Altra sentenza a firma del Giudice Cupri.L’autonomia dei magistrati è indiscutibile ma nel corso dell’attività occorrono “coerenza, deontologia e saggezza”

 

 

 

Catania

Altra sentenza giudiziaria clamorosa a Catania dopo quella a firma del giudice Apostolico. Il tribunale di Catania non ha convalidato il trattenimento di sei migranti a Pozzallo, disposto dal questore di Ragusa. Il provvedimento  firmato dal giudice Rosario Cupri, un collega del giudice Iolanda Apostolico del 29 settembre che ha rigettato un’analoga richiesta nei confronti di quattro tunisini nel centro di accoglienza sconfessando di fatto il decreto del governo.

             LA NORMATIVA EUROPEA IGNORATA  DAL GOVERNO NAZIONALE

Motivazioni:         Esiste una sentenza  della Corte di giustizia dell’Ue, come “il trattenimento di un richiedente protezione internazionale”  e si rivela “una misura coercitiva che priva tale richiedente della sua libertà di circolazione e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare in modo permanente in un perimetro circoscritto e ristretto”. “Ne discende  che il trattenimento costituendo una misura di privazione della libertà personale è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge”.

Ma di più:   anche una sentenza della  Corte di Cassazione ha stabilito a riguardo che “la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione va disapplicata dal giudice nazionale” Il Tribunale sottolinea che “la richiesta di protezione internazionale non è soggetta ad alcuna formula sacramentale” e che nel caso del 37enne tunisino la sua domanda “doveva essere esaminata al suo ingresso alla frontiera di Lampedusa” e la sua richiesta “sottoscritta a Ragusa non può essere trattata come procedura di frontiera”.

“Come già affermato da precedenti decisioni di questo tribunale in procedimenti di convalida di trattenimenti riguardanti cittadini tunisini e le cui motivazioni sono condivise da questo giudicante – osserva ancora il giudice Cupri– la norma prevede una garanzia finanziaria che non si configura, in realtà, come misura alternativa al trattenimento bensì come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/Ur, per il solo fatto che chiede protezione internazionale”.

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