Agrigento, recuperati i primi cannoni ed un’ancora di Scoglio Bottazza

 

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Agrigento

Recuperati ad Agrigento, dai fondali in località San Leone, i primi cannoni e un’ancora in ferro del relitto di Scoglio Bottazza. Si tratta dei resti di una nave commerciale armata, presumibilmente di epoca tardo rinascimentale, giacente a circa 15 metri a ridosso della secca omonima presso la foce del fiume Naro. Il recupero è stata realizzato in maniera congiunta dalla Soprintendenza del mare della Regione Siciliana, attraverso il consorzio Ganosis di San Leucio del Sannio (Bn) che si è aggiudicato l’appalto per i lavori, insieme a Capitaneria di porto, Guardia costiera e Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri di Porto Empedocle. Il progetto è stato finanziato con risorse del Fondo per la coesione e lo sviluppo 2014-2020. I reperti, che si uniscono a quelli già recuperati nel 2007 e custoditi presso la Soprintendenza del mare, saranno restaurati nei laboratori del Parco archeologico della Valle dei Templi in base a un accordo tra i due enti.

«Attraverso questo ulteriore recupero – afferma l’assessore ai Beni Culturali e all’identità siciliana Francesco Paolo Scarpinato – si conferma una grande stagione per l’archeologia subacquea in Sicilia. Basti pensare che, grazie all’attività svolta dalla Soprintendenza del mare, l’Isola dispone di ben 26 itinerari culturali subacquei visitabili da sub muniti di brevetto e, in qualche caso, da appassionati di snorkeling con il semplice utilizzo di maschera e pinne».

Tra i reperti recuperati in precedenza anche alcuni pani di zolfo, raro documento proveniente dalla nave impiegata per il trasporto di materiali da una delle vicine miniere agrigentine. La straordinarietà del sito risiede anche nella lunga attività mantenuta nel corso del tempo, fino alla fine del XIX secolo quando le miniere furono abbandonate, rappresentando un caso unico di bene archeologico le cui vicende cominciarono in età protostorica per andare avanti fino all’età industriale. In epoca moderna, lo zolfo estratto veniva caricato presso i porti di Agrigento e Marina di Palma, dove confluivano anche i carichi di altri siti minerari del circondario.

Il tratto di costa che dalla foce del fiume Naro si collega da un lato alla odierna Porto Empedocle e dall’altro al porto di Licata si presentava particolarmente rischioso per la navigazione sia per le caratteristiche del fondale, sia per le frequenti incursioni di pirati. Dal lato ovest, l’altro importante porto da cui partivano i carichi di di zolfo era quello di Porto Empedocle, per secoli nota come “molo (o caricatore) di Girgenti”. È dunque ipotizzabile che la nave armata, salpata dal porto di Girgenti o da Marina di Palma col suo carico, abbia fatto naufragio presso lo Scoglio Bottazza che è stato tramandato come luogo di naufragi a causa della particolare insidia rappresentata dalla secca, visibile e quasi affiorante in estate ma sommersa e dunque ancor più pericolosa durante l’inverno.

lA MOSTRA “LA VERGINE DELLE ROCCE” CURATA DAL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA VITTORIO SGARBI E NICOLA BARBATELLI: INAUGURAZIONE IL 31 LUGLIO

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Uno straordinario percorso attraverso l’arte leonardesca nel cuore della Valle dei Templi. Sarà inaugurata il 31 luglio , con apertura al pubblico il primo agosto (dalle 8.30 alle 23) la mostra  “La Bottega di Leonardo – La Vergine delle rocce”, curata da Vittorio Sgarbi e Nicola Barbatelli, e allestita nella Villa Aurea, nel Parco archeologico della Valle dei Templi, ad Agrigento, riconosciuto Patrimonio dell’Umanità e iscritto al World heritage list dell’Unesco.

All’interno del percorso espositivo sarà possibile ammirare per la prima volta in Sicilia, la famosissima “Vergine Cheramy”, una delle tre versioni de “La Vergine delle rocce”, di Leonardo da Vinci. L’opera proviene da una collezione privata ed è stata concessa per l’occasione; le altre due versioni sono esposte in modo permanente nel Musée du Louvre di Parigi e alla National Gallery di Londra.

La mostra , prodotta da Mediatica, Ellison e Samar, patrocinata dal Ministero della Cultura, dalla Regione Siciliana, dal Comune di Agrigento e dal Parco della Valle dei Templi di Agrigento, è visitabile dal 31 luglio al 31 dicembre (ingresso 13 euro comprensivo della visita al Parco archeologico), anche in notturna durante il periodo estivo, e costituirà l’evento inaugurale del programma di avvicinamento ad “Agrigento Capitale italiana della cultura 2025”.

