Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
«Il 21 marzo rappresenta un giorno solenne di ricordo e di impegno civile per affermare valori essenziali per la salute della nostra comunità. L’impegno quotidiano per la pratica della legalità, la lotta contro tutte le mafie, contro le consorterie criminali che generano violenza e oppressione, contro zone grigie di complicità che ne favoriscono affari e diffusione, vede operare tutti i cittadini che desiderano vivere in una società coesa e rispettosa dei diritti di tutti. Ricorrono trent’anni da quando Libera e altre associazioni hanno intrapreso un percorso importante di sensibilizzazione e mobilitazione civile fino a far sì che una legge dello Stato istituisse la “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, per esprimere doverosa solidarietà nei confronti delle vittime innocenti uccise dalla mano mafiosa. Ogni ambito è stato colpito da questo flagello: servitori della Repubblica, donne e uomini che si battevano per migliorare la società, imprenditori e cittadini che hanno respinto il ricatto del crimine, persone semplici finite sotto il tiro degli assassini. I loro nomi sono parte della nostra memoria collettiva, ed è nei loro confronti che si rinnova, anzitutto, l’impegno a combattere le mafie, a partire dalle Istituzioni ai luoghi della vita quotidiana, superando rassegnazione e indifferenza, alleate dei violenti e sopraffattori. La mafia può essere vinta. Dipende da noi: tanti luminosi esempi ce lo confermano».
Toni accesissimi a Montecitorio dopo le critiche della premier al testo di Spinelli, Rossi e Colorni al confino nel 1941. Dai banchi della minoranza le urla: “Si vergogni, no al fascismo”. Via libera della risoluzione della maggioranza sul Consiglio
Toni accesissimi in Aula a Montecitorio dopo l’attacco della premier Giorgia Meloni al Manifesto di Ventotene, il testo per la nuova Europa scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel 1941 confinati dai fascisti presso l’isola delle Pontine. Seduta sospesa due volte e opposizioni sul piede di guerra in una giornata che ha registrato una escalation di tensione alla Camera.
L’Aula della Camera ha votato, inoltre, a favore della risoluzione di maggioranza, presentata dopo le comunicazioni del premier, Giorgia Meloni, in vista della riunione del Consiglio europeo del 20 e 21. Il testo della maggioranza ha incassato 188 voti a favore, no 125 e 9 gli astenuti. Bocciate le altre cinque risoluzioni a firma delle opposizioni: del partito democratico, del M5S, di Avs, Italia Viva e Azione. Alcune di queste sono state votate per parti separate, per richiesta dei gruppi firmatari.
“Non mi è chiarissima l’idea d’Europa alla quale si fa riferimento -dice la premier alla fine del suo intervento, dopo aver ribadito la linea che terrà al Consiglio Ue del 20 e 21 marzo – anche in quest’aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene: ora io spero che tutte queste persone in realtà non abbiano mai letto il manifesto di Ventotene perché l’alternativa sarebbe francamente spaventosa…”.
Parole che arrivano in chiusura del suo intervento alla Camera, che segneranno l’inizio delle tensioni in Aula, con una doppia sospensione dei lavori decisa dal presidente Fontana. Meloni si dilunga sulla disamina di alcune parti del documento, che vuole citare ad una ad una. Tra i brani letti l’Aula ascolta ‘la rivoluzione europea per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista’, con tanto di chiosa della premier (“e fino a qui vabbè…”) e ancora: ‘La proprietà privata deve essere abolita, limitata…'”. Le opposizioni iniziano a rumoreggiare, si distingue Federico Fornaro, deputato del Pd e autore di un saggio su Matteotti che si fa sentire.
Ma Meloni incalza, citando un nuovo passaggio: ‘La politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria’, è un altro virgolettato citato. Il manifesto, legge sempre Meloni, conclude: ‘Il partito rivoluzionario attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto, non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna’ e ancora ‘attraverso questa dittatura del partito si forma il nuovo stato e attorno a esso la nuova democrazia’.
Bagarre alla Camera, ira opposizioni contro la premier: “Si vergogni”
Quanto basta per scatenare la bagarre finale in Aula, con il presidente Fontana costretto a sospendere i lavori, ma la sosta non placa gli animi e le opposizioni, alla ripresa della seduta alla Camera, attaccano a testa bassa.
