Attività di contrasto alle frodi IVA e accise sui prodotti energetici Catania – misure cautelari personali e reali nei confronti di un sodalizio criminale di 15 soggetti

 

 

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Catania,

Nell’ambito di indagini coordinate dalla locale Procura, i finanzieri del Comando Provinciale di Catania, con la collaborazione di funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Direzione Territoriale VII Sicilia/Gruppo Operativo Regionale Antifrode e Ufficio delle Dogane etneo hanno dato esecuzione, nelle Province di Catania, Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Ragusa, ai provvedimenti del Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale con cui sono state disposte misure cautelari personali e reali nei confronti di 15 soggetti, a vario titolo indagati per associazione a delinquere, sottrazione fraudolenta all’accertamento e al pagamento delle accise su prodotti energetici, emissione di fatture per operazioni inesistenti, frode in commercio e autoriciclaggio.

Le indagini, condotte da unità specializzate del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania, hanno riguardato un sodalizio criminale dedito alla commercializzazione in evasione di IVA e accise, su vasta scala e in tutto il territorio della Regione Sicilia, di ingenti quantitativi di “gasolio agevolato ad uso agricolo”.

In particolare, gli approfondimenti svolti, anche mediante attività tecniche, servizi di osservazione, pedinamento e controllo, accertamenti bancari e analisi di documentazione contabile e extracontabile, avrebbero evidenziato un collaudato sistema fraudolento promosso e organizzato da un soggetto catanese del 1983.

Quest’ultimo, nel ruolo di ideatore dell’associazione criminale, avrebbe operato come amministratore di fatto di una società di Palermo e di una ditta individuale di Catania, legalmente rappresentate da altri sodali, al fine di poter acquistare gasolio a uso agricolo per poi destinarlo ad usi soggetti a maggiore imposta (uso autotrazione), con sensibili guadagni illeciti. Difatti, il prodotto energetico destinato all’agricoltura sconta un’aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria sia per l’IVA (10% anziché 22%) che per le accise (- 50 cent. al litro).

Più in dettaglio, nell’attuale fase del procedimento in cui non si è pienamente instaurato il contraddittorio con le parti, sarebbe stato ricostruito un sistema fraudolento per mezzo del quale l’impresa palermitana, una volta acquistato il prodotto agevolato, avrebbe provveduto alla sistematica cessione, solo formale, a favore della ditta individuale etnea, risultata una mera “cartiera”, priva di deposito e struttura organizzativa.

In realtà, il prodotto sarebbe stato invece destinato a 4 diversi depositi situati principalmente nell’agrigentino, gestiti da altrettanti membri del sodalizio criminale che avrebbero provveduto alla rivendita “in nero” come gasolio da autotrazione.

Peraltro, allo scopo di evitare il rischio di sequestri e sanzioni nel corso di eventuali controlli su strada delle autobotti, la società palermitana sarebbe stata solita emettere apposito documento di trasporto (e-das), successivamente distrutto od occultato una volta raggiunta la destinazione concordata.

Parallelamente, la ditta individuale catanese, formale ricevente del gasolio agricolo, risulterebbe non aver emesso alcuna fattura di rivendita nei confronti degli effettivi destinatari e utilizzatori in modo da far perdere le tracce del prodotto energetico.

Nell’associazione a delinquere, sarebbe inoltre emersa la figura di un soggetto di origine paternese il quale, titolare di società di trasporti, avrebbe messo a disposizione del promotore le autobotti utilizzate per il trasferimento delle partite di carburante verso i suddetti depositi. Nello specifico, il predetto, di concerto con l’ideatore del sodalizio, avrebbe avuto un ruolo di organizzatore, impartendo ordini e disposizioni a 3 autisti coinvolti nella frode.

I proventi illeciti accumulati a seguito della rivendita del prodotto energetico sarebbero stati riciclati mediante trasferimento operato a favore della società di Palermo in modo da perpetuare il meccanismo di frode e al contempo ostacolare l’identificazione della provenienza illecita della provvista.