 

Oltre alla celebre opera pittorica del grande genio rinascimentale, saranno esposti dieci importanti dipinti degli allievi della “Bottega leonardesca”, che consentiranno di riscoprire l’ambiente e i linguaggi espressivi di Leonardo, le influenze dall’ultimo quarto del ‘400 fino la prima metà del ‘500.

 

«Accolgo con estremo piacere la notizia di una mostra ad Agrigento dedicata a Leonardo da Vinci – afferma il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani – autore che con il suo genio poliedrico ha segnato il nostro Rinascimento. Questa mostra prestigiosa, che gode del patrocinio della Regione Siciliana, attraverso l’assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, oltre che del ministero della Cultura e del Comune di Agrigento, avvia il percorso che porterà la Città dei Templi ad assumere il ruolo di “Capitale italiana della cultura”, nel 2025.

E rappresenta molto bene la ricchezza e la varietà di una proposta culturale che valorizza il patrimonio artistico di una città dalla storia antichissima e che, al contempo, è in grado di accogliere e dare risalto a un linguaggio artistico universale e imperituro, qual è quello di Leonardo». «Non a caso, la capacità di relazionarsi con l’altro da sé in una prospettiva di arricchimento reciproco sul piano culturale e umano – sottolinea il presidente Schifani – è il fulcro del progetto che ha portato alla designazione della città e della provincia di Agrigento come capitale della cultura. Il governo della Regione è pronto a fare la sua parte al fianco della città e del suo territorio».

Le fiamme non hanno risparmiato il Parco archeologico di Segesta – Sicurezza del sito tutta da rivedere anche per i percorsi di visita

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«Le fiamme divampate ieri sera non hanno risparmiato neppure il Parco archeologico di Segesta. Da una prima ricognizione, per fortuna, è stato possibile verificare che non sussistono danni ai siti monumentali: il tempio, il teatro e la casa del Navarca sono rimasti illesi. Ma se, come sembra, il rogo è stato causato da una mano criminale, si tratta di un gesto gravissimo che va condannato con forza perché ha messo a rischio l’incolumità di chi vive nelle zone limitrofe e ha recato un grave danno al nostro inestimabile patrimonio storico-artistico. Mi auguro che si possa risalire al più presto ai responsabili». Così il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, commentando l’incendio che ieri sera ha colpito il Parco archeologico in provincia di Trapani.

«Grazie a un’attenta programmazione  – aggiunge l’assessore ai Beni culturali e all’identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato  –  e alle recenti opere di pulitura, scerbatura e potatura abbiamo evitato il peggio. Risultano invece completamente distrutti il punto di ristoro, il corpo di guardia e il deposito vicino al tempio, il blocco dei bagni nei pressi dell’antiquarium e la tettoia delle case rupestri. Quasi tutta la staccionata protettiva della strada che conduce al teatro e le recinzioni di sicurezza sono stati ridotti in cenere, così come i cavi elettrici e i corpi illuminanti nei pressi del teatro. Ci stiamo attivando per un’ulteriore e attenta ricognizione dei danni – conclude il componente della giunta Schifani –  anche nell’ottica di porre in sicurezza i percorsi di visita e non compromettere l’imminente stagione teatrale»

NEI GUAI SOPRINTENDENTE AI BENI CULTURALI DI CASERTA E BENEVENTO : RINVIO A GIUDIZIO PER “MERCATO” DI REPERTI ARCHEOLOGICI CLANDESTINI

 

