Dichiarazione del Presidente Mattarella in occasione della Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie

 

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella all'Istituto Tecnico Guido Carli di Casal di Principe,in occasione della Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
«Il 21 marzo rappresenta un giorno solenne di ricordo e di impegno civile per affermare valori essenziali per la salute della nostra comunità.
L’impegno quotidiano per la pratica della legalità, la lotta contro tutte le mafie, contro le consorterie criminali che generano violenza e oppressione, contro zone grigie di complicità che ne favoriscono affari e diffusione, vede operare tutti i cittadini che desiderano vivere in una società coesa e rispettosa dei diritti di tutti.
Ricorrono trent’anni da quando Libera e altre associazioni hanno intrapreso un percorso importante di sensibilizzazione e mobilitazione civile fino a far sì che una legge dello Stato istituisse la “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, per esprimere doverosa solidarietà nei confronti delle vittime innocenti uccise dalla mano mafiosa. Ogni ambito è stato colpito da questo flagello: servitori della Repubblica, donne e uomini che si battevano per migliorare la società, imprenditori e cittadini che hanno respinto il ricatto del crimine, persone semplici finite sotto il tiro degli assassini.
I loro nomi sono parte della nostra memoria collettiva, ed è nei loro confronti che si rinnova, anzitutto, l’impegno a combattere le mafie, a partire dalle Istituzioni ai luoghi della vita quotidiana, superando rassegnazione e indifferenza, alleate dei violenti e sopraffattori.
La mafia può essere vinta.
Dipende da noi: tanti luminosi esempi ce lo confermano».

 

Libera celebra i caduti per mafia, in 50mila in corteo a Trapani. Letti i 1101 nomi delle vittime Una grande bandiera della pace apre la marcia. Don Ciotti: “Ci riconosciamo nel Manifesto di Ventotene”. Oltre al fondatore di Libera, gli ex Procuratori nazionali Grasso e Cafiero De Raho.

 

 

 

 

Trapani,

Non dobbiamo dimenticare che l’80% dei familiari non conosce la verità o ne conosce solo una parte. Eppure le verità passeggiano per le vie della nostra città, c’è chi ha visto, c’è chi sa». Nel giorno in cui si ricordano le vittime innocenti della mafia, don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera, vuole ribadire che ci sono ancora troppi nodi da sciogliere perché si possa parlare di vera giustizia quando di mezzo ci sono vittime per mano mafiosa.

Oggi studenti e giovani di tutto il Paese scendono in piazza per commemorare le vittime innocenti delle mafie e per ribadire che la lotta alla criminalità organizzata è una battaglia ancora aperta. Martina Lembo Fazio, delegata antimafia dell’Unione degli Studenti, dichiara: “Oggi siamo qui non solo per ricordare chi ha perso la vita per mano della mafia, ma anche per affermare con forza che il problema della criminalità organizzata è tutt’altro che superato. Le mafie continuano ad affliggere i nostri territori, si trasformano, cambiano volto, ma restano una minaccia concreta per la nostra società”. 

Le strade di Trapani questa mattina si riempiono di giovani in corteo, un segnale forte che richiama l’urgenza di un cambiamento. La scelta della Sicilia come luogo simbolo della manifestazione non è casuale: rappresenta una sfida e un’opportunità per costruire una società libera dalla violenza mafiosa e dall’omertà. “Oggi, come Unione degli Studenti, Link Coordinamento Universitario e Rete della Conoscenza, scendiamo in piazza con lo slogan ‘Ci dobbiamo ribellare!’ perché davanti alla mafia non possiamo restare immobili. La criminalità organizzata si è evoluta nel tempo: non la vediamo più in modo plateale, ma questo non significa che sia scomparsa,”

Cinquantamila persone sfilano per le vie del centro storico di Trapani, e in piazza Vittorio Emanuele.

. Secondo fonti della questura della città, questo il numero di partecipanti alla XXX Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti di mafia.

La Giornata è promossa dall’associazione Libera presieduta da don Luigi Ciotti alla presenza di oltre 500 familiari di vittime innocenti provenienti da tutta Italia. Attualmente sta avvenendo la lettura dei nomi delle vittime, 1101 persone. In piazza Vittorio Emanuele, dove è allestito il palco, sono arrivati anche gli ex procuratori nazionali antimafia Pietro Grasso e Federico Cafiero De Raho.

