Truffe: sgominata organizzazione dedita a raggirare gli anziani Analizzati i tabulati telefonici

 

In calo i reati di truffa agli anziani: -13,3% rispetto al ...

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                                          FANNO LEVA SUI SENTIMENTI PIU’ PROFONDI, I TRUFFATORI DEL NOSTRO TEMPO

Oggi a Napoli e a Milano , il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Monza Brianza, supportato dai Comandi dell’Arma competenti per territorio, ha arrestato 4 persone, tutte di nazionalità italiana e di età compresa tra i 30 e i 61 anni, in esecuzione di un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Monza. Nel corso dell’operazione, su delega del pubblico ministero, sono state altresì eseguite perquisizioni personali e locali a carico dei medesimi indagati.

Il provvedimento si basa sui gravi indizi di colpevolezza acquisiti nell’ambito di un’articolata indagine che ha portato alla luce, secondo l’impianto accusatorio ritenuto valido dal Giudice cautelare, l’esistenza di un sodalizio organizzato, avente basi operative individuate a Napoli e Milano, dedito alla consumazione di una serie indeterminata di truffe nelle regioni del Nord Italia, inclusa la provincia di Monza e della Brianza, ai danni di persone anziane o comunque particolarmente vulnerabili.

Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza che ha richiesto l’emissione della misura cautelare, sono state avviate a seguito di due denunce sporte presso le Stazioni Carabinieri competenti da altrettante vittime residenti rispettivamente a Vimercate e a Seregno, e si sono successivamente sviluppate per alcuni mesi attraverso l’analisi dei tabulati telefonici, l’intercettazione delle utenze telefoniche in uso agli indagati, servizi di osservazione e pedinamento, acquisizione di registrazione video, accertamenti patrimoniali e analisi dei dati acquisiti.

Significativo rilievo indiziario hanno assunto le attività di riscontro effettuate sul territorio mediante appositi servizi di osservazione e pedinamento, grazie ai quali, in svariati casi, con il supporto delle Compagnie Carabinieri competenti, è stato possibile intervenire nell’immediatezza, controllare e perquisire gli indagati e recuperare il provento (contanti e oggetti preziosi), rinvenuto nella loro disponibilità, di truffe appena consumate, restituendolo quindi alle vittime.

Gli episodi oggetto di indagine si sono verificati, oltre che nel territorio brianzolo, in altre località lombarde (Cantù, Voghera e Crema) e Piemonte (Alessandria e Novara).

Il collaudato modus operandi accertato in sede di indagine prevedeva un primo contatto telefonico con la vittima da parte di un sedicente carabiniere o avvocato, il quale le riferiva di aver ricevuto, da parte di un prossimo congiunto, la richiesta di chiamarla e di rappresentarle l’impellente necessità di somme di denaro (comprese di massima tra i 3.000 e i 12.000 euro) per rimediare a una disavventura (arresto a seguito di un sinistro stradale o guida senza assicurazione) in realtà mai avvenuta. Nel corso della conversazione fraudolenta, l’autore sfruttava l’età della vittima e la sua predisposizione affettiva, facendo leva, in particolare, sulla prospettazione dell’esposizione a pericolo del congiunto e dell’urgenza dell’intervento, in modo da destabilizzarla emotivamente e non concederle tempo per consultarsi o riflettere sulla situazione. Una volta carpita la fiducia dell’interlocutore, questi veniva raggiunto da un emissario (che si fingeva in genere dipendente dello studio legale) al quale consegnava la somma richiesta.

Le risultanze investigative raccolte hanno consentito la formulazione di 8 distinti capi di imputazione inerenti ai reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e di concorso in truffa aggravata. Secondo la prospettazione accusatoria, infatti, gli autori agivano in una forma stabile ed organizzata che contemplava, tra l’altro, la ripartizione di compiti e ruoli, l’esistenza di basi operative (una delle quali individuata in un appartamento sito nei pressi della Stazione Centrale di Milano) e la predisposizione di risorse materiali (veicoli a noleggio, utenze telefoniche, etc.) per gli spostamenti e per l’esecuzione delle azioni fraudolente. In particolare i ruoli erano così delineati:

  • il capo, un 41enne residente a Napoli (il c.d. “centralinista”), che pianificava il compimento delle azioni delittuose, organizzava il lavoro nei minimi particolari, procacciava le schede telefoniche con intestatari fittizi e i telefoni “usa e getta”, selezionava e contattava le vittime, coordinava e dirigeva l’azione dei complici che si presentavano a casa delle stesse per ritirare il profitto del reato, procurava i mezzi per gli spostamenti in loco e per il trasporto della refurtiva dal luogo del reato a Napoli, copriva le spese e remunerava i partecipanti all’associazione. Ha, financo, costituito il punto di riferimento per dirimere controversie o problemi insorti nella commissione delle truffe, arrivando a fornire ai complici contatti di un legale per la tutela avverso le indagini in corso.
  • l’uomo di fiducia del capo, un trentenne anch’egli residente a Napoli, incaricato di tenere i contatti con i sodali che si recavano dalla vittima per la commissione delle truffe, consegnando agli stessi telefoni “usa e getta” ed i veicoli per gli spostamenti, tutti provenienti da società di noleggio per ostacolare l’identificazione degli utilizzatori dei mezzi, ai quali lo stesso forniva indicazioni per la commissione dei reati fine;
  • i due cc.dd. “operativi”, un 47enne e un 61enne, entrambi domiciliati nel milanese che sulla base di quanto emerso dalle attività investigative, sono risultati essere gli associati dediti alla commissione dei reati-fine, in quanto incaricati di recarsi dalla vittima presentandosi sotto la falsa identità e qualità per la riscossione del profitto delle truffe.

Gli arrestati sono stati tradotti presso le rispettive Case circondariali di riferimento, a disposizione dell’Autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento.

Ulteriori approfondimenti investigativi saranno effettuati per verificare il coinvolgimento del presunto sodalizio in altri episodi verificatisi nell’area di operatività del gruppo.

Operazione “Ultimo brindisi” della Guardia di Finanza di Catania, arrestate 10 persone per evasione dell’Iva Operazioni inesistenti..”

 

 

Le immagini dell'operazione della Guardia di Finanza

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Catania,
Operazione ULTIMO BRINDISI  . Dieci persone arrestate, 17 divieti di esercitare l’attività d’impresa e il sequestro di 30 milioni di beni nei confronti di 17 società e di 25 indagati.   Una operazionei’ della Guardia di finanza di Catania, coordinata dalla Procura europea di Palermo, nei confronti di un’organizzazione che avrebbe illecitamente commercializzato bevande in Italia evadendo l’Iva. L’ordinanza è stata eseguita da Finanzieri nelle province di Venezia, Vicenza, Messina, Siracusa, Salerno, Roma, Padova, Rieti, L’Aquila e Milano. Tra gli indagati anche il figlio incensurato di un boss del clan Santapaola di Catania. 

Gli inquirenti hanno colpito un “articolato gruppo criminale – spiegano – che avrebbe illecitamente commercializzato bevande nel territorio nazionale in evasione dell’Iva”. Il gruppo avrebbe realizzato un volume d’affari di 100 milioni di euro, frodando il fisco per oltre 30 milioni di euro, grazie a ‘teste di legno’ e imprese cartiere. Le società “servivano a utilizzare e ad emettere fatture per operazioni inesistenti nella commercializzazione di bevande che, grazie all’evasione d’imposta, potevano essere vendute a prezzi altamente concorrenziali”.