Archivi -Sud  Libertà  -Immagine di repertorio
 Napoli –
 Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, nell’ambito delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (Quarta Sezione di indagini, specializzata anche nella materia dei reati contro il patrimonio culturale), hanno sottoposto a sequestro migliaia di reperti archeologici provenienti, prevalentemente, da scavi clandestini effettuati nel territorio della Provincia di Caserta; reperti che avrebbero generato un giro di affari -che allo stato si stima-  complessivamente pari a ca. 3 milioni di euro nel “mercato” dei beni archeologici. 
Nel corso delle 22 perquisizioni eseguite su disposizione di questa Procura (tra la Campania, la Basilicata e la Puglia), i Carabinieri hanno rinvenuto, fra l’altro, 95 vasi antichi giudicati di inestimabile valore; 20 reperti archeologici in marmo e 300 reperti di varia natura (vetri, bronzi, etc.), tutti di provenienza archeologica e di interesse culturale, indebitamente sottratti al patrimonio dello Stato, mediante abusivi scavi archeologici effettuati, prevalentemente, nell’area dell’alto casertano e in particolare nella zona anticamente denominata Cales. 
I beni archeologici sequestrati risalirebbero ad un arco temporale ricompreso tra l’VIII sec. a.C. e il II sec. d.C. 
Rilevante è il quantitativo di monete archeologiche rivenute (oltre 1700), databili tra il VI sec. a.C. e l’VIII sec. d.C. (fra le quali alcune in oro e argento), ciascuna delle quali avrebbe potuto raggiungere, sul mercato illecito dei reperti archeologici, un valore che si aggira attorno ai 70-80 mila euro. Rinvenuti e sottoposti a sequestro anche numerosi strumenti da scavo e 15 metal detector utilizzati, verosimilmente, per la ricerca di monete e metalli antichi. 
All’esito delle perquisizioni, numerose persone sono state denunciate per i reati di ricettazione e furto di beni culturali. 
Nel medesimo contesto investigativo, nei mesi scorsi, sono stati tratti in arresto due soggetti sorpresi ad effettuare scavi all’interno di una necropoli, mentre un terzo soggetto è stato tratto in arresto in flagranza, al confine con la Svizzera, per il reato di esportazione illecita di beni culturali, essendo stato trovato in possesso di un ingente quantitativo di monete archeologiche destinato ad essere immesso sul mercato tramite canali di ricettazione estera, avvalendosi, in qualche caso di una nota casa d’asta. Si trattò, in quella circostanza, del primo arresto in flagranza eseguito sul territorio nazionale per il reato di cui all’art. 518-undecies c.p., norma incriminatrice introdotta nel mese di marzo del 2022.
            IL   SOVRINTENDENTE RINVIATO A GIUDIZIO PER POSSESSO DI OLTRE 700 REPERTI ARCHEOLOGICI
Sempre nell’ambito delle medesime indagini coordinate dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, nel settembre del 2022, i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli traevano in arresto, per il reato di ricettazione di beni culturali, il Soprintendente per le Province di Caserta e Benevento; allo stato, il medesimo sovrintendente è stato rinviato a giudizio ed il relativo processo si sta celebrando, in stato libertà, davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Le perquisizioni, eseguite presso gli immobili nella disponibilità di quest’ultimo e presso gli uffici della Soprintendenza, consentivano di recuperare oltre 700 reperti archeologici (provento di scavi clandestini); oltre 300 beni bibliografici e archivistici (provento di furti commessi ai danni di enti pubblici e religiosi); alcuni dipinti (provento di furti); nonché oltre 50 beni di interesse artistico in avorio; il tutto per un valore complessivo stimato attorno ai due milioni di euro.
Si precisa che i destinatari dei provvedimenti cautelari adottati nel contesto investigativo illustrato sono da ritenersi presunti innocenti sino a sentenza definitiva e, in ogni caso, le misure precautelari sono state assunte senza il contraddittorio con le parti e le difese; contraddittorio che avverrà ovvero sta avvenendo, per alcuni imputati, davanti al giudice terzo, che potrà valutare anche l’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli indagati ovvero imputati.

Scoperta al sito archeologico di Selinunte: forse uno dei porti della città,centro di commercio del Mediterraneo.

 

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Comunicato della Regione Sicilia