A prendere la parola per primo, sull’ordine dei lavori, è il vicecapogruppo di Avs, Marco Grimaldi: “Ci sentiamo profondamente offesi e indignati”, inizia il deputato rossoverde, che poi attacca per il “fatto gravissimo”: “Questo Paese, questa democrazia, questa Costituzione è nata anche a Ventotene. Quegli uomini e quelle donne parlavano dal confine, da una dittatura, in questo Paese o eri suddito o eri ribelle. E’ anche grazie a loro se siete e se siamo liberi”.
A Grimaldi fa eco proprio Fornaro: “Quello che è avvenuto lo riteniamo un fatto grave nei confronti del Parlamento, della storia di questo Paese”. Il manifesto di Ventotene, spiega l’esponente dem, non è “l’inno alla dittatura del proletariato, è l’inno dell’Europa federale, contro i nazionalismi che sono stati il cancro che nel Novecento ha prodotto due guerre mondiali”. Per Fornaro, questo è un oltraggio alla “memoria di Altiero Spinelli, considerato il padre dell’Europa, di Ernesto Rossi, di Eugenio Colorni”. “Si inginocchi la presidente del Consiglio davanti a loro, altro che dileggiarli. Vergogna, vergogna, vergogna”, conclude il deputato dem.
“Credo che alle gravissime parole che la presidente Meloni, un oltraggio alla nostra democrazia, la risposta migliore sia stata data dal presidente Mattarella“.
E’ l’inizio dell’intervento di Alfonso Colucci, del Movimento 5 stelle, che poi ricorda le parole del capo di Stato direttamente a Ventotene, mettendo l’accento soprattutto sulla parte in cui Mattarella disse che era “il fascismo” ad aver mandato “qui diverse persone per costringerle a non pensare o quantomeno per evitare che seminassero pericolose idee di libertà”. “Quanto abbiamo sentito oggi in quest’aula dalla presidente del Consiglio -ribadisce il deputato pentastellato- è un oltraggio. Non c’è spazio in quest’aula per il fascismo e lei dovrebbe per primo alzarsi da quello scranno. Presidente, si vergogni”, tuona Colucci.
Duro il commento di Elly Schlein: “Giorgia Meloni ha deciso in aula di nascondere le divisioni del suo governo oltraggiando la memoria europea. Noi non accettiamo tentativi di riscrivere la storia”. Scrive Matteo Renzi sui social. “La Meloni non ama Ventotene perché la storia di Ventotene dice il contrario della storia di Giorgia Meloni. Le prossime elezioni saranno un referendum tra chi crede nelle idee di Ventotene e tra chi crede in Giorgia Meloni. Noi non abbiamo dubbi su da che parte stare”.
La premier a Bruxelles
Nella serata di mercoledì la premier è tornata sul tema da Bruxelles. “Ho solo letto un testo,un testo si puà distribuire ma non leggere? È un simbolo del quale ho riletto i contenuti. Non capisco cosa ci sia di offensivo nel leggere il testo. Non l’ho distorto, l’ho letto testualmente. Ma non per quello che il testo diceva 80 anni fa, ma per il fatto che è stato distribuito sabato scorso. Un testo 80 anni fa aveva la sua contestualità. Se lo distribuisci oggi, io devo leggerlo e chiederti se è quello in cui credi” commerta in conclusionee.
Anche se la riunione della premier Meloni con i componenti dell’Anm sulla riforma della separazione delle carriere è un ricordo ancora fresco, nuove contestazioni piovono sul governo. E Con la sentenza della Cassazione in accoglimento del ricorso presentato da alcuni migranti che erano stati trattenuti a bordo della nave della Guardia Costiera italiana Diciotti dal 16 al 25 agosto 2018, dopo essere stati soccorsi in mare una pioggia di critiche su Matteo Salvini che all’epoca era il Ministro di turno.
Naturalmente anche la coalizione di centrodestra criticala decisione dei magistrati, sulla questione della difesa europea continuano a registrarsi dei distinguo, come dimostrano gli attacchi rivolti dal segretario della Lega Matteo Salvini al progetto di riarmo europeo avallato dal Consiglio Ue straordinario di Bruxelles e, soprattutto, nei confronti del presidente francese Emmanuel Macron (un “matto” che parla di “guerra nucleare”, l’affondo del vicepremier).
La sentenza della Cassazione
Intanto, però, è la diatriba con la magistratura sulla questione migranti a unire la maggioranza, sulla scia dello scontro consumatosi con le toghe sul protocollo d’intesa siglato con l’Albania.
