la solidarietà alimentare, non applicavano la scontistica pattuita introitando indebitamente circa 25mila euro. Denunciati i due titolari degli empori per truffa aggravata (art.640 c.p.). 

Scoperta frode informatica da 120 milioni di euro in cryptovaluta

 

 

Operatori della Polizia postale di Firenze e della Sezione financial cybercrime del Servizio polizia Postale di Roma, in collaborazione con i militari della Guardia di finanza in servizio alla Sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Firenze, hanno concluso un’indagine ad alto impatto tecnologico, la prima a livello mondiale nel settore delle cryptovalute.

Eseguita la misura cautelare del divieto di esercitare attività d´impresa e di ricoprire uffici direttivi di imprese, emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze, nei confronti di un 34enne amministratore unico di una società italiana che gestisce una piattaforma di scambio di cryptovalute (exchange), ritenuto responsabile di una frode informatica di 120 milioni di euro, di bancarotta fraudolenta e di autoriciclaggio.

L´attività si inquadra in una più ampia strategia finalizzata al contrasto alla criminalità economica ed in particolare degli illeciti arricchimenti attraverso l´utilizzo indebito di piattaforme online e di strumenti informatici.

Cryptovalute

L’indagato è accusato di essere il responsabile di un “buco” di circa 120 milioni di euro sulla piattaforma hackerata Bitgrail, e di aver truffato oltre 230mila risparmiatori.

L’attività investigativa è stata avviata nel febbraio del 2018, a seguito di una denuncia, presentata dall’amministratore unico della piattaforma di exchange, relativa al furto di un´ingente somma della cryptovaluta denominata “Nano” Xrp, per un controvalore di circa 120 milioni di euro, realizzato sfruttando un bug del protocollo Nano ed effettuando illecite transazioni, tutte relative a gennaio 2018.

Nonostante la sua apparente condotta collaborativa, sin dalle prime dichiarazioni l’uomo ha indotto gli investigatori a non escludere un suo coinvolgimento nella vicenda, soprattutto a seguito di dichiarazioni contrastanti e contraddittorie rilasciate da lui stesso e dai suoi soci collaboratori.

Con gli sviluppi dell´attività investigativa, coordinata dal Servizio polizia postale e delle comunicazioni di Roma con il supporto dell´Fbi statunitense, è emerso il coinvolgimento dell´uomo nei reati contestati.

Le indagini hanno dimostrato che le illecite sottrazioni di cryptovaluta sono avvenute in più volte, a partire da giugno 2017, e che il 34enne non le ha impedite consapevolmente,  omettendo di implementare la sicurezza della piattaforma con uno dei metodi disponibili resi noti dal Team Nano developers (società americana creatrice della cryptovaluta), così procurando agli hacker, non ancora individuati, un enorme ingiusto profitto, per l´ammontare di circa 11.500.000 Xrb, equivalenti a circa 120 milioni di euro, danneggiando più di 230.000 persone in tutto il mondo, con l´aggravante di aver commesso i fatti con abuso della qualità di operatore del sistema.

Tenendo aperta la piattaforma nonostante la consapevolezza dei fatti, l’uomo ha continuato ad attrarre nuovi utenti, passati nell´arco di pochi mesi da 70mila a circa 217mila, beneficiando della notorietà dovuta al fatto di essere il primo e unico exchange italiano a trattare Xrb (poi divenuto Nano), approfittando inoltre dell´incremento crescente di valore della cryptovaluta, pur essendo consapevole della mancanza di fondi in Xrb sufficienti alla copertura dei wallets personali delle migliaia di utenti della piattaforma, su scala mondiale, procurando a sé un ingiusto profitto corrispondente ai “profits” ricavati dai depositi e dal trading, in vertiginoso aumento nel periodo intercorrente tra dicembre 2017 e febbraio 2018 proprio in corrispondenza dell´exploit dell´Xrb (Nano) sul mercato.

Gli investigatori, inoltre, attraverso accertamenti informatici e analisi di operazioni bancarie online, accertavano che l´uomo, tre giorni prima della presentazione della denuncia, aveva trasferito sul proprio conto personale, 230 cryptomonete Bitcoin Btc (che al cambio nel periodo di riferimento corrispondeva a circa 1,7 milioni di euro), riconducibili ai clienti della piattaforma di scambio.

Questi valori, nel mese di maggio 2018, sono stati in parte trasformati in moneta legale convertendoli nella somma di euro 514.690, che, successivamente, cercava a più riprese di prelevare, nel tentativo di “svuotare” il conto.

Assenteismo Asl : scoperto un sistema incentrato su uno scambio di favori. “Strisciavano” il badge” ai colleghi compiacenti. La Finanza li incastra

Video You tube- (Il Faro)-Guardia di Finanza- Roma

Sono otto i dipendenti dell’Asl Rm 5 ai quali le Fiamme gialle del comando provinciale di Roma hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini emesso dalla Procura di Tivoli. Assenteismo vale a dire reato di truffa e falso .Alcuni non facevano neppure ingresso nella sede ma figuravano al lavoro, altri si allontanavano dopo aver ‘strisciato’ regolarmente il proprio badge nel dispositivo di registrazione delle presenze installato all’ingresso della ‘Casa della Salute’ di Zagarolo. 

Per gli otto impiegati  una vera odissea giudiziaria oltre che disciplinare..

Vicende come queste nascono da segnalazioni, esposti, elementi che inducono le Fiamme Gialle della Compagnia di Frascati, coordinate dal locale Gruppo, a monitorare i loro movimenti, posizionando delle telecamere nei pressi dell’apparecchiatura “marcatempo” e pedinandoli per diversi giorni. Le immagini registrate hanno confermato i sospetti, riprendendo dipendenti che, appena timbrato il cartellino, si allontanavano per alcune ore dal posto di lavoro per sbrigare faccende personali

Si apprende anche che le indagini hanno rivelato l’esistenza di un sistema consolidato incentrato su uno scambio di favori che, in alcuni casi, si è spinto anche a simulare la presenza per l’intero turno, in virtù di  colleghi compiacenti che “strisciavano” il badge a inizio e fine giornata. Gli 8 denunciati dovranno rispondere dei reati di truffa ai danni dell’Ente di appartenenza e falsa attestazione di presenza in servizio. 

Frode di contributi pubblici, fatture false e “gonfiate”: la G.d.F denuncia otto persone

Como, emissione di fatture false: 34 indagati - La Notizia

MONTALBANO ELICONA

Otto persone sono state denunciate dalla Guardia di Finanza accusate, a vario titolo, di  reati quali la truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

 SequestratI beni e somme di denaro per un valore di oltre 1,2 milioni di euro. Provvedimenti emessi dal Tribunale di Pozzo di Gotto.    L’operazione ha messo in luce la complessa frode sui fondi destinati all’ammodernamento di un capannone aziendale, nel territorio di Montalbano Elicona (Me) rispetto al quale gli organizzatori della truffa avrebbero richiesto e ottenuto indebitamente importanti risorse finanziarie pubbliche.

Le fatture presentate all’Ispettorato dell’Agricoltura di Messina ed all’Agea sarebbero risultate, in realtà, emesse da fornitori compiacenti, per importi «gonfiati», ovvero per costi in realtà mai sostenuti o sostenuti solo in parte. Individuata anche una società cosiddetta «cartiera», con sede legale in Albania, del tutto priva di personale dipendente e di struttura operativa. La Regione Sicilia ha infine bloccato l’erogazione dell’ultima tranche del contributo, pari a 40 mila euro.

OMBRE SUL VATICANO MA ANCHE IL MERITO DI AVER SCOPERTO IL CORRUTTORE -G-TORZI-CHE RICATTAVA LA SEGRETERIA PONTEFICIA

Il mandato di cattura è stato notificato al termine dell’interrogatorio dal Promotore di Giustizia: estorsione, peculato e truffa aggravata i capi di imputazione

PAPA FRANCESCO ERA ALL’OSCURO DI TUTTO, DA SEMPRE IMPEGNATO NELLA MORALIZZAZIONE DELLA CHIESA

I veri nemici di Papa Francesco

Funzionari del Vaticano infedeli, indagini a Londra, il progetto di un bond da 30 milioni di euro con la Banca Popolare di Bari, infiniti rivoli di denaro che portano lontano, lontanissimo, dall’obolo di carità per i poverelli a cui i tanti soldi spariti erano destinati. Un Papa che ha sempre denunciato la corruzione nel mondo ma che non sapeva gli intrecci che avvolgevano la Chiesa di Roma. Era tenuto all’oscuro di tutto .Il più grande scandalo finanziario di sempre a Oltretevere, per come lo hanno ricostruito i magistrati vaticani, (si parte da 300 milioni ma le cifre dei soldi che ballano in varie operazioni sarebbero molto più alte) si è consumato negli anni all’insaputa di un Papa Francesco impegnato contro la corruzione in un’epocale e radicale opera di moralizzazione che non pochi nemici ha incontrato (e tuttora incontra) sul suo percorso evangelico.

Il Vaticano con il Comunicato stampa che appresso pubblichiamo- informa comunque di aver individuato  il marciume che gettava ombre sulla Chiesa e, tramite la Procura ponteficia, precisa essa i fatti giudiziari, che si sono svolti , conclusasi con i provvedimenti giudiziari. Una pulizia interna insomma, resa possibile con le numerose indagini dei magistrati del Vaticano.

Palazzo del Tribunale e della Gendarmeria in Vaticano

“Il broker Gianluigi Torzi, che fece da intermediario per far tornare alla Segreteria di Stato la proprietà di un immobile di Londra, è stato arrestato ieri sera in Vaticano.

“In data odierna – informa la Sala Stampa della Santa Sede – l’Ufficio del Promotore di Giustizia del Tribunale Vaticano, al termine dell’interrogatorio del sig. Gianluigi Torzi, che era assistito dai propri legali di fiducia, ha spiccato nei suoi confronti mandato di cattura”.

“Il provvedimento a firma del Promotore di Giustizia Gian Piero Milano e del suo Aggiunto Alessandro Diddi – continua il comunicato – è stato emesso in relazione alle note vicende collegate alla compravendita dell’immobile londinese di Sloane Avenue, che hanno coinvolto una rete di società in cui erano presenti alcuni funzionari della Segreteria di Stato”.

“All’imputato vengono contestati vari episodi di estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio, reati per i quali la legge vaticana prevede pene fino a dodici anni di reclusione”. Gianluigi Torzi è ora detenuto in appositi locali presso la caserma del Corpo della Gendarmeria”.

 

 Un sisma giudiziario che si traduce nella gestione dubbia di centinaia e centinaia di milioni di euro relativa all’acquisto da parte della Segreteria di Stato Vaticana dell’immobile di Sloane Avenue nella capitale britannica (prezzo triplicato rispetto al valore iniziale).        Il protagonista è lui, l’imprenditore Gianluigi Torzi, intervenuto nell’affare – secondo i magistrati pontifici – per risolvere l’impasse della partecipazione della Santa Sede al fondo Athena e diventato poi, secondo la procura vaticana, l’uomo in grado di tenere in pugno la segreteria di Stato fino a riuscire a estorcerle 15 milioni di euro.

Per gli inquirenti dell’Ufficio del Promotore di Giustizia Gian Piero Milano e del suo aggiunto Alessandro Diddi il quadro si fa inquietante a cominciare dagli investimenti fatti dalla Segreteria di Stato nell’Athena Capital Global Opportunities Fund del noto finanziere Raffaele Mincione, dopo un analogo tentativo di business naufragato in Angola: un’operazione, quella con Athena, nata quando a capo della sezione Affari generali della Segreteria c’era monsignor Angelo Becciu, e considerata anomala dalla magistratura vaticana già solo per il fatto che si fosse deciso di finanziare in parte il fondo con i denari dell’Obolo di San Pietro, destinando dunque somme possedute con vincolo di scopo per il sostegno delle attività caritatevoli a vere e proprie operazioni speculative.