Arresti a Monreale per una serra indoor produttrice di marijuana

Analizziamo la pianta di marijuana - Canapando

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 Palermo – Monreale 
I Carabinieri della Stazione di Monreale hanno arrestato due persone, di 27 e 37 anni, originarie di Belmonte Mezzagno e già note alle forze dell’ordine, con l’accusa di coltivazione e produzione di sostanza stupefacente e furto aggravato di energia elettrica. Nel corso di un servizio di controllo del territorio, svolto nei pressi della frazione di San Martino delle Scale, i militari hanno sorpreso i due uomini mentre uscivano da un’abitazione apparentemente disabitata dove avrebbero gestito una serra indoor, creata per la coltivazione di cannabis e da diversi giorni tenuta sotto controllo per i movimenti anomali nella zona.
All’interno dell’appartamento, i militari hanno rinvenuto circa 170 piante di cannabis, dell’altezza media di oltre un metro e più di duecento già espiantate ed in corso di essiccamento. L’attività illecita veniva svolta con l’uso di attrezzature per il riscaldamento e l’irrigazione, alimentate grazie ad un allaccio abusivo alla rete elettrica, scoperto grazie all’intervento di tecnici Enel.
Con la lavorazione e la successiva immissione della sostanza stupefacente ottenuta, nel mercato del dettaglio, le piante avrebbero potuto fruttare diverse migliaia di euro. Dopo la convalida degli arresti, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo ha disposto per gli indagati l’applicazione della misura cautelare dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza e dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.
L’immobile così come tutta l’attrezzatura sono stati sequestrati e la droga è stata inviata al laboratorio analisi per gli accertamenti tecnici. L’operazione odierna è il frutto della costante azione di contrasto al grave fenomeno del traffico di stupefacenti che i Carabinieri del Comando Provinciale conducono, senza sosta, attraverso l’incessante azione di controllo del territorio e la capillare presenza sulla città e tutta la Provincia di Palermo.
È obbligo rilevare che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, seppur gravemente, e che la loro posizione verrà vagliata dall’Autorità Giudiziaria nel corso dell’intero iter processuale e definita solo a seguito dell’eventuale emissione di una sentenza di condanna passata in giudicato, in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.

Mafia, truffe all’Ue: i Carabinieri mettono in ginocchio il Clan dei Nebrodi dedito al percepimento fraudolento dei contributi europei

Auto dei carabinieri - Fotogramma

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Il clan dei Nebrodi è in ginocchio. Oggi, 6 febbraio, nell’ambito di una vasta operazione contro l’associazione mafiosa di Tortorici (Messina), operativa nell’area dei Nebrodi, 37 persone sono state arrestate con l’accusa, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione dedita alla coltivazione, acquisto, detenzione, cessione e al commercio al minuto di sostanza stupefacente di vario tipo, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso, riciclaggio e autoriciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, malversazioni di erogazioni pubbliche, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale e tentata violenza privata.

Le indagini e gli elementi raccolti dagli investigatori hanno posto in luce ancora una volta l’operatività della famiglia mafiosa tortoriciana nelle sue articolazioni dei Bontempo Scavo e dei Batanesi e il forte interesse dell’organizzazione al percepimento fraudolento di ingenti contributi erogati dalla Comunità Europea attraverso la commissione di un elevatissimo numero di truffe.

 

Traffico di droga “Gorilla”- “Ferrari”- “Porsche”- tra Manfredonia ed il Nord Italia Foggia – Sequestrati 43 kg di hashish. 5 arresti,1 ai domiciliari

Indagato per favoreggiamento anche un ex assessore e consigliere del Comune di Manfredonia

 

Dalle prime ore dell’alba, i finanzieri della Compagnia di Manfredonia, in collaborazione con il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Foggia, ed i Gruppi Lodi e di Verona, con il supporto di unità cinofile e di un elicottero della Sezione Aerea di Bari, stanno eseguendo provvedimenti cautelari e perquisizioni per traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

Le attività investigative, dirette dalla Procura della Repubblica di Foggia, sono state avviate nel marzo scorso a seguito del sequestro di 18 kg di hashish durante un posto di controllo stradale in una delle vie di accesso alla città di Manfredonia. Il conducente del veicolo non aveva ottemperato all’alt, si era dato alla fuga e, vistosi raggiunto dai baschi verdi subito partiti all’inseguimento, aveva abbandonato la vettura ed il carico di droga fuggendo a piedi nelle campagne.

Le indagini, immediatamente avviate, hanno permesso di raccogliere precisi elementi indiziari in merito al ruolo dei 7 indagati, 5 dei quali attinti dall’odierna misura cautelare (4 in carcere ed 1 ai domiciliari), nella movimentazione di ingenti quantitativi di droga con il nord italia, partendo da una base logistica di Manfredonia, e nell’attività di spaccio, prevalentemente nei lidi balneari durante la stagione estiva.

Lo stupefacente veniva denominato “Gorilla”, “Ferrari” o “Porsche” a seconda delle diverse qualità contraddistinte dalle immagini impresse sui panetti.

Nel giugno 2023 un corriere veniva arrestato in flagranza di reato durante un posto di controllo sulla statale garganica, mentre trasportava 25 kg di hashish partiti da Manfredonia.Nel corso delle indagini sono stati sinora sequestrati oltre 43 kg di hashish corrispondenti a circa 500.000 dosi. Indagato per favoreggiamento anche un ex assessore e consigliere del Comune di Manfredonia.

