Concerto al Palazzo del Quirinale nella Cappella Paolina del 10 marzo 2024

 

 

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha assistito al Concerto nella Cappella Paolina del Quirinale,in occasione dell'8 marzo,dell'Orchestra femminile Olimpia diretta da Francesca Perrotta, al pianoforte Roberta Pandolfi

 

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha assistito al Concerto nella Cappella Paolina del Quirinale,in occasione dell'8 marzo,dell'Orchestra femminile Olimpia diretta da Francesca Perrotta, al pianoforte Roberta Pandolfi

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha assistito al Concerto nella Cappella Paolina del Quirinale,in occasione dell'8 marzo,dell'Orchestra femminile Olimpia diretta da Francesca Perrotta, al pianoforte Roberta Pandolfi

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha assistito al Concerto nella Cappella Paolina del Quirinale,in occasione dell'8 marzo,dell'Orchestra femminile Olimpia diretta da Francesca Perrotta, al pianoforte Roberta Pandolfi

 

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha assistito al Concerto nella Cappella Paolina del Quirinale,in occasione dell'8 marzo,dell'Orchestra femminile Olimpia diretta da Francesca Perrotta, al pianoforte Roberta Pandolfi

 

C o m u n i c a t o

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 10 marzo, al Palazzo del Quirinale, ha assistito – nell’ambito dei concerti della Cappella Paolina in diretta su Radio Rai 3 – al concerto per pianoforte e orchestra della Sinfonica Olimpia di Pesaro.
L’orchestra, composta interamente al femminile, fondata dalla pianista Roberta Pandolfi e diretta da Francesca Perrotta.
Eseguiti brani di Ludwig van Beethoven , Danilo Comitini e Chen Yi.

 

 

 

 

Assenteismo , TIMBRATURA cartellini oltre l’orario,medici ed anestesisti ad Enna, “la difesa: siamo estranei ai fatti contestati”

TUTTI D’ACCORDO: D’ORA IN POI NIENTE PIU’ PRESTAZIONI AGGIUNTIVE, CI SCUSIAMO CON LA POPOLAZIONE”

Resta da risolvere il punto chi dei dirigenti abbia autorizzato i medici o se essi si siano autorizzati da soli visto che le prestazioni aggiuntive debbono essere “preventivamente autorizzate”

I sanitari denunciati dalla Guardia di Finanza per  truffa sono 33 , all’interno dell’ospedale Umberto I.  I finanzieri hanno notificato pure un avviso conclusione indagini per truffa e sono in servizio tutti ai reparti di Anestesia e Rianimazione, Chirurgia e Ortopedia.

Archivi -Sud  Libertà

“ Dal prossimo lunedì, 11 marzo, annunciano che sospenderanno le prestazioni aggiuntive che hanno permesso, nel 2023, di effettuare 4100 interventi chirurgici. Tra queste prestazioni aggiuntive ci sono, oltre alla sala operatoria, la guardia attiva di Rianimazione, guardia di Emergenze urgenze , le prestazioni di terapia del dolore, le prestazioni di nutrizione artificiale, le prestazioni di vascular team e di partoanalgesia. Secondo i medici la timbratura dei cartellini al di là delle ore di lavoro che secondo l’accusa gli avrebbe consentire di guadagnare stipendi molto più alti del dovuto, sarebbe stata necessaria per fare in modo che, nonostante l’organico di 14 unità presenti a fronte di 25 previste, si riuscisse a soddisfare le richieste dei pazienti.

Timbratura dei cartellini necessaria, dicono i medici

Con l’organico in atto presente, saranno garantite esclusivamente: la guardia attiva di terapia intensiva rianimatoria e la guardia attiva per la gestione delle urgenze ed emergenze intraospedaliere (DEA) –  – saranno, inoltre, assicurate complessivamente, da dividere tra le diverse branche chirurgiche, solo 10 sedute operatorie settimanali anziché le 27 sedute che sono state assicurate sino ad oggi con grave sacrificio personale di ogni singolo anestesista”.

I medici, infine, si scusano con la popolazione per i disservizi che questa decisione certamente provocherà e sottolineano che tutto quello che hanno fatto è stato concordato preventivamente con l’amministrazione dell’Asp mentre ribadiscono l’assoluta estraneità ai fatti contestati dichiarandosi fiduciosi nell’operato della magistratura.