Solidarietà, il Garante dei detenuti della Regione Sicilia consegna 2500 coperte per le carceri siciliane

 

 

immagine

 

 

Sono state consegnate, nella Casa circondariale Pagliarelli di Palermo, le 2.500 coperte acquistate con i fondi del bilancio regionale e destinate a quindici istituti penitenziari siciliani che ne avevano fatto richiesta. L’iniziativa, promossa dall’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti della Regione Siciliana guidato da Santi Consolo, mira a garantire migliori condizioni di vita ai detenuti durante i mesi invernali.

Il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha espresso il suo apprezzamento: «Questa è una dimostrazione concreta di attenzione verso chi vive la condizione di detenuto. Il mio governo sarà sempre in prima linea nel sostenere progetti di questo genere e nel promuovere ulteriori azioni a favore della dignità delle persone carcerate e del loro reinserimento sociale».

«Nei periodi più freddi dell’anno– ha osservato Consolo – in molti istituti penitenziari, dove il riscaldamento potrebbe risultare insufficiente, una coperta in più può fare la differenza. La distribuzione è avvenuta in base alle necessità manifestate dagli istituti di pena interpellati dal nostro ufficio, con l’intento di migliorare le condizioni di vita delle persone recluse».

Mistero a Napoli: coppia di origini ucraini trovata morta in un appartamento Omicidio o suicidio?

Polizia, repertorio (Fotogramma/Ipa)

 

Napoli,

La Polizia ha trovato  corpi di un uomo e di una donna , oggi, venerdì 21 marzo, in un appartamento di Napoli. Secondo i primi accertamenti della polizia partenopea l’identificazione condurrebbe ad una coppia di origini ucraine, residente nella zona.

Le indagini sono in corso, ma al momento gli investigatori  ipotizzano un  omicidio-suicidio.

Ricordo di Antonio Manganelli, prefetto scomparso nel 2013 Una preghiera anche in Sicilia:” Uomo buono, pensava alla sicurezza degli altri…”

 

 

Capo Manganelli

 

Sono passati 12 anni dalla scomparsa di Antonio Manganelli  .. Morì il 20 marzo 2013, dopo una lunga malattia, mentre era in carica come Capo della Polizia.

Il ricordo del suo sorriso tra la gente è ancora vivo tra i “suoi ragazzi” e nel cuore di chi ha potuto apprezzarne le doti umane e professionali.

Capo Manganelli

Un momento di preghiera per un uomo buono come il prefetto Manganelli

 

Questa mattina, presso la Scuola superiore di Polizia, all’interno del Sacrario dei Caduti della Polizia, dove è presente una stele in sua memoria, il prefetto Manganelli è stato ricordato con un momento di preghiera.

La cerimonia è stata officiata dal coordinatore dei cappellani della Polizia di Stato, don Luigi Trapelli, e dai cappellani dell’Istituto per ispettori di Nettuno, don Antonio Raaidy, e della Scuola superiore di Polizia, don Pasquale Dello Iacovo.

Alla commemorazione hanno partecipato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il capo della Polizia Vittorio Pisani. Presenti anche la moglie del prefetto Manganelli, Adriana Piancastelli, la figlia Emanuela e molti amici e colleghi dell’indimenticabile Capo della Polizia.

Capo Manganelli

Il ministro Piantedosi, prima di lasciare il Sacrario ha scritto un suo personale pensiero di ricordo sul libro d’onore “Una giornata a ricordo di un grande uomo di Stato, Antonio Manganelli, la cui celebrazione deve essere patrimonio di questo luogo di cultura, e beneficio di tutti i giovani poliziotti di oggi e del futuro”.

Nel primo pomeriggio le celebrazioni sono proseguite in Sicilia, presso il commissariato di Castelvetrano (Trapani), dove è stata allestita una mostra fotografica dedicata alla cerimonia di inaugurazione dell’ufficio di Polizia che, nel settembre 2012, fu presieduta proprio da Manganelli.

Per rendere omaggio alla figura del Prefetto, è stato deciso di intitolare alla sua memoria la sala riunioni del Commissariato.