Il sito archeologico di Selinunte continua a regalare sorprese che potrebbero rivelarsi clamorose e contribuire a ridefinire la storia antichissima della città siceliota. Una struttura lunga 15 metri e quattro filari di blocchi per un’altezza di circa 1,80 metri, è stata scoperta casualmente a pochissima distanza da quella che doveva essere la darsena collegata al mare, a un centinaio di metri dalla riva attuale.
Potrebbe essere parte di uno dei due porti dell’antica ex colonia di Megara iblea, ampio e imponente come richiedeva una delle più importanti città del Mediterraneo, centro di traffici commerciali. «Appena pochi giorni dopo il ritrovamento a Segesta, arriva un’altra scoperta che conferma la Sicilia un inesauribile giacimento di reperti che contribuiscono a riscostruire una storia millenaria gloriosa e figlia di scambi culturali e economici incessanti – dice il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani – .
È il patrimonio di cui siamo eredi e orgogliosi portatori, ma anche custodi. Per questo abbiamo la responsabilità di riscoprirlo, di studiarlo e di proporlo alle nuove generazioni. Insieme a questo, abbiamo un’opportunità unica per rendere l’offerta culturale una proposta turistica sempre più ricca che diventi risorsa di sviluppo per la nostra Regione. Mi congratulo con gli archeologi del Parco archeologico di Selinunte per questo nuovo rinvenimento». «Un’altra grande scoperta di un parco archeologico siciliano.
Questa volta – dice l’assessore regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato – si tratta della straordinaria Selinunte e del suo antico porto che la rendeva uno dei centri di commercio del Mediterraneo. Siamo sempre più certi che bisogna sostenere nuove missioni di scavo, e Selinunte sarà tra le priorità: il nostro impegno è quello di riportarla alla luce nella sua complessità e interezza. Siamo felici che la scoperta sia interamente del Parco con i suoi archeologi». Di questa costruzione non c’è traccia nei documenti dei viaggiatori tra Settecento e Ottocento, né nelle descrizioni dei ricercatori dell’epoca: è di certo molto antica, probabilmente fu distrutta o comunque sommersa, in epoca lontana. Ad oggi gli archeologi non arrischiano teorie ma solo ipotesi sulla forma e funzione originale dell’imponente architettura: forse una struttura di contenimento sul fiume – il georadar registra molte altre strutture sotto la sabbia -, forse le pareti di una darsena per le barche (si intravedono scanalature a intervalli regolari) magari collegata alle 80 antiche fornaci scoperte molto più a monte, forse addirittura la base di un ponte sul fiume. Di una cosa gli studiosi sono certi: è un ritrovamento di grandissimo interesse che potrebbe far riscrivere la topografia della città antica.
Ed è una scoperta del Parco archeologico, diretto da Felice Crescente, che si sta infatti già impegnando per sviluppare un progetto multidisciplinare e avviare le ricerche a partire dal ritrovamento. La scoperta è avvenuta durante dei semplici lavori di disboscamento e ripristino del Vallone del Gorgo Cottone, alla foce del fiume omonimo, lungo la riva occidentale; all’inizio è affiorato solo l’angolo di un blocco, il resto era sepolto sotto lo strato massiccio di sabbia e di vegetazione recente, probabilmente ammassata nel dopoguerra durante la sistemazione della zona dell’acropoli.
L’archeologa Linda Adorno, responsabile della sorveglianza dei lavori, ha intuito subito l’importanza della struttura e ha fatto sì che fosse portata alla luce. Sono stati immediatamente sospesi i lavori per consentire indagini più approfondite ed è stata avviata una pulizia più accurata della zona. Linda Adorno, di origine castelvetranese, profonda conoscitrice e studiosa dell’antica Selinunte, è collaboratrice scientifica dell’Istituto archeologico Germanico di Roma; è stata spontaneamente assistita dalla collega Melanie Jonasch che era in missione in zona per un altro progetto; al primo intervento ha partecipato anche un gruppo di studenti dell’Università di Palermo, che negli stessi giorni erano impegnati in una campagna di ricognizione sul territorio urbano.
Grazie alla preziosa collaborazione di tutti, è stato possibile far affiorare l’intera larghezza della facciata della struttura: di cui non si comprende ancora l’utilizzo antico, ma è necessaria al più presto un’indagine più ampia ed approfondita. Secondo gli archeologi, la posizione della struttura sulla sponda occidentale del Gorgo Cottone indicherebbe un collegamento con il traffico navale del porto orientale, su cui sta studiando in questi giorni l’Università di Bochum. Senza dubbio è una parte integrante dell’impianto urbano della città greca, visto che è perfettamente in linea con la rete stradale del sistema meridionale. Intuizione, questa, che è stata accettata da uno dei più grandi conoscitori dell’impianto urbanistico della colonia di Selinunte, Dieter Mertens, non appena è stato informato della scoperta. Bisognerà comunque aspettare i risultati di nuove ricerche per definire con più esattezza, forma e funzione della struttura: saranno di certo di grande aiuto i carotaggi dei geoarcheologi che in questi giorni indagano l’andamento del fiume e l’estensione della foce del Cottone in epoca antica.

Segesta, dopo vent’anni finalmente tornano le visite nel tempio ..Il dirigente del Dipartimento ai beni culturali “Sez Sicurezza” non ha mai curato finora un progetto adeguato

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Riapre al pubblico, dopo quasi vent’anni, il cuore del tempio dorico di Segesta.Il Dipartimento ai beni culturali   non ha mai curato finora con la sezione Sicurezza un progetto adeguato per restituire il bene al pubblico  Una vergogna.

