Ordinanza di misure cautelari del Gip del Tribunale di Roma per sei persone di nazionalità iraniana, filippina e bengalese accusate di spaccio di “shaboo”

shaboo

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Roma,

I Carabinieri della Compagnia di Roma Centro, a conclusione di una complessa attività d’indagine, durata circa sei mesi e diretta dalla Procura della Repubblica di Roma – Gruppo reati gravi contro il patrimonio e gli stupefacenti, stanno dando esecuzione a un’ordinanza che dispone l’applicazione di misure cautelari, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, nei confronti di sei persone di nazionalità iraniana, filippina e bengalese, perché gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di traffico internazionale, spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti del tipo metanfetamina, comunemente detta “shaboo” ed oppio.

L’operazione, scattata alle prime ore di questa mattina, ha impegnato i Carabinieri nella provincia di Roma, dove sono stati localizzati i 6 indagati, 4 destinatari della misura della custodia cautelare in carcere, due uomini, una donna iraniani e un uomo del Bangladesh; una donna filippina agli arresti domiciliari; una donna iraniana destinataria della misura del divieto di dimora in Roma.

Le attività investigative, condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro sono scaturite a seguito dell’arresto operato a giugno 2021 nei confronti di un cittadino bengalese, trovato in possesso di 530 g di shaboo; da qui sono stati raccolti gravi elementi indiziari in ordine alla presenza di un gruppo criminale per conto del quale l’arrestato deteneva la sostanza. Le indagini eseguite mediante attività tecniche e telematiche, associate come sempre ai servizi tradizionali di pedinamento ed osservazione, hanno consentito di mettere insieme gravi indizi di colpevolezza  a carico di colui che viene considerato il capo e coordinatore unico del gruppo, un cittadino Iraniano, in Italia da circa 25 anni, già agli arresti domiciliari per analogo reato il quale, sfruttando anche i permessi lavorativi come panettiere, dirigeva da remoto ed avvalendosi di gregari e collaboratori ai vari livelli, i rapporti sia con gli acquirenti che con i “galoppini” ed i fornitori di shaboo di stanza in Iran.

Proprio nei confronti di colui che viene considerato il capo e della moglie – anche lei membro del gruppo con compiti logistici ed operativi – i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro hanno eseguito a dicembre 2021 una perquisizione disposta dalla Procura della Repubblica che ha permesso di rinvenire e sequestrare all’interno di un appartamento 2,3 kg di shaboo e 1,4 kg di oppio, abilmente occultati nel doppio fondo di confezioni, completamente integre, di dolci tipici dell’Iran, comportando l’arresto della coppia.

La successiva analisi degli apparati telefonici sequestrati alla coppia ha poi permesso di ricostruire il canale di approvvigionamento dello stupefacente sintetico che veniva prodotto in Iran ed inviato in Italia, grazie alla collaborazione in terra persiana di un sodale non compiutamente identificato, che avvalendosi dell’inconsapevole apporto di alcuni turisti iraniani diretti a Roma, che mettevano a disposizione una porzione del proprio bagaglio, convinti di aiutare dei connazionali a portare in Italia “i sapori” della loro terra (i biscotti appunto), importavano in Italia lo stupefacente rischiando inoltre, se arrestati in Iran, la pena capitale. Una volta in Italia, lo stupefacente sotto forma di prodotti dolciari, veniva ritirato dalla madre o dalla moglie del capo dell’organizzazione e stoccato in depositi prima di essere immesso sul mercato capitolino sfruttando la manodopera a basso costo offerta da cittadini filippini e bengalesi.

È stata dunque ricostruita l’importazione di ben 21 kg di shaboo e 3 kg di oppio nel periodo ricompreso tra aprile e novembre 2021, e la successiva commercializzazione anche al dettaglio, e cristallizzata la posizione di 13 indagati a vario titolo per i reati di spaccio, detenzione ed importazione dall’estero di sostanze stupefacenti.