La Suprema Corte ha stabilito che lo Stato dovrà risarcire i danni non patrimoniali subiti dai migranti durante i giorni di permanenza forzata a bordo della Diciotti definendo “illegittima” la restrizione della loro libertà personale voluta dall’allora governo giallo-verde con ministro dell’Interno Salvini.
Arrivano puntuali le “critiche”
La sentenza scatena dura reazione del centrodestra, a partire dalla premier Giorgia Meloni, che esprime il suo disappunto con un tweet molto critico: è “assai opinabile”, secondo la presidente del Consiglio, il principio risarcitorio della “presunzione del danno”, in contrasto “con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del Procuratore Generale”.
Afferma la premier: “In sostanza, il governo dovrà risarcire – con i soldi dei cittadini italiani onesti che pagano le tasse – persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente, ovvero violando la legge dello Stato italiano“. “Non credo”, insiste Meloni, “siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante”.
Anche altri esponenti della maggioranza di governo criticano la decisione della Cassazione, parlando di una sentenza che rischierebbe di creare un precedente pericoloso e che minerebbe la sovranità dello Stato nella gestione dei flussi migratori.
Non parliamo di Matteo Salvini, che all’epoca dei fatti contestati era a capo del Viminale. “Mi sembra un’altra invasione di campo indebita“, dice il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, che bolla la sentenza come “vergognosa” invitando i giudici della Cassazione a pagare di tasca loro: “Chiedere che siano i cittadini italiani a pagare per la difesa dei confini, di cui ero orgogliosamente protagonista, credo sia indegno”.
CASSAZIONE: “INACCETTABILI GLI INSULTI...”
Respinge al mittente le “contestazioni -pesanti” – la presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, per la quale “sono inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto”. “Di inaccettabile c’è solo una sentenza che obbliga gli italiani, compresi disoccupati e pensionati, a pagare chi pretende di entrare in Italia senza permesso”, replica la Lega.
Al termine del Cdm che dà il via libera al disegno di legge sul femminicidio – presieduto da remoto dalla premier Meloni, di ritorno da Bruxelles dopo una tappa al Cern di Ginevra – anche i ministri dell’Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, vengono sollecitati sulla questione.
Il titolare del Viminale (che all’epoca del caso Diciotti era capo di gabinetto di Salvini) non nasconde il proprio dissenso verso la decisione dei giudici: “Con profondo rispetto eseguiremo in qualche modo questa sentenza, in quanto è una sentenza della Cassazione, ma non la condivido affatto”, chiarisce Piantedosi, ricordando il voto con cui il Senato “stabilì l’inesistenza del reato in quanto si perseguiva un superiore interesse pubblico”.
Drastico anche il guardasigilli Nordio, che mette in guardia dagli effetti potenzialmente “devastanti” legati alla sentenza della Cassazione: “Sappiamo che in Africa ci sono centinaia di migliaia di potenziali migranti, forse addirittura milioni, gestiti da organizzazioni criminali… Se producessimo il principio che queste persone, anche entrando illegalmente, hanno diritto a dei risarcimento finanziari, le nostre finanze andrebbero in rovina”.
Torna oggi, 25 febbraio, in Aula a Montecitorio, la mozione di sfiducia a Daniela Santanchè presentata dal Movimento Cinque Stelle e sottoscritta dal partito democratico e da Alleanza verdi e sinistra, dopo che la ministra del Turismo è stata rinviata a giudizio per falso in bilancio per il caso Visibilia e accusata di truffa ai danni dell’Inps.
La ministra nella replica alla Camera dice di non escludere una “riflessione” sulle sue dimissioni ma avverte “lo farò da sola, lo farò solo con me stessa”.
Dopo la replica di Santanchè si procederà con le dichiarazioni di voto sulla mozione e poi con il pronunciamento finale dell’Assemblea.
La replica: “Mozione su fatti tutti da verificare”
Afferma Daniela Santanchè:”Mi trovo oggi a rispondere, per la seconda volta, a una mozione di sfiducia anche se questa ha per oggetto fatti, tutti da verificare, che sono antecedenti al mio giuramento da ministro“, in apertura del suo intervento di replica alla Camera, dopo la discussione generale dello scorso 10 febbraio.
Per questa vicenda “la forza mi viene data dalla mia famiglia, la forza per non impazzire”.
