Catanzaro,sequestro di oltre 9 milioni di euro a una clinica privata – Due indagati per truffa per ingiusto profitto a danno delle casse pubbliche

 

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Oggi i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, coordinati dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia, hanno dato esecuzione al provvedimento con il quale il Gip presso il Tribunale di Vibo Valentia ha disposto il sequestro preventivo di oltre 9 milioni di euro nei confronti di una clinica privata di Vibo Valentia convenzionata con il Servizio Sanitario Regionale e, in subordine, dei due amministratori succedutisi nel corso degli anni, indagati per truffa ai danni della locale Azienda Sanitaria Provinciale.

Le indagini, condotte dagli specialisti del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro, hanno permesso di ipotizzare che la clinica, sebbene autorizzata e accreditata per l’esecuzione in convenzione con il sistema sanitario regionale di prestazioni in diverse discipline, dal 2012 al 2022, a seguito della stipula con l’A.S.P. di Vibo Valentia di specifici contratti, ha eseguito indebitamente prestazioni sanitarie chirurgiche di carattere ambulatoriale anche in campo oculistico in carenza, per tale branca, sia dell’autorizzazione sanitaria per l’esercizio sia dell’accreditamento con l’Ente pubblico.

Conseguentemente – secondo l’ipotesi accusatoria che sarà sottoposta alla successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa – l’A.S.P. sarebbe stata tratta in inganno nella stipula dei contratti dal possesso dei suddetti requisiti falsamente dichiarati dai rappresentanti della clinica e i contratti di affidamento delle prestazioni sanitarie avrebbero dato luogo a un ingiusto profitto e conseguente danno per le casse pubbliche per oltre 9 milioni di euro.

 

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Soltanto nel 2022 la clinica ha avanzato richiesta della specifica autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria per la branca di oculistica e la relativa istruttoria amministrativa è tuttora in corso.

L’autorizzazione sanitaria è presupposto indefettibile per esercitare l’attività medica, mentre l’accreditamento, ottenuto solo a seguito del comprovato possesso di ulteriori requisiti, consente di agire per conto del Sistema Sanitario Regionale.

 

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L’attività svolta testimonia il costante presidio assicurato dalla Procura di Vibo Valentia e dalla Guardia di Finanza nella tutela della spesa pubblica e, nel caso di specie, nel settore sanitario, finalizzato alla repressione delle più sofisticate forme di illecita gestione delle risorse pubbliche e delle frodi ai danni dello Stato garantendo che quanto versato dai cittadini con le tasse torni alla collettività attraverso efficienti servizi.

Operazione “Déjà-Vu” del ROS, sgominata un’associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone e all’immigrazione clandestina

 

rifugiati in attesa di attraversare il confine serbo-croato - immigrati clandestini foto e immagini stock

Archivi -Sud Libertà
 Roma,

Oggi, nella mattinata, i Carabinieri del ROS, in collaborazione con la Brigata di Lotta alla Criminalità Organizzata di Brasov (Romania), nelle provincie di Udine, Brescia e Vicenza, hanno dato esecuzione a perquisizioni nei confronti di 6 indagati per Associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone e all’immigrazione clandestina emessi dalle Autorità giudiziarie italiana e rumena.

Contestualmente il citato ufficio di polizia, su mandato dell’AG romena e per il medesimo delitto ha dato esecuzione a un provvedimento cautelare coercitivo a carico di 10 soggetti residenti in Romania e a 2 perquisizioni nei confronti di altrettanti indagati residenti in Austria.

L’operazione “Déjà-Vu” del ROS è stata avviata su delega della Procura della Repubblica di Udine – a seguito del rintraccio di 45 migranti sul confine italo-sloveno in prossimità del territorio del comune di Cividale del Friuli (UD) – al fine di accertare l’eventuale esistenza di una più ampia e ramificata organizzazione.