Infine, sarebbe stato appurato che tale ultima impresa, allo scopo di abbattere i ricavi e il debito IVA sorti per effetto delle vendite fittizie alla ditta individuale di Catania, in aggiunta alle fatture reali di acquisto di prodotti energetici da altri operatori economici, avrebbe ricevuto da altre società, gestite sempre da membri dell’associazione a delinquere, anche fatture per operazioni inesistenti, accompagnate da numerosi documenti di trasporto falsi, per attestare l’acquisizione, mai avvenuta, di ulteriori quantitativi di gasolio agricolo.

Nel corso dell’attività investigativa, a riscontro delle evidenze raccolte, sono stati effettuati tre distinti interventi che hanno portato al sequestro di complessivi 41.000 litri di prodotto energetico a uso agricolo, n. 4 autocisterne, n. 1 semirimorchio e altre attrezzature utilizzate per il trasporto e la commercializzazione illecita del carburante.

Sulla scorta del quadro indiziario prospettato, il GIP presso il Tribunale di Catania, su richiesta della locale Procura, ha dunque disposto misure cautelari:

– reali, nella forma del sequestro preventivo di beni e attività finanziarie nella disponibilità degli indagati per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro nonché di 6 depositi di stoccaggio di prodotti energetici coinvolti nel meccanismo fraudolento (n. 5 in provincia di Agrigento e n. 1 in provincia di Palermo);

– personali nei confronti di 14 indagati (2 custodie cautelari in carcere, 4 arresti domiciliari e 8 obblighi di dimora abbinati alla sospensione dall’esercizio di impresa per 4 indagati e all’obbligo di presentazione alla pg per altri 3 indagati). Tale decisione è stata assunta dopo che, in ossequio alle recentissime novità legislative introdotte dalla riforma c.d. “Nordio”, sono stati effettuati interrogatori preventivi dei soggetti coinvolti dinanzi al medesimo G.I.P., al cui esito sono state ritenute sussistenti le esigenze cautelari a carico dei predetti.

Tragedia al porto di Palermo. Un giovane tunisino , nascosto sotto un autoarticolato, muore schiacciato durante le operazioni di manovra

 

Un tunisino, che pensava di nascondersi sotto un tir rimanendo illeso, per arrivare e sbarcare a Palermo, è finito schiacciato dal pesante automezzo. Tragedia avvenuta ieri sera al porto di Palermo sulla nave Splendid della Gnv partita dal porto di Tunisi de La Guolette. Secondo una ricostruzione sommaria il giovane, che aveva eluso i controlli, è rimasto schiacciato dall’autoarticolato durante le operazioni di manovra.

Si vuol capire adesso come il giovane tunisino sia finito sotto l’autoarticolato ..e come sia sfuggito ai controlli di rito. Le indagini sono condotte dalla Capitaneria di porto.

Supercar di grande pregio- Ferrari, Maserati, Porsche, Jaguar, Roll Rovce- intestate a società fallita e ceduti, a prezzo basso, a nuova società-Misure giudiziarie

 

Una supercar d'oro generativa ai | Immagine Premium generata dall'IA

Archivi Sud Libertà  (nella foto una supercar d’oro)

 

Palermo,

I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure interdittive e reali con cui il G.I.P. del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha disposto il divieto, per la durata di un anno, di esercitare attività professionali o imprenditoriali nei confronti di due soggetti, nonché il sequestro di numerose autovetture di pregio, di somme di denaro per 21.000 euro e di un compendio aziendale.

Le indagini, condotte dalla Sezione di Polizia Giudiziaria – aliquota Guardia di Finanza, hanno riguardato il fallimento di una società esercente la “gestione di centri e impianti sportivi polivalenti, nonché l’organizzazione e la gestione di iniziative sportive legate all’automobilismo e al motociclismo”, tra cui un autodromo sito nel territorio del Comune di Torretta (PA).

Gli accertamenti svolti hanno evidenziato che i due principali indagati, marito e moglie, amministratori di fatto e di diritto, unitamente a ulteriori tre familiari, avrebbero effettuato, mediante artifizi contabili, plurime condotte distrattive, sia prima che dopo la dichiarazione di fallimento (avvenuta nel 2018), allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori.