Da oggi i visitatori potranno accedere all’interno del maestoso edificio sacro, che finora era stato possibile ammirare solo dall’esterno per motivi di sicurezza, durante tutta la giornata e anche durante alcune aperture serali.

«Il governo Schifani – sottolinea l’assessore regionale ai Beni culturali e all’identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato – aggiunge un altro tassello alla migliore fruizione di questo straordinario sito archeologico.  Le recenti scoperte nell’area della cosiddetta Casa del Navarca, nell’acropoli sud dell’insediamento, ossia l’antica strada lastricata che tagliava Segesta e l’altare decorato di età ellenistica, e la grande attenzione che hanno suscitato confermano che bisogna investire negli scavi archeologici e nell’arricchimento dell’offerta culturale accessibile al pubblico».

All’interno del tempio si troverà anche una delle installazioni di Elyma di Gandolfo Gabriele David, innescando riflessioni sul senso del sacro e sul rapporto con la natura. La mostra, curata dallo storico dell’arte Lori Adragna e dal direttore del Parco archeologico di Segesta, Luigi Biondo, organizzata da MondoMostre per il Parco archeologico, si snoda in un percorso punteggiato dalle opere e arricchito da una sezione curata dalle archeologhe Maria Cecilia Parra e Chiara Michelini, impegnate da anni nelle indagini archeologiche dei siti siciliani di Segesta e di Entella.

La mostra è stata inaugurata ieri sera alla presenza, tra gli altri, del dirigente generale del dipartimento Beni culturali e dell’identità siciliana, Mario La Rocca, e del direttore del Parco, Biondo. Sarà visitabile fino al 19 maggio 2024.

Prevista anche un’apertura serale del tempio, oggi, domani e domenica 9 luglio, poi 14, 15 e 16 luglio, 1, 2 e 3 settembre, dalle 20 alle 24. Il tempio, inoltre, resterà aperto durante le serate dal 21 al 23 luglio e dal 28 luglio al 27 agosto, in base alla programmazione rispettivamente del KFestival – festival di letteratura e del Segesta Teatro Festival. 

 

Pantelleria, recuperato dai fondali un caccia Macchi 202 Folgore della seconda guerra mondiale

 

 

immagine assessore

 

 

Recuperati a Pantelleria, dai fondali in località Mursia, i resti di un aereo della seconda guerra mondiale. Si tratta di un caccia intercettatore Macchi C.202 Folgore, inabissatosi a 30 metri di profondità nel 1943. L’operazione di recupero è stata realizzata congiuntamente dall’Aeronautica militare – Distaccamento aeroportuale di Pantelleria, dalla Soprintendenza del mare della Regione Siciliana e dalla Guardia costiera – Ufficio circondariale di Pantelleria con l’ausilio del 3° Nucleo subacquei della Guardia costiera di Messina.

«Il mare – afferma l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato – ci restituisce una testimonianza della nostra storia recente, grazie a un intervento condotto con grande professionalità da tutti i soggetti che si sono spesi affinché la riemersione di tutte le parti del caccia potesse essere portata a termine. L’aereo recuperato assume grande importanza sia per ciò che rappresenta nella storia dell’Aeronautica militare italiana sia per la memoria dei drammatici frangenti del conflitto mondiale che interessarono l’isola di Pantelleria».

Del velivolo, individuato in fondo al mare già nel 2010, era già stata recuperata l’elica tripala metallica prodotta dalla Piaggio (un’elica a passo variabile in volo e velocità costante del diametro di oltre tre metri), già musealizzata nella sede dell’Aeronautica Militare di Pantelleria.

La storia del velivolo Macchi C.202

L’aereo fu progettato dalla italiana Aeronautica Macchi e rimase in produzione tra il 1941 ed il 1943; si trattava di un caccia intercettatore diurno interamente metallico, monomotore, monoposto, monoplano ad ala bassa a sbalzo con carrello retrattile. Impiegato nella seconda guerra mondiale dalla Regia Aeronautica, era equipaggiato inizialmente con il motore tedesco DB 601A, in seguito costruito su licenza dall’Alfa Romeo, e montava un armamento di due mitragliatrici da 12,7 mm, cui vennero aggiunte nelle serie successive, due armi alari da 7,7 mm. Dotato di tutte le caratteristiche più moderne per un caccia dell’epoca, come ipersostentatori e tettuccio chiuso, trovò il suo utilizzo privilegiato nello scacchiere del Nord Africa, dove si alternarono gran parte degli stormi che impiegarono il “Folgore”.