Capo Manganelli

Il capo della Polizia Pisani, intervenendo, ha rivolto il suo ringraziamento ad Adriana ed Emanuela Manganelli per la vicinanza ed affetto che hanno sempre dimostrato alla Polizia di Stato dopo la scomparsa di Antonio. Questo, ha ricordato il Capo della Polizia, è la dimostrazione di come il prefetto Manganelli abbia trasferito tra le mura domestiche l’amore per la Polizia di Stato.

Il prefetto Pisani ha infine ricordato un grande insegnamento di Antonio Manganelli, cioè quello della sicurezza partecipata, che evidenzia come solo tutti insieme è possibile cercare di offrire ai cittadini quella sicurezza che è insita nel compito quotidiano svolto dai poliziotti. Un pensiero che il Capo della Polizia ha voluto, personalmente, sottolineare nella motivazione dell’intitolazione, che nel passaggio finale esprime al meglio quello che Manganelli è stato per la Polizia di Stato e per la sicurezza della Nazione: “Espressione di un pensiero moderno lungimirante ha, nei suoi incarichi di Questore e poi di Capo della Polizia, plasmato un sistema della sicurezza fondato sulla sinergica collaborazione tra le Forze di polizia ed altresì con le altre componenti pubbliche e private della società civile, in un processo armonico di garanzia e salvaguardia della sicurezza collettiva della nostra comunità”.

Capo Manganelli

Durante la cerimonia di intitolazione il prefetto Pisani ha scoperto la targa commemorativa insieme alla figlia di Manganelli, Emanuela, ed ha consegnato la pergamena di intitolazione alla moglie Adriana.

Presenti alla cerimonia anche il prefetto di Trapani Daniela Lupo, il questore Giuseppe Felice Peritore e il sindaco di Castelvetrano Giovanni Lentini.

 

L’UE MIRA A METTERE L’UCRAINA NELLA POSIZIONE PIU’ FORTE POSSIBILE- CONCLUSIONI: 26 CAPI DI STATO ECCETTO L’UNGHERIA-A FAVORE DELL’UCRAINA

 

 Approvate le conclusioni sull’Ucraina a 26, senza l’Ungheria che ha mantenuto la propria posizione contraria, come il 6 marzo scorso.

Zelensky al G20: ecco i 10 punti per la pace - la Repubblica

L‘Ue e i suoi Stati membri “contribuiranno al processo di pace, per aiutare ad assicurare una pace giusta e duratura, che sia nell’interesse dell’Ucraina e dell’Europa nel suo insieme”, riportano le conclusioni sull’Ucraina approvate da 26 capi di Stato e di governo su 27, senza l’Ungheria.

Nelle conclusioni del Consiglio Europeo si riporta che i leader hanno discusso dell’Ucraina, che hanno avuto uno scambio di vedute con il presidente Volodymyr Zelensky (in collegamento dalla Norvegia) e che il testo allegato è “fermamente sostenuto” da 26 capi di Stato e di governo dell’Ue.

Nel testo a 26, dopo aver ribadito il sostegno “continuo e incrollabile” a Kiev, si ripete che l’Ue “mantiene il suo approccio ‘pace attraverso la forza’”, che mira a mettere l’Ucraina nella posizione “più forte possibile”, della quale componente “essenziale” sono le sue “robuste capacità militari e di difesa”. Pertanto, l’Ue rimane “impegnata a fornire ulteriore sostegno all’Ucraina e al suo popolo”, affinché possa esercitare il proprio “diritto all’autodifesa”.  E stavolta l’Ucraina potrà difendersi con gli strumenti economici dell’Europa anzichè degli Stati Uniti e del suo superbullo Trump..

Tutti in coro chiedono  il “sostegno ad una pace giusta e completa, basata sui principi della Carta delle Nazioni Unite e sul diritto internazionale” e “accoglie con favore i principi delineati il 6 marzo scorso, che dovrebbero guidare i negoziati di pace”. I leader, si legge poi, “accolgono con favore” la dichiarazione congiunta Usa-Ucraina, “inclusa la proposta di cessate il fuoco”, nonché la ripresa della condivisione delle informazioni di intelligence tra i due Paesi. I leader chiedono poi alla Russia “di mostrare una vera volontà politica di porre fine alla guerra”.