In particolare, sono state individuate diverse autovetture di pregio di noti marchi nazionali ed esteri (tra cui Ferrari, Bentley, Porsche, Maserati, Jaguar e Rolls Royce), inizialmente intestate alla fallita, poi vendute a un’anziana parente a un prezzo notevolmente più basso rispetto al valore di mercato e, da ultimo, cedute a una nuova società, appositamente costituita e sempre riconducibile agli indagati.

Inoltre, attraverso quest’ultima, i coniugi avrebbero incassato assegni per circa 21.000 euro, frutto di un’operazione di autoriciclaggio, in quanto provenienti da un cliente della società in dissesto.

Di fondamentale importanza ai fini dell’individuazione degli illeciti è risultata l’analisi dei flussi finanziari nonché delle risultanze ottenute a seguito di un Ordine Europeo di Indagine, da cui emergeva che la società, tra il 2016 e il 2018, quando si era già palesato lo stato di crisi, aveva fatto confluire su un conto corrente maltese risorse finanziarie per circa 290.000 euro.

Sulla scorta delle evidenze acquisite, il G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, condividendo le valutazioni della locale Procura della Repubblica, ha ravvisato la sussistenza in capo ai cinque indagati di un grave quadro indiziario, in ordine ai reati contestati di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio.

L’odierna operazione testimonia l’impegno costantemente profuso dalla Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Palermo volte al contrasto ai fenomeni di illegalità economico-finanziaria, nonché all’aggressione dei patrimoni di matrice illecita, al fine di tutelare gli imprenditori che operano nel rispetto della legge.

Rapine: aggressione domestica ad un pensionato, due arresti in Sicilia

 

Noir movie character

 

 Ragusa – Scicli 

Nella serata di lunedì i militari della Tenenza di Scicli, fattivamente coadiuvati nei giorni scorsi dai colleghi della Stazione di San Nicola di Marsala (TP), hanno tratto in arresto, al fine di dare esecuzione ad un ordine di custodia cautelare, emesso dal Tribunale di Ragusa, a seguito della richiesta della Procura della Repubblica Iblea, un 27enne ed una 34enne, entrambi pregiudicati e originari della città barocca.

I fatti per cui si è reso necessario il regime restrittivo risalgono all’aprile scorso, quando i due si sono resi autori di una rapina aggravata ai danni di un anziano che, uscito di casa per depositare un sacco di rifiuti all’esterno della propria abitazione, si è visto avvicinare dai due malfattori che spintonandolo e aggredendolo con violenza gli hanno sottratto la somma di 45 euro custodita nel portafoglio.

I responsabili, a seguito della rapina commessa, si sono dati alla fuga per le strade del centro cittadino, facendo perdere le loro tracce. Le attività di indagine sono partite nell’immediato, avendo come motore pulsante delle investigazioni i sistemi di videosorveglianza che insistono sull’area di interesse. La conseguente acquisizione e il relativo riconoscimento dei responsabili ha consentito agli operanti di fornire all’Autorità Giudiziaria un quadro indiziario che non ha lasciato dubbi su chi fossero i protagonisti del gesto delittuoso. Pertanto, nei giorni scorsi, con la collaborazione dei militari  del luogo in cui si trova domiciliata attualmente la donna per essere sottoposta alle cure di una struttura terapeutica, sono state eseguite le misure cautelari disposte dal Gip di Ragusa, motivo per cui la donna è stata posta agli arresti domiciliari e l’uomo in carcere.

La conclusione positiva delle indagini è stata possibile grazie alla tempestività con la quale i militari dell’Arma hanno avviato le loro investigazioni e che ha consentito di accertare in modo inconfutabile la responsabilità dei due malviventi.