Il velivolo recuperato a Pantelleria è un Macchi C.202 bis serie XI, dotato del più potente motore DB605. Dalle informazioni fino ad ora disponibili, si sa che fu costruito dalla ditta Breda di Milano nel Novembre del 1942 e che probabilmente fu abbattuto mentre difendeva Pantelleria dai bombardamenti anglo-americani durante le fasi finali della operazione Corkscrew a Giugno del 1943.

 

L’inquadramento storico

I mari e i cieli della Sicilia furono teatro di intensi e drammatici avvenimenti bellici nel corso della seconda guerra mondiale, fino (e oltre) allo sbarco del 10 luglio 1943. L’operazione “Husky”, avviata dalle truppe alleate con l’obiettivo di aprire sul suolo italiano un fronte per l’Europa continentale, trovò nell’antefatto della conquista dell’isola di Pantelleria uno dei punti di partenza. Battezzata dagli inglesi “la Gibilterra italiana” e definita da Winston Churchill “una spina nel fianco”, l’isola di Pantelleria è stata al centro di operazioni preventive finalizzate all’eliminazione dei presidi strategici presenti sulle isole a Sud della Sicilia.

Dopo la resa delle forze dell’Asse in Africa settentrionale tra l’11 e il 12 maggio 1943, gli Alleati iniziarono i preparativi dello sbarco in Sicilia del 10 luglio, avviando l’operazione “Corkscrew”, così da togliere finalmente il “tappo” che ostruiva il Canale di Sicilia. Il primo e più importante obiettivo fu l’isola di Pantelleria, per i suoi impianti radar, il campo d’aviazione e l’annesso l’hangar “Nervi”, l’aviorimessa protetta più grande dell’epoca che poteva accogliere fino a 80 aerei. Dal 9 maggio al 11 giugno 1943 l’isola venne bombardata continuamente dagli aerei Usaf e Raf e, in seguito, isolata via mare da un blocco navale. La guarnigione dell’isola si arrese l’11 giugno 1943 dopo quasi un mese di bombardamenti aerei durante i quali furono sganciate oltre 6.200 tonnellate di bombe.

Nei suoi fondali giacciono, come testimonia questo recupero, molteplici relitti di mezzi navali e aerei, testimoni drammatici di una vicenda terribile e nel contempo grandiosa, di cui ricorre quest’anno l’ottantesimo anniversario.

 

Ad aprile di quest’anno è stata realizzata una documentazione video-fotografica completa, un rilievo fotogrammetrico e una ricostruzione tridimensionale di dettaglio del relitto. Inoltre, è stato riportato alla luce il propulsore dell’aereo: un motore 12 cilindri invertito.

Grazie all’intervento del 3° Nucleo subacquei della Guardia costiera di Messina, infine, nei giorni scorsi è stata completato il delicato intervento di recupero del piano alare. Grazie a un supporto metallico creato direttamente sul fondale di 30 metri e l’utilizzo di palloni di sollevamento, con una operazione durata due giorni è stato riportato in superficie, dopo 80 anni di permanenza sul fondo del mare, il fragile reperto che conserva ancora intatte molte delle sue componenti.

Tutti i reperti sono stati collocati nella base dell’Aeronautica militare di Pantelleria per il primo trattamento di desalinizzazione. Un’attività multidisciplinare di studio già avviata da qualche mese, e alcuni interventi di consolidamento strutturale e restauro, consentiranno a breve di esporre il velivolo ricomposto all’interno del contenitore naturalmente vocato, l’hangar “Nervi”, sulla stessa isola.

Taormina, riapre domani “Isola Bella”

 

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Riapre al pubblico da domani venerdì 23 giugno Isola Bella, il sito di interesse storico, culturale e naturalistico gestito dal Parco archeologico Naxos Taormina, al termine dei periodici lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria. Negli ultimi tre anni il Parco, diretto da Gabriella Tigano, ha realizzato vari interventi di manutenzione, inclusi lavori di somma urgenza seguiti alla violenta mareggiata di febbraio scorso, per oltre mezzo milione di euro (546 mila euro). 

«Isola Bella – commenta Francesco Scarpinato, assessore ai Beni culturali e all’identità siciliana – è uno dei simboli più iconici della Sicilia, amatissima dai visitatori che ogni anno la popolano soprattutto in estate. Fondamentali gli interventi di manutenzione, complessi per logistica e impegnativi sotto il profilo economico, pianificati dalla direttrice Tigano durante il periodo invernale e che oggi consentono a residenti e visitatori un’eccezionale esperienza di visita dell’isolotto e della sua originale villa, un unicum nel patrimonio della Regione Siciliana, che include anche preziosi reperti subacquei».