Daniela Santanchè, interviene così in Aula, alla Camera. “Io voglio continuare questa battaglia per fare vincere la verità, lo stato di diritto“, spiega. “Ergastolo mediatico è una cosa che non finirà mai”, dice ancora con riferimento anche ai social.
“Voglio chiedere scusa solennemente ma Voi non volete combattere la povertà ma la ricchezza”
“Avrò pure sbagliato, voglio chiedere scusa qui solennemente. E’ una presa di coscienza, mi importa solo di guardarmi allo specchio e riconoscermi”, scandisce Santanchè. “Nelle ultime 76 ore sono rimasta basita voi -dice interrotta più volte dalle voci delle opposizioni- . Alcune persone che ieri facevano parte del centrodestra erano da contrastare, ma ora elette a paladine della verità. Non ho nulla da nascondere sulle mie borse, non ho paura”.
“Per voi sono l’emblema di ciò che detestate”, aggiunge. “Voi non volete combattere la povertà, ma la ricchezza”, conclude. “Sono quella del Twiga e del Billionaire, che danno lavoro, sono quella che alcuni di voi avete chiamato ma sono una signora e non faccio i nomi…”.
“L’Italia è qualità ed io ho riportato al centro dell’economia il turismo”
“Sono contenta di aver riportato al centro dell’economia il turismo. Abbiamo cambiato il paradigma, sosteniamo che l’Italia è qualità e non quantità. Abbiamo messo 400 milioni sulla montagna, abbiamo redatto il piano strategico del turismo, per avere una visione”. Rivendica la ministra.
“Non voglio neppure citare invece chi ha affermato che le mie mani sono sporche di sangue, è una cosa – scandisce – che non fa vergogna a me ma a chi ha pronunciato questa accusa, che mostra, nella sua grandezza, una grettezza e una cattiveria umana che alcuni avversari sono disposti ad usare ma certo non nei confronti dei loro colleghi”.
«Collegare Palermo e Milano, due aree metropolitane a vocazione diversa e due grandi regioni della nostra Nazione, è l’occasione per rafforzare la relazione feconda e reciproca fra le due realtà, rafforzare capacità di dialogo e confronto su prospettive di crescita e orientare le azioni della Regione sul capoluogo per migliorare la competitività dell’Italia».
Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, intervenendo al “Forum Milano Palermo Genio Mediterraneo“, che si è svolto stamani al Teatro Massimo di Palermo, a cui hanno partecipato esponenti delle istituzioni pubbliche, i sindaci di Palermo e Milano e operatori culturali ed economici.
«Questa città sta facendo grandi sforzi – ha aggiunto il governatore – ha avuto momenti di crisi, ma sta iniziando un percorso di industrializzazione, cresce il Pil, cresce l’occupazione. Per l’area metropolitana di Palermo la Regione è intervenuta finanziariamente per quasi 700 milioni a valere sul Fondo sviluppo e coesione 2021-2027 che proprio in questo teatro, la scorsa estate, abbiamo sottoscritto con la presidente Meloni, ai quali vanno aggiunti investimenti europei, nazionali e regionali. Abbiamo tanti interventi in corso d’opera, fra cui la realizzazione del termovalorizzatore di Bellolampo, per il quale a brevissimo sarà pubblicata la gara per la progettazione, insieme a quello di Catania. Potremo liberare la Sicilia dalle discariche ma occorre accelerare il passo, fare di tutto perché Palermo raggiunga il target del 60 per cento di raccolta differenziata previsto, cosi da eliminare la spesa per l’invio all’estero dei rifiuti, produrre energia per la città e ridurre i costi per i siciliani».
In materia di impianti per l’energia rinnovabile, il presidente ha sottolineato nel suo intervento «la consapevolezza che la diffusione delle fonti debba contribuire alla riduzione del costo delle forniture elettriche per cittadini ed imprese, favorendo condizioni di mercato tali da rendere più vantaggiosa l’attrazione di investimenti. Purtroppo – ha proseguito Schifani – questo non accade ancora, e in tal senso avvieremo uno specifico confronto con il governo centrale e con gli operatori di settore per la drastica riduzione dei costi energetici della Sicilia chiamata a offrire il maggiore spazio per l’allocazione degli impianti.