Strage di Altavilla, i Ris passano al setaccio la villetta di Sferracavallo dove vivevano i «fratelli di Dio»

 

             Video-immagine. Il legale G.Barreca

A Sferracavallo, al civico 15 di via dell’Arancio,  a mezzogiorno i carabinieri del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Messina. La Procura apre dunque le indagini a 360 gradi e parte proprio dall’abitazione di Sabrina Fina e Massimo Carandente, i due «fratelli di Dio» accusati di essere stati complici di Giovanni Barreca dell’esorcismo e della mattanza di Altavilla Milicia.

Nella villetta degli orrori a perdere la vita sono stati la moglie del muratore, Antonella Salamone, e i figli Kevin ed Emmanuel. Sotto gli occhi del Sostituto Procuratore di Termini Imerese, dr. Manfredi Lanza, il reparto speciale dei carabinieri sta ricontrollando l’appartamento della coppia, che l’11 febbraio era tornata a casa in treno da Altavilla.

. Non c’è il  legale della coppia, l’avvocato Marco Rocca, mentre segue lo svolgimento delle nuove operazioni il legale di Giovanni Barreca, Giancarlo Barracato: «È una persona in preda ad una psicosi e naturalmente ha una affidabilità che può essere opinabile. Le maggiori certezze ce le daranno gli elementi di prova», ha detto mentre i Ris effettuavano le ispezioni.

Operazione scirocco. 18 indagati per reati di associazione per delinquere, traffico di rifiuti, inquinamento ambientale

Traffico illecito di rifiuti: in Italia affare da 20 ...

Archivi -Sud Libertà

Nella mattinata odierna, in una vasta operazione nelle province di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, i militari del Nucleo Operativo Centrale e Cooperazione Internazionale del Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, del Nucleo Operativo Ecologico di Catanzaro e del Gruppo Carabinieri Forestali di Catanzaro, supportati in fase esecutiva da militari dei Comandi Provinciali Carabinieri di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, nonché dall’8° Nucleo Elicotteri CC di Vibo Valentia, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale emessa dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta della  Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 18 persone (4 in custodia cautelare in carcere, 13 in custodia cautelare domiciliare ed 1 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) gravemente indiziate a vario titolo dei reati di associazione per delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale e frode nelle pubbliche forniture.
Tra i reati contestati vi è un tentativo di estorsione aggravato dalla modalità mafiosa nei confronti di un dipendente di una società, il quale avrebbe subito una minaccia da parte di esponenti della consorteria di ‘ndrangheta locale, su commissione del proprio datore di lavoro, al fine di farlo desistere dall’intraprendere iniziative sindacali finalizzate all’ottenimento di spettanze stipendiali dovutegli.
Nei confronti di altri 12 soggetti, di cui 4 funzionari di enti locali, sono state emesse informazioni di garanzia. Il provvedimento prevede, inoltre, il sequestro preventivo delle quote e del compendio aziendale di 6 società con sede nella Provincia di Catanzaro da affidare ad amministratori giudiziari nominati dall’A.G. Il valore complessivo delle aziende ammonta ad oltre 10 milioni di euro. La Direzione Distrettuale Antimafia ha altresì ipotizzato la responsabilità amministrativa prevista dal D.Lgs. 231/2001.
La complessa attività di indagine, convenzionalmente denominata “Scirocco”, ipotizza l’esistenza di un’organizzazione tesa all’ottenimento di più commesse e alla esecuzione degli appalti in frode ai contratti e alla commissione di reati ambientali derivanti dalla gestione di 34 depuratori a servizio di 40 comuni ubicati nelle 5 province calabresi.
In particolare, si ipotizza che i responsabili delle società ottenessero illeciti profitti attraverso:
– l’abbattimento dei costi di gestione degli impianti di depurazione, determinato principalmente dal parziale trattamento dei fanghi prodotti dalla lavorazione delle acque reflue, nonché dalle mancate manutenzioni previste dai capitolati d’appalto;
– la redazione di falsi Formulari di Identificazione Rifiuti nei quali si attestava il fittizio conferimento di rifiuti presso un impianto di depurazione con sede in un comune della provincia di Catanzaro;
– lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti (fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane, rifiuti prodotti dalla pulizia delle acque di scarico, fanghi delle fosse settiche), per più di 2.000 tonnellate, nell’arco di circa un anno che venivano conferiti presso il citato impianto di depurazione fanghi, per una asserita attività di trattamento, in realtà mai eseguita;
– la richiesta ad alcuni dei Comuni, con successiva liquidazione, degli oneri per le operazioni di manutenzione degli impianti di depurazione, prestazioni che invece avrebbero dovuto essere a carico della società.
Tali condotte illecite, secondo gli indizi raccolti, hanno inoltre avuto come conseguenza il malfunzionamento di numerosi impianti di depurazione comunali che in 10 casi hanno comportato l’illecito sversamento dei liquami non trattati sia nei terreni circostanti che direttamente in mare, con evidente compromissione delle matrici ambientali. 
Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 4 depuratori dislocati in varie località della Calabria ed è stato effettuato l’accesso presso 24 comuni ricadenti nelle 5 province calabresi, da cui sono emersi diversi casi di frode ai danni della pubblica amministrazione con il concorso di funzionari pubblici. 
Determinanti sono stati, a riscontro dell’attività investigativa, le attività tecniche di monitoraggio dei siti grazie ai quali è stato ricostruito l’illecito modus operandi. Un dato importante è emerso altresì dai periodici monitoraggi effettuati da Legambiente sulla qualità del mare, dei laghi e delle coste, che hanno confermato il quadro allarmante della situazione che caratterizza la qualità delle acque nei pressi dei siti di depurazione attenzionati. 
Il procedimento per l’ipotesi di reato è attualmente nella fase delle indagini preliminari.
È obbligo rilevare -informano i Carabinieri – che gli odierni indagati e destinatari della misura restrittiva, sono, allo stato, indiziati di delitto, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo la emissione di una sentenza passata in giudicato in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.