Si precisa che, indipendentemente dal quadro indiziario raccolto e che ha portato all’emissione delle misure cautelari da parte del G.I.P. del Tribunale di Foggia, gli indagati non possono essere considerati colpevoli fino alla pronuncia di una sentenza di condanna definitiva.

Operazione antimafia “Mondo Opposto”. 29 arresti per uno spietato ricorso alla violenza ed al pizzo a commercianti ed imprenditori

 

Mafia & anti-mafia in Europe – Centro di Documentazione Europea

 

 Caltanissetta –

I Carabinieri del Comando Provinciale di Caltanissetta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Caltanissetta, sulla base della richiesta della locale Procura della Repubblica – D.D.A., a carico di 29 soggetti (25 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 1 sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio svolto), gravemente indiziati, a vario titolo, dei delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, favoreggiamento personale, violenza privata, minaccia e  minaccia a pubblico ufficiale, illecita concorrenza con minaccia e violenza, incendio, porto e detenzione di armi e munizionamento, ricettazione e violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale.
L’odierna indagine, avviata dai Carabinieri nel dicembre 2020 e coordinata dalla locale Procura della Repubblica – D.D.A., ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario condiviso dal G.I.P. nella suindicata ordinanza restrittiva. Secondo tale provvedimento sussistono gravi indizi per affermare l’esistenza e la piena operatività dell’organizzazione criminale denominata “Cosa Nostra” nel territorio di Niscemi, immortalando un contesto territoriale caratterizzato da uno spietato ricorso alla violenza e all’imposizione del pizzo a commercianti ed imprenditori.

L’attività d’indagine avrebbe consentito di tracciare l’evoluzione strutturale ed operativa della famiglia di Niscemi, identificarne i consociati ed i ruoli da costoro ricoperti. Inoltre dalle indagini sarebbe emersa la disponibilità del gruppo criminale di armi, nonché la commissione di reati da parte di soggetti sottoposti a misure di prevenzione personale.
Sempre secondo l’ordinanza cautelare sussistono gravi indizi, che dovranno essere successivamente confermati dagli ulteriori passaggi processuali, in ordine a:
– l’operatività e lo stretto controllo sul territorio che avrebbe esercitato l’organizzazione, dalla quale emergerebbe la figura di Alberto MUSTO, ritenuto il capo del Mandamento di Gela, sul cui conto sono stati raccolti gravi indizi circa la sua appartenenza al citato sodalizio;
– la presunta esistenza di vincoli di solidarietà tra gli appartenenti alle famiglie, a favore dei quali gli indagati risulterebbero essersi attivati per il sostentamento dei sodali detenuti;
– il tentativo di estorsione in danno di un’attività commerciale del posto con il posizionamento di una bottiglia contenente liquido infiammabile con l’intento di impedire l’apertura dell’attività;
– due estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori agricoli, (uno dei quali sarebbe stato costretto a cedere i propri terreni attraverso una finta compravendita e l’altro sarebbe stato vessato per consentire il pascolo di animali nel proprio terreno);
– numerose minacce in danno di imprenditori, che in passato avevano denunciato alcuni componenti del sodalizio (nel corso delle indagini è stato scongiurato – nel mese di gennaio 2023 – l’intento omicida in danno di uno di loro, che in passato aveva denunciato il tentativo di estorsione, );
– una rapina esclusivamente progettata, ai danni di soggetti residenti in Lombardia, presumibilmente collegati alla criminalità e dotati di armi, che avrebbe fruttato circa un milione di Euro (come nel caso del progetto omicida, i propositi sono stati abbandonati a seguito della pressione esercitata dalle Forze dell’Ordine, attraverso controlli e perquisizioni);
– minacce dirette ad appartenenti delle forze di polizia compiute (mediante il collocamento di una testa di maiale dinanzi al portone d’ingresso dell’abitazione o programmate (mediante l’esecuzione di un danneggiamento con liquido infiammabile dell’autovettura e, a gennaio 2023, mediante l’esplosione di colpi d’arma da fuoco all’indirizzo dell’abitazione).
Tra i soggetti colpiti dalla misura cautelare figurano un poliziotto in pensione (agli arresti domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa) e un carabiniere in servizio (sospeso dall’esercizio del pubblico ufficio per la durata di un anno per il reato di favoreggiamento aggravato).
L’operazione odierna è sintomatica di un ritorno della criminalità organizzata a una mentalità di almeno 30 anni fa (chi denuncia deve essere punito). Rispetto ad anni addietro sicuramente la grossa differenza è data dal fatto che le Istituzioni sono presenti, che lo Stato c’è, e l’odierna operazione, effettuata in tempi stretti e chirurgici, ne è la prova concreta.