Oltre al piano energetico, l’impegno del governo regionale è crescente anche sul fronte del digitale. La Sicilia, e in particolare Palermo, costituiscono un hub della connettività digitale del Mediterraneo; l’obiettivo è quello di rafforzare il percorso proficuamente intrapreso adesso dalla Sicilia, che aveva maturato troppi ritardi in passato, nella convinzione che la transizione ecologica e la digitalizzazione siano mete ineludibili per la modernizzazione».
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, il seguente messaggio:
«In un contesto in cui la sicurezza sul lavoro è tema determinante per garantire l’effettività della tutela dei diritti fondamentali che la Repubblica riconosce a ciascuna persona, la Carta di Lorenzo rappresenta un appello permanente rivolto ad assicurare una sinergia tra gli enti di formazione e le imprese per garantire ambienti di lavoro sicuri, dove lo studente sia posto in una condizione di centralità.
La tragica morte di Lorenzo Parelli durante uno stage a Udine ha drammaticamente richiamato l’attenzione dell’intera società italiana sui processi che accompagnano i giovani nell’ingresso nel mondo del lavoro.
Accorciare la distanza tra giovani e lavoro si accompagni al rispetto della loro dignità di persone, di lavoratori, di cittadini.
Auspico che l’evento formativo “La Carta di Lorenzo, per una scuola in sicurezza” possa contribuire efficacemente a questo scopo».
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al Presidente dell’Associazione Partigiani Osoppo – Friuli, Roberto Volpetti ed alla Presidente onoraria Paola Del Din il seguente messaggio:
« Ricorrono ottant’anni dall’eccidio delle Malghe di Porzus, nel conflitto più torbido avvenuto nel nostro Paese all’interno del movimento di liberazione dal nazifascismo. I caduti osovani appartengono alla storia del riscatto italiano, conquistato anche grazie alla loro dedizione e al loro coraggio. Le circostanze che portarono un Gruppo di Azione Patriottica, formazione di matrice comunista, a ordire l’agguato e a compiere le esecuzioni, sono una pagina abietta nelle tragedie che martoriarono il nostro confine orientale, seminando dolore nel tempo, anche oltre le libertà riguadagnate. La democrazia non ha timori nel confrontarsi con la propria storia. Ricordare è un atto di giustizia e di verità: di questo anzitutto si nutre il desiderio di libertà. Quell’eccidio ci appare oggi ancor più feroce e insensato di quanto già allora non si mostrasse. Rigidità ideologica e cecità politica si mescolarono con i disegni di rivendicazioni territoriali di un nascente regime nei confronti dell’Italia. Dal sacrificio di ogni partigiano caduto è nato il percorso compiuto nella democrazia dal popolo italiano e dai popoli europei. L’Osoppo-Friuli fu protagonista nella lotta di liberazione, partecipando alla costituzione delle zone libere Nimis, Attimis e Faedis, di quella della Carnia e dell’Alto Friuli: settecentoventicinque i patrioti della formazione caduti in combattimento. La Repubblica si inchina nel ricordo dei valorosi partigiani del Gruppo Divisioni Osoppo. All’Associazione Partigiani Osoppo-Friuli, che tiene viva la memoria di un glorioso impegno e di un momento tra i più tragici della nostra storia nazionale, esprimo i sentimenti più intensi di vicinanza e di riconoscenza ».
Di scena stamane i ministri della Giustizia Carlo Nordio e dell’Interno Matteo Piantedosi, nell’informativa urgente del governo oggi 5 febbraio alla Camera, per riferire in Aula la richiesta di arresto della Corte penale internazionale e successiva espulsione del cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish. Nel pomeriggio l’informativa al Senato. Ma le opposizioni tornano a chiedere che la premier Giorgia Meloni riferisca in Parlamento sul caso del comandante libico.
Opposizioni richiedono che la premier Meloni riferisca in Parlamento
Afferma la capogruppo Pd, Chiara Braga, in Aula : “Le informative di Nordio e Piantedosi sono state del tutto insoddisfacenti, hanno dato risposte non esaustive anzi con due linee in contraddizione tra loro. Ma entrambi hanno chiamato in causa la sicurezza nazionale e il ruolo della presidente del Consiglio, per questo ribadiamo la richiesta di un’informativa urgente della premier Giorgia Meloni. Oggi nei banchi del governo pieni mancava solo lei”, dice la capogruppo Pd, Chiara Braga, in Aula.