Manifestazioni in tutto il mondo per l’avvelenamento dell’oppositore russo Navalny

 

Alexei Navalny è stato avvelenato con il Novichok. A denunciarlo è la moglie dell’oppositore russo, morto venerdì scorso in una colonia penale russa, in un video in cui accusa le autorità russe di nascondere il corpo del marito, in attesa che spariscano le tracce dell’agente nervino dal cadavere. L’accusa è ben precisa, contro Vladimir Putin: “Ha ucciso mio marito”. Intanto, secondo lo staff del dissidente, le autorità hanno fatto sapere che le analisi sul cadavere proseguiranno per altre 2 settimane. Il corpo, quindi, non verrà restituito per almeno 14 giorni.

Alexei Navalny con la moglie Yulia - (Afp)

Nel video Yulia Navalnaya – oggi a Bruxelles per incontrare i ministri degli Esteri della Ue – fornisce anche il nome delle persone coinvolte nella morte del marito, e le motivazioni del nuovo avvelenamento. Navalny era stato avvelenato il 20 agosto 2020 durante un suo viaggio in Siberia, anche in quel caso i suoi sostenitori denunciarono l’uso del Novichock da parte delle autorità russe.

“Noi sappiamo esattamente perché Putin ha ucciso Alexei tre giorni fa – ha sottolineato – E ve lo diremo presto. Scopriremo in modo definitivo chi è esattamente responsabile e come esattamente questo crimine è stato commesso”. “Faremo dei nomi e presenteremo le loro facce”, ha affermato.

 

Sequestro beni a tre imprenditori reggini per il commercio illecito di prodotti petroliferi (sequestrate 20 imprese,50 terreni,10 immobili,86 automezzi e ingente denaro contante))

 

 

I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con il supporto operativo dello S.C.I.C.O., sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Dott. Giovanni Bombardieri, stanno dando esecuzione – in Piemonte, Lazio, Calabria e Monaco di Baviera (Germania) – ad un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale che dispone l’applicazione della misura patrimoniale del sequestro di beni – per un valore complessivamente stimato in 10 milioni di euro – riconducibili a tre imprenditori reggini operanti prevalentemente nel settore del commercio dei prodotti petroliferi.