Un percorso “credibile” verso la pace deve includere, tra l’altro, lo “scambio dei prigionieri” e il “ritorno di tutti i bambini ucraini” rapiti e deportati in Russia e Bielorussia. L’Ue resta “pronta ad aumentare la pressione sulla Russia”, anche tramite “ulteriori sanzioni” e il “rafforzamento” delle misure esistenti. I beni della Banca centrale russa rimarranno “immobilizzati” finché Mosca non cesserà la guerra e “risarcirà” l’Ucraina per i danni inflitti con la guerra.

Sulle garanzie di sicurezza, Ue e Stati membri “sono pronti a contribuire”, in particolare “sostenendo la capacità dell’Ucraina di difendersi con efficacia”. Pertanto, gli aiuti a Kiev continueranno: i leader “esortano la Commissione e i Paesi membri ad usare tutte le opzioni dello strumento per l’Ucraina per aumentare il sostegno finanziario” a Kiev. Si richiama l’iniziativa dell’Alta Rappresentante Kaja Kallas, sulla quale sono però freddi grandi Paesi come Spagna e Italia, e si esortano i Paesi ad “aumentare” gli sforzi per aiutare militarmente Kiev.

Si ribadisce l’intenzione di trascinare davanti alla giustizia gli autori di crimini di guerra commessi in Ucraina, ricordando il Tribunale speciale creato ad hoc al Consiglio d’Europa. Si richiama la ricostruzione del Paese, citando esplicitamente la conferenza che verrà tenuta in Italia nel prossimo luglio. L’Ue “intensificherà il sostegno” alle riforme che l’Ucraina deve fare “nel suo percorso verso l’adesione all’Ue” e “sottolinea l’importanza di fare progressi nei negoziati” a questo fine.

Ue ‘deplora’ la ripresa dei combattimenti a Gaza

Nelle conclusioni inoltre il Consiglio Europeo “deplora la rottura del cessate il fuoco a Gaza, che ha causato un gran numero di vittime civili nei recenti attacchi aerei”. Il Consiglio “deplora il rifiuto di Hamas di consegnare gli ostaggi rimasti”. Il Consiglio Europeo “chiede un immediato ritorno alla piena attuazione dell’accordo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Sottolinea la necessità di progredire verso la sua seconda fase, in vista della sua piena attuazione, che porti al rilascio di tutti gli ostaggi e alla fine definitiva delle ostilità”.

Ue, Meloni: “Ventotene non è la mia Europa”. Sospesa due volte la seduta in una Camera ad alta tensione

 

Giorgia Meloni - Fotogramma /Ipa

Toni accesissimi a Montecitorio dopo le critiche della premier al testo di Spinelli, Rossi e Colorni al confino nel 1941. Dai banchi della minoranza le urla: “Si vergogni, no al fascismo”. Via libera della risoluzione della maggioranza sul Consiglio

Toni accesissimi in Aula a Montecitorio dopo l’attacco della premier Giorgia Meloni al Manifesto di Ventotene, il testo per la nuova Europa scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel 1941 confinati dai fascisti presso l’isola delle Pontine. Seduta sospesa due volte e opposizioni sul piede di guerra in una giornata che ha registrato una escalation di tensione alla Camera.

L’Aula della Camera ha votato, inoltre, a favore della risoluzione di maggioranza, presentata dopo le comunicazioni del premier, Giorgia Meloni, in vista della riunione del Consiglio europeo del 20 e 21. Il testo della maggioranza ha incassato 188 voti a favore, no 125 e 9 gli astenuti. Bocciate le altre cinque risoluzioni a firma delle opposizioni: del partito democratico, del M5S, di Avs, Italia Viva e Azione. Alcune di queste sono state votate per parti separate, per richiesta dei gruppi firmatari.

Non mi è chiarissima l’idea d’Europa alla quale si fa riferimento -dice la premier alla fine del suo intervento, dopo aver ribadito la linea che terrà al Consiglio Ue del 20 e 21 marzo – anche in quest’aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene: ora io spero che tutte queste persone in realtà non abbiano mai letto il manifesto di Ventotene perché l’alternativa sarebbe francamente spaventosa…”.