Nel corso dell’attività, a riscontro delle indagini, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro hanno eseguito 6 arresti in flagranza di reato, convalidati, sequestrate sostanze stupefacenti del tipo metanfetamina, comunemente detta “shaboo”, per un peso complessivo di oltre 3 kg, del tipo oppio per un peso complessivo di kg. 1,5 nonché la somma in contanti di 25.000 euro ritenuta provento dell’attività di spaccio.

Si precisa che il procedimento versa nella fase delle indagini preliminari, per cui gli indagati sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza definitiva.

 

Mafia in Sicilia ed Associazione mafiosa pure a Como e a Rimini: 11 arresti per corruzione, turbativa d’asta, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione e autoriciclaggio

 

è un male uova nel mondo aziendale - corruzione foto e immagini stock

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 – Trapani

Nella mattinata odierna – nelle provincie di Trapani, Palermo, Como e Rimini- militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Trapani, congiuntamente ai militari del Nucleo Investigativo di Palermo e supportati in fase esecutiva da personale dell’Arma territorialmente competente, hanno dato esecuzione a ordinanza in materia di misure cautelari personali emessa dal Tribunale di Palermo nei confronti 11 persone (di cui 6 destinatarie della custodia cautelare in carcere e 5 della misura degli arresti domiciliari) indagati, a vario titolo (unitamente ad altre 12 persone destinatarie di informazioni di garanzia), in concorso fra loro, dei reati di associazione mafiosa, corruzione, turbativa d’asta, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione e autoriciclaggio.

L’indagine – condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo – consentiva di acquisire gravi indizi circa la convergenza di illeciti interessi di appartenenti alla famiglia mafiosa di Salemi (mandamento di Mazzara del Vallo), esponenti di spicco di cosa nostra palermitana e imprenditori, consistiti nella:

  • attribuzione fittizia a due imprenditori palermitani della titolarità esclusiva di quote di una società di capitali appositamente costituita per eludere l’applicazione della normativa di prevenzione patrimoniale ed agevolare l’impiego di denaro provento del delitto di associazione mafiosa nell’acquisizione di numerosi supermercati di una nota società della grande distribuzione italiana nelle provincie della Sicilia occidentale. L’acquisizione non si concretizzava per diverse scelte aziendali da parte della società;
  • turbativa d’asta della gara, indetta dalla società di pubblico servizio che gestisce la rete e l’erogazione dell’energia elettrica sull’isola di Favignana per la realizzazione di quattro linee di distribuzione in media tensione e due cabine di trasformazione di media/bassa tensione, in modo da far risultare vincitrice una società di due imprenditori mazaresi. Nel medesimo contesto venivano acquisiti gravi indizi in ordine al pagamento di somme di denaro da parte di due imprenditori compobellesi per essere incaricati del trasporto del carburante necessario per il funzionamento della centrale termoelettrica di Favignana.

È obbligo rilevare -comunica il Comando Carabinieri- che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di reato, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo la emissione di una sentenza passata in giudicato, in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di non colpevolezza.

Siracusa: arrestato mentre preparava il crack

bottiglia di plastica viola e nera

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 – Siracusa,
I Carabinieri della Sezione Radiomobile di Siracusa hanno arrestato un 44enne del luogo gravemente indiziato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. A seguito di perquisizione personale e domiciliare, l’uomo è stato trovato in possesso di circa 7 grammi tra cocaina e crack, oltre a materiale per il confezionamento e 380 euro ritenuti provento di spaccio. Parte dello stupefacente, confezionato in 21 dosi, è stato rinvenuto sul tavolo all’ingresso dell’abitazione mentre, all’interno di un pentolino posto sul piano cottura è stata rinvenuta altra sostanza in fase di lavorazione per ottenere il crack.
Lo stupefacente è stato sequestrato per i successivi esami di laboratorio. Dopo le formalità di rito, il 44enne è stato posto ai domiciliari presso la propria abitazione, come disposto dall’Autorità giudiziaria aretusea.

