SICILIA CORROTTA AI RAGGI X: IN STATO DI ARRESTO IL SINDACO DI TREMESTIERI ETNEO RANDO,PER VOTO DI SCAMBIO, E SOSPESO IL VICEPRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIA LUCA SAMMARTINO PER CORRUZIONE

LA DEGENERAZIONE AFFARISTICA DEL COMUNE DI TREMESTIERI ETNEO E LO STOP DELLA MAGISTRATURA AI REFERENTI COME LUCA SAMMARTINO

 

Contestazioni a pioggia ad indagati normali ed indagati eccellenti. Voto di scambio politico-mafioso è l’accusa contestata agli 11 indagati raggiunti da un’ordinanza di misura cautelare emessa dal Gip di Catania nell’ambito dell’operazione “Pandora” dei carabinieri del Comando provinciale. I provvedimenti sono stati notificati con il supporto di oltre cento  militari dell’Arma nelle province di Catania e Palermo.

Tra gli indagati ci sono esponenti politici, funzionari comunali ed imprenditori, accusati a vario titolo di scambio elettorale politico-mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione aggravata, istigazione alla corruzione e turbata libertà degli incanti.

L’indagine coordinata dalla Procura Distrettuale di Catania e condotta dal Nucleo investigativo di Catania tra il 2018 e il 2021 ha ricostruito tanto gli accordi illeciti tra alcuni amministratori del Comune di Tremestieri Etneo ed elementi vicini alla cosca mafiosa Santapaola-Ercolano riguardanti l’elezione nel 2015 dell’attuale Sindaco Santi Rando  in stato di fermo per scambio elettorale politico-mafioso e corruzione aggravata  la successiva “degenerazione affaristica” dell’Ente, messa in atto dai funzionari infedeli mediante numerose corruttele, per concedere permessi e assegnare lavori agli “imprenditori amici”. 

Gli indagati eccellenti Rando e Sammartino (per la riduzione del numero delle farmacie comunali)

Emerso inoltre, nell’ambito di una strategia dei vertici comunali tesa a neutralizzare ogni forma di opposizione politica, l’accordo corruttivo con lo storico consigliere d’opposizione Mario Ronsisvalle (finito ai domiciliari per istigazione alla corruzione) poi transitato tra i sostenitori del Rando per le Amministrative del 2021. In particolare Ronsisvalle, titolare di una farmacia a Tremestieri, anche grazie all’intervento di Luca Sammartino sospeso per un anno dai pubblici uffici per corruzione aggravata principale referente politico del primo cittadino, all’epoca dei fatti deputato regionale e attuale vicepresidente della Regione, sarebbe stato avvantaggiato attraverso la riduzione del numero delle farmacie presenti nella pianta organica comunale, promettendo in cambio il sostegno elettorale, per le elezioni europee del 2019, al candidato sostenuto da Sammartino.

Mafia in Sicilia ed Associazione mafiosa pure a Como e a Rimini: 11 arresti per corruzione, turbativa d’asta, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione e autoriciclaggio

 

è un male uova nel mondo aziendale - corruzione foto e immagini stock

Archivi – SUD LIBERTA’

 

 
 – Trapani

Nella mattinata odierna – nelle provincie di Trapani, Palermo, Como e Rimini- militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Trapani, congiuntamente ai militari del Nucleo Investigativo di Palermo e supportati in fase esecutiva da personale dell’Arma territorialmente competente, hanno dato esecuzione a ordinanza in materia di misure cautelari personali emessa dal Tribunale di Palermo nei confronti 11 persone (di cui 6 destinatarie della custodia cautelare in carcere e 5 della misura degli arresti domiciliari) indagati, a vario titolo (unitamente ad altre 12 persone destinatarie di informazioni di garanzia), in concorso fra loro, dei reati di associazione mafiosa, corruzione, turbativa d’asta, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione e autoriciclaggio.

L’indagine – condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo – consentiva di acquisire gravi indizi circa la convergenza di illeciti interessi di appartenenti alla famiglia mafiosa di Salemi (mandamento di Mazzara del Vallo), esponenti di spicco di cosa nostra palermitana e imprenditori, consistiti nella:

  • attribuzione fittizia a due imprenditori palermitani della titolarità esclusiva di quote di una società di capitali appositamente costituita per eludere l’applicazione della normativa di prevenzione patrimoniale ed agevolare l’impiego di denaro provento del delitto di associazione mafiosa nell’acquisizione di numerosi supermercati di una nota società della grande distribuzione italiana nelle provincie della Sicilia occidentale. L’acquisizione non si concretizzava per diverse scelte aziendali da parte della società;
  • turbativa d’asta della gara, indetta dalla società di pubblico servizio che gestisce la rete e l’erogazione dell’energia elettrica sull’isola di Favignana per la realizzazione di quattro linee di distribuzione in media tensione e due cabine di trasformazione di media/bassa tensione, in modo da far risultare vincitrice una società di due imprenditori mazaresi. Nel medesimo contesto venivano acquisiti gravi indizi in ordine al pagamento di somme di denaro da parte di due imprenditori compobellesi per essere incaricati del trasporto del carburante necessario per il funzionamento della centrale termoelettrica di Favignana.

È obbligo rilevare -comunica il Comando Carabinieri- che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di reato, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo la emissione di una sentenza passata in giudicato, in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di non colpevolezza.

Napoli, ragazzino in scooter ferito alla schiena da arma da taglio- Indagini dei Carabinieri

Violenza negli ospedali, tre denunciati per minacce al Vecchio Pellegrini

Archivi- SUD LIBERTA’  ( Pronto soccorso -Ospedale Pellegrini)

 

Un ragazzino di 14 anni  questa notte è stato ferito con arma da taglio alla schiena e trasferito subito al Pronto  soccorso dell’ospedale Pellegrini, a Napoli

Secondo le indagini preliminari svolte dai carabinieri , il giovane sarebbe stato colpito da uno sconosciuto mentre era in scooter, in vico lungo San Matteo. Refertato adesso con una prognosi di 10 giorni, è stato dimesso mentre sono in corso le ulteriori indagini in corso per chiarire la vicenda , individuare e risalire all’autore  dell’atto criminale..

Ordinanze del Gip di Napoli Nord: custodie cautelari per i componenti di associazione a delinquere di otto specialisti in furti di telecomunicazioni

 

Foto gratuita torri di telecomunicazioni contro il cielo nuvoloso

Archivi -Sud Libertà
 – Caserta
All’esito di un’attività di indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, i Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Aversa hanno dato esecuzione a due ordinanze emesse dal G.I.P. del Tribunale di Napoli Nord, su richiesta di questa Procura. 
In particolare, la prima ordinanza dispone la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di F.A., G.A., G.B., G.R.; la misura degli arresti domiciliari per G.B. e P.G. e l’obbligo di dimora nei confronti di G.L.. 
La seconda ordinanza, invece, dispone l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per S.G. e G.B. – tutti cittadini italiani tra i 26 e i 55 anni di età. 
L’attività investigativa ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza nei confronti delle persone sottoposte alle indagini in ordine alla costituzione e partecipazione ad un’associazione a delinquere composta da otto persone e finalizzata alla commissione di un numero indefinito di reati contro il patrimonio, in particolare furti aggravati ai danni di apparecchi destinati alle telecomunicazioni e ricettazione, alcuni di questi commessi evadendo dagli arresti domiciliari. 
La complessa attività d’indagine veniva avviata 111 seguito ai numerosi furti di cavi di rame verificatisi nella provincia di Caserta, tra i mesi di febbraio e agosto 2023, ai danni degli apparati di trasmissione di proprietà delle compagnie telefoniche e, in particolare, dei moduli RRU (Radio Remote Unit), installati presso le antenne degli operatori presenti sul territorio, con danni di decine di migliaia di euro per le aziende e di numerosi disservizi per l’utenza. 
Le investigazioni, condotte attraverso le intercettazioni telefoniche, i servizi di osservazione, controllo e pedinamento, le analisi dei tracciati gps e la visione delle immagini dei sistemi di sorveglianza pubblici e privati, hanno consentito di raccogliere gravi elementi di colpevolezza nei confronti delle persone sottoposte alle indagini e indiziate di appartenere al gruppo criminale, nonché di raccogliere un grave quadro indiziario circa la loro partecipazione ai furti dei cavi di rame e di componenti elettronici sottratti agli apparati RRU.
Il prosieguo dell’attività di indagine ha permesso di raccogliere gravi elementi circa l’esistenza di un accordo criminale tra i destinatari delle misure, i quali sono indiziati di essersi dotati di un proprio sistema organizzativo e di divisione dei ruoli, che gli ha consentito di raggiungere una notevole capacità criminale, considerato l’elevato numero di furti portati a termine. 
Le indagini consentivano, inoltre, di raccogliere gravi indizi riguardo alla partecipazione ai furti di alcuni degli indagati i quali, nonostante fossero ristretti agli arresti domiciliari, più volte evadevano per prendere parte alle attività criminali del gruppo. 
In data odierna, all’atto dell’esecuzione dei provvedimenti, in un terreno di proprietà di uno degli indagati – successivamente sottoposto a sequestro – sono stati rinvenuti pezzi di RRU in fase di semi­lavorazione. 
Inoltre, presso l’abitazione di un altro indagato, sono stati rinvenuti oltre 30 Kg di TLE; pertanto si è proceduto ad autonomo arresto anche per tale titolo di reato. 

