Operazione “Bivio”: Cosa nostra alla ricerca del consenso sociale crea nuove famiglie mafiose. L’intervento dei Carabinieri scongiura la “guerra” in atto

 

 

 

Nel territorio dello Zen, a Palermo, i vertici di Cosa nostra hanno anche tentato di accreditarsi, in maniera concreta, quali referenti in grado di fornire aiuti alla popolazione in tempo di pandemia da Covid 19. È quanto emerge dall’operazione antimafia, denominata Bivio, che ha portato stamane all’arresto di 16 persone da parte dei carabinieri.

I militari del Nucleo Investigativo di Palermo hanno accertato che uno degli indagati, Giuseppe Cusimano, infatti, ergendosi a punto di riferimento per le tante famiglie indigenti del quartiere, avrebbe tentato di organizzare una distribuzione alimentare per le famiglie bisognose durante la prima fase di lockdown del 2020. “Tale circostanza – sottolineano gli investigatori – dimostra come Cosa nostra è sempre alla ricerca di quel consenso sociale e di quel riconoscimento sul territorio, indispensabili per l’esercizio del potere mafioso”.

Esposizione dei fatti da parte del  generale Arturo Guarino, Comandante provinciale dei Carabinieri

PALERMO  –

Operazione antimafia, “Bivio”  Stamane sono state arrestate 16 persone dai militari.Nel territorio dello Zen, a Palermo, i vertici di Cosa nostra hanno provare ad offrire una immagine nuova,di accredito, in maniera concreta, quali referenti in grado di fornire aiuti e sostegno alla popolazione in tempo di pandemia da Covid 19. 

I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo hanno accertato che uno degli indagati, Giuseppe Cusimano, infatti, ergendosi a punto di riferimento per le tante famiglie indigenti del quartiere, avrebbe tentato di organizzare una distribuzione alimentare per le famiglie bisognose durante la prima fase di lockdown del 2020. “Tale circostanza – sottolineano gli investigatori – dimostra come Cosa nostra è sempre alla ricerca di quel consenso sociale e di quel riconoscimento sul territorio, indispensabili per l’esercizio del potere mafioso”.

C’è pure l’intervento della Dda di Palermo che  ha disposto il fermo di 16 persone accusate di associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsioni, danneggiamenti, minacce aggravate, detenzione abusiva di armi da fuoco. L’indagine, coordinata dal Procuratore Dr Francesco Lo Voi e dal Procuratore aggiunto Dr. Salvatore De Luca e condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Palermo,  punta i riflettori sul  «mandamento» mafioso di Tommaso Natale e, in particolare, le «famiglie» di Tommaso Natale, Partanna Mondello e ZEN – Pallavicino.

Tra gli indagati anche un pezzo da novanta, un capomafia storico: Giulio Caporrimo che, tornato in libertà dopo una lunga detenzione, a maggio 2019, si è dovuto confrontare con la nuova leadership di Francesco Palumeri, asceso al vertice del clan dopo la riorganizzazione degli assetti mafiosi seguita agli arresti disposti con l’inchiesta Cupola 2.0. 

Caporrimo, dopo essere stato scarcerato, si è ritrovato all’ubbidienza  a Palumeri del quale, però, secondo gli inquirenti, non avrebbe mai riconosciuto la leadership e che non avrebbe ritenuto all’altezza dell’incarico. Il boss,  contestava anche le decisioni assunte dai nuovi vertici del clan perché contrarie all’«ortodossia» mafiosa e a una delle regole principali dell’organizzazione: quella secondo la quale si è mafiosi fino alla morte e si mantiene il proprio incarico di vertice anche durante la detenzione.

Non considerando Palumeri un reggente, riottenuta la libertà, Caporrimo ha deciso di stabilirsi a Firenze per prendere le distanze dall’organizzazione che, nelle intercettazioni, arrivava a definire non «Cosa nostra» ma «cosa come vi viene».

L’allontanamento da Palermo del capomafia ha confermato la piena operatività delle decisioni prese dalla nuova commissione provinciale. E Palumeri,  portavoce e vice del boss Calogero Lo Piccolo, figlio dello storico padrino Salvatore Lo Piccolo,ottiene il rionoscimento  per affermarsi “Il Capo” ed  imporsi sul suo rivale.

Cosa nostra, organizzazione verticistica disciplinata da «regole» precise, si è trovata davanti a un bivio (Bivio è anche il nome dell’indagine): accettare l’organismo provinciale della commissione, oppure, rimettere in discussione tutto attraverso le persone più carismatiche nel tempo rimesse in libertà, come Caporrimo.

Dopo aver trascorso un periodo di isolamento a Firenze, Caporrimo l’11 aprile del 2020 è tornato a Palermo riuscendo in poco tempo ad accentrare nuovamente su di sé i poteri dell’intero «mandamento» ed evitando gli spargimenti di sangue che pure era disposto ad affrontare. Appoggiato dalla sua base mafiosa sul territorio (si sono rivelati suoi fedeli alleati Antonino Vitamia – capo della famiglia di Tommaso Natale, Franco Adelfio – uomo d’onore di Partanna Mondello, e Giuseppe Cusimano – ai vertici della famiglia ZEN/Pallavicino) tornato a Palermo, ha dunque ripreso in mano le redini dell’organizzazione. 

Ma una realtà si era intanto creata in Cosa nostra :la nascita di   una nuova “famiglia» mafiosa: quella dei quartieri Zen-Pallavicino, affidata alla gestione di Giuseppe Cusimano. Dall’indagine è venuto fuori che il neo costituito clan aveva problemi gestionali, dovuti all’esuberanza criminale e alla violenza di alcuni suoi esponenti.

Un esempio è quanto accaduto lo scorso settembre 2020 nel quartiere ZEN, quando due gruppi armati si sono sfidati «a duello». Le due bande si sono affrontate, armi in pugno, in pieno giorno e in strada, sparando colpi di pistola che solo per un caso fortuito non hanno provocato la morte o ferito nessuno. L’episodio ha indotto i vertici mafiosi a prendere provvedimenti e a progettare l’eliminazione di alcuni soggetti non «allineati” e non controllabili. Solo l’intervento degli inquirenti ha scongiurato nuovi omicidi.