Truffa ai danni dell’Unione Europea. La Procura Europea e i Carabinieri sequestrano beni per 450mila euro – falsi contratti d’affitto e illeciti contributi- in provincia di Agrigento

Italia quarto contributore netto dell'UE. E i soldi non rientrano

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 Messina – Agrigento,
Il Reparto Carabinieri Tutela Agroalimentare di Messina ha notificato  un Decreto emesso dall’Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Agrigento su richiesta della Procura Europea – Ufficio dei Procuratori Europei delegati per Sicilia e Calabria con sede in Palermo – che ha disposto il sequestro preventivo di denaro e disponibilità finanziarie o, anche per equivalente, di altri beni o utilità di proprietà degli indagati per 450 mila euro, profitto di reato commesso da quattro imprenditori agricoli operanti nella provincia di Agrigento e di 97 titoli di pagamento (c.d. diritti all’aiuto) del valore complessivo di 21.238,37 euro.
Le indagini, svolte dal Reparto Specializzato dell’Arma, storicamente impegnato a tutela degli interessi del consumatore e delle naturali dinamiche economico-finanziarie del mercato agricolo, hanno consentito di accertare la truffa aggravata finalizzata al conseguimento illecito di rilevanti contributi pubblici destinati al comparto agricolo ed erogati dall’AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura). La condotta fraudolenta si è sviluppata attraverso la presentazione, tra il 2015 e il 2022, di domande uniche di pagamento, nelle quali i predetti imprenditori agricoli hanno dichiarato in conduzione appezzamenti di terreno, in parte oggetto di confisca e in parte di proprietà dell’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), surrettiziamente accreditati nella propria disponibilità attraverso falsi contratti di affitto.
L’operazione testimonia il lavoro dei Carabinieri per la Tutela Agroalimentare impegnati su tutto il territorio nazionale nella lotta alle frodi in danno ai bilanci dello Stato e dell’Unione Europea. Essa rappresenta, inoltre, l’esito dell’efficace azione di contrasto posta in essere dalla Procura Europea, mediante un’incisiva ed efficace azione di coordinamento delle indagini che ha portato all’adozione del provvedimento volto sia ad impedire la prosecuzione dell’attività delittuosa che a consentire il recupero delle indebite somme percepite dagli indagati in spregio alle normative ed a discapito dei numerosi

Napoli, ragazzino in scooter ferito alla schiena da arma da taglio- Indagini dei Carabinieri

Violenza negli ospedali, tre denunciati per minacce al Vecchio Pellegrini

Archivi- SUD LIBERTA’  ( Pronto soccorso -Ospedale Pellegrini)

 

Un ragazzino di 14 anni  questa notte è stato ferito con arma da taglio alla schiena e trasferito subito al Pronto  soccorso dell’ospedale Pellegrini, a Napoli

Secondo le indagini preliminari svolte dai carabinieri , il giovane sarebbe stato colpito da uno sconosciuto mentre era in scooter, in vico lungo San Matteo. Refertato adesso con una prognosi di 10 giorni, è stato dimesso mentre sono in corso le ulteriori indagini in corso per chiarire la vicenda , individuare e risalire all’autore  dell’atto criminale..

Trapani -Disvelato il contesto mafioso del superboss Matteo Messina Denaro, arresti per associazione mafiosa e favoreggiamento della latitanza

 