 

 

Lotta alla mafia siciliana: confische per 500mila euro

Foto Ritagliata Brutale Teppista Arrabbiato Smoking Con Revolver Mano Isolato — Foto Stock

Archivi-Sud Libertà

Palermo,
Le attività d’indagine finalizzate all’individuazione delle disponibilità economico-imprenditoriali riconducibili ad appartenenti all’organizzazione mafiosa “cosa nostra” svolte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Palermo, hanno portato all’emissione da parte della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, che ha accolto le richieste della Procura della Repubblica, di due provvedimenti di confisca di beni: per un valore di circa 350.000 euro a carico di Letteria Caponata e per circa 200.000 euro a carico di Vincenzo Urso.
A Caponata Letteria è stata confiscata una società “G.L. Transport” con sede a Caltavuturo, operante nel settore dei trasporti, irrevocabilmente giudicata tra le disponibilità economico-imprenditoriali riconducibili ad Albanese Stefano, tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “cupola 2.0” perché intraneo alla “famiglia mafiosa di Polizzi Generosa. L”inchiesta “cupola 2.0” dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo, aveva sventato il tentativo di far rinascere la Commissione Provinciale di cosa nostra dopo la morte nel 2017 del suo capo indiscusso, il boss Totò Riina.
Vincenzo URSO, è stato tratto in arresto, nell’ ottobre 2017, nell’operazione denominata “Nuova Alba”, della Compagnia di Bagheria, con l’accusa di aver fatto parte della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia, in particolare nell’ordinanza di custodia cautelare viene contestato il ruolo attivo nelle estorsioni e nelle riscossioni delle somme di denaro destinate al sostentamento degli affiliati detenuti in carcere. La confisca riguarda un appartamento e un appezzamento di terreno ad Altavilla Milicia.

Inchiesta Perugia, Cantone: la vicenda è molto grave ,il numero di accessi abusivi è molto alto, ma non ci sarebbero finalità economiche…”

 

 

Il procuratore Cantone - Fotogramma
Il Procuratore Cantone – 
Bisogna tutelare le banche dati, non solo quella della Dna, ma tutte quelle che hanno atti giudiziari“, ha detto Cantone, che ha affermato che quelli dell’inchiesta sono “numeri molto più preoccupanti di quelli emersi, inquietano, sono mostruosi”. “In questi mesi, da quando è uscita la prima notizia – continua il procuratore -, come procura di Perugia abbiamo fatto atti delicatissimi, abbiamo sentito per due volte il ministro della Difesa che va ringraziato per la sua scelta di rivolgersi all’autorità giudiziaria”, spiega aggiungendo che in questo modo ha consentito di “far uscire questo verminaio“.

“Il mercato delle sos non si è affatto fermato”, ha spiegato, sottolineando che le ricerche sono proseguite anche dopo che ci fu la fuga di notizie sull’inchiesta. “La vicenda è oggettivamente molto grave, il numero di accessi fatti è eccessivamente elevato e rende evidente che in 4 anni gli atti consultati sono tantissimi“, ha aggiunto Cantone, che ha spiegato: “Laudati ha detto che intende rendere dichiarazioni e lo aspettiamo”.

Riguardo ai rapporti tra il finanziere indagato e i giornalisti coinvolti nell’indagine, Cantone ha osservato: “Ci risulta che Striano con una serie di giornalisti aveva rapporti di amicizia”, ha detto il procuratore precisando che non si sa come il rapporto era nato ma che “non ci sono elementi per ritenere che ci siano state segnalazioni” da parte di qualcuno rispetto alla figura del finanziere. “L’indagine è affidata al gruppo valutario della Gdf di cui mi fido”, ha continuato il procuratore ricordando …”

E ancora: “Qualcuno ha detto che stiamo attaccando la libertà di stampa, per me è un principio fondamentale e la stampa svolge un ruolo determinante. Conosco bene quali sono i limiti e i diritti della stampa”. “I giornalisti sono solo quattro, altre quattro persone avevano rapporti con Striano ma non sono giornalisti”, ha precisato Cantone riguardo ai cronisti coinvolti nell’inchiesta.