Deferiti a piede libero due cittadini egiziani A.W. e G.M. ed un cittadino pakistano M.R., regolarmente residenti in Italia, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Gli approfondimenti svolti nella prima fase dell’indagine – oltre ad acclarare che lo spostamento dei migranti avveniva dietro corresponsione di consistenti somme di denaro sfruttando circuiti internazionali di money transfer – hanno evidenziato i collegamenti di uno dei soggetti denunciati con una più vasta organizzazione specializzata nel trasporto migranti con base in Romania.

L’indagine si è quindi sviluppata in cooperazione di polizia e giudiziaria con le Agenzie Europol e Eurojust, per via delle convergenze investigative rilevate nell’ambito delle indagini “Dèjà-Vu” e “Prince”, condotte rispettivamente dal ROS e dalla Polizia romena.

La collaborazione tra i due uffici di polizia ha quindi consentito di ricostruire gli assetti di una associazione criminale transnazionale dedita alla tratta di persone e all’immigrazione clandestina, di identificare i vertici in 3 pakistani residenti in Romania e altri 15 tra pakistani e romeni incaricati della gestione e del trasporto dei migranti in territorio romeno, italiano e austriaco.

In particolare, i clandestini dapprima venivano fatti entrare in Romania, utilizzando visti di lavoro per assunzioni fittizie presso aziende riconducibili all’organizzazione, per poi essere trasferiti, nascosti a bordo di mezzi pesanti, in Italia ed Austria con la collaborazione di altri sodali pakistani e rumeni legalmente residenti nei citati paesi.

Mafia Sicilia : sequestrati beni per un 1 milione di euro a Leandro Greco, nipote di Michele detto “Il Papa” e Capo mandamento dei “Ciaculli”

 

Nero Cinema, Suspense, Uomini, Cavaliere

Archivi – Sud Libertà

 

 – Palermo,
Oggi, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione ad un provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, che aveva accolto le richieste della locale Procura della Repubblica, con il quale è stato disposto il sequestro di beni riconducibili a GRECO Leandro.
GRECO Leandro nato a Palermo il 19.03.1990, è stato tratto in arresto nell’ ambito operazione di servizio denominata “Cupola 2.0”, nel dicembre del 2018, successivamente condannato con sentenza del dicembre del 2020, ad anni 12 di reclusione per partecipazione all’associazione mafiosa “cosa nostra” con ruolo direttivo. L’attività investigativa e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito di dimostrare come GRECO Leandro, detto “Michele” figlio di Giuseppe e nipote in linea diretta di Michele, detto “il Papa”, si è fatto promotore della riorganizzazione della “Commissione provinciale di cosa nostra”, prendendo parte a numerosi incontri con esponenti di vertice di altri mandamenti. Dall’attività tecnica emergeva come figura designata ad assumere un ruolo di primo piano nel mandamento di “Ciaculli”.
Il quadro probatorio raccolto nell’ambito delle indagini patrimoniali, intraprese subito dopo il suo arresto, è stato in grado di dimostrare come i beni nella sua disponibilità fossero in realtà il frutto delle sue attività illecite poste in essere nel corso degli anni, così consentendo al Tribunale di Palermo di emettere l’odierno provvedimento di sequestro riguardante i  beni, del valore complessivo di circa € Milione
•nr. 02 imprese individuali site in Palermo, con attività di ristorazione e con attività di ingrosso di prodotti ortofrutticoli;     •unità immobiliare sita in Palermo, destinata a laboratorio artigianale;  nr. 12 rapporti bancari.

Ordinanza di misure cautelari del Gip del Tribunale di Roma per sei persone di nazionalità iraniana, filippina e bengalese accusate di spaccio di “shaboo”

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Archivi -Sud Libertà

Roma,

I Carabinieri della Compagnia di Roma Centro, a conclusione di una complessa attività d’indagine, durata circa sei mesi e diretta dalla Procura della Repubblica di Roma – Gruppo reati gravi contro il patrimonio e gli stupefacenti, stanno dando esecuzione a un’ordinanza che dispone l’applicazione di misure cautelari, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, nei confronti di sei persone di nazionalità iraniana, filippina e bengalese, perché gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di traffico internazionale, spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti del tipo metanfetamina, comunemente detta “shaboo” ed oppio.