 Trapani,
Ieri- informa il Comando Carabinieri -il Ros, con il supporto in fase esecutiva dei Comandi Provinciali Carabinieri di Trapani, Milano e Monza Brianza, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale di Palermo, su richiesta della locale direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo, a carico degli indagati Gentile Massimo, Leone Cosimo e Gulotta Leonardo Salvatore.
L’attività, condotta nell’alveo delle investigazioni finalizzate a disvelare il contesto mafioso che ha permesso a Messina Denaro Matteo di sottrarsi alla cattura e ad esercitare il ruolo di capo mafia per circa 30 anni, hanno consentito di raccogliere elementi investigativi che conducono ad ipotizzare che:
a. Gentile Massimo faccia parte dell’associazione mafiosa cosa nostra e che abbia ceduto al fu capo della provincia mafiosa trapanese la propria identità al fine di fargli acquistare un’autovettura e un motociclo, sottoscrivere le relative polizze assicurative, compiere operazioni bancarie ed eludere i controlli delle forze dell’ordine, assicurandogli in tal modo la possibilità di muoversi in stato di latitanza sul territorio e di continuare a dirigere detto sodalizio;
b. Leone Cosimo, al pari di Gentile, faccia parte della medesima associazione mafiosa e che in particolare:
– abbia assicurato al sodalizio le proprie competenze tecnico mediche, relazioni personali e possibilità di movimento all’interno di strutture sanitarie, nella qualità di tecnico sanitario di radiologia medica presso l’ospedale di Mazara del Vallo, ove tra l’altro Messina Denaro Matteo è stato ricoverato, da latitante, dopo l’insorgenza della malattia oncologica;
– abbia consegnato a Messina Denaro Matteo, durante la degenza post-operatoria e dopo averlo ricevuto da Bonafede Andrea cl. 69, un telefono cellulare con una scheda telefonica riservata;
– sia stato, anche per il tramite di Bonafede Andrea cl. 69, un punto di riferimento per il latitante in ordine al percorso terapeutico, iniziato presso l’ospedale di Mazara del Vallo e proseguito poi con la visita oncologica presso l’ospedale di trapani;
c. Gulotta Leonardo salvatore abbia concorso, senza prendervi parte, nell’associazione mafiosa cosa nostra, assicurando a Messina Denaro Matteo dal 2007 al 2017 la disponibilità di un’utenza telefonica necessaria per la gestione dei mezzi di trasporto in uso al fu latitante. L’operazione costituisce la prosecuzione dell’indagine che il 16 gennaio 2023 ha permesso al Ros di catturare a Palermo l’allora latitante Messina Denaro Matteo e di trarre in arresto:
– nella flagranza di reato, il suo accompagnatore Luppino Giovanni Salvatore per procurata inosservanza di pena e favoreggiamento aggravati dalle modalità mafiose;
– il 23 gennaio 2023 Andrea Bonafede cl. 63 per partecipazione ad associazione mafiosa;
– il 7 febbraio 2023 il medico Tumbarello Alfonso e Bonafede Andrea cl. 69, ritenuti responsabili il primo di concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico commesso da P.U. aggravato e il secondo di procurata inosservanza di pena e favoreggiamento aggravati dalle modalità mafiose;
– il 3 marzo 2023 Messina Denaro Rosalia, sorella di Messina Denaro Matteo, per partecipazione ad associazione mafiosa;
– il 16 marzo 2023 i coniugi Bonafede Emanuele e Lanceri Lorena Ninfa per procurata inosservanza di pena e favoreggiamento aggravati dalle modalità mafiose;
– il 13 aprile 2023 Bonafede Laura per procurata inosservanza di pena e favoreggiamento aggravati dalle modalità mafiose;
– il 05 dicembre 2023 Gentile Martina, figlia di Bonafede laura, per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dalle modalità mafiose;
– il 13 febbraio 2024 dei fratelli Luppino Antonino e Vincenzo, figli di Giovanni Salvatore, per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dalle modalità mafiose. sono attualmente in corso delle perquisizioni nella provincia di trapani e in Lombardia.

Operazione Chrysalis. in corso sequestri per oltre 2,5 milioni di euro per frodi fiscali, fatture per operazioni inesistenti e false dichiarazioni redditi.

Centomila euro in casa, l'ombra del riciclaggio di soldi “sporchi”: tre  donne a giudizio | Quotidiano di Gela

Oltre 40 i militari dei Comandi Provinciali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri di Reggio Emilia, su delega della locale Procura della Repubblica, stanno dando esecuzione ad un Decreto di sequestro preventivo e ad un Decreto di perquisizione locale e personale e Informazione di garanzia e sul diritto di difesa.

L’attività d’indagine, denominata CHRYSALIS, che ha visto una collaborazione tra il Nucleo Investigativo dei Carabinieri e il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Emilia, coordinati dalla locale Procura della Repubblica diretta dal Procuratore Capo Dott. Gaetano Calogero Paci, muove da accertamenti svolti sul conto di un nucleo familiare, il cui tenore di vita si era improvvisamente modificato, con l’acquisto di un’abitazione di pregio ed il possesso di numerose autovetture di grossa cilindrata.