Una richiesta avanzata da tutti i gruppi d’opposizione. Afferma pure il capogruppo M5S, Riccardo Ricciardi: “Oggi il ministro della Giustizia ha sbugiardato la premier, lei deve venire in Aula e non nascondersi dietro ai suoi servi”. E poi Angelo Bonelli per Avs: “Oggi due ministri sono venuti in Aula a delegittimare le istituzioni, Nordio in particolare, compresa anche la Corte penale internazionale. Abbiamo sentito bugie inaccettabili. Meloni venga in Aula e non sui social a raccontare le sue bugie“. Alla richiesta si sono aggiunti anche Iv con il capogruppo Davide Faraone ed Elena Bonetti di Azione.
L’intervento di Nordio che non convince nessuno
Il ministro Nordio : “Ho manifestato subito la disponibilità ad essere ascoltato il prima possibile, infatti eccomi qua, per chiarire questa vicenda sulla quale ci sono tantissime incertezze, inesattezze, talune grossolane contraddizioni“
“Tanto più la richiesta proveniente dalla Corte Penale Internazionale è articolata e complessa, tanto maggiore deve essere la riflessione, anche critica, sul suo procedere logico, sulla sua coerenza argomentativa, sui dettagli degli elementi citati e sulla coerenza delle conclusioni cui perviene. Come vedremo questa coerenza manca e quell’atto è radicalmente nullo“, afferma Nordio.
E spiega che “l’atto è arrivato in lingua inglese senza essere tradotto. Sin dalla prima lettura il sottoscritto notava una serie di criticità sulle richieste di arresto che avrebbero reso impossibile una immediata richiesta alla Corte d’Appello”.
“Non so perché abbiano agito in modo così frettoloso da sbagliare completamente un atto così solenne. Ma è mia intenzione attivare i poteri che la legge mi riconosce e chiedere alla Corte penale giustificazione circa le incongruenze di cui è stato mio dovere riferire”. La Corte “si è corretta, ha rilevato i difetti” e ha cercato di “cambiarli 5 giorni dopo perché si era accorta che aveva fatto un immenso pasticcio“.
“Il ruolo del ministro non è semplicemente quello di un organo di transito delle richieste che arrivano dalla Corte, non è un passacarte – scandisce facendo riferimento alle norme relative alla Corte penale internazionale – ma è un organo politico che deve meditare il contenuto delle richieste in funzione di un eventuale contatto con gli altri ministeri, con altre istituzioni o con altri organi dello Stato”.
I FATTI SECONDO IL GOVERNO
“Il 18 gennaio 2025 la Corte Penale Internazionale emetteva un mandato di arresto internazionale” nei confronti di Almasri, “per una serie di reati di cui vi parlerò dopo – ricostruisce Nordio – Il mandato di arresto veniva eseguito dalla Digos di Torino domenica 19 gennaio 2025 alle ore 9:30. Una notizia informale dell’arresto veniva trasmessa via e-mail da un funzionario dell’Interpol a un Dirigente del Dipartimento degli Affari di giustizia, alle ore 12:37 sempre della domenica 19 gennaio 2025. Si trattava, come ho detto, di una comunicazione assolutamente informale, di poche righe, priva dei dati identificativi del provvedimento in oggetto e delle ragioni sottese”. Nordio aggiunge che “non vi era nemmeno allegata la richiesta di estradizione“.
“Il 20 gennaio, alle 12:40, il procuratore generale di Roma trasmetteva il complesso carteggio a questo ministro – continua – Ufficialmente il carteggio è arrivato al ministero il 20 gennaio alle 12.40”.
“Successivamente, alle ore 13:57 l’ambasciatore de l’Aja trasmetteva al servizio affari internazionali del Ministero e al Dipartimento per gli affari di giustizia, la richiesta di arresto provvisorio del 18 gennaio 2025 – continua Nordio – Conviene sin d’ora notare che la comunicazione della Questura di Torino era pervenuta al ministero ad arresto già effettuato e, dunque, senza la preventiva trasmissione della richiesta di arresto ai fini estradizionali, emessa dalla Cpi, al ministro come prescritto dagli articoli 2 e 4 Legge n. 237/2012”.
“Il 22 gennaio – dice ancora – perveniva al Gabinetto del Ministro, per il tramite del Dipartimento per gli Affari di Giustizia il provvedimento di scarcerazione della Corte di Appello”.
