Segnali radio dal cosmo

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 Il Very Large Array (VLA), New Mexico, Stati Uniti, (ROBYN BECK/AFP/Getty Images)

. Fino a una decina di anni fa, gli astronomi non sapevano nemmeno che esistessero i fast radio burst. Il primo fu scoperto quasi per caso nel 2007, durante una revisione di alcuni dati forniti dal Parkes Observatory nel New South Wales in Australia. L’osservatorio ha come suo strumento principale un radiotelescopio con una parabola di 64 metri di diametro, con una gloriosa storia di oltre 50 anni alle spalle (ebbe per esempio un ruolo centrale per captare le trasmissioni tv in diretta dalla Luna quando ci fu l’allunaggio nel 1969). A differenza dei classici telescopi che osservano la luce visibile, un radiotelescopio rileva le onde radio emesse dai corpi celesti nell’Universo, consentendo quindi di spingersi molto più lontano nelle osservazioni rispetto a un normale telescopio con specchi e lenti.

 Osservando le informazioni raccolte al Parkes Observatory, fu notato un segnale anomalo captato il 24 agosto 2001: la traccia radio di una improvvisa e brevissima emissione ad alta energia, durata appena 5 millisecondi (0,005 secondi). . Furono condotte numerose analisi che consentirono di escludere un’interferenza: il segnale era arrivato davvero dallo Spazio, ma la sua origine restava un mistero. Anche se molti ricercatori all’epoca non ne erano consapevoli, con quelle prime ricerche stava nascendo una nuova scienza dedicata allo studio dei fast radio burst.

Negli anni seguenti alla scoperta del primo segnale, i ricercatori compresero che i FRB sono molto frequenti e che se ne verificano alcune migliaia ogni giorno in tutto il Cosmo. La mancanza di una spiegazione convincente sulla loro causa ha portato a numerose ipotesi. Secondo alcuni, i fast radio burst si producono quando le stelle di neutroni (stelle iperdense, ciò che resta di un’esplosione stellare verso la fine del ciclo vitale di una stella) si scontrano tra loro o con altri corpi celesti. Altri ricercatori hanno ipotizzato che a generare i FRB siano alcune sfortunate stelle, pochi istanti prima di essere completamente risucchiate in un buco nero, mentre c’è chi teorizza che i repentini segnali radio siano prodotti dalle magnetar, stelle di neutroni con un campo magnetico gigantesco (miliardi di volte superiore a quello della Terra), che producono grandi emissioni elettromagnetiche.

 

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Per sei mesi, un gruppo di ricerca guidato da Shami Chatterjee, della Cornell University, ha utilizzato le 27 parabole dei radiotelescopi del Very Large Array (VLA) nel New Mexico (Stati Uniti) per condurre osservazioni nell’area di cielo in cui erano stati captati i primi segnali emessi da FRB 121102, rilevando 9 lampi radio veloci che hanno permesso di identificare con precisione il loro punto di origine. Le coordinate ottenute sono state poi inserite negli strumenti dell’Osservatorio Gemini, che ha un telescopio ottico nell’emisfero nord (Hawaii) e uno in quello sud (Cile), che hanno permesso di osservare una galassia nana (pochi miliardi di stelle a fronte dei 200/400 miliardi della nostra, la Via Lattea) che si trova a 3 miliardi di anni luce da noi.

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Chatterjee e colleghi hanno poi eseguito una nuova serie di osservazioni per rifinire meglio i dati, questa volta utilizzando la rete europea di radiotelescopi VLBI, ricevendo un’ulteriore sorpresa: per motivi non ancora chiari, durante la nuova osservazione FRB 121102 ha iniziato a emettere segnali radio con una frequenza molto maggiore, con un’emissione all’ora circa. I ricercatori hanno utilizzato questi dati per analizzare meglio le caratteristiche della fonte e hanno concluso che si trova a poca distanza dal centro della galassia nana, dove i dati suggeriscono ci sia un buco nero supermassiccio, una presenza che si ipotizza piuttosto comune nelle aree galattiche centrali (compresa quella della Via Lattea).

 

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