 Parole che arrivano in chiusura del suo intervento alla Camera, che segneranno l’inizio delle tensioni in Aula, con una doppia sospensione dei lavori decisa dal presidente Fontana. Meloni si dilunga sulla disamina di alcune parti del documento, che vuole citare ad una ad una. Tra i brani letti l’Aula ascolta ‘la rivoluzione europea per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista’, con tanto di chiosa della premier (“e fino a qui vabbè…”) e ancora: ‘La proprietà privata deve essere abolita, limitata…'”. Le opposizioni iniziano a rumoreggiare, si distingue Federico Fornaro, deputato del Pd e autore di un saggio su Matteotti che si fa sentire.

Ma Meloni incalza, citando un nuovo passaggio: ‘La politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria’, è un altro virgolettato citato. Il manifesto, legge sempre Meloni, conclude: ‘Il partito rivoluzionario attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto, non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna’ e ancora ‘attraverso questa dittatura del partito si forma il nuovo stato e attorno a esso la nuova democrazia’.

Bagarre alla Camera, ira opposizioni contro la premier: “Si vergogni”

Quanto basta per scatenare la bagarre finale in Aula, con il presidente Fontana costretto a sospendere i lavori, ma la sosta non placa gli animi e le opposizioni, alla ripresa della seduta alla Camera, attaccano a testa bassa.

A prendere la parola per primo, sull’ordine dei lavori, è il vicecapogruppo di Avs, Marco Grimaldi: “Ci sentiamo profondamente offesi e indignati”, inizia il deputato rossoverde, che poi attacca per il “fatto gravissimo”: “Questo Paese, questa democrazia, questa Costituzione è nata anche a Ventotene. Quegli uomini e quelle donne parlavano dal confine, da una dittatura, in questo Paese o eri suddito o eri ribelle. E’ anche grazie a loro se siete e se siamo liberi”.

A Grimaldi fa eco proprio Fornaro: “Quello che è avvenuto lo riteniamo un fatto grave nei confronti del Parlamento, della storia di questo Paese”. Il manifesto di Ventotene, spiega l’esponente dem, non è “l’inno alla dittatura del proletariato, è l’inno dell’Europa federale, contro i nazionalismi che sono stati il cancro che nel Novecento ha prodotto due guerre mondiali”. Per Fornaro, questo è un oltraggio alla “memoria di Altiero Spinelli, considerato il padre dell’Europa, di Ernesto Rossi, di Eugenio Colorni”. “Si inginocchi la presidente del Consiglio davanti a loro, altro che dileggiarli. Vergogna, vergogna, vergogna”, conclude il deputato dem.

Credo che alle gravissime parole che la presidente Meloni, un oltraggio alla nostra democrazia, la risposta migliore sia stata data dal presidente Mattarella“.

E’ l’inizio dell’intervento di Alfonso Colucci, del Movimento 5 stelle, che poi ricorda le parole del capo di Stato direttamente a Ventotene, mettendo l’accento soprattutto sulla parte in cui Mattarella disse che era “il fascismo” ad aver mandato “qui diverse persone per costringerle a non pensare o quantomeno per evitare che seminassero pericolose idee di libertà”. “Quanto abbiamo sentito oggi in quest’aula dalla presidente del Consiglio -ribadisce il deputato pentastellato- è un oltraggio. Non c’è spazio in quest’aula per il fascismo e lei dovrebbe per primo alzarsi da quello scranno. Presidente, si vergogni”, tuona Colucci.

Duro il commento di Elly Schlein: “Giorgia Meloni ha deciso in aula di nascondere le divisioni del suo governo oltraggiando la memoria europea. Noi non accettiamo tentativi di riscrivere la storia”. Scrive Matteo Renzi sui social. “La Meloni non ama Ventotene perché la storia di Ventotene dice il contrario della storia di Giorgia Meloni. Le prossime elezioni saranno un referendum tra chi crede nelle idee di Ventotene e tra chi crede in Giorgia Meloni. Noi non abbiamo dubbi su da che parte stare”.

La premier a Bruxelles

Nella serata di mercoledì la premier è tornata sul tema da Bruxelles. “Ho solo letto un testo,un testo si  puà distribuire ma non leggere? È un simbolo del quale ho riletto i contenuti. Non capisco cosa ci sia di offensivo nel leggere il testo. Non l’ho distorto, l’ho letto testualmente. Ma non per quello che il testo diceva 80 anni fa, ma per il fatto che è stato distribuito sabato scorso. Un testo 80 anni fa aveva la sua contestualità. Se lo distribuisci oggi, io devo leggerlo e chiederti se è quello in cui credi” commerta in conclusionee.

Naufraghi tunisini cadono dal gommone, dieci superstiti a Lampedusa

 

La voce di migranti e rifugiati per un giornalismo di ...

 

Lampedusa,

Alla partenza i naufraghi erano 56 dalla Tunisia,, da Sfax, a bordo di un gommone. Ma mentre erano in acque internazionali decine di loro sarebbero caduti in acqua a causa del maltermpo.

I 10 superstiti in queste ore vengono sentiti dalla Polizia. Si tratta di uomini, tutti giovanissimi. Sono stati portati all’hotspot di Lampedusa.

Oggi, a causa delle condizioni meteomarine particolarmente avverse, le operazioni di ricerca proseguono con il supporto di mezzi aerei, tra cui l’aereo Manta della Guardia costiera e velivoli di Frontex, di forze armate e polizia. Sono stati inoltre allertati i Centri di coordinamento del soccorso marittimo di Malta e della Tunisia per le ricerche nelle rispettive aree Sar di competenza.

“Cristina Palma, vice direttore dell’hotspot di Lampedusa gestito dalla Croce Rossa italiana ha affermato:  “.Ieri abbiamo accolto in hotspot i 10 superstiti del naufragio. L’imbarcazione era partita dalla Tunisia e si tratta di persone provenienti dall’Africa subsahariana. Hanno riposato tutta la notte, sono tutti in buone condizioni di salute e dopo le procedure di identificazione forniremo loro un ulteriore supporto psicologico con la nostra equipe multidisciplinare“.

Una tregua troppo fragile, quella raggiunta telefonicamente tra Trump e Putin che mira ad annullare il valore della libertà in Ucraina- C’è il problema del “controllo effettivo” dei territori

 

 

Trump e Putin   RIPRODUZIONE RISERVATA © ANSA/AFP

 

 

Niente più  aiuti militari e  intelligence da parte dell’Occidente all’Ucraina come requisito ‘chiave’ per la Russia nel corso del colloquio tra Putin e Tramp per porre fine alla guerra. Un colloquio durato circa due ore e definito “produttivo” dal leader Usa, e stop agli attacchi contro le infrastrutture energetiche ucraine per un mese. Un primo passo verso la pace, secondo la Casa Bianca.  Un pò debole  come tregua da parte di Putin  …che, forse mira ancora a conquistare  territori di Kiev….

 Zelensky : non c’è la volontà di Putin a porre fine a questa guerra

Il cessate il fuoco parziale accordato dalla Russia, con lo stop degli attacchi alle strutture energetiche per un mese, non dimostrano la volontà di Putin a porre fine a questa guerra. E’ il pensiero del  al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che spera di avere a breve un contatto diretto con Trump. Le condizioni illustrate da Putin “puntano a indebolire l’Ucraina” e “non a mettere fine alla guerra. La Russia non è pronta a porre fine a questa guerra e lo vediamo. Non sono pronti nemmeno per il primo passo, che è un cessate il fuoco”, ha affermato Zelensky , commentando pure che “il gioco di Putin è indebolire l’Ucraina”.

“Dopo aver ricevuto i dettagli dal presidente degli Stati Uniti, da parte americana, daremo la nostra risposta”, ha detto ai giornalisti, aggiungendo che gli Stati Uniti dovrebbero essere “garanti” del cessate il fuoco parziale: “La nostra parte manterrà questa posizione” finché la Russia la rispetterà.

In questo contesto, passano in secondo piano i primi traguardi raggiunti nella telefonata. Mosca e Kiev per ora procederanno allo scambio di 175 prigionieri di guerra ciascuno, secondo l’intesa raggiunta nel colloquio. L’ok allo scambio di prigionieri è “un gesto di buona volontà” da parte di Mosca, ha sottolineato il Cremlino. Oltre ai 175 prigionieri di guerra, la Russia trasferirà in Ucraina anche 23 militari di Kiev rimasti “gravemente feriti”.