Come spiega Cantone, “l’imputazione è provvisoria” e “abbiamo limitato le imputazioni a questi casi in cui abbiamo ritenuto, in base a elementi forti, che non c’era una notizia data alla stampa ma che la stampa aveva commissionato attività di informazione all’ufficiale di polizia giudiziaria. Un’ipotesi investigativa che speriamo sia smentita”.

“Questo numero enorme di dati, di informazioni, di atti scaricati alla banca dati della procura Antimafia, che fine ha fatto? Quanti di questi dati possono essere utili per cento ragioni? Ci preoccupiamo della criminalità organizzata, della stampa, ma quante di queste informazioni possono essere utili anche, per esempio, ai servizi stranieri e a soggetti che non operano nel nostro territorio nazionale? Tra l’altro tra i dati scaricati ci sono informative banali ma anche atti coperti dal segreto”, ha domandato quindi Cantone.

Secondo il Procuratore “sarebbe impossibile contestare l’associazione a delinquere, non c’erano gli elementi“. Secondo l’accusa, l’indagato “fa una serie di favori a una serie di soggetti che fra loro non hanno rapporto”.

“Il tema delle infrastrutture informatiche evidenzia che ovunque ci sono accessi abusivi. C’è bisogno di meccanismi contro gli attacchi esterni, ma anche rispetto agli attacchi interni le banche dati sono vulnerabili, ha aggiunto.

“Il commissariamento della Procura Antimafia è una boutade perché un organo giudiziario non può essere commissariato”, ha poi detto rispondendo a una domanda sulle polemiche sulla Procura nazionale Antimafia della quale qualcuno ha chiesto il commissariamento.

“Noi abbiamo sentito il senatore Lotito come persona informata dei fatti“, ha quindi detto rispondendo alle domande dei commissari e precisando che “la nostra indagine riguardava il confezionamento della annotazione”. “Non abbiamo ritenuto che fossero emersi elementi”, ha proseguito Cantone quanto alla sua inchiesta aggiungendo che si è dunque deciso “di trasmettere a Roma che si sta occupando della vicenda specifica”.

Riguardo alle tipologie di accessi al centro dell’indagine, spiega, “ci sono nomi anche rilevanti, c’è la compagna di un ex presidente del Consiglio che non era di centrodestra, ma certamente la maggior parte degli accessi ha riguardato esponenti di centrodestra. C’era anche un esponente del Pd: se qualcuno avesse spiegato e volesse spiegare il perché sarebbe molto più semplice capire ma le valutazioni politiche spettano a voi”.

“Il Csm valuterà se e quando sentirci, noi ci siamo messi a disposizione. Le cose sono state dette in seduta pubblica, quindi si potrebbe anche ritenere sufficiente ciò che abbiamo detto”, ha concluso.

Truffe: sgominata organizzazione dedita a raggirare gli anziani Analizzati i tabulati telefonici

 

In calo i reati di truffa agli anziani: -13,3% rispetto al ...

Archivi -Sud Libertà (Ministero dell’Interno)
                                          FANNO LEVA SUI SENTIMENTI PIU’ PROFONDI, I TRUFFATORI DEL NOSTRO TEMPO

Oggi a Napoli e a Milano , il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Monza Brianza, supportato dai Comandi dell’Arma competenti per territorio, ha arrestato 4 persone, tutte di nazionalità italiana e di età compresa tra i 30 e i 61 anni, in esecuzione di un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Monza. Nel corso dell’operazione, su delega del pubblico ministero, sono state altresì eseguite perquisizioni personali e locali a carico dei medesimi indagati.

Il provvedimento si basa sui gravi indizi di colpevolezza acquisiti nell’ambito di un’articolata indagine che ha portato alla luce, secondo l’impianto accusatorio ritenuto valido dal Giudice cautelare, l’esistenza di un sodalizio organizzato, avente basi operative individuate a Napoli e Milano, dedito alla consumazione di una serie indeterminata di truffe nelle regioni del Nord Italia, inclusa la provincia di Monza e della Brianza, ai danni di persone anziane o comunque particolarmente vulnerabili.

Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza che ha richiesto l’emissione della misura cautelare, sono state avviate a seguito di due denunce sporte presso le Stazioni Carabinieri competenti da altrettante vittime residenti rispettivamente a Vimercate e a Seregno, e si sono successivamente sviluppate per alcuni mesi attraverso l’analisi dei tabulati telefonici, l’intercettazione delle utenze telefoniche in uso agli indagati, servizi di osservazione e pedinamento, acquisizione di registrazione video, accertamenti patrimoniali e analisi dei dati acquisiti.

Significativo rilievo indiziario hanno assunto le attività di riscontro effettuate sul territorio mediante appositi servizi di osservazione e pedinamento, grazie ai quali, in svariati casi, con il supporto delle Compagnie Carabinieri competenti, è stato possibile intervenire nell’immediatezza, controllare e perquisire gli indagati e recuperare il provento (contanti e oggetti preziosi), rinvenuto nella loro disponibilità, di truffe appena consumate, restituendolo quindi alle vittime.

Gli episodi oggetto di indagine si sono verificati, oltre che nel territorio brianzolo, in altre località lombarde (Cantù, Voghera e Crema) e Piemonte (Alessandria e Novara).

Il collaudato modus operandi accertato in sede di indagine prevedeva un primo contatto telefonico con la vittima da parte di un sedicente carabiniere o avvocato, il quale le riferiva di aver ricevuto, da parte di un prossimo congiunto, la richiesta di chiamarla e di rappresentarle l’impellente necessità di somme di denaro (comprese di massima tra i 3.000 e i 12.000 euro) per rimediare a una disavventura (arresto a seguito di un sinistro stradale o guida senza assicurazione) in realtà mai avvenuta. Nel corso della conversazione fraudolenta, l’autore sfruttava l’età della vittima e la sua predisposizione affettiva, facendo leva, in particolare, sulla prospettazione dell’esposizione a pericolo del congiunto e dell’urgenza dell’intervento, in modo da destabilizzarla emotivamente e non concederle tempo per consultarsi o riflettere sulla situazione. Una volta carpita la fiducia dell’interlocutore, questi veniva raggiunto da un emissario (che si fingeva in genere dipendente dello studio legale) al quale consegnava la somma richiesta.

Le risultanze investigative raccolte hanno consentito la formulazione di 8 distinti capi di imputazione inerenti ai reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e di concorso in truffa aggravata. Secondo la prospettazione accusatoria, infatti, gli autori agivano in una forma stabile ed organizzata che contemplava, tra l’altro, la ripartizione di compiti e ruoli, l’esistenza di basi operative (una delle quali individuata in un appartamento sito nei pressi della Stazione Centrale di Milano) e la predisposizione di risorse materiali (veicoli a noleggio, utenze telefoniche, etc.) per gli spostamenti e per l’esecuzione delle azioni fraudolente. In particolare i ruoli erano così delineati:

  • il capo, un 41enne residente a Napoli (il c.d. “centralinista”), che pianificava il compimento delle azioni delittuose, organizzava il lavoro nei minimi particolari, procacciava le schede telefoniche con intestatari fittizi e i telefoni “usa e getta”, selezionava e contattava le vittime, coordinava e dirigeva l’azione dei complici che si presentavano a casa delle stesse per ritirare il profitto del reato, procurava i mezzi per gli spostamenti in loco e per il trasporto della refurtiva dal luogo del reato a Napoli, copriva le spese e remunerava i partecipanti all’associazione. Ha, financo, costituito il punto di riferimento per dirimere controversie o problemi insorti nella commissione delle truffe, arrivando a fornire ai complici contatti di un legale per la tutela avverso le indagini in corso.
  • l’uomo di fiducia del capo, un trentenne anch’egli residente a Napoli, incaricato di tenere i contatti con i sodali che si recavano dalla vittima per la commissione delle truffe, consegnando agli stessi telefoni “usa e getta” ed i veicoli per gli spostamenti, tutti provenienti da società di noleggio per ostacolare l’identificazione degli utilizzatori dei mezzi, ai quali lo stesso forniva indicazioni per la commissione dei reati fine;
  • i due cc.dd. “operativi”, un 47enne e un 61enne, entrambi domiciliati nel milanese che sulla base di quanto emerso dalle attività investigative, sono risultati essere gli associati dediti alla commissione dei reati-fine, in quanto incaricati di recarsi dalla vittima presentandosi sotto la falsa identità e qualità per la riscossione del profitto delle truffe.

Gli arrestati sono stati tradotti presso le rispettive Case circondariali di riferimento, a disposizione dell’Autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento.

Ulteriori approfondimenti investigativi saranno effettuati per verificare il coinvolgimento del presunto sodalizio in altri episodi verificatisi nell’area di operatività del gruppo.