 

Reggio Calabria: arrestati 4 familiari di vittima di violenza sessuale-Indagine connessa all'”Operazione Masnada”

volante Modena

Reggio Calabria

Hanno tentato di sottoporla con la forza a una perizia psichiatrica per farla dichiarare incapace di intendere e di volere, quattro familiari di una vittima di violenza sessuale avvenuta lo scorso anno a Palmi (Reggio Calabria) sono stati arrestati dai poliziotti del Commissariato con l’accusa di violenza e minaccia per costringere a commettere reato e intralcio alla giustizia.

L’indagine è collegata alla recente “Operazione Masnada” che aveva consentito l’individuazione di 20 persone, alcune anche minorenni, legate da parentele a vari esponenti di vertice di cosche di ‘Ndrangheta, accusate di violenza sessuale di gruppo aggravata nei confronti di due ragazze minorenni.

I poliziotti hanno accertato svariati e reiterati episodi di vessazione subìti da una delle giovani vittime da parte dei propri familiari, in particolare dal fratello, dalla sorella e dai rispettivi compagni, che, contrari alla sua scelta di denunciare, hanno costantemente ostacolato la sua collaborazione con gli investigatori, tentando in svariati modi di farle ritrattare quanto già dichiarato davanti all’autorità giudiziaria.

In particolare, i familiari avrebbero invitato la ragazza a tentare il suicidio, disattivato la sua scheda telefonica e provato a farla passare per “pazza” rendendo inattendibili le sue dichiarazioni.Gli indagati sono stati messi agli arresti domiciliari e nel corso delle perquisizioni personali e locali gli agenti hanno sequestrato dispositivi elettronici, informatici e telefoni cellulari.

 

 

 

Ordinanza del Gip di Locri per l’arresto di due fratelli responsabili di maltrattamenti -e arresto cardiocircolatorio- di un 54enne

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Archivi -Sud Libertà -( Nell’immagine “La guerra dei fratelli”)
 Reggio Calabria

Nei comuni di Locri e di Vinci (FI), militari della Compagnia CC di Locri, hanno tratto in arresto, in esecuzione dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal GIP del Tribunale di Locri su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di due germani di 58 e 61 anni, ritenuti responsabili di maltrattamenti aggravati dall’evento morte, lesioni personali aggravate e di indebito utilizzo di carte di credito e di pagamento in danno del fratello 54enne,  deceduto lo scorso 14 aprile, presso il Reparto di Rianimazione dell’Ospedale di Locri, per arresto cardio-circolatorio connesso alla diagnosi di setticemia severa per la quale risultava ricoverato dal 25 marzo.
L’attività d’indagine ha avuto origine dall’occasionale acquisizione di notizie da parte dei Carabinieri della Stazione di Locri, i quali, nel corso di un servizio di ordine pubblico presso lo Stadio Comunale, captavano conversazioni tra alcuni tifosi locali riferite a circostanze dubbie circa il decesso della vittima. In ragione di quanto appreso, i militari acquisivano da subito la documentazione sanitaria, dalla quale emergeva un particolare quadro clinico, caratterizzato dalla presenza di molteplici lesioni.
I successivi approfondimenti investigativi sviluppati capillarmente, mediante complessa attività tecnica e acquisizione di testimonianze, pienamente raccolti e condivisi dal provvedimento cautelare, hanno permesso di accertare che gli indagati, dal luglio 2022, avrebbero posto in essere nei confronti del familiare perduranti condotte vessatorie, spesso sfociate in plurime aggressioni fisiche, dalle quali ne sarebbe derivata la morte.
Agli arrestati viene, altresì, contestato l’indebito utilizzo della carta di debito del defunto, mentre si trovava ricoverato presso l’ospedale di Locri. Trattandosi di procedimento in fase di indagini preliminari, rimangono salvi i successivi sviluppi, anche in considerazione degli eventuali assunti difensivi..

Napoli, blitz contro clan Di Lauro: 27 arresti, provvedimenti di custodia cautelare del Gip, coinvolto anche il noto cantante Tony Colombo

 

Blitz anticamorra a Napoli contro il clan Di Lauro, con 27 arresti. In manette oggi 17 ottobre anche il cantante neomelodico Tony Colombo e la moglie Tina Rispoli. . Secondo l’accusa,  l’artista  aveva investito denaro del clan Di Lauro.

Un'immagine del blitz

Sono 27 gli indagati , colpiti dal provvedimento giudiziario. Stanotte infatti , i carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e del Comando Provinciale di Napoli, hanno notificato un provvedimento di custodia cautelare, emesso dal Gip di Napoli su richiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia :  persone accusate a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata, violenza privata aggravata, associazione a delinquere finalizzata alle turbative d’asta aggravata agevolata, associazione a delinquere aggravata dall’aver agevolato un clan mafioso e dal carattere della transnazionalità finalizzata al contrabbando dei tabacchi lavorati esteri.

Sequestrati beni per 8 milioni di euro. . Accanto a traffico di droga, estorsioni e minacce ai familiari di un collaboratore di giustizia, i Di Lauro avevano operato una vera e propria ‘svolta imprenditoriale’, investendo nelle aste giudiziarie immobiliari, minacciando possibili competitor, in alleanza con i Licciardi e Vinella-Grassi. Sotto sigilli sono fine una palestra, una sala scommesse e alcuni supermercati. Coinvolti Tony Colombo e sua moglie (nella foto sopra): avrebbero investito mezzo milione di euro per una fabbrica illegale di sigarette, poi sequestrata, creando il marchio di abbigliamento Corleone e una bevanda energetica denominata 9 mm, evocativi e quasi ammiccanti al mondo della criminalità organizzata.

 All’anagrafe Immacolata Rispoli, la donna è la vedova del boss scissionista Gaetano Marino, ucciso il 23 agosto del 2012. Successivamente, la sua notorietà è rimasta legata al cantante neomelodico, con il quale si è sposata nel 2019. Oggi si trovano tutti  nei guai giudiziari.

Disco rosso dei Carabinieri e del Giudice al volume di affari -circa 5000 euro giornalieri-nelle tre piazze di spaccio-quartiere Sperone- di Palermo

droga

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Palermo

I militari del Comando Provinciale Carabinieri hanno dato stamane esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Giudice per Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 18 indagati (15 in carcere, 3 obblighi di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria).

Le indagini, condotte da giugno a settembre del 2021 dai carabinieri delle Stazioni di Acqua dei Corsari e di Brancaccio, hanno fatto emergere gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in ordine ai reati di spaccio e detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

Le investigazioni, sviluppatesi attraverso una mirata attività tecnica con monitoraggio ed osservazione delle varie fasi dello spaccio, grazie anche all’ausilio di telecamere nascoste nei luoghi destinati alla vendita e cessione, nonché a puntuali riscontri eseguiti su strada, hanno consentito di:

  • dimostrare l’operatività di tre piazze di spaccio, tutte attive nel quartiere Sperone di Palermo (anche nelle immediate adiacenze di Istituti Scolastici), nelle quali gli indagati, protetti da vedette, avrebbero smerciato al dettaglio hashish, cocaina, crack e marijuana, avvalendosi di pusher, talvolta anche minorenni;
  • ricostruire il modus operandi degli spacciatori i quali, con compiti ben definiti, si sarebbero occupati dell’approvvigionamento dello stupefacente, dell’occultamento della sostanza, delle cessioni al dettaglio e della raccolta dei proventi dello spaccio;
  • acclarare che le piazze di spaccio erano operative durante l’intero arco orario della giornata, con più spacciatori – anche minorenni – che si avvicendavano organizzandosi su turni;
  • raccogliere indizi di colpevolezza a carico di complessivi 36 indagati (di cui 18 destinatari di misura cautelare e 4 minorenni) tutti già noti alle forze dell’ordine;
  • stimare un volume di affari di circa 5000 euro giornalieri;
  • monitorare oltre 9 mila cessioni di sostanza stupefacente, segnalando oltre 150 persone -provenienti dal territorio dell’intera provincia – alla competente Prefettura quali assuntori di stupefacenti;
  • arrestare 3 persone in flagranza di reato e denunciarne altre 6;
  • sequestrare oltre 1,5 kg. di sostanze stupefacenti (cocaina, crack, hashish e marijuana).