L’operazione, scattata alle prime ore di questa mattina, ha impegnato i Carabinieri nella provincia di Roma, dove sono stati localizzati i 6 indagati, 4 destinatari della misura della custodia cautelare in carcere, due uomini, una donna iraniani e un uomo del Bangladesh; una donna filippina agli arresti domiciliari; una donna iraniana destinataria della misura del divieto di dimora in Roma.

Le attività investigative, condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro sono scaturite a seguito dell’arresto operato a giugno 2021 nei confronti di un cittadino bengalese, trovato in possesso di 530 g di shaboo; da qui sono stati raccolti gravi elementi indiziari in ordine alla presenza di un gruppo criminale per conto del quale l’arrestato deteneva la sostanza. Le indagini eseguite mediante attività tecniche e telematiche, associate come sempre ai servizi tradizionali di pedinamento ed osservazione, hanno consentito di mettere insieme gravi indizi di colpevolezza  a carico di colui che viene considerato il capo e coordinatore unico del gruppo, un cittadino Iraniano, in Italia da circa 25 anni, già agli arresti domiciliari per analogo reato il quale, sfruttando anche i permessi lavorativi come panettiere, dirigeva da remoto ed avvalendosi di gregari e collaboratori ai vari livelli, i rapporti sia con gli acquirenti che con i “galoppini” ed i fornitori di shaboo di stanza in Iran.

Proprio nei confronti di colui che viene considerato il capo e della moglie – anche lei membro del gruppo con compiti logistici ed operativi – i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro hanno eseguito a dicembre 2021 una perquisizione disposta dalla Procura della Repubblica che ha permesso di rinvenire e sequestrare all’interno di un appartamento 2,3 kg di shaboo e 1,4 kg di oppio, abilmente occultati nel doppio fondo di confezioni, completamente integre, di dolci tipici dell’Iran, comportando l’arresto della coppia.

La successiva analisi degli apparati telefonici sequestrati alla coppia ha poi permesso di ricostruire il canale di approvvigionamento dello stupefacente sintetico che veniva prodotto in Iran ed inviato in Italia, grazie alla collaborazione in terra persiana di un sodale non compiutamente identificato, che avvalendosi dell’inconsapevole apporto di alcuni turisti iraniani diretti a Roma, che mettevano a disposizione una porzione del proprio bagaglio, convinti di aiutare dei connazionali a portare in Italia “i sapori” della loro terra (i biscotti appunto), importavano in Italia lo stupefacente rischiando inoltre, se arrestati in Iran, la pena capitale. Una volta in Italia, lo stupefacente sotto forma di prodotti dolciari, veniva ritirato dalla madre o dalla moglie del capo dell’organizzazione e stoccato in depositi prima di essere immesso sul mercato capitolino sfruttando la manodopera a basso costo offerta da cittadini filippini e bengalesi.

È stata dunque ricostruita l’importazione di ben 21 kg di shaboo e 3 kg di oppio nel periodo ricompreso tra aprile e novembre 2021, e la successiva commercializzazione anche al dettaglio, e cristallizzata la posizione di 13 indagati a vario titolo per i reati di spaccio, detenzione ed importazione dall’estero di sostanze stupefacenti.

Nel corso dell’attività, a riscontro delle indagini, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro hanno eseguito 6 arresti in flagranza di reato, convalidati, sequestrate sostanze stupefacenti del tipo metanfetamina, comunemente detta “shaboo”, per un peso complessivo di oltre 3 kg, del tipo oppio per un peso complessivo di kg. 1,5 nonché la somma in contanti di 25.000 euro ritenuta provento dell’attività di spaccio.