I REATI DI ACCUSA CONTRO I GOVERNANTI PER FAVOREGGIAMENTO E OMISSIONE DI ATTI D’UFFICIO
Nordio in Aula ricorda poi che la notifica del fatto che era indagato è “pervenuta il giorno prima del giorno in cui era fissata la comunicazione in Parlamento”, aggiungendo che ciò “ha determinato un momento di riflessione sia in ossequio all’indipendenza e alle prerogative della magistratura” sia relativamente alla mia “posizione di indagato”.
“Prima di entrare nel merito della vicenda, devo informare che il giorno 28 gennaio alle ore 16:50 è stato consegnato al sottoscritto un’informativa ai sensi dell’articolo 335 del Codice di procedura penale dalla quale si evince che Carlo Nordio è indagato per i reati di favoreggiamento e omissione di atti d’ufficio. La qualità di indagato, iscritto nel registro citato, è sottolineata in grassetto nella informazione ricevuta”, afferma il ministro della Giustizia.
“L’ho vista con una certa tenerezza questa sottolineatura perché avendo fatto per 40 anni il pm – continua – so benissimo che se sei iscritto nel registro 335 sei persona indagata, non iscritta all’associazione dei bocciofili”.
“Certa magistratura non ha letto le carte”
“Quello che mi ha un po’ deluso, anche se non è arrivato in parte inaspettato, è stato un atteggiamento di certa parte della magistratura che si è permessa di sindacare l’operato del ministro senza aver letto le carte – dichiara Nordio – Cosa che può essere perdonata ai politici, ma non può essere perdonata a chi per mestiere e per prudenza le carte le dovrebbe leggere. A questa parte della magistratura mi limito a dire, tenuto anche conto dei precedenti un po’ troppo polemici a cui abbiamo assistito all’inaugurazione dell’anno giudiziario, se questo è il loro modo di intervenire in modo imprudente, sciatto, senza aver letto le carte, questo rende il dialogo molto, molto difficile“.
Scontro in Aula con Bonelli
In Aula duro botta e risposta tra il ministro della Giustizia e il deputato Angelo Bonelli (Avs) mentre il Guardasigilli cita in Aula le date relative alle carte e alla richiesta di arresto della Cpi su Almasri. Bonelli interviene per correggere il ministro. “La cosa che più mi stupisce è che non avete letto le carte”, replica Nordio. “Le ha lette le carte Bonelli?”. Il deputato ribatte: “Sì”. Durante il discorso del ministro contestazioni da parte dell’opposizione.
Presidente Mattarella accolto da Margherita Cassano, Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, Carlo Nordio, Ministro della Giustizia e Luigi Salvato, Procuratore generale presso la Corte Suprema di Cassazione
Con la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2005 è stata modificata la cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario. A partire dal 2006, il Ministro della giustizia rende comunicazioni alle Camere, sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno e sugli interventi per l’organizzazione e il funzionamento dei servizi – interventi previsti dall’art. 110 della Costituzione – per l’anno in corso.
La Corte di cassazione e le corti d’appello si riuniscono successivamente in forma pubblica e solenne – cioè debbono partecipare tutte le sezioni, i procuratori generali, i magistrati delle procure generali e i rappresentanti dell’Avvocatura – per ascoltare la relazione generale del Primo Presidente della Corte di cassazione e le relazioni per i singoli distretti dei Presidenti di corte d’appello.
La cerimonia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione avviene alla presenza del Presidente della Repubblica.
Essendo la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario occasione di pubblico dibattito sull’amministrazione della giustizia, possono intervenire i rappresentanti degli organi istituzionali, cioè titolari di pubblici poteri, il Procuratore generale e i rappresentanti dell’Avvocatura. Questo è quanto prevede l’articolo 2, comma 29, della legge n. 150 del 2005.
Il Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, Margherita Cassano, ha dichiarato aperta la seduta dell’Assemblea generale e ha svolto la relazione sull’amministrazione della giustizia.
Al termine, hanno preso la parola: Fabio Pinelli, Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura; Carlo Nordio Ministro della Giustizia – Rappresentante di Governo; Luigi Salvato, Procuratore generale presso la Corte Suprema di Cassazione; Gabriella Palmieri Sandulli, Avvocato generale dello Stato; Francesco Greco, Presidente del Consiglio Nazionale Forense.
Riconsegnare un criminale incallito e sanguinario a Tripoli resta una faccenda che non fa onore alle massime istituzioni italiane, in primis al governo Meloni, e al Ministro Nordio.
