ECONOMIA, IN SICILIA OLTRE IL 25% DI SOCIETÀ INDEBITATE

 

Commercialisti riuniti a Catania per analizzare il nuovo Codice dell’insolvenza


ALLERTA PREVENTIVA PER CONTRASTARE STATO DI CRISI

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CATANIA –

In Sicilia ci sono oltre 77.774 società di capitali (più di 18mila solo nel capoluogo etneo), di queste ben 12.500 hanno debiti tra 100 e 500mila euro, mentre per 7.000 aziende la soglia si innalza fino a toccare quota 5 milioni di euro (in totale il 25% circa delle realtà imprenditoriali vive una condizione di fragilità). È questo lo scenario in cui s’innestano le novità introdotte dal nuovo “Codice della crisi e dell’insolvenza”, che ha letteralmente mandato in pensione – dopo 77 anni – la legge fallimentare.

A Catania, una “due-giorni” dedicata al tema e organizzata dall’Ordine dei commercialisti del capoluogo etneo (oggi e domani alla Baia Verde), ha riunito imprese, professionisti, docenti e imprenditori, per analizzare i nuovi strumenti normativi nati per prevenire dissesti e salvaguardare la continuità aziendale. «La fase di allerta o la fase di composizione assistita della crisi prevista dal nuovo Codice – ha commentato il presidente dell’Ordine etneo Giorgio Sangiorgio – diventano di fondamentale importanza per favorire l’emersione tempestiva dello stato di crisi, consentendo all’imprenditore di identificare in tempo utile le modalità di superamento della stessa. Il monitoraggio costante dell’equilibrio economico-finanziario dell’azienda sarà possibile solo in presenza di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile, ciò nell’ottica di preservare l’intero sistema economico territoriale. L’approccio tempestivo, che è già insito nelle buone prassi amministrative, consente d’intervenire con buone possibilità di successo, che invece diminuiscono drasticamente quando la crisi è ormai conclamata. Occorre favorire una cultura del risanamento, oltre ogni legge».

Il nuovo Codice – che è al suo debutto ma entrerà in vigore il 15 agosto 2020 – pone l’accento sulla necessità di essere tempestivi e di attivarsi senza indugio laddove emergano i primi segnali, rilevati da indicatori specifici enunciati nel testo: «La valutazione degli squilibri comunque – hanno aggiunto i consiglieri nazionali dei Commercialisti Roberto Cunsolo e Andrea Foschi – deve tenere conto delle caratteristiche dell’impresa e della sua attività in concreto, nonché del suo grado di maturità, con indici di allerta “personalizzati” più idonei a far emergere la crisi. Di certo in questi mesi il Cndcec (il Consiglio nazionale dei Commercialisti) interverrà per proporre integrazioni in un’ottica propositiva di collaborazione».

«Nelle PMI siciliane la proprietà e l’amministrazione sono concentrate in pochi soggetti, spesso sono legati da vincoli familiari – ha spiegato il consigliere Marcello Murabito, delegato Area giudiziale Crisi d’impresa e CTU – la struttura organizzativa consta di poche funzioni che spesso sono interamente svolte dall’imprenditore/proprietario. Questa struttura semplificata potrebbe fare ritenere la possibilità di un’analisi agevole, in realtà l’accentramento delle funzioni in capo a pochi soggetti comporta non poche criticità. Oggi più che mai le nostre imprese devono dotarsi di un sistema di controllo di gestione adeguato a intercettare le prime avvisaglie della crisi sulla scorta delle indicazioni contenute nell’articolo 13 del Codice: squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario; sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi; prospettive sulla continuità per l’esercizio in corso; sostenibilità degli oneri dell’indebitamento coi flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare; adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi; ritardi nei pagamenti reiterati e significativi. Laddove sinora si è operato solo su dati consuntivi, ora occorre un cambio deciso di prospettiva che focalizzi gli andamenti futuri della gestione: il piano industriale, sinora adottato solo dalle aziende di maggiori dimensioni, dev’essere al centro delle valutazioni».

 

Catania: si discute sulla riforma della crisi d’azienda

 

A Catania confronto nazionale sull’attesa legge in materia di diritto fallimentare

 

Annunciata la costituzione nella città etnea di un’associazione tra Commercialisti, Notai e Avvocati

CATANIA – Mancano pochi mesi dalla scadenza del termine di attuazione della “Delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”. La bozza dei primi due decreti attuativi è già negli uffici del ministero della Giustizia, e il mondo delle professioni è in attesa di comprendere se ci sarà davvero un cambiamento radicale sul fronte del diritto fallimentare. «È una riforma importante, che cambierebbe numerosi aspetti e procedure, primo fra tutti il ruolo sempre più determinante del professionista nella prevenzione della crisi», ha spiegato il presidente dei Commercialisti di Catania Giorgio Sangiorgio, promotore – ieri e oggi (15 e 16 giugno) – di una “due giorni” di studio sull’argomento, insiemae all’Osservatorio sulle Crisi d’Impresa (OCI) e all’Ordine degli Avvocati.

In quest’occasione, il presidente Sangiorgio ha annunciato la costituzione, nelle prossime settimane, di un’associazione che riunirà per finalità formative e di studio le tre categorie professionali di Catania che operano in ambito economico-giuridico: l’Ordine dei Commercialisti, quello degli Avvocati e il Consiglio Notarile. «Questo convegno sulla crisi d’impresa – ha affermato Sangiorgio – anticipa e conferma il modus operandi che attiveremo per la collaborazione fra i tre enti, cioè l’analisi congiunta delle problematiche professionali comuni, ciascuno con le proprie competenze, al fine di ottenere uno scenario completo e poter quindi contribuire concretamente alle risoluzioni».

L’evento – svoltosi al Grand Hotel Baia Verde e introdotto da Giuseppe Fichera, magistrato dell’ufficio del Massimario e del Ruolo presso la Corte Suprema di Cassazione – ha avuto infatti l’obiettivo di far emergere le diverse luci e ombre che caratterizzano la riforma delle procedure concorsuali. La Delega (contenuta nella legge 19/10/2017 n. 155) punta sui meccanismi di allerta per attenuare o neutralizzare il ritardo con cui le imprese segnalano la crisi – come sottolineato dal coordinatore dell’OCI Massimo Ferro – tuttavia le soglie impostate per l’obbligo di segnalazione dell’insolvenza non appaiono coincidenti con la realtà del tessuto imprenditoriale italiano, come ha fatto notare il componente del Consiglio Nazionale dei Commercialisti Andrea Foschi.

Nell’ambito di questo confronto il presidente della Corte d’Appello di Catania Giuseppe Meliadò e il presidente del Tribunale Francesco S.M. Mannino hanno rilevato la vivacità e il dinamismo degli Ordini professionali catanesi, protagonisti del dibattito nazionale. Presente per i saluti anche il tesoriere dell’Ordine forense Ninni Distefano. Tra i relatori, numerosi gli esperti provenienti da Università e dai Tribunali di altre parti della penisola, come Roma, Genova e Bologna.

«La riforma fissa a 2milioni di euro di ricavi la soglia sopra la quale l’azienda deve nominare un collegio sindacale – conclude il presidente Sangiorgio – è un limite basso che implicherebbe un numero molto ampio di imprese chiamate ad avvalersi di un organismo di controllo. Se da un lato ciò rappresenta un’opportunità di sviluppo per la professione del Commercialista, dall’altro siamo di fronte a un significativo aumento di responsabilità, che imporrebbe sia un’adeguata formazione professionale specialistica che l’avvio di un processo di miglioramento della gestione delle piccole e medie imprese».