La condizione ‘chiave’ di Mosca

E’ stato sottolineato che la condizione chiave per impedire un’escalation del conflitto e lavorare verso la risoluzione con mezzi politici e diplomatici deve essere la completa cessazione dell’assistenza militare e la fornitura di intelligence a Kiev”, recita la nota del Cremlino dopo la telefonata tra Putin e Trump.

Mosca ha poi dato la sua disponibilità ad un cessate il fuoco di 30 giorni sulle infrastrutture, in particolare energetiche, dell’Ucraina, ma ha ribadito i suoi dubbi sul più ampio cessate il fuoco di 30 giorni, senza condizioni, che Stati Uniti e Ucraina avevano concordato e proposto alla Russia.

Nella nota del Cremlino si legge quindi che da parte dei russi sono “stati evidenziati un numero di punti significativi” che richiedono ulteriori considerazioni, compreso quello “del controllo effettivo” su qualsiasi cessate il fuoco sulla linea del conflitto. Inoltre la Russia richiede lo stop della mobilitazione degli ucraini e il riarmo delle sue forze, insieme alla ribadita richiesta, già avanzata nei giorni scorsi da Putin, di “eliminare le radici che hanno provocato la crisi”.

Il leader russo, come riferisce il Cremlino, ha detto al presidente americano di essere in ogni caso “disposto a collaborare con lui per la pace”. Mosca ha spiegato che verranno creati “gruppi esperti americani e russi che lavoreranno per raggiungere un accordo di pace”.

Trump: “Il processo di pace è in pieno svolgimento e, sono certo, ci sarà ” il  cessate il fuoco completo”

Grande ottimismo, intanto, da parte di Trump, che ha parlato di un colloquio telefonico “molto buono e produttivo” su Truth. “Abbiamo concordato un immediato cessate il fuoco su tutta la rete energetica e sulle infrastrutture – ha scritto il tycoon -, con l’intesa che lavoreremo rapidamente per avere un cessate il fuoco completo e, in conclusione, la fine di questa orribile guerra tra Russia e Ucraina. Questa guerra – ha aggiunto – non sarebbe mai iniziata se fossi stato il presidente! Sono stati discussi molti elementi di un accordo di pace, incluso il fatto che migliaia di soldati vengono uccisi. Sia il presidente Putin che il presidente Zelensky vorrebbero vedere la guerra finire. Il processo è ora in pieno svolgimento con efficacia e, si spera, per il bene dell’umanità, porteremo a termine il lavoro”...

Il presidente Trump e il presidente Putin hanno parlato della necessità di pace e di un cessate il fuoco nella guerra in Ucraina. Entrambi i leader – si legge quindi nella nota della Casa Bianca dopo il colloquio tra i leader – hanno concordato che questo conflitto deve concludersi con una pace duratura. Hanno anche sottolineato la necessità di migliorare le relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Russia. Il sangue e le risorse che sia l’Ucraina che la Russia hanno versato in questa guerra andrebbero destinati alle esigenze dei rispettivi popoli”.

“Questo conflitto non avrebbe mai dovuto iniziare e avrebbe dovuto concludersi molto tempo fa con sinceri e positivi sforzi per la pace. I leader hanno concordato che l’iter verso la pace inizierà con un cessate il fuoco per le strutture energetiche e per le infrastrutture, nonché con negoziati tecnici sull’attuazione di un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero, un cessate il fuoco completo e una pace permanente“, prosegue la nota.

Il colloquio è servito anche per concordare l’avvio di negoziati “immediatamente in Medio Oriente. I leader hanno parlato ampiamente del Medio Oriente come regione di potenziale cooperazione per prevenire futuri conflitti. Hanno inoltre discusso della necessità di fermare la proliferazione di armi strategiche e si impegneranno con altri per garantire la più ampia applicazione possibile”.

Infine, “i due leader hanno condiviso l’opinione che l’Iran non dovrebbe mai essere in condizione di distruggere Israele. I due leader hanno concordato che in futuro un miglior rapporto bilaterale tra Stati Uniti e Russia produca enormi vantaggi. Questo comprende rilevanti accordi economici e la stabilità geopolitica quando la pace sarà raggiunta”.