Si precisa che il procedimento versa nella fase delle indagini preliminari, per cui gli indagati sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza definitiva.

 

Catania: fermato un 39enne per rapina impropria, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni

 

 

Catania,

Gli agenti delle Volanti dell’Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della questura di Catania hanno arrestato un uomo per rapina impropria, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e porto di oggetti atti ad offendere. L’uomo stava cercando di fuggire dopo che aveva tentato di rubare alcuni prodotti in un supermercato del quartiere Nesima, ma era stato fermato dai dipendenti del negozio.

Resosi conto che era stata chiamata la Polizia, il ladro si è dato alla fuga disfacendosi della refurtiva.

In quel momento passava un poliziotto della questura di Catania che, libero dal servizio, si è accorto di quanto stava accadendo. Il ladro era salito su un’auto e si stava dileguando, ma il poliziotto, che nel frattempo si era qualificato, si è fermato davanti al veicolo. Nonostante questo, l’uomo non ha fermato la sua marcia, investendo il poliziotto che, benché ferito, è riuscito ad annotare il numero di targa che ha permesso di ritrovare l’auto che nel frattempo si era allontanata.

Il veicolo, risultato intestato ad una società di autonoleggio, è stato rintracciato dagli investigatori delle Volanti che lo hanno localizzato e bloccato. A bordo del mezzo i poliziotti hanno trovato due grossi coltelli.

L’analisi delle immagini del sistema di videosorveglianza del supermercato ha permesso di ricostruire le diverse fasi del ferimento. A quel punto gli operatori delle Volanti, insieme al poliziotto ferito, hanno eseguito l’arresto dell’uomo, un 39enne di Catania.

 

 

La corruzione all’Agenzia delle Entrate . In manette insospettabili impiegati – Il caso trasparenza a Catania: indagine di SUD LIBERTA’

 

Sono accusati anche di accesso abusivo a sistema informatico. Per gli investigatori esisteva un rodato sistema corruttivo attraverso cui i dipendenti asservivano la propria pubblica funzione agli interessi di alcuni professionisti del settore contabile, dietro compensi in denaro o pagamento di pranzi al ristorante

agenzia delle entrate

 

Roma,

 

Tre funzionari dell’Agenzia delle Entrate agli arresti domiciliari e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per un dipendente dell’Agenzia in pensione e per due professionisti. I poliziotti della Squadra mobile della Questura di Roma hanno notificato all’alba un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali, emessa dal Gip su richiesta della Procura, per i reati di corruzione e accesso abusivo a sistema informatico.

Per gli investigatori , autori di approfondite indagini, esisteva un rodato sistema corruttivo attraverso cui i tre dipendenti – impiegati presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate di Roma 3 e Roma 4 – asservivano la propria pubblica funzione agli interessi di alcuni professionisti del settore contabile, dietro compensi in denaro o pagamento di pranzi al ristorante.

I tre funzionari si sarebbero avvalsi anche abusivamente dei sistemi informatici e telematici dell’Anagrafe tributaria in dotazione all’Agenzia delle Entrate per consultare le informazioni necessarie a ottenere gli elementi utili alla conclusione delle pratiche relative ad accertamenti fiscali o a contratti di comodato o successioni per ottenere l’abbattimento totale o la sensibile riduzione delle somme di denaro richieste dal fisco. Le cifre richieste dai pubblici ufficiali variavano a seconda dell’importo dell’avviso o della cartella e in base alla complessità della pratica e spaziavano dai 100 euro alle migliaia di euro.

Addio Riscossione Sicilia, arriva l'Agenzia delle Entrate

 

 

        CASO GIOVANNI MUNI  DELL’AGENZIA DI RISCOSSIONE DI CATANIA  :                                                         OMESSA  TRASPARENZA  E  UNA….”QUALIFICA SUPERIORE”

 

–                  IL  DIRETTORE DELL’UFFICIO SONO IO  !!!          –

Catania,

A Catania negli Uffici di viale porto Ulisse, riceviamo una segnalazione dettagliata, la struttura non sa cosa sia la normativa sulla trasparenza.  E’ una struttura composta   da elementi operatori di sportello di cui uno- il sig Giovanni Muni- all’ingresso dell’Ufficio “informa” il pubblico cosa deve fare      Dice a tutti : E’ obbligo prenotarsi.  Ma non dice l’operatore che “possono sussistere casi” meritevoli di attenzione e di studio SENZA NECESSITA’ DI PRENOTAZIONE dentro l’Ufficio” o di chi  è  stato prenotato erroneamente dal Caf e/o commercialista all’Agenzia delle entrate anzichè  all’Agenzia della riscossione e ha già perduto diverse ore la mattina        L’uomo, un pò burbero nelle sue risposte, rimanda i cittadini indietro con l’obbligo della prenotazione on line e la presentazione della tessera sanitaria        A chi chiede di parlare con il direttore dell’Ufficio candidatamente risponde : IL direttore sono io !”

SUD  LIBERTA’  HA SVOLTO UNA SUA INDAGINE E  SCOPRIAMO NON SOLO CHE IL SIG MUNI GIOVANNI, CON DISPOSIZIONE  N.II7 DELL’ AGENZIA E’ INSERITO NELL’UFFICIO DI SPORTELLO -SE NE VEDONO SOLO DUE – MA NON PUO’ DICHIARARE FALSAMENTE AL PUBBLICO O A CHI CHIEDE UN COLLOQUIO CON IL DIRETTORE DI ESSERE LUI IL “CAPOUFFICIO DIRETTORE”  PER IL SEMPLICE MOTIVO CHE LUI HA UNA SOLA RESPONSABILITA’: QUELLA DELLO SPORTELLO DOVE DOVREBBE STARE INSIEME AI DUE OPERATORI PRESENTI  ANZICHE’ DARE     “INFORMAZIONI” ALL’INGRESSO QUASI FOSSE REFERENTE URP  O, IN POSSESSO DI ADEGUATA PROFESSIONALITA’,ALLE PERSONE

Noi sappiamo che può qualificarsi direttore solo chi coordina la gestione delle attività accentrate a livello locale-regionale e quelle di programmazione, indirizzo coordinamento e controllo delle attività allocate presso una Area territoriale .     IL SIG  MUNI E’ DIRETTORE DI QUESTO?     MA “CI FACCIA IL PIACERE”……

CI SORPRENDE CHE L’AGENZIA DELLA RISCOSSIONE DI CATANIA APPARTENENTE ALLE STRUTTURE REGIONALI, ORGANIZZATE CON LOGICA DI PRESIDIO TERRITORIALE -GEOGRAFICO E CON FUNZIONI DI GESTIONE E COORDINAMENTO DELLE RELATIVE  ATTIVITA’ OPERATIVE CORRELATE ALLA RISCOSSIONE,  NON    SE NE SIA ACCORTA FINORA O NON  ABBIA FATTO ATTENTA  ISPEZIONE DAGLI UFFICI DI ROMA, PER CORREGGERE QUESTO IMPROPRIO MODUS VIVENDI  DEL DIPENDENTE  SIG MUNI CHE , SENZA TIMORE DI ESSERE SOSPESO O POSTO IN STATO DI FERMO PER IL SUO COMPORTAMENTO INUSITATO, DICE A TUTTI DI ESSERE IL  DIRETTORE DELL’UFFICIO E CERTAMENTE  LUI, CON IL SUO LINGUAGGIO E LA SUA IGNORANZA SULLA TRASPARENZA ,NON FORNISCE UNA BUONA IMMAGINE DI QUESTO UFFICIO COSI’    -LEGITTIMAMENTE – INDESIDERATO..