Sorpreso a sparare in giardino con pistola illegale. Agli arresti domiciliari

Insieme di vettore di coppia spia. Illustrazione di detective uomo e donna, arma e pistola

 

Castellaneta (TA),
I Carabinieri dell’Aliquota Radiomobile della Compagnia di Castellaneta, impegnati h24 in servizi preventivi di controllo del territorio, anche nelle zone più impervie, in particolar modo in questo periodo estivo, caratterizzato dalla presenza in zona di numerosi turisti provenienti da ogni parte d’Italia, nel corso di un servizio perlustrativo, hanno arrestato un turista 56enne dell’hinterland milanese, presunto responsabile di “detenzione abusiva di un’arma da fuoco” ed “esplosioni pericolose”.
I militari dell’Arma, transitando vicino all’abitazione presa in affitto dall’arrestato per trascorrere le vacanze in Puglia, hanno sentito degli spari. Avvicinatisi alla villetta, i Carabinieri si sono resi conto di quanto stesse verosimilmente accadendo: l’uomo avrebbe esploso almeno 3 colpi da una pistola cal. 7,65, all’interno del giardino dell’abitazione, mirando presumibilmente ad un albero. All’arrivo dei militari, lo stesso avrebbe tentato di nascondere l’arma, che è stata, poi, subito trovata e messa in sicurezza dai Carabinieri, che l’hanno, successivamente, sottoposta a sequestro.
Nel giardino sono stati, poi, rinvenuti tre bossoli, relativi ad altrettanti colpi appena esplosi. Il luogo dove sarebbero avvenuti gli spari è distante poche decine di metri da una strada molto trafficata, soprattutto per il transito dei bagnanti, che in questo periodo affollano le località turistiche. La successiva ed accurata perquisizione domiciliare ha permesso di rinvenire ulteriori 85 cartucce dello stesso calibro.
In uno dei due pacchi contenenti le stesse, ne mancavano 15. Sia l’arma che le munizioni erano detenuti senza nessun titolo autorizzativo. L’arma trovata sarà inviata al Reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Roma per accertamenti tecnico-balistici, finalizzati ad accertare anche l’eventuale utilizzo in pregresse azioni delittuose. Il 56enne, fatta salva la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva di condanna, dopo le formalità di rito, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, è stato condotto presso la sua abitazione agli arresti domiciliari.

Napoli, Smaltimento illecito di abiti usati: sequestrati 50 tonnellate di rifiuti e denunciati quattro responsabili

 

Cile, cimitero della moda mondiale. Nel deserto la discarica ...

 

Napoli,

Nell’ambito di un’operazione mirata alla repressione dello smaltimento illecito di rifiuti, il reparto ambientale della Polizia locale di Napoli, in collaborazione con gli ispettori ambientali della società ASIA, ha concluso con successo un’importante attività investigativa durata otto mesi, che ha portato all’individuazione e alla denuncia di quattro persone responsabili di un vasto traffico di abiti e calzature usati, con base nel quartiere Barra-San Giovanni-Ponticelli.

Le indagini, condotte attraverso un’attenta analisi delle immagini di videosorveglianza e azioni di monitoraggio sul territorio, hanno permesso di localizzare un deposito illecito in via Luigi Tammaro, a Ponticelli, dove G. V. (33 anni) e D. I. V. (27 anni) , entrambi di Napoli, insieme a D. D. N. (28 anni), residente ad Ercolano, e a T. C. (60 anni), residente a Portici e già noto alle forze dell’ordine per reati quali porto abusivo d’armi e traffico di stupefacenti, erano intenti a gestire illegalmente circa 50 tonnellate di indumenti e calzature usate. All’interno del deposito di circa 300 metri quadri, privo di dispositivi antincendio e con un’unica via di aerazione, gli agenti hanno rinvenuto centinaia di sacchi contenenti rifiuti non igienizzati e potenzialmente pericolosi per la salute pubblica e l’ambiente. Il materiale veniva selezionato e successivamente smaltito in modo illecito, senza alcuna autorizzazione.

Durante l’operazione, è stato sequestrato un veicolo immatricolato all’estero, utilizzato per il trasporto dei rifiuti, insieme a numerosi materiali utilizzati per l’imballaggio. I quattro responsabili sono stati deferiti all’Autorità giudiziaria per violazione degli articoli 256 e 192 del D.Lgs. 152/2006, degli articoli 648, 452-quaterdecies e 110 del Codice penale, per la gestione non autorizzata di rifiuti e la creazione di una discarica abusiva. Inoltre, uno dei soggetti coinvolti risulta essere percettore del reddito d’inclusione, circostanza per la quale verranno effettuati ulteriori accertamenti.