Circondata dal mare e collegata alla terraferma da un sottile istmo di terra soggetto ai cicli fisiologici di bassa e alta marea, Isola Bella è un sito delicatissimo che ogni anno necessita di complessi lavori di manutenzione programmati durante la bassa stagione

dal Parco Naxos Taormina. Lavori che interessano prevalentemente la storica Villa Bosurgi, esempio di bioarchitettura ante-litteram per la conformazione a padiglioni mimetizzati fra le naturali rientranze delle rocce e il lussureggiante parco botanico. 

Quello appena concluso, che ha interessato principalmente la storica dàrsena – in cui approdavano le barche degli ospiti o le scorte di cibo per i lunghi soggiorni della famiglia Bosurgi – è il terzo intervento straordinario a cura del Parco, che ha ristrutturato, fra le altre cose, i due piani del corpo principale e le spettacolari terrazze protese sul mare, la piscina coperta, la piscina all’aperto (in cui è stata installata una rete di protezione) e i sentieri immersi nel verde. 

Gli interventi hanno consentito, grazie all’ausilio di rocciatori esperti di edilizia acrobatica, di mettere in sicurezza anche il costone di roccia prospiciente la piscina all’aperto e di ancorare un pino marittimo inclinato, che rischiava di abbattersi sui sentieri mettendo a rischio l’incolumità dei visitatori. In seguito alle violenti piogge e mareggiate che hanno flagellato lo scorso febbraio la costa ionica e alterato il litorale di diversi comuni, è stato necessario un intervento imprevisto e di somma urgenza per ripristinare i sottoservizi che collegano l’isolotto alla terraferma, spostati dalla loro sede abituale dall’urto di ondate e marosi. 

Adesso, conclusi i lavori, Isola Bella, con il suo labirinto di sentieri nel verde, le porte segrete incardinate nella roccia, il piccolo museo con la sezione dei reperti di archeologia subacquea e la mostra sulla storia dell’isola, torna pienamente fruibile tutti i giorni, dalle 9 alle 19. Il costo del biglietto è invariato: intero 4 euro, ridotto 2 euro. 

Taormina-Naxos Archeofilm, dal 14 luglio parte il Festival del cinema,tra altri il critico prof Vittorio Sgarbi

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Al via, dal 14 luglio, la prima edizione di Taormina-Naxos Archeofilm, il festival del cinema internazionale di archeologia, arte e ambiente. In programma quattro serate: il 14 e 16 al Teatro Antico di Taormina, il 15 e 17 al Parco archeologico – Teatro della Nike di Giardini Naxos. Ospiti Donatella Bianchi, volto della trasmissione “Linea blu”, Emilio Casalini, conduttore del programma “Generazione Bellezza” e il critico d’arte Vittorio Sgarbi. Saranno consegnati due premi: il “Taormina – Naxos Archeofilm”, per la pellicola più gradito al pubblico, e il “Sebastiano Tusa”, assegnato alla personalità che si è distinta nella comunicazione dei beni culturali. 

Un progetto di grande respiro culturale pensato per le famiglie, per i ragazzi e per gli appassionati del mondo antico, prodotto e organizzato dal Parco archeologico Naxos Taormina e dalla Fondazione Tusa, in collaborazione con Firenze Archeofilm e Archeologia Viva che, nell’arco di quattro giorni, proporrà al pubblico proiezioni di film-capolavoro selezionati a livello mondiale, incontri con i protagonisti della comunicazione, dibattiti e confronti sulle grandi civiltà del passato.

«Manifestazioni come l’Archeofilm – dice l’assessore ai Beni culturali Francesco Paolo Scarpinato – hanno una grande valenza socio-culturale. Da un lato avvicinano le famiglie e i visitatori ai temi dell’archeologia, della tutela dei beni culturali e delle grandi scoperte degli studiosi che, dal mito di Troia ai dinosauri fino alle più recenti missioni di scavo nei mari siciliani, affascinano da sempre grandi e piccini, dall’altro sono un’occasione imperdibile per vivere la natura autentica dei monumenti di Taormina e Naxos e la loro storia».

Unica tappa in Sicilia, il “Taormina Naxos Archeofilm” s’inserisce nel quadro delle iniziative di Firenze Archeofilm, casa madre del grande “festival diffuso” organizzato dalla rivista “Archeologia Viva.

