Condannato Vito Nicastri, finanziatore, secondo i magistrati,del “Capo dei capi” Matteo Messina Denaro

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PALERMO

L’imprenditore Vito Nicastri considerato il ‘re’ dell’eolico, è stato condannato dalla Procura di Palermo. L’accusa era  di concorso esterno in associazione mafiosa. Condannato a nove anni anche il fratello Roberto Nicastri. Il pm Paolo Guido aveva chiesto per Nicastri la pena a 12 anni di carcere.La vicenda aveva sollevato un pò di clamore per i riflessi sulla politica governativa nazionale L’imprenditore è socio d’affari infatti dell’ex deputato Franco Paolo Arata, indagato nell’inchiesta che vede coinvolto anche l’ex sottosegretario Armando Siri.

Il procedimento era stato avviato dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, che indagò su  Nicastri in un secondo procedimento in cui era coinvolto anche Arata, accusato di trasferimento fraudolento di beni con l’aggravante del metodo mafioso. I pm ritengono che Nicastri sia uno dei finanziatori del boss latitante Matteo Messina Denaro (nella foto d’Archivio in alto a sn).

Secondo le indagini della Direzione investigativa antimafia “sono stati acquisiti elementi di prova circa l’esistenza di un reticolo di società, tutte operanti nel mercato delle energie rinnovabili, facenti capo solo formalmente alla famiglia Arata (oltre a Paolo, anche al figlio Francesco ed alla moglie Alessandra Rollino), ma di fatto partecipate occultamente da Vito Nicastri, vero regista delle strategie imprenditoriali, considerato dal medesimo Paolo Arata “la persona più brava dell’Eolico in Italia”.

MAFIA: VOLEVANO MANTENERE IL “PADRINO” MATTEO MESSINA DENARO MA LA PROCURA -E LA DIA- SEQUESTRANO TUTTI I LORO BENI

 

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Mafiosi sotto torchio della Dia. Beni e conti correnti sono stati sequestrati dalla Dia di Trapani agli imprenditori di San Giuseppe Jato, Ciro Gino Ficarotta di 67 anni, al figlio Leonardo di 38 anni e al nipote Paolo Vivirito di 40 anni.

Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Trapani – Sezione Penale e Misure di Prevenzione, su proposta del Direttore della Dia. Nei confronti dei tre è stata proposta, inoltre, la misura della sorveglianza speciale di polizia, con obbligo di soggiorno,

Dalle indagini della Dia di Trapani e dei carabinieri sono emerse infiltrazioni della mafia trapanese negli investimenti immobiliari sui terreni agricoli, offerti all’asta nell’ambito di procedure esecutive. Tali motivazioni sono state ritenute idonee per  formulare ed emettere a carico dei  tre mafiosi insieme ad altri ,  un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, confermata dal Tribunale del Riesame.

Preziose – comunica la Dia – le testimonianze dei collaboratori di giustizia Attilio Fogazza, Nicolò Nicolosi e Lorenzo Cimarosa e la valorizzazione delle conversazioni criptate tra Vito Gondola, già reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, e altri soggetti ritenuti mafiosi, nell’ambito del procedimento finalizzato alla cattura del latitante Matteo Messina Denaro.

Era emerso un intervento di Salvatore Crimi e Michele Gucciardi, ritenuti rispettivamente i capi delle famiglie mafiose di Vita e Salemi, nella gestione di una grossa operazione, finalizzata alla speculazione immobiliare attraverso l’acquisto, in un’asta giudiziaria, di una vasta tenuta agricola di oltre sessanta ettari a Pionica, nel comune di Santa Ninfa, e la successiva rivendita alla Vieffe, società agricola riconducibile ai tre imprenditori di San Giuseppe Jato.

L’azienda agricola, di proprietà della moglie di Antonio Salvo, nipote dei cugini noti esattori salemitani Nino e Ignazio Salvo, era stata formalmente acquistata all’asta da Roberto Nicastri, ritenuto prestanome del fratello Vito, l’imprenditore “re” dell’eolico, già sorvegliato speciale, per poi essere ceduta alla Vieffe dei Ficarotta e di Vivirito per un importo di 530.000 euro.

Il prezzo di vendita reale dei terreni era, però, notevolmente superiore a quello dichiarato negli atti notarili e la differenza, pari a oltre duecentomila euro, sarebbe stata versata dai tre imprenditori di San Giuseppe Jato in contanti proprio agli uomini di cosa nostra, per la loro attività di intermediazione immobiliare.

Secondo le dichiarazioni di Lorenzo Cimarosa (defunto), parte di tale somma serviva a Michele Gucciardi e Vito Gondola per il mantenimento del latitante Messina Denaro e l’avrebbe ricevuta tramite Lorenzo Cimarosa e Francesco Guttadauro, nipote del latitante e, attualmente, detenuto.

Michele Gucciardi, inoltre, avrebbe costretto l’originaria proprietaria dei terreni a rinunciare ai propri diritti di reimpianto dei vigneti per consentire agli imprenditori di San Giuseppe Jato di ottenere finanziamenti comunitari per seicentomila euro circa, in parte distratti per pagare il prezzo d’acquisto della tenuta stessa.

Nel corso di  alcune segrete riunioni, – dicono gli inquirenti – era stato posto in attenzione l’esistenza di  altri terreni sottoposti a procedure esecutive, appartenenti ad Antonio Salvo, marito di Giuseppa.

In quest’ultimo caso, però, l’operazione non fu portata a termine per la difficoltà nel reperire i fondi necessari e, in seguito, anche per il rifiuto dell’aggiudicatario di cedere alle richieste mafiose.

Il Tribunale di Trapani ha così disposto il sequestro dell’intero compendio aziendale della società agricola semplice Vieffe, di Leonardo Ficarotta e Paolo Vivirito,  riconducibile a Ciro Gino Ficarotta, proprietaria della tenuta agricola di oltre sessanta ettari di contrada Pionica, a Santa Ninfa, per un valore di mercato stimabile in circa un milione e mezzo di euro.