Giochi di potere al Senato che non ha più una maggioranza

Sotto accusa il centrista senatore Salvo Torrisi

Il gruppo dei  M5S-Fi-Lega-centristi-Mdp (secondo le accuse dei renziani) ha mandato a quel paese l’elezione a presidente della commissione Affari costituzionali del dem Giorgio Pagliari, su cui è prevalso il centrista Salvatore Torrisi. Angelino Alfano ha chiesto al suo senatore di fare un passo indietro.

Un incidente parlamentare che nel corso della giornata, però, ha assunto contorni più ampi arrivando a coinvolgere il premier Paolo Gentiloni e il capo dello Stato, Sergio Mattarella. Il Pd ha chiesto un incontro al premier e al presidente della Repubblica per quanto accaduto al Senato. L’azione politica  di palazzo Madama provoca inevitabili  conseguenze oggettive, secondo il fronte renziano.

 . L’elezione di un centrista “che sostiene il proporzionale”, rileva Ettore Rosato, è un colpo a chi punta a un maggioritario come il Pd. La seconda, e più rilevante, è che al Senato una maggioranza, diversa da quella che regge il governo, ha determinato l’incidente. L’equazione è semplice: non c’è più una maggioranza a palazzo Madama. O quantomeno è fortemente precaria. Oggi è andata così, rilevano ambienti renziani, domani potrebbe capitare su un provvedimento cruciale per il governo. Mai uscito di scena, il voto anticipato torna ad essere evocato.

 

Dal canto suo, Gentiloni ha  assicurato l’impegno per contribuire al rafforzamento della coesione della maggioranza.

Prima dell’incontro con il premier, nel mirino del presidente Dem erano finiti centristi e Mdp. Per Orfini, infatti, “Mdp non agisce come una forza della maggioranza. E’ uscito dal Pd per votare insieme alla destra contro il governo e contro la maggioranza“. A rincarare la dose, i renziani fuori dalle virgolette: “Da Lo Moro e Migliavacca (i due rappresentanti di Mdp in commissione, ndr) è stato fatto più di uno strappo, è stato un vero atto di guerra. Come si può andare avanti al Senato in queste condizioni? La maggioranza non c’è…”.

Insomma: franchi tiratori nel voto segreto, lo scontro congressuale che arriva fino alla commissione Affari costituzionali. Tra i centristi, gli esponenti di Ap più vicini a Renzi spingono Torrisi per le dimissioni. In serata arriva la richiesta direttamente da Angelino Alfano (da Bruxelles ha avuto contatti con Gentiloni). Il ministro degli Esteri specifica che Ap è stata leale, mentre rileva che “voti in dissenso dalla indicazione” pare siano venuti del Pd.

Nel mirino finisce anche il presidente dei senatori Pd, Luigi Zanda, che negli ultimi mesi è stato protagonista di qualche attrito con Matteo Renzi. “Una gestione fallimentare anche di questa partita”. L’accusa è quella di non aver preso la situazione in mano con maggiore decisione. “Non si aspettano 5 mesi…”. Fonti vicine a Zanda respingono le accuse.

Intanto sui tempi nella scelta del nuovo presidente di commissione dopo il passaggio di Anna Finocchiaro al governo. “Ogni decisione presa da Zanda è sempre stata concordata con i vertici del Pd e con il gruppo”. Compresa quella di rallentare la pratica Affari Costituzionali. “Senza Zanda non so come sarebbero andate le cose – si sfoga un senatore vicino al presidente – la gestione del gruppo in questi anni è stata dura, difficoltosa, ma mai ci sono state sbavature…”.

E anche sull’incidente, si fa sapere, che “in più occasioni e con ogni interlocutore Zanda aveva fatto presenti le insidie di questo voto. Ma detto questo, ha lavorato in ogni modo per far eleggere Pagliari”. Intanto nel caos scoppiato al Senato circola anche la voce che nel blitz avrebbe un ruolo Silvio Berlusconi. Rumors non confermati darebbero Torrisi verso Forza Italia.

(Agenzia)

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