Quest’ultimo sul caso non firma alcuna carta nè disposizione alla Corte d’Appello di Roma: sfugge ad eventuali responsabilità europee visto che in Italia il diritto e l’umanità sono calpestati selvaggiamente da chi comanda. Espulsione perchè il libico è un soggetto molto pericoloso? Perchè allora non consegnarlo alla Corte penale internazionale che aveva fatto espresso richiesta all’Italia che, non dimentichiamo, ha il dovere di cooperare.
Il ministro Piantedosi fa un discorso sul quale nulla si può condividere. Anzi fa trapelare la scarsa consistenza tecnica e giuridica dello Stato italiano oltrechè ovviamente della sua figura istituzionale.
La Presidente del consiglio adesso dovrà fornire dettagliati chiarimenti sulla vicenda e la Corte penale internazionale dovrebbe sanzionare- secondo un corretto principio universale europeo- sia la Meloni che il Ministro Nordio insieme con il suo collega Piantedosi che ha imparato a memoria il ritornello -vergognoso- di autodifesa. Che razza di ministri abbiamo! Vediamo precisamente il loro pensiero:
”Afferma il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi rispondendo al question time al Senato sul caso di Almasri, capo della polizia giudiziaria libica
accusato di violenze sessuali, stupri, torture, omicidi e traffico di migranti. Insomma la sintesi di un essere spregevole che avrebbe il diritto di stare -scusino i lettori- all’Inferno anzichè a Tripoli a perseverare negli orrendi reati e delitti di cui si macchia.
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Il ministro Piantedosi: “.il 21 gennaio, la Corte d’Appello di Roma, nell’ambito delle prerogative di vaglio dei provvedimenti di limitazione della libertà personale, ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’arresto del cittadino libico, valutato come irrituale in quanto non previsto dalla legge, disponendone l’immediata scarcerazione se non detenuto per altra causa”.
“Espulso per sicurezza Stato”
Quanto all’espulsione, “è stata individuata come misura in quel momento più appropriata, anche per la durata del divieto di reingresso, a salvaguardare la sicurezza dello Stato e la tutela dell’ordine pubblico che il governo pone sempre al centro della sua azione unitamente a ogni profilo di tutela dell’interesse nazionale”..
La ricostruzione
Piantedosi ha spiegato che ”lo scorso 19 gennaio, il cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish, da poco arrivato a Torino dopo essere stato nei giorni precedenti in altri Paesi europei, è stato sottoposto all’esecuzione del mandato d’arresto internazionale a fini di estradizione, emesso il giorno precedente dalla Corte Penale Internazionale. Ad avvenuta esecuzione del provvedimento, sono stati informati gli uffici della procura generale presso la Corte d’Appello di Roma e il competente Dipartimento del ministero di Giustizia, oltre al difensore nominato d’ufficio e le Autorità Consolari”.
”Il cittadino libico è stato temporaneamente associato alla locale casa circondariale Lorusso e Cotugno e, quindi, messo a disposizione dell’autorità giudiziaria competente, ossia la Corte d’Appello di Roma e la Procura Generale presso la stessa Corte d’Appello”, ha aggiunto.
“Almasri rimpatriato a Tripoli per motivi urgenza vista sua pericolosità”
Almasri è stato quindi ”rilasciato” nella serata del 21 gennaio per ”poi essere rimpatriato a Tripoli, per ragioni di urgenza e sicurezza, vista la pericolosità del soggetto”
”Il Governo ha dato la disponibilità a rendere un’informativa di maggiore dettaglio sul caso in questione – ha aggiunto Piantedosi – Sarà quella l’occasione utile per approfondire e riferire su tutti i passaggi della vicenda, compresa la tempistica riguardante la richiesta, l’emissione e l’esecuzione del mandato di cattura internazionale, che è poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico”.
”Sulla ricostruzione dei fatti che hanno portato all’espulsione del cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish” a seguito ”della mancata convalida dell’arresto da parte della Corte d’appello di Roma, considerato che il cittadino libico era ‘a piede libero’ in Italia e presentava un profilo di pericolosità sociale, come emerge dal mandato di arresto emesso in data 18 gennaio dalla Corte Penale Internazionale, ho adottato un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del Testo unico in materia di immigrazione. Il provvedimento è stato notificato all’interessato al momento della scarcerazione e, nella serata del 21 gennaio, ha lasciato il territorio nazionale”, ha aggiunto il ministro.
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