La necessità di uscire da questa operazione scomoda che era costata milioni di euro al Vaticano porterà poi al ‘caso’ dell’acquisto dell’immobile di Sloane Avenue con l’intermediazione di Torzi e della sua Gutt Sa, scatenando uno dei più violenti scontri mai registrati Oltretevere e uno scambio al vetriolo tra il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, che ha definito “opaco” l’affare di Londra, e l’ex Sostituto della Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu, che ha assicurato di aver sempre agito nell’esclusivo interesse della Santa Sede arrivando a evocare la ‘macchina del fango’.

Ma la procura pontificia avrebbe accertato ruoli e interessi dei protagonisti oltre al percorso dei “soldi dei poveri” finiti a finanziare acquisizioni – osservano gli inquirenti – di azioni per diversi milioni di dollari, la sottoscrizione di obbligazioni e perfino quella di un bond emesso da una società riconducibile ancora a Mincione per 16 milioni di dollari: tutte mosse che peraltro, lungi dal portare un guadagno alle casse del Vaticano, per gli inquirenti si sono tradotte in una perdita accertata di oltre 18 milioni di euro al settembre del 2018 e che, secondo gli investigatori, potrebbero nascondere una enorme voragine nei conti della Santa Sede.

VITALIZI: LA SICILIA NON SI ALLINEA, COMMISSIONE ARS APPROVA TAGLIO (RIDICOLO) DEL 9%

    DEPUTATI DELLA REGIONE SICILIA-ASSEMBLEA SICILIANA :  VERGOGNA

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PALERMO

La Sicilia non si allinea. La riduzione di entità ridicola dei vitalizi dei parlamentari si rivela una beffa e uno schiaffo alla condizione di arretratezza e minore sviluppo del Sud, Sicilia compresa   L’interesse privato di arricchimento personale prevale nella Regione Sicilia sull’interesse pubblico e generale.    E’ una vera indecenza La commissione speciale dell’Assemblea siciliana istituita per la riduzione dei vitalizi ha approvato il disegno di legge che prevede-paradossalmente –un taglio lineare di circa il 9%. Hanno votato contro i due deputati del M5s.

Adesso il testo dovrà passare al vaglio dell’Aula, a Sala d’Ercole. “Alla fine la farsa è servita – commentano il capogruppo M5S all’Ars Francesco Cappello e le deputate Angela Foti e Jose Marano, componenti della commissione vitalizi –. La casta è riuscita a tutelare se stessa, approvando tagli dei vitalizi ridicoli e pure temporanei. E questo con la complicità di tutti i partiti, compreso quello di Musumeci. Lo spieghino ora ai siciliani, che finora non hanno visto un solo provvedimento a loro favore, nè governativo nè parlamentare. Oggi l’Ars ha scritto una delle peggiori pagine della sua storia”. 

“Il ddl truffa proposto da Pd e Forza Italia – aggiungono – è andato in porto con l’attenta regia di tutti i partiti. La norma è un’enorme presa in giro. Oltre a essere gli ultimi in italia ad operare il taglio, siamo riusciti anche ad essere anche i peggiori, visto che tutte le altre regioni hanno tagliato con percentuali molto più importanti, qui invece, si è proceduto con un taglio ridicolo di appena il 9 per cento e neanche definitivo , visto che sarà operativo solo per 5 anni, praticamente una beffa per i siciliani”. Il testo votato – concludono Foti e Marano – – non ci mette al riparo dai tagli dei trasferimenti statali. Musumeci può dirsi soddisfatto, il suo governo finora non solo non è riuscito a cavare un ragno dal buco ma si è macchiato di una colpa indelebile che niente riuscirà mai a cancellare”.