L’operazione ha messo in luce un ingente danno ambientale ed economico, con ripercussioni dirette sul bilancio comunale e sulle imposte sui rifiuti pagate dai cittadini. ASIA fornirà una relazione dettagliata all’Autorità Giudiziaria per la quantificazione del danno erariale. Proseguono le indagini per identificare ulteriori responsabili e per risalire alla filiera del traffico illecito, che sembra avere ramificazioni anche oltre confine.

I carabinieri scoprono e distruggono un’altra piantagione di marijuana, la quinta in pochi giorni

Quante piante di marijuana si possono tenere per uso personale?

 

Reggio Calabria – Giffone (
Oltre 2500 piante rinvenute. Evitata la produzione di oltre 70 mila dosi per un valore di circa 600 mila euro.
Ancora una volta nel corso di un servizio di controllo del territorio, i Carabinieri della Compagnia di Taurianova, con il supporto dello squadrone eliportato “Cacciatori di Calabria”, hanno scoperto una vasta piantagione di marijuana nascosta in una zona boschiva e impervia del comune aspromontano di Giffone. Questa è la quinta piantagione individuata nel giro di pochi giorni.
Nell’ultima operazione, i militari hanno rinvenuto diverse piante di marijuana, alcune delle quali superavano i due metri di altezza. Le piante erano già in uno stato avanzato di crescita, pronte per essere raccolte. In loco, è stato sorpreso un giovane di 21 anni, residente a Giffone, mentre controllava lo stato di maturazione delle piante e gestiva un sofisticato sistema di irrigazione.
Grazie all’intervento tempestivo dei Carabinieri, le piante sono state estirpate e sequestrate, impedendo che la marijuana, una volta raccolta, alimentasse il mercato illegale degli stupefacenti. Se trasformate in dosi pronte per la vendita, le oltre 2700 piante rinvenute in questi giorni avrebbero potuto produrre circa 70 mila dosi, per un valore stimato sul mercato nero di oltre 600.000 euro.
Il procedimento è attualmente pendente nella fase delle indagini preliminari e l’effettiva responsabilità della persona arrestata, attesa la fondatezza delle ipotesi d’accusa mosse a suo carico, sarà vagliata nel corso del successivo processo. 
Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore della persona sottoposta ad indagini.

Nei guai due imprenditori vicini alla Mafia -Sequestrati beni per 5 milioni di euro e perquisizioni tra Roma, Catania, Messina, Firenze, Napoli, Catanzaro.

 

DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA – VIS UNITA FORTIOR

 

Scatta l’arresto per due  imprenditori  per «contiguità con un clan di Cosa Nostra» dopo un’indagine della Dia di Milano che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Milano su richiesta della Dda.

I due, secondo gli inquirenti,  «attraverso società principalmente operanti nel settore edilizio a Milano» avrebbero «consentito l’operatività di realtà imprenditoriali riconducibili a Cosa Nostra e ciò con specifico riferimento al sodalizio mafioso dei barcellonesi, operante nella provincia di Messina».

Sequestrati beni per 5 milioni di euro e perquisizioni tra Roma, Catania, Messina, Firenze, Napoli, Catanzaro.

«In particolare – informa  la Dia – i destinatari della misura restrittiva, già colpiti in passato da misure di prevenzione patrimoniali sarebbero responsabili, in concorso con altri soggetti, di condotte fraudolente finalizzate all’intestazione fittizia di diverse società aggiudicatarie di appalti pubblici, sull’intero territorio nazionale, alcuni dei quali di ingente importo e/o finanziati con fondi del Pnrr, senza incorrere nelle misure interdittive delle autorità prefettizie. Una volta ottenuta l’aggiudicazione delle commesse, spesso in associazione temporanea con altre imprese, le società riconducibili agli indagati provvedevano poi a conferire l’esecuzione materiale dei lavori ad altre società, anche con sede in Calabria.

La complessa attività, svolta anche mediante l’ausilio di indagini tecniche e servizi di osservazione e pedinamento, è stata diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia del Tribunale di Milano e coordinata dal II Reparto della Direzione Investigativa Antimafia.