 

IL PROGRAMMA

Dinosauri, faraoni e il Cavallo di Troia. Un viaggio nel tempo e nello spazio che inizia dal documentario “Jurassic Cash” (Taormina, 14/7 durata 52’) sui collezionisti milionari di fossili di dinosauro, con un’opera che indaga sull’hobby controverso che può portare a una “corsa alle ossa” senza legge, passando per “Tutankhamon, i segreti del faraone” (Giardini Naxos, 15/7 durata 50’): un re guerriero che guida il pubblico alla scoperta del vero volto dell’enigmatico faraone bambino, fino ad approdare a “Il mistero del Cavallo di Troia” (Taormina, 16/7 durata 52’). Sulle tracce di un mito, per ripercorrere una delle storie più famose mai raccontate, con una domanda: e se il mito del cavallo non fosse vero?

La Sicilia sopra e sotto il mare. Tanti film dedicati alla Sicilia e proposti sul grande schermo tra cui: “L’antica nave del vino” (Taormina, 14/7 durata 28’) sulla scoperta di un relitto romano del II secolo avanti Cristo nel golfo dell’Isola delle Femmine, in provincia di Palermo; “Stromboli: a provocative island” (Giardini Naxos, 15/7 durata 11’) sulle testimonianze dei primi individui che popolarono l’affascinante, quanto ostile, isola vulcano. Infine, in onore a Tusa, il grande archeologo scomparso tragicamente nel 2019, sarà presentato il film: “Sulle orme di Sebastiano” (Taormina, domenica 16/7 durata 25’) un’occasione per ricordare il suo amore e impegno per l’archeologia, la ricerca e il mare.

 

“La Sicilia per i non vedenti, rendiamo fruibili i beni culturali e ambientali”: giovedì 8 a palazzo Zanca la presentazione del progetto realizzato dai Club Lions di Messina

 

 

Giovedì 8, alle ore 10, alla presenza del sindaco Federico Basile, nel corso di una conferenza stampa che si terrà nella Sala Falcone Borsellino di palazzo Zanca, cui prenderà parte l’assessore alla Cultura e al Turismo Vincenzo Caruso, sarà presentato il progetto “La Sicilia per i non vedenti, rendiamo fruibili i beni culturali e ambientali”, realizzato dai 5 Club Lions di Messina, Host, Ionio, Peloro, Tyrrhenum e Colapesce, coordinati dalla presidente di Zona Anna Capillo.

All’incontro con i giornalisti, parteciperanno la soprintendente per i Beni Culturali e Ambientali di Messina Mirella Vinci, i presidenti dei Lions messinesi rispettivamente dei club, “Host” Santo Morabito; “Ionio” Giuseppe Ruggeri;“Peloro” Maria Gabriella Urso; “Tyrrhenum” Giacomo Dugo; “Colapesce” Consuelo Maisano; il presidente della III circoscrizioneAndrea Donsì e la referente Marisa Volpini; il delegato al Service Distrettuale “La Sicilia per i non vedenti” Ignazio Caloggero; la coordinatrice distrettuale Area Progettualità Lucrezia Lorenzini; e il Past Governatore del Distretto Lions 108Yb Sicilia Francesco Freni Terranova.

Il progetto, patrocinato dal Comune e dalla Soprintendenza di Messina, è finalizzato all’abbattimento delle barriere sensoriali, all’integrazione socio-culturale e alla mobilità autonoma per i non vedenti e ipovedenti, al fine di promuovere e favorire l’inclusione sociale nell’ambito delle varie iniziative di utilità sociale e culturale promosse dal Distretto Lions 108Yb Sicilia, Governatore Maurizio Gibilaro.

Nella fattispecie saranno donate nel corso dell’incontro sei targhe “braille” munite di QR code con testo audio in lingua italiana e inglese per essere collocate a margine della cartellonistica turistica già esistente, allo scopo di rendere fruibilie accessibili a non vedenti e ipovedenti alcuni beni culturali del centro storico cittadino in particolare, il Duomo e il Campanile, la Statua dell’Immacolata, la Statua di Don Giovanni d’Austria, la Chiesa dei Catalani e la Statua di Messina. L’iniziativa si inserisce anche nell’ambito di un progetto di trekking urbano, condiviso dai Club Lions di Messina promosso dal Lions e Leo Club Messina Ionio, redatto da Filippo Grasso delegato Distrettuale Lions per lo sviluppo del Turismo territoriale – borghi e antichi cammini.