I successivi approfondimenti investigativi hanno permesso di accertare la costituzione di società cartiere, intestate fittiziamente a soggetti prestanome ma di fatto gestite da un soggetto di origine calabrese contiguo alla criminalità organizzata della c.d. “Cosca Emiliana”, che hanno emesso, nel periodo 2016 – 2019 fatture per operazioni inesistenti per circa 10.000.000,00 di euro. Tali società ricevevano giornalmente numerosi bonifici che venivano prelevati in contanti presso vari uffici postali, per essere poi restituiti ai disponenti il bonifico.

A riscontro del c.d. giroposta, si era già proceduto al sequestro di denaro contante e del saldo presente sul conto corrente di due società ritenute essere delle cartiere, per un totale complessivo di € 69.926,33.L’attività di indagine ha permesso di accertare la sussistenza di sei società cartiere, con oggetto sociale dichiarato lavori edili, lavori di meccanica e commercio di autovetture, costituite al solo scopo di emettere fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, al fine di consentire ai beneficiari delle F.O.I. l’evasione delle imposte sui redditi e dell’Iva.

I provvedimenti odierni sono stati emessi dall’Autorità Giudiziaria nei confronti di 5 società e di 15 soggetti risultati essere, nel tempo, loro rappresentanti legali e/o amministratori, dislocate nelle province di Reggio Emilia e Parma. Al termine delle attività d’indagine, è stato appurato come due tra le società interessate abbiano utilizzato, nelle rispettive dichiarazioni annuali ai fini dell’I.V.A. e delle Imposte dirette, fatture per operazioni inesistenti ricevute dalle società cartiere per oltre 10.000.000,00, mentre ulteriori tre società hanno omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi, procurandosi un profitto illecito totale quantificato in circa € 2.500.000.Il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca è stato operato, agli esiti di mirati riscontri all’Anagrafe dei Rapporti, sulle somme presenti sui conti correnti nella disponibilità delle società e delle ditte utilizzatrici le FOI, poiché considerato esso stesso profitto diretto del reato, e, per equivalente, sulle somme e sui valori comunque nella disponibilità degli indagati fino alla concorrenza dell’imposta evasa calcolata. Contestualmente all’esecuzione del decreto di sequestro sono state eseguite n. 6 perquisizioni locali e personali nei confronti dei soggetti destinatari del citato provvedimento giudiziario.

Nel corso delle operazioni si è provveduto a notificare, nei confronti di tutti i 15 soggetti indagati, un’informazione di garanzia emessa dall’A.G. inquirente in ordine alla predetta ipotesi di reato. In virtù del principio della presunzione di innocenza di cui all’art. 3 del D. Lgs. 188/2021, la colpevolezza dei soggetti sottoposti ad indagine in relazione alla vicenda giudiziaria sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.

Truffe: sgominata organizzazione dedita a raggirare gli anziani Analizzati i tabulati telefonici

 

In calo i reati di truffa agli anziani: -13,3% rispetto al ...

Archivi -Sud Libertà (Ministero dell’Interno)
                                          FANNO LEVA SUI SENTIMENTI PIU’ PROFONDI, I TRUFFATORI DEL NOSTRO TEMPO

Oggi a Napoli e a Milano , il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Monza Brianza, supportato dai Comandi dell’Arma competenti per territorio, ha arrestato 4 persone, tutte di nazionalità italiana e di età compresa tra i 30 e i 61 anni, in esecuzione di un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Monza. Nel corso dell’operazione, su delega del pubblico ministero, sono state altresì eseguite perquisizioni personali e locali a carico dei medesimi indagati.

Il provvedimento si basa sui gravi indizi di colpevolezza acquisiti nell’ambito di un’articolata indagine che ha portato alla luce, secondo l’impianto accusatorio ritenuto valido dal Giudice cautelare, l’esistenza di un sodalizio organizzato, avente basi operative individuate a Napoli e Milano, dedito alla consumazione di una serie indeterminata di truffe nelle regioni del Nord Italia, inclusa la provincia di Monza e della Brianza, ai danni di persone anziane o comunque particolarmente vulnerabili.

Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza che ha richiesto l’emissione della misura cautelare, sono state avviate a seguito di due denunce sporte presso le Stazioni Carabinieri competenti da altrettante vittime residenti rispettivamente a Vimercate e a Seregno, e si sono successivamente sviluppate per alcuni mesi attraverso l’analisi dei tabulati telefonici, l’intercettazione delle utenze telefoniche in uso agli indagati, servizi di osservazione e pedinamento, acquisizione di registrazione video, accertamenti patrimoniali e analisi dei dati acquisiti.

Significativo rilievo indiziario hanno assunto le attività di riscontro effettuate sul territorio mediante appositi servizi di osservazione e pedinamento, grazie ai quali, in svariati casi, con il supporto delle Compagnie Carabinieri competenti, è stato possibile intervenire nell’immediatezza, controllare e perquisire gli indagati e recuperare il provento (contanti e oggetti preziosi), rinvenuto nella loro disponibilità, di truffe appena consumate, restituendolo quindi alle vittime.

Gli episodi oggetto di indagine si sono verificati, oltre che nel territorio brianzolo, in altre località lombarde (Cantù, Voghera e Crema) e Piemonte (Alessandria e Novara).

Il collaudato modus operandi accertato in sede di indagine prevedeva un primo contatto telefonico con la vittima da parte di un sedicente carabiniere o avvocato, il quale le riferiva di aver ricevuto, da parte di un prossimo congiunto, la richiesta di chiamarla e di rappresentarle l’impellente necessità di somme di denaro (comprese di massima tra i 3.000 e i 12.000 euro) per rimediare a una disavventura (arresto a seguito di un sinistro stradale o guida senza assicurazione) in realtà mai avvenuta. Nel corso della conversazione fraudolenta, l’autore sfruttava l’età della vittima e la sua predisposizione affettiva, facendo leva, in particolare, sulla prospettazione dell’esposizione a pericolo del congiunto e dell’urgenza dell’intervento, in modo da destabilizzarla emotivamente e non concederle tempo per consultarsi o riflettere sulla situazione. Una volta carpita la fiducia dell’interlocutore, questi veniva raggiunto da un emissario (che si fingeva in genere dipendente dello studio legale) al quale consegnava la somma richiesta.

Le risultanze investigative raccolte hanno consentito la formulazione di 8 distinti capi di imputazione inerenti ai reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e di concorso in truffa aggravata. Secondo la prospettazione accusatoria, infatti, gli autori agivano in una forma stabile ed organizzata che contemplava, tra l’altro, la ripartizione di compiti e ruoli, l’esistenza di basi operative (una delle quali individuata in un appartamento sito nei pressi della Stazione Centrale di Milano) e la predisposizione di risorse materiali (veicoli a noleggio, utenze telefoniche, etc.) per gli spostamenti e per l’esecuzione delle azioni fraudolente. In particolare i ruoli erano così delineati:

  • il capo, un 41enne residente a Napoli (il c.d. “centralinista”), che pianificava il compimento delle azioni delittuose, organizzava il lavoro nei minimi particolari, procacciava le schede telefoniche con intestatari fittizi e i telefoni “usa e getta”, selezionava e contattava le vittime, coordinava e dirigeva l’azione dei complici che si presentavano a casa delle stesse per ritirare il profitto del reato, procurava i mezzi per gli spostamenti in loco e per il trasporto della refurtiva dal luogo del reato a Napoli, copriva le spese e remunerava i partecipanti all’associazione. Ha, financo, costituito il punto di riferimento per dirimere controversie o problemi insorti nella commissione delle truffe, arrivando a fornire ai complici contatti di un legale per la tutela avverso le indagini in corso.
  • l’uomo di fiducia del capo, un trentenne anch’egli residente a Napoli, incaricato di tenere i contatti con i sodali che si recavano dalla vittima per la commissione delle truffe, consegnando agli stessi telefoni “usa e getta” ed i veicoli per gli spostamenti, tutti provenienti da società di noleggio per ostacolare l’identificazione degli utilizzatori dei mezzi, ai quali lo stesso forniva indicazioni per la commissione dei reati fine;
  • i due cc.dd. “operativi”, un 47enne e un 61enne, entrambi domiciliati nel milanese che sulla base di quanto emerso dalle attività investigative, sono risultati essere gli associati dediti alla commissione dei reati-fine, in quanto incaricati di recarsi dalla vittima presentandosi sotto la falsa identità e qualità per la riscossione del profitto delle truffe.