 

 

 

01.jpg

 

 

 

Catania,

Nell’ambito di complesse attività di indagine coordinate dalla Procura Distrettuale della Repubblica, i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito, con il supporto di unità della Compagnia Pronto impiego Catania (“Baschi Verdi” e unità cinofile) nonché del Nucleo PEF di Reggio Calabria e del Gruppo Locri (RC), l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale ha disposto misure cautelari personali nei confronti di 6 persone, ritenute responsabili, in concorso tra loro e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, di un’intensa attività di narcotraffico con importazioni dall’estero e con l’aggravante dell’ingente quantitativo.

Contestualmente, è stata data esecuzione a un decreto d’urgenza emesso dal Pubblico Ministero inquirente che ha disposto il sequestro preventivo di denaro e beni nella disponibilità degli indagati per un valore complessivo di circa 7,7 milioni di euro.

 

02.jpg

 

Le investigazioni, svolte da unità specializzate del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Catania – Gruppo Operativo Antidroga del G.I.C.O., anche mediante attività tecniche, acquisizione di dati e notizie tramite banche dati in uso al Corpo, servizi di osservazione e riscontro, hanno riguardato un gruppo criminale dedito all’importazione dal Sudamerica via mare di ingenti partite di cocaina e alla successiva esfiltrazione dal porto etneo, grazie anche a collaudate tecniche di occultamento del narcotico e a consolidati metodi di recupero dello stesso.

All’esito sono state acquisite molteplici evidenze che hanno permesso, per la prima volta, di fare piena luce sulle dinamiche criminali all’interno dello scalo portuale di Catania.

In particolare, è stata individuata la figura di un soggetto gravato da condanna del 2010 per narcotraffico e di suo figlio, entrambi operanti in quell’area in qualità di dipendenti della predetta società.

È stato inoltre appurato che il primo avrebbe avuto rapporti con esponenti di spicco del clan P./P. e in particolare con un soggetto già condannato per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con sentenza del GIP di Catania del 2007.

Nonostante le plurime cautele adottate quotidianamente dagli indagati, le attività captative e i servizi di pedinamento e di osservazione dei finanzieri etnei avrebbero consentito di accertare, ferma restando la presunzione d’innocenza valevole ora e fino alla condanna definitiva, la sistematica operatività di padre e figlio nel settore del narcotraffico e di individuare gli ulteriori soggetti che li avrebbero coadiuvati, definendone i rispettivi ruoli.

 

03.jpg

A tal riguardo, sarebbero state acquisite gravi evidenze indiziarie con riferimento ad almeno tre episodi di importazione di ingenti quantitativi di cocaina, per un peso complessivo di oltre 215 kg, oltre ad iniziativa, non concretizzatasi, volta a introdurre una partita di droga di 300 kg.

Il sistema, particolarmente oleato, si sarebbe caratterizzato per l’introduzione nel porto del narcotico mediante il suo occultamento in doppi fondi ricavati all’interno di container utilizzati per l’importazione di frutta dal Sudamerica.

Una volta giunto in porto e scaricato sulla banchina, il container interessato sarebbe stato poi trasportato verso la sede/deposito della società di gestione dei servizi portuali, sita nella zona industriale di Catania, ove sarebbero state effettuate le operazioni di manipolazione necessarie a estrarre il narcotico, da consegnare ai relativi destinatari previo pagamento di una percentuale del 30/40% della quantità importata per il servizio reso.

Sulla scorta di quanto ricostruito dal Nucleo PEF di Catania, il G.I.P. presso il Tribunale etneo, su richiesta della locale Procura, ha ritenuto dunque sussistente un grave quadro indiziario a carico degli indagati disponendo l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 indagati.

Contestualmente, i finanzieri etnei hanno dato esecuzione a un decreto d’urgenza, emesso dal Pubblico Ministero inquirente, di sequestro preventivo, anche per equivalente, del denaro e, in subordine, dei beni mobili e immobili di proprietà o nella disponibilità dei principali indagati fino a concorrenza della somma di 7,7 milioni di euro, corrispondente al profitto o prodotto derivante dal traffico di sostanze stupefacenti.

L’attività investigativa si colloca nel più ampio quadro delle attività poste in essere svolte dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di finanza di Catania volte al contrasto del traffico organizzato e dello spaccio di sostanze stupefacenti, a tutela della cittadinanza e, in particolar modo, delle fasce più deboli della popolazione.