La figura criminale degli imprenditori era emersa nell’ambito dell’operazione “Andrea Doria”, condotta dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria, unitamente allo S.C.I.C.O. a contrasto dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nell’economia legale e conclusasi nell’aprile del 2021 con l’esecuzione di provvedimenti cautelari personali nei confronti di 23 soggetti, tra cui i citati imprenditori, e reali per oltre 620 milioni di euro.

L’operazione – allo stato del procedimento e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento della responsabilità – avrebbe disvelato un articolato sistema di frode fiscale, realizzata nel settore del commercio di prodotti petroliferi, imperniata su fittizie triangolazioni societarie, finalizzate ad evadere l’IVA e le accise, nonché sull’impiego di false dichiarazioni di intento, istituto che consente di acquistare in regime di non imponibilità.

In particolare, l’associazione avrebbe gestito l’intera filiera della distribuzione del prodotto petrolifero dal deposito fiscale fino ai distributori stradali finali, interponendo tra queste due estremità della catena una serie di operatori economici – imprese “cartiera” di commercio di carburante, depositi commerciali e brokers locali – con lo scopo di evadere le imposte in modo fraudolento e sistematico, attraverso l’emissione e l’utilizzo delle citate dichiarazioni di intento. Le società “cartiere” avrebbero asserito fraudolentemente di possedere tutti i requisiti richiesti al fine di poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, acquistando il prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’I.V.A.. Tale prodotto, a seguito di meri passaggi “cartolari” tra le società coinvolte, sarebbe stato ceduto a prezzi concorrenziali ad individuati clienti, in danno, peraltro, degli onesti imprenditori del settore. Da ultimo, il sistema di ripulitura degli incassi sarebbe avvenuto anche per il tramite di famiglie di ‘ndrangheta portatrici di interessi nel settore della distribuzione dei prodotti petroliferi.

Alla luce delle richiamate evidenze, la locale Direzione Distrettuale Antimafia – sempre più interessata agli aspetti economico-imprenditoriali legati alla criminalità organizzata – ha delegato il G.I.C.O. del Nucleo Polizia Economica Finanziaria di Reggio Calabria a svolgere apposita indagine a carattere economico/patrimoniale finalizzata all’applicazione, nei confronti dei citati imprenditori, di misure di prevenzione personali e patrimoniali.

L’attività in rassegna, anche valorizzando le risultanze delle pregresse indagini, ha consentito di rilevare, attraverso una complessa e articolata attività di riscontro, il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità dei prefati soggetti, il cui valore è risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.

Di conseguenza, nel mese di marzo 2023, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro di tutto il patrimonio riconducibile ai citati imprenditori, costituito, nello specifico, dall’intero compendio aziendale di 20 imprese – 3 delle quali con sede in Germania – comprensivi, di 50 terreni, 10 fabbricati e 86 tra automezzi ed autoveicoli anche di lusso – oltre 1 milione di euro in denaro contante, nonché disponibilità finanziarie, per un valore complessivamente stimato in oltre 80 milioni di euro.

Quindi, con il provvedimento eseguito in data odierna, grazie agli ulteriori e mirati approfondimenti investigativi posti in essere, la citata Autorità giudiziaria ha sottoposto a sequestro – allo stato del procedimento ed impregiudicata ogni diversa valutazione nel merito – ulteriori beni riconducibili ai richiamati imprenditori ed in particolare: l’intero patrimonio di una società operante nel commercio di prodotti petroliferi, 7 fabbricati ubicati tra le province di Frosinone, Roma e Novara, adibiti a deposito commerciale di carburanti, capannoni industriali e uffici, nonché posizioni finanziarie accese in Germania – per un valore complessivamente stimato in circa 10 milioni di euro.

I beni sottoposti a sequestro in data odierna, pertanto, si aggiungono al patrimonio sottoposto a vincolo nel precedente mese di maggio 2023, per un valore totale di circa 90 milioni di euro.

L’attività di servizio in rassegna testimonia, ancora una volta, l’elevata attenzione della Guardia di Finanza che – nel solco delle puntuali indicazioni dell’Autorità Giudiziaria reggina – continua a essere rivolta all’individuazione e alla conseguente aggressione dei patrimoni e delle disponibilità finanziarie illecitamente accumulati dalle consorterie criminali di stampo mafioso, allo scopo di arginare l’inquinamento del mercato e favorire la libera concorrenza, con l’intento di ripristinare adeguati livelli di legalità e tutelare la sana imprenditoria assicurando la trasparenza e la sicurezza pubblica.