Gli arrestati sono stati tradotti presso le rispettive Case circondariali di riferimento, a disposizione dell’Autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento.

Ulteriori approfondimenti investigativi saranno effettuati per verificare il coinvolgimento del presunto sodalizio in altri episodi verificatisi nell’area di operatività del gruppo.

Operazione scirocco. 18 indagati per reati di associazione per delinquere, traffico di rifiuti, inquinamento ambientale

Traffico illecito di rifiuti: in Italia affare da 20 ...

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Nella mattinata odierna, in una vasta operazione nelle province di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, i militari del Nucleo Operativo Centrale e Cooperazione Internazionale del Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, del Nucleo Operativo Ecologico di Catanzaro e del Gruppo Carabinieri Forestali di Catanzaro, supportati in fase esecutiva da militari dei Comandi Provinciali Carabinieri di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, nonché dall’8° Nucleo Elicotteri CC di Vibo Valentia, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale emessa dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta della  Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 18 persone (4 in custodia cautelare in carcere, 13 in custodia cautelare domiciliare ed 1 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) gravemente indiziate a vario titolo dei reati di associazione per delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale e frode nelle pubbliche forniture.
Tra i reati contestati vi è un tentativo di estorsione aggravato dalla modalità mafiosa nei confronti di un dipendente di una società, il quale avrebbe subito una minaccia da parte di esponenti della consorteria di ‘ndrangheta locale, su commissione del proprio datore di lavoro, al fine di farlo desistere dall’intraprendere iniziative sindacali finalizzate all’ottenimento di spettanze stipendiali dovutegli.
Nei confronti di altri 12 soggetti, di cui 4 funzionari di enti locali, sono state emesse informazioni di garanzia. Il provvedimento prevede, inoltre, il sequestro preventivo delle quote e del compendio aziendale di 6 società con sede nella Provincia di Catanzaro da affidare ad amministratori giudiziari nominati dall’A.G. Il valore complessivo delle aziende ammonta ad oltre 10 milioni di euro. La Direzione Distrettuale Antimafia ha altresì ipotizzato la responsabilità amministrativa prevista dal D.Lgs. 231/2001.
La complessa attività di indagine, convenzionalmente denominata “Scirocco”, ipotizza l’esistenza di un’organizzazione tesa all’ottenimento di più commesse e alla esecuzione degli appalti in frode ai contratti e alla commissione di reati ambientali derivanti dalla gestione di 34 depuratori a servizio di 40 comuni ubicati nelle 5 province calabresi.
In particolare, si ipotizza che i responsabili delle società ottenessero illeciti profitti attraverso:
– l’abbattimento dei costi di gestione degli impianti di depurazione, determinato principalmente dal parziale trattamento dei fanghi prodotti dalla lavorazione delle acque reflue, nonché dalle mancate manutenzioni previste dai capitolati d’appalto;
– la redazione di falsi Formulari di Identificazione Rifiuti nei quali si attestava il fittizio conferimento di rifiuti presso un impianto di depurazione con sede in un comune della provincia di Catanzaro;
– lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti (fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane, rifiuti prodotti dalla pulizia delle acque di scarico, fanghi delle fosse settiche), per più di 2.000 tonnellate, nell’arco di circa un anno che venivano conferiti presso il citato impianto di depurazione fanghi, per una asserita attività di trattamento, in realtà mai eseguita;
– la richiesta ad alcuni dei Comuni, con successiva liquidazione, degli oneri per le operazioni di manutenzione degli impianti di depurazione, prestazioni che invece avrebbero dovuto essere a carico della società.
Tali condotte illecite, secondo gli indizi raccolti, hanno inoltre avuto come conseguenza il malfunzionamento di numerosi impianti di depurazione comunali che in 10 casi hanno comportato l’illecito sversamento dei liquami non trattati sia nei terreni circostanti che direttamente in mare, con evidente compromissione delle matrici ambientali. 
Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 4 depuratori dislocati in varie località della Calabria ed è stato effettuato l’accesso presso 24 comuni ricadenti nelle 5 province calabresi, da cui sono emersi diversi casi di frode ai danni della pubblica amministrazione con il concorso di funzionari pubblici. 
Determinanti sono stati, a riscontro dell’attività investigativa, le attività tecniche di monitoraggio dei siti grazie ai quali è stato ricostruito l’illecito modus operandi. Un dato importante è emerso altresì dai periodici monitoraggi effettuati da Legambiente sulla qualità del mare, dei laghi e delle coste, che hanno confermato il quadro allarmante della situazione che caratterizza la qualità delle acque nei pressi dei siti di depurazione attenzionati. 
Il procedimento per l’ipotesi di reato è attualmente nella fase delle indagini preliminari.
È obbligo rilevare -informano i Carabinieri – che gli odierni indagati e destinatari della misura restrittiva, sono, allo stato, indiziati di delitto, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo la emissione di una sentenza passata in giudicato in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.

Crack capitale; arrestate 11 persone e sequestrate numerose dosi di potente droga

 

giovane uomo cocaina dipendenza - droga foto e immagini stock

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 – Roma,
I Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, nella costante lotta al traffico delle sostanze stupefacenti, hanno eseguito una serie di controlli nei quartieri centrali e periferici della Città che hanno portato all’arresto, d’intesa con la Procura della Repubblica di Roma, di 11 persone gravemente indiziate di essere dedite al traffico di crack, uno stupefacente altamente pericoloso, ricavato tramite processi chimici dalla cocaina, in grado di indurre elevata dipendenza e rapida assuefazione psicologica e fisica, inoltre è in grado di aumentare gli istinti violenti e alterare il sistema nervoso centrale, portando all’alienazione sociale e a forme di psicosi. 
Nel quartiere Quarticciolo, i Carabinieri della Stazione Roma Tor Tre Teste, unitamente ai colleghi della Compagnia Roma Casilina, sono riusciti a scoprire una serie di cessioni di droga, bloccando, in flagranza di reato, 4 uomini tutti senza fissa dimora e con precedenti, e sequestrando 54 dosi tra crack e cocaina e 1.415 euro, ritenuti provento dell’attività illecita. 
Altri due cittadini stranieri, invece, ad esito di un servizio di osservazione in una nota piazza di spaccio, sempre in zona Quarticciolo, sono stati sorpresi mentre prelevavano le dosi da un nascondiglio ricavato all’interno di un’aiuola, ai margini della carreggiata stradale. I Carabinieri hanno recuperato e sequestrato 16 dosi di crack e 320 euro. In manette è finito anche un 25enne egiziano, senza fissa dimora, fermato per un controllo e trovato in possesso di 19 dosi tra crack e cocaina.
I Carabinieri della Stazione di Roma Città Giardino, in via Goffredo Bellonci, hanno intercettato un’utilitaria con a bordo un 32enne di Roma, trovato in possesso di sconcertanti quantità di stupefacente: 18 involucri di crack e 29 di cocaina, mentre i Carabinieri della Stazione di Roma Quirinale hanno arrestato un uomo di 40 anni, che, alla vista dei militari ha tentato di disfarsi di una bustina contenente 15 involucri termosaldati di crack. Nel quartiere Quarticciolo, i Carabinieri di Roma Tor Tre Teste hanno arrestato in flagranza uno straniero colto sul fatto mentre cedeva stupefacenti ad acquirenti che si sono allontananti. Dalla successiva perquisizione sono stati rinvenuti oltre 7,6 grammi di crack, 5,8 grammi di cocaina e 260 euro in contanti, ritenuti provento dell’attività illecita.
In un altro episodio, i Carabinieri della stazione Roma Centocelle hanno arrestato una 19enne notata mentre gettava degli involucri di stupefacenti alla vista di una pattuglia dei Carabinieri. In seguito a una perquisizione sono stati trovati ulteriori 6 dosi di cocaina e crack. Tutti gli arresti sono stati convalidati.
Si precisa che i procedimenti versano nella fase delle indagini preliminari, per cui gli indagati sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza definitiva.