Gli  accertamenti economico-patrimoniali svolti in stretta collaborazione con il Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (Gico) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Milano  hanno motivato pure  il sequestro preventivo in via d’urgenza di compendi aziendali, beni immobili e conti correnti per un valore complessivo stimato in 5 milioni di euro.

L’esecuzione delle misure insieme a numerose perquisizioni, ha interessato diverse regioni e ha visto la partecipazione dello stesso Gico della Guardia di Finanza di Milano nonché di personale dei centri operativi Dia di Roma, Catania, Messina, Firenze, Napoli, Catanzaro».

Estorsione aggravata dal metodo mafioso del Clan Casalesi, 5 misure cautelari in Campania su richiesta della Direzione Antimafia

Silhouettes and shadows of people on the city street. Crowd walking down on sidewalk, concept of strangers, crime, society, gang or population

 

Napoli – Casal di Principe (CE)
In data odierna i militari della Compagnia Carabinieri di Casal di Principe hanno dato esecuzione un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 5 persone (3 in carcere, 2 agli arresti domiciliari), ritenute responsabili, a vario titolo, di “estorsione aggravata dal metodo mafioso, danneggiamento a seguito di incendio e usura”.
Le indagini, condotte dai militari e coordinate dalla Procura, hanno permesso di fare luce su un episodio estorsivo commesso, da parte di soggetti storicamente legati al clan dei casalesi, ai danni di due soggetti nel periodo ricompreso tra febbraio 2024 e la data odierna. Le vittime sarebbero state oggetto di richiesta di denaro ammontante a circa 100.000,00 euro, derivante da un pregresso debito di circa 45.000,00 euro elargito, a tasso usuraio, da uno degli odierni indagati. Il creditore, unitamente ad elementi appartenenti alla criminalità organizzata, avrebbe organizzato degli incontri per intimare alle vittime di restituire la somma dovuta. Tali riunioni non avrebbero tuttavia sortito l’effetto sperato portando i soggetti destinatari della misura alla decisione di passare all’azione.
Nell’aprile alcuni degli indagati si sarebbero infatti recati nei pressi dell’abitazione di una delle due vittime e avrebbero dato fuoco a delle autovetture, successivamente risultate a loro non riconducibili. L’evento avrebbe sortito l’effetto desiderato portando i creditori a versare, nelle mani dei sodali, l’importo di circa 5.000,00 euro come prima trance di pagamento del debito dovuto.
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari di essa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Corruzione e falso ideologico Catania – Eseguite 9 misure cautelari personali- Ditte “generose” e dispositivi medici

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Catania,

I Finanzieri del Comando Provinciale di Catania, nell’ambito di complesse attività d’indagine coordinate dalla locale Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione nelle province di Catania, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa e Perugia, con il supporto di militari degli omologhi Comandi Provinciali del Corpo, a un’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale ha disposto l’applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 9 soggetti [4 Direttori di Unità Operative Complesse (in breve U.O.C.)/Dipartimenti di Aziende Ospedaliere delle province della Sicilia orientale, 3 rappresentanti di società di distribuzione locale di multinazionali produttrici di dispositivi medici, un rappresentante di tali multinazionali e un provider per l’organizzazione di eventi], a vario titolo indagati in concorso per i reati di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.

In particolare, sulla scorta degli elementi indiziari acquisiti nell’attuale fase del procedimento in cui non si è ancora instaurato il contraddittorio con le parti, sarebbe stato osservato che tre società – distributori locali per conto di multinazionali operanti nel settore della commercializzazione di dispositivi medici – avrebbero promesso e poi elargito ingenti somme di denaro per l’organizzazione da parte dei dirigenti sanitari indagati, operanti in strutture sanitarie della Sicilia orientale, di convegni e congressi di medicina finalizzati alla formazione, l’ultimo dei quali svoltosi a Catania nel mese di maggio..

 Nei fatti, dette sponsorizzazioni economiche avrebbero avuto lo scopo di ottenere in cambio l’impegno degli stessi di favorire le “ditte più generose” garantendogli l’uso effettivo di un numero maggiore di propri dispositivi medici nel corso degli interventi chirurgici.

 

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