Gioia Tauro: 251 auto rubate sequestrate e destinate in Medio Oriente

 

Un grande lavoro di squadra quello che ha permesso di stroncare un traffico internazionale di auto rubate destinate al mercato medio orientale.

Sono 251 le auto sequestrate da settembre ad oggi nel porto di Gioia Tauro in provincia di Reggio Calabria, stipate in container che hanno viaggiato su 18 diverse navi cargo, dal Canada all’Italia.

Le vetture erano infatti tutte state rubate negli ultimi mesi in Canada, tutte di marche prestigiose, costose e seminuove. In Italia, nazione di transito, i mezzi arrivavano già con i dati identificativi contraffatti, spesso in modo quasi perfetto.

sequestro nel porto gioia tauro

Dai porti di Toronto, Montreal e Vancouver i veicoli partivano con destinazione All Khoms (Libia), Casablanca (Marocco), Mersin (Turchia) e Jebel Ali (Emirati Arabi Uniti).All’interno di una delle autovetture sequestrate sono stati trovati 7.650 dollari canadesi in vario taglio.

La complessa attività investigativa che ha interessato il controllo dei documenti commerciali di transito e trasporto, la verifica di regolarità doganale delle dichiarazioni di ingresso e i controlli su documenti e targhette identificative è stata resa possibile dalla sinergia tra il commissariato di P.S. “Gioia Tauro”, l’Interpol, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia, la Polizia stradale, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, la Guardia di finanza e la Royal canadian mounted police.

Napoli,bando per la selezione di 52.236 volontari del Servizio Civile Universale annualità 2024-2025

Napoli,
Il Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale ha pubblicato il bando per la selezione di 52.236 posti disponibili per i giovani tra i 18 e 28 anni che intendono diventare operatori volontari di Servizio Civile Universale.

Il Comune di Napoli nell’ambito del Bando Servizio Civile Universale ha presentato il programma denominato “Napoli città dei giovani 2023” cui potranno aderire 35 aspiranti volontari.

Gli aspiranti operatori volontari dovranno presentare la domanda di partecipazione esclusivamente attraverso la piattaforma Domanda on line (DOL) raggiungibile tramite PC, tablet e smartphone
Fino alle ore 14.00 del 15 febbraio 2024 è possibile presentare domanda di partecipazione.

 

Piana di Gioia Tauro, controlli ambientali per la prevenzione dell’ecosistema, 11 imprenditori denunciati

 

Allevamenti intensivi responsabili del 17% delle emissioni

Archivi -Sud Libertà
 Reggio Calabria – Gioia Tauro (RC)

Poderosa campagna di controlli ambientali in tutta la Piana di Gioia Tauro, dove i Carabinieri del Gioia Tauro hanno condotto un servizio coordinato mirato alla prevenzione dell’ecosistema locale, in concomitanza con il periodo di molitura delle olive e produzione dell’olio.