 

Il  direttore

Azione di contrasto ai parcheggiatori abusivi Napoli – 47 le segnalazioni , 18 denunce all’Autorità Giudiziaria

Napoli,

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, dall’inizio dell’anno, nell’ambito della più ampia azione di contrasto all’economia illegale, anche alla luce delle indicazioni fornite dal Prefetto di Napoli, Dr. Michele Di Bari, in seno al Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, hanno segnalato alle Autorità competenti 47 soggetti impegnati a svolgere abusivamente le attività di parcheggiatore o guardiamacchine.

In particolare, i finanzieri del Gruppo Pronto Impiego, del Gruppo di Torre Annunziata, del 2° Nucleo Operativo Metropolitano e delle Compagnie di Torre del Greco e Castellammare di Stabia hanno eseguito controlli, in prevalenza, nelle zone a più alta concentrazione turistica (Pompei), della movida notturna (Fuorigrotta, Riviera di Chiaia, Mergellina e lungomare partenopeo) e della Stazione di Napoli Centrale.

Le attività hanno portato alla luce un tariffario che va dai 2 euro all’ora, nei quartieri più popolari, ai 15/20 euro, nei luoghi di maggior interesse turistico nonché in occasione di importanti eventi sportivi o musicali.

I controlli posti in essere dai militari del Corpo hanno consentito di individuare e segnalare al Prefetto 29 parcheggiatori abusivi, mentre ulteriori 18 sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria in quanto recidivi.

La condotta è sanzionata con una pena pecuniaria compresa tra 769 e 3.095 euro. In caso di reiterazione della violazione, il trasgressore viene denunciato ed è prevista la pena dell’arresto e dell’ammenda che va da 2.000 a 7.000 euro.

Le attività condotte dalle Fiamme Gialle di Napoli testimoniano il costante impegno da parte del Corpo nell’attuazione del controllo del territorio mediante il contrasto a tutte le forme di criminalità economica, a tutela delle imprese, dei consumatori e dei cittadini che agiscono nella legalità.

 

 

 

SICILIA CORROTTA AI RAGGI X: IN STATO DI ARRESTO IL SINDACO DI TREMESTIERI ETNEO RANDO,PER VOTO DI SCAMBIO, E SOSPESO IL VICEPRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIA LUCA SAMMARTINO PER CORRUZIONE

LA DEGENERAZIONE AFFARISTICA DEL COMUNE DI TREMESTIERI ETNEO E LO STOP DELLA MAGISTRATURA AI REFERENTI COME LUCA SAMMARTINO

 

Contestazioni a pioggia ad indagati normali ed indagati eccellenti. Voto di scambio politico-mafioso è l’accusa contestata agli 11 indagati raggiunti da un’ordinanza di misura cautelare emessa dal Gip di Catania nell’ambito dell’operazione “Pandora” dei carabinieri del Comando provinciale. I provvedimenti sono stati notificati con il supporto di oltre cento  militari dell’Arma nelle province di Catania e Palermo.

Tra gli indagati ci sono esponenti politici, funzionari comunali ed imprenditori, accusati a vario titolo di scambio elettorale politico-mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione aggravata, istigazione alla corruzione e turbata libertà degli incanti.

L’indagine coordinata dalla Procura Distrettuale di Catania e condotta dal Nucleo investigativo di Catania tra il 2018 e il 2021 ha ricostruito tanto gli accordi illeciti tra alcuni amministratori del Comune di Tremestieri Etneo ed elementi vicini alla cosca mafiosa Santapaola-Ercolano riguardanti l’elezione nel 2015 dell’attuale Sindaco Santi Rando  in stato di fermo per scambio elettorale politico-mafioso e corruzione aggravata  la successiva “degenerazione affaristica” dell’Ente, messa in atto dai funzionari infedeli mediante numerose corruttele, per concedere permessi e assegnare lavori agli “imprenditori amici”. 