Quando l’avidità è tale da pensare di uccidere persino la zia “che aveva fatto recentemente nuovo testamento”

 

La donna, che pensava di passarla liscia,   si difende col dire di aver dato le cure di cui l’anziana aveva bisogno e il cibo spezzettato come le veniva somministrato nella casa di cura ma…… c’era nell’aria il nuovo testamento

Una manciata di soldi — Foto Stock
L’avidità e la corsa alla ricchezza e al denaro è punita da Dio quando giungerà il momento
Catania,
L’interrogatorio di garanzia per la 58enne è stato fissato per il prossimo 28 febbraio. La donna, che si professa innocente, ritiene di aver dato le cure di cui l’anziana aveva bisogno e il cibo spezzettato come le veniva somministrato nella casa di cura. Dopo il pranzo ‘incriminato‘, l’80nne era stata portata in ospedale per una piccola occlusione intestinale in codice verde ed era stata poi dimessa. Il nuovo testamento in favore della pronipote, si sottolinea dalla difesa, è stato redatto e firmato da un notaio che ha verificato la capacità di intendere e volere dell’80enne.

Icapitano Domenico Rana, comandante della compagnia dell’Arma di Acireale, AFFERMA: “Le indagini dei Carabinieri della stazione di Aci Castello hanno permesso di fare piena luce sulla morte dell’80enne per cui è stata arrestata una pronipote di 58 anni, accusata di averne causato il decesso per ottenere la sua eredità”. “Fondamentali sono state le dichiarazioni della donna, acquisite dai Carabinieri in punto di morte, il giorno prima del decesso. Ci hanno permesso – aggiunge il capitano Rana- di ricostruire che lei era stata portata fuori a pranzo dalla pronipote e che aveva mangiato un piatto di spaghetti e un dolce, che ne avrebbero poi provocato la morte”. Il “decesso dell’80enne è stato l’epilogo di un disegno criminale più ampio ordito dall’indagata che si era fatta prima nominare procuratrice speciale e poi testamentaria universale, in modo da impadronirsi della cospicua eredità della donna”

Catania,Spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti: Operazione ” Non solo pane” 9 persone arrestate

Foto gratuita 3d rendering di un'immagine medica di una figura maschile con cervello evidenziato e drammatico evidenziato

 

 

 Catania –

Oggi ,19 febbraio 2024, in esito alle attività investigative coordinate da questa Procura Distrettuale, i Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, supportati da personale specializzato del Nucleo Carabinieri Cinofili di Nicolosi e dalla C.I.O. del XII Reggimento Carabinieri Sicilia, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale etneo, nei confronti di 9 persone (8 in carcere ed una agli arresti domiciliari), in relazione ai reati di spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, in maniera reiterata ed in concorso tra loro.

Le indagini, che si pongono quale prosecuzione dell’operazione “koala” (del 2021, che aveva consentito di individuare l’esistenza di un sodalizio criminoso finalizzato allo spaccio di stupefacente del tipo cocaina in modalità itinerante nella provincia di Catania), eseguite nel periodo compreso tra febbraio e giugno 2023 dalla Stazione Carabinieri di San Giovanni La Punta, sia mediante attività tecniche, sia attraverso i tradizionali approcci investigativi come i pedinamenti degli indagati, avrebbero permesso di acquisire, allo stato degli atti ed in relazione ad una  fase processuale che non ha ancora consentito l’intervento delle difese, gravi e concordanti elementi indiziari in ordine ad una fiorente attività di smercio al dettaglio di cocaina, realizzata dagli indagati, sia autonomamente che in concorso tra loro, nei territori di  Catania, Gravina di Catania, Mascalucia, San Giovanni la Punta, San Gregorio di Catania, Valverde e Tremestieri Etneo,

In particolare, in esito all’attività investigativa, sarebbero state ricostruite le diverse modalità di cessione della cocaina, comunemente indicata come “cosa”, che avveniva prevalentemente in maniera “itinerante”; gli spacciatori infatti, per evitare di destare sospetti, permanendo in modo stanziale e continuo in uno specifico luogo ove attendere gli acquirenti, ben consapevoli che prima o dopo la “piazza di spaccio” sarebbe stata intercettata dalle Forze dell’Ordine, avrebbero preferito prendere “gli ordini” telefonicamente. Per garantirsi l’impunità, i pusher avrebbero quindi definito un caratteristico modus operandi, che si sarebbe sviluppato secondo diverse fasi:

  • una veloce battuta al cellulare, in cui sarebbe stata richiesta la disponibilità del pusher da parte dell’acquirente ed indicato il quantitativo o il valore della dose (sempre adoperando parole in codice);
  • l’indicazione di un punto noto ad entrambi, nonché dell’orario, da far coincidere con gli impegni di famiglia dei malviventi, o con la necessità dello spacciatore di andarsi a rifornire periodicamente di “roba”, atteso che veniva portato al seguito solo quanto strettamente ordinato dal cliente, per evitare, in caso di controlli, di essere denunciati o arrestati;
  • l’incontro vero e proprio e la velocissima cessione di sostanza in cambio del corrispettivo in denaro, che in alcuni casi avveniva addirittura a mezzo di ricariche di carte prepagate intestate a persone terze, rendendo così ancor più difficoltosa l’attività di indagine dei Carabinieri.

In casi residuali, per ancora maggior prudenza, la compravendita di droga sarebbe avvenuta addirittura in modalità “take away”, quando gli spacciatori sarebbero ricorsi a luoghi già concordati con gli acquirenti, ove facevano loro trovare “l’ordine”; emblematica al riguardo la modalità messa in atto da uno degli indagati, che per informare il cliente che la droga era pronta per il ritiro nel luogo convenzionalmente stabilito, utilizzava dire “già fatto amazon”, proprio come avrebbe fatto un onesto corriere del noto e-commerce.

Tra i presunti spacciatori , vi era poi chi, per evitare che la cessione di cocaina avvenisse in luogo pubblico, sempre per ridurre ulteriormente il rischio di essere notati o che i loro acquirenti potessero essere fermati in strada con la sostanza stupefacente, avrebbe anche ospitato gli assuntori all’interno delle proprie abitazioni, per il tempo strettamente necessario alla consumazione del “pippotto”, mettendo a disposizione perfino le camere dei propri familiari.

Infine, e da qui trae origine il nome dell’odierna operazione “Non solo pane”, particolarmente significativa sarebbe stata la condotta di uno degli spacciatori, che essendo un panettiere, avrebbe utilizzato il suo forno, posto in una strada senza uscite del Comune puntese e per questo motivo molto riservata, quale “copertura” per la sua seconda e probabilmente più redditizia illecita attività professionale. Tra gli ignari clienti dell’esercizio, alcuni “affezionati” avrebbero così fatto precedere la normale spesa da una veloce chiamata al fornaio, alias il loro pusher di fiducia, nella quale, assicuratisi che questi fosse “aperto”, ossia pronto a soddisfare la loro dipendenza, avrebbero chiesto di ritirare “mezzo chilo di pane” o “mezza pagnotta”, tutte forme criptiche che avrebbero celato il reale riferimento alla quantità di cocaina richiesta.

A sostegno del quadro indiziario sono stati eseguiti, nel corso delle indagini, decine di riscontri che hanno portato ad un arresto in flagranza di reato ed a 5 deferimenti in stato di libertà per “detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente” con correlato sequestro di oltre 50 gr di cocaina, nonché di bilancini e strumenti finalizzati al confezionamento.

L’esecuzione dell’ordinanza ha comportato un articolato intervento dei Carabinieri sull’area di Catania e dei paesi etnei.

Il Giudice per le indagini preliminari, su richiesta del Pubblico Ministero titolare del relativo fascicolo d’indagine, ha quindi disposto le seguenti misure poi eseguite in data odierna.

 

 

Reggio Calabria: Operazione “Case Popolari” 2 arresti e 7 indagati fra cui un dipendente comunale ed un vigile urbano “che predisponevano documenti falsi..”

 

 

Il monitoraggio del piano anticorruzione

Archivi-Sud Libertà  (corruzione)

 

 

 
Reggio Calabria,

Questa mattina, alle prime luci dell’alba, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, nell’ambito dell’operazione denominata “CASE POPOLARI”, hanno dato esecuzione ad ordinanza cautelare personale, emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di 9 persone, di cui, due destinatarie della misura della custodia cautelare in carcere e sette della misura degli arresti domiciliari, in quanto ritenute responsabili di aver preso parte, con vari ruoli, ad una associazione per delinquere finalizzata all’illecita gestione di immobili di edilizia popolare ed alla commissione di condotte estorsive. Inoltre, il Gip, in accoglimento della richiesta cautelare, ha disposto il sequestro preventivo di 11 appartamenti di edilizia popolare illecitamente assegnati e occupati anche da alcuni degli odierni indagati.