In particolare, sono stati controllati oltre 15 imprese agricole che gestiscono frantoi nei comuni di Molochio, San Giorgio Morgeto, Varapodio, Taurianova e Cittanova, riscontrando il generale rispetto delle normative di settore.
I militari non si sono tuttavia limitati a verifiche all’interno degli opifici, ma hanno esteso i controlli anche ai terreni agricoli e ai corsi d’acqua limitrofi. Proprio durante uno di questi accertamenti, in particolare, i Carabinieri della Stazione e del Nucleo Carabinieri Forestali Parco di San Giorgio Morgeto hanno individuato un impresa dedita all’allevamento di bovini, al cui interno era stata realizzata una conduttura abusiva che convogliava i liquami delle stalle direttamente in area boschiva protetta. Per questo motivo, i due fratelli titolari d’azienda sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Palmi.
Anche a Varapodio, i Carabinieri della locale Stazione e del Nucleo Carabinieri Forestali di Cittanova hanno denunciato il titolare di un’impresa di calcestruzzi che, sita nei pressi del fiume Marro, utilizzava uno scarico illegale per sversare in fiumara i materiali di risulta della lavorazione degli inerti.
Da ultimo, i controlli dei Carabinieri si sono focalizzati anche sul rispetto della normativa edilizia, ambito nel quale sono state riscontrate alcune irregolarità in materia di smaltimento dei rifiuti industriali, con denunce per 8 imprenditori che avevano realizzato opere edili senza le previste autorizzazioni. Fra questi, due allevatori avevano costruito un’intera stalla per il ricovero di suini, in totale spregio dell’impatto ambientale che tale realizzazione ha sull’ecosistema.
Per tutti i predetti sono state altresì contestate sanzioni amministrate per un totale di 220.000 euro circa, connesse all’obbligo di ripristino dei danni ambientali riscontrati. Inoltre, si è proceduto al sequestro preventivo delle aree oggetto di inquinamento.
Ad ogni modo, i procedimenti penali –informano i Carabinieri-sono attualmente pendenti in fase di indagini e l’effettiva responsabilità delle persone deferite, in uno con la fondatezza delle ipotesi d’accusa mosse a loro carico, saranno vagliate nel corso del successivo processo. Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore delle persone sottoposte ad indagini.

Hamas non ci sta alla resa, il vertice israeliano:”Dobbiamo eliminare questi barbari che uccidono i bambini di fronte ai genitori..”

 

Le notizie di martedì 28 novembre sul conflitto tra Israele e Hamas- Corriere.it

 

Problema ostaggi e tregua per le due parti combattenti. C’è di mezzo  l’Iran che minaccia Israele dopo l’uccisione di una figura di spicco dei pasdaran in un raid in Siria. Hezbollah si unisce al coro affermando che “i limiti sono stati superati”. Altissima tensione,”DOBBIAMO COMBATTERE CONTRO I BARBARI CHE UCCIDONO BAMBINI DI FRONTE I LORO GENITORI, AFFERMA IL VERTICE ISRAELIANO”, il dialogo non sembra poter decollare, anzi si allontana sempre più. L’Egitto prova a ricoprire il ruolo di mediatore e elabora un piano in 3 step per provare a disinnescare la crisi.

Il Cairo parte dalla sospensione dei combattimenti per almeno due settimane in cambio del rilascio di 40 ostaggi – donne, minori e uomini anziani, soprattutto malati – ancora prigionieri a Gaza. In cambio, Israele rilascerebbe 120 detenuti di sicurezza palestinesi. La seconda fase vedrebbe un “dialogo nazionale palestinese” sponsorizzato dall’Egitto volto a porre fine alla divisione tra le fazioni palestinesi – principalmente l’Autorità Palestinese dominata dal partito Fatah e Hamas – e portare alla formazione di un governo ‘tecnico’ in Cisgiordania e a Gaza in vista di elezioni parlamentari e presidenziali palestinesi.

La terza fase includerebbe un cessate il fuoco globale, il rilascio dei restanti ostaggi israeliani, compresi i soldati, in cambio di un numero da determinare di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane affiliati ad Hamas e alla Jihad islamica – compresi quelli arrestati dopo il 7 ottobre e alcuni condannati per gravi reati terroristici.

Hamas: “Nessuna resa”

Il piano egiziano sarebbe stato bocciato da Hamas. Il no è implicito se si legge il primo messaggio pubblico che Yahya Sinwar, leader dell’organizzazione, diffonde dopo gli attacchi del 7 ottobre scorso: nessuna resa. Hamas sta affrontando una “battaglia feroce, violenta e senza precedenti” contro Israele, non si arrenderà e non si sottometterà alle “condizioni dell’occupazione”.

Al di là della posizione espressa in maniera perentoria, Sinwar condisce il discorso con dati che non sembrano avere fondamento. Le Brigate al-Qassam, dice, avrebbero attaccato almeno 5.000 soldati israeliani, uccidendone un terzo. Tali numeri non trovano nessun riscontro, nemmeno lontano, nei bollettini ufficiali diffusi dalle Idf: Israele ha reso noti i nomi di 156 caduti dall’inizio delle operazioni. Il leader di Hamas a Gaza sostiene invece che le Brigate al-Qassam abbiano “schiacciato” le truppe israeliane e le stiano decimando.