Gli indagati eccellenti Rando e Sammartino (per la riduzione del numero delle farmacie comunali)

Emerso inoltre, nell’ambito di una strategia dei vertici comunali tesa a neutralizzare ogni forma di opposizione politica, l’accordo corruttivo con lo storico consigliere d’opposizione Mario Ronsisvalle (finito ai domiciliari per istigazione alla corruzione) poi transitato tra i sostenitori del Rando per le Amministrative del 2021. In particolare Ronsisvalle, titolare di una farmacia a Tremestieri, anche grazie all’intervento di Luca Sammartino sospeso per un anno dai pubblici uffici per corruzione aggravata principale referente politico del primo cittadino, all’epoca dei fatti deputato regionale e attuale vicepresidente della Regione, sarebbe stato avvantaggiato attraverso la riduzione del numero delle farmacie presenti nella pianta organica comunale, promettendo in cambio il sostegno elettorale, per le elezioni europee del 2019, al candidato sostenuto da Sammartino.

IL SINDACO DI PATERNO’ NINO NASO DEL MPA NON CI STA, “SONO PULITO -AFFERMA-E NON SONO MAFIOSO, ESTRANEO ALL’ACCUSA DI VOTO SCAMBIO” ADESSO LA MAGISTRATURA APPROFONDIRA’ L’INDAGINE SULLA MAFIA CATANESE

NINO NASO RIELETTO SINDACO DI PATERNÒ. L'OMAGGIO FLOREALE A SANTA BARBARA  Come accaduto cinque anni addietro, in occasione della prima elezione  del... | By Paternò Domani | Two thousand and seventeen this

 

Mafia in Sicilia ed Associazione mafiosa pure a Como e a Rimini: 11 arresti per corruzione, turbativa d’asta, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione e autoriciclaggio

 

è un male uova nel mondo aziendale - corruzione foto e immagini stock

Archivi – SUD LIBERTA’

 

 
 – Trapani

Nella mattinata odierna – nelle provincie di Trapani, Palermo, Como e Rimini- militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Trapani, congiuntamente ai militari del Nucleo Investigativo di Palermo e supportati in fase esecutiva da personale dell’Arma territorialmente competente, hanno dato esecuzione a ordinanza in materia di misure cautelari personali emessa dal Tribunale di Palermo nei confronti 11 persone (di cui 6 destinatarie della custodia cautelare in carcere e 5 della misura degli arresti domiciliari) indagati, a vario titolo (unitamente ad altre 12 persone destinatarie di informazioni di garanzia), in concorso fra loro, dei reati di associazione mafiosa, corruzione, turbativa d’asta, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione e autoriciclaggio.

L’indagine – condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo – consentiva di acquisire gravi indizi circa la convergenza di illeciti interessi di appartenenti alla famiglia mafiosa di Salemi (mandamento di Mazzara del Vallo), esponenti di spicco di cosa nostra palermitana e imprenditori, consistiti nella:

  • attribuzione fittizia a due imprenditori palermitani della titolarità esclusiva di quote di una società di capitali appositamente costituita per eludere l’applicazione della normativa di prevenzione patrimoniale ed agevolare l’impiego di denaro provento del delitto di associazione mafiosa nell’acquisizione di numerosi supermercati di una nota società della grande distribuzione italiana nelle provincie della Sicilia occidentale. L’acquisizione non si concretizzava per diverse scelte aziendali da parte della società;
  • turbativa d’asta della gara, indetta dalla società di pubblico servizio che gestisce la rete e l’erogazione dell’energia elettrica sull’isola di Favignana per la realizzazione di quattro linee di distribuzione in media tensione e due cabine di trasformazione di media/bassa tensione, in modo da far risultare vincitrice una società di due imprenditori mazaresi. Nel medesimo contesto venivano acquisiti gravi indizi in ordine al pagamento di somme di denaro da parte di due imprenditori compobellesi per essere incaricati del trasporto del carburante necessario per il funzionamento della centrale termoelettrica di Favignana.

È obbligo rilevare -comunica il Comando Carabinieri- che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di reato, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo la emissione di una sentenza passata in giudicato, in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di non colpevolezza.