Il provvedimento costituisce l’esito di una complessa attività investigativa condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dalla Compagnia Carabinieri di Villa San Giovanni, che ha visto i suoi albori nell’anno 2016, per poi proseguire fino ad epoca recente, anche con il contributo della Squadra Mobile di Reggio Calabria, diretta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, e che ha riguardato complessivamente, a vario titolo, 37 indagati.

L’attività investigativa ha fatto luce su una situazione di malaffare che aveva come settore preferenziale quello della gestione degli alloggi di edilizia popolare di proprietà del Comune di Reggio Calabria e dell’A.T.E.R.P. (Azienda territoriale edilizia residenziale pubblica), consentendo di acclarare come il sodalizio criminale fosse capeggiato da due pregiudicati reggini, uno dei quali già riconosciuto quale appartenente alla ‘ndrangheta, all’esito di pronunce giurisdizionali definitive.

Le indagini, condotte sia con le classiche tecniche investigative che con le più moderne attività d’intercettazione, hanno offerto uno spaccato di rara chiarezza in ordine alla particolare operatività degli odierni indagati nella gestione ed assegnazione illecita di immobili di edilizia popolare, soprattutto nel quartiere “Santa Caterina” di Reggio Calabria.

L’associazione poteva, anche, contare sull’apporto fornito da alcune figure interne alla Pubblica Amministrazione, tra le quali, spiccava quella di ex una dirigente dell’A.T.E.R.P., all’epoca in servizio presso la sede di Reggio Calabria, a disposizione della consorteria, che si dimostrava in grado di “pilotare” la concessione degli immobili, ideando e suggerendo le modalità migliori per realizzare le finalità illecite dell’associazione.

Tale mercificazione della funzione pubblica garantiva un forte appeal al sodalizio, potendo contare sulla cd. “regolarizzazione” della posizione dell’acquirente, che, dapprima, occupava abusivamente l’immobile e, in un secondo momento, grazie ai rapporti con i pubblici dipendenti, ne diveniva legittimo assegnatario. Attraverso questo sistema i “clienti” potevano così acquistare un’abitazione non commerciabile ad un prezzo certamente più competitivo rispetto a quello di mercato, nondimeno privandone della disponibilità cittadini e famiglie bisognosi.

A disposizione dell’associazione criminale vi era, inoltre, un dipendente del Comune di Reggio Calabria, il quale individuava gli immobili popolari, li segnalava ad uno dei promotori del sodalizio e ne cedeva le chiavi, dietro versamento di denaro, nonché si adoperava nella procedura amministrativa di regolarizzazione, predisponendo anche la falsa documentazione attestante la residenza dei futuri acquirenti ed interloquendo con altri soggetti interni all’amministrazione per incidere illecitamente sul procedimento di assegnazione.

Nel corso del procedimento penale emergevano elementi indiziari anche nei confronti di un appartenente alla Polizia Municipale del Comune di Reggio Calabria, non destinatario di misura cautelare bensì di perquisizione personale e locale, che, in più di una occasione, dietro il versamento di somma di denaro, avrebbe falsificato documentazione afferente al suo Ufficio, al fine di venire incontro ai desiderata di uno dei capi promotori.

Inoltre, è stata riscontrata la responsabilità dei promotori del sodalizio anche in relazione al reato di estorsione poiché, con minacce e violenze perpetrate nei confronti di un cittadino, lo costringevano a liberare un appartamento che aveva occupato abusivamente e che era d’interesse dell’associazione.

Si segnala, altresì, come, nel corso dell’attività di indagine, siano emersi plurimi elementi relativi alla commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, sia del tipo cocaina che marijuana.

All’esito dell’attività di esecuzione della ordinanza del Gip, accompagnata dall’esecuzione di perquisizioni personali e locali, i due destinatari della misura della custodia cautelare in carcere sono stati associati presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria, mentre i restanti 7 indagati sono stati collocati presso i rispettivi domicili a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Inoltre, così come disposto dal Gip, sono stati sottoposti a sequestro preventivo 11 appartamenti di edilizia popolare illecitamente assegnati.

Contestualmente, si è proceduto a dare esecuzione a 20 decreti di perquisizione personale e domiciliare nei confronti di soggetti indagati, a vario titolo, nel presente procedimento penale.

Il procedimento è attualmente pendente nella fase delle indagini preliminari e l’effettiva responsabilità delle persone deferite sarà vagliata nel corso del successivo processo. Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore delle persone sottoposte ad indagini.