NEL SUD E’ NAPOLI CHE, SECONDO L’ISTAT,E’ LA CAPITALE ITALIANA DELL’INFLAZIONE

Mercato immobiliare di Napoli: il centro storico trascina i prezzi ...

Napoli presenta molti aspetti pieni di criticità. Lo sappiamo ma l’Istat lo conferma con i numeri. Il potere d’acquisto delle famiglie diminuisce progressivamente e su tanti lavoratori incombe lo spettro della disoccupazione. Ma aumentano pure i prezzi dei beni di consumo. Lo strano fenomeno riguarda Napoli che, secondo gli ultimi dati Istat, è la capitale italiana dell’inflazione, a dispetto di una tendenza deflattiva piuttosto diffusa sul territorio nazionale. E lo stesso primato, tra le regioni, spetta alla Campania.

L’aumento del costo della vita in poche città è una tendenza emersa dai dati sull’inflazione, divulgati dall’Istat e rielaborati su un campione di Comuni con più di 150mila abitanti. L’incremento del tasso di inflazione registrato a Napoli nel mese di giugno è dello 0,7%, lo stesso dato di maggio. A pesare soprattutto i settori alimentare e abbigliamento.

Napoli è in controtendenza rispetto al Settentrione e rispetto a buona parte del Mezzogiorno. «Mentre il resto d’Italia è in deflazione a giugno, al Sud – spiega l’Istat – i prezzi crescono, anche se solo dello 0,1%. Il Sud è l’unica area del Paese con numeri positivi e ospita una delle grandi città con i maggiori rincari, Napoli, che insieme con Bolzano e Perugia guida la classifica dello 0,7%.». 

Il primato di Napoli — è la conferma di una tendenza che era stata già anticipata nelle scorse settimane, quando le valutazioni sul costo della vita apparivano ancora premature. . Secondo uno studio recente della Commissione Europea, i prezzi al consumo in Italia nel 2020 dovrebbero rimanere stabili. I dati sull’inflazione, rielaborati dall’Unione consumatori, a Napoli e in Campania – dove l’incremento è dello 0.5% – risultano sorprendenti soprattutto per la differenza con le altre città del Mezzogiorno. In tutto il Sud Italia, il dato rilevato dall’Istat per giugno 2020 segnala un aumento dello 0,1%. E sull’intero territorio nazionale la media è negativa, con un -0,2%. 

Nelle grandi città la tendenza deflattiva è ancora più accentuata, con il -0,5% di Roma e il – 0,8% di Milano. È evidente che l’incremento dei prezzi dei beni di prima necessità- a partire dagli alimentari- abbia contribuito in maniera significativa a determinare l’aumento dell’inflazione.

. L’Unione nazionale Consumatori ha provato a tradurre in termini numerici l’aumento dell’inflazione su base percentuale, proiettandolo su un arco temporale di un anno. Un lavoratore- tipo a tempo pieno, con una retribuzione media di 1440 euro netti mensili, ha perso in questo periodo di fermo a casaoltre 480 euro mensili ad aprile e maggio. Il rincaro dei prezzi, in questo momento, risulta davvero inspiegabile.

 

Istat; disoccupazione sale al 7,8

 

Istat senza vertice, incognita su chi arriverà dopo Alleva ...

OCCUPATI E DISOCCUPATI (MENSILI)

A maggio continua il calo degli occupati (-84 mila). Tasso di disoccupazione al 7,8% (+1,2 p.p.)

torna a crescere il numero di persone in cerca di lavoro, a fronte di un marcato calo dell’inattività. Dopo due mesi di decisa diminuzione, aumenta anche il numero di ore lavorate pro capite. La diminuzione dell’occupazione su base mensile (-0,4% pari a -84mila unità) coinvolge soprattutto le donne (-0,7% contro -0,1% degli uomini, pari rispettivamente a -65mila e -19mila), i dipendenti (-0,5% pari a -90mila) e gli under 50 mentre aumentano leggermente gli occupati indipendenti e gli ultracinquantenni. Nel complesso il tasso di occupazione scende al 57,6% (-0,2 punti percentuali).

Ad aprile 2020 occupati in calo su base mensile (-274mila). Tasso di disoccupazione al 6,3% (-1,7 punti)

OCCUPATI E DISOCCUPATI (MENSILI)

A marzo 2020 occupati in lieve calo (-27mila). Tasso di disoccupazione all’8,4% (-0,9 punti percentuali)

febbraio 2020 occupazione sostanzialmente stabile. Tasso di disoccupazione al 9,7% (-0,1 p.p.)

Si registra pure la diminuzione del numero di inattivi (-1,6%, pari a -229mila unità): -1,7% tra le donne (pari a -158mila unità) e -1,3% tra gli uomini (pari a -71mila), con conseguente calo del tasso di inattività che si attesta al 37,3% (-0,6 punti). Il calo congiunturale dell’occupazione, spiega Istat, determina una flessione rilevante anche rispetto al mese di maggio 2019 (-2,6% pari a -613mila unità), che coinvolge entrambe le componenti di genere, i dipendenti temporanei (-592mila), gli autonomi (-204mila) e tutte le classi d’età; le uniche eccezioni risultano essere gli over50 e i dipendenti permanenti (+183mila). Il tasso di occupazione scende in un anno di 1,5 punti. Inoltre, nell’arco dei dodici mesi, calano in misura consistente le persone in cerca di lavoro (-25,7%, pari a 669mila unità), mentre aumentano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+8,7%, pari a +1 milione 140mila).

Su base trimestrale, confrontando il periodo marzo-maggio 2020 con quello precedente (dicembre 2019-febbraio 2020), l’occupazione risulta in evidente calo (-1,6%, pari a -381mila unità) per entrambe le componenti di genere. Diminuiscono nel trimestre anche le persone in cerca di occupazione (-22,3% pari a -533mila), mentre aumentano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+6,6% pari a +880mila unità).

A gennaio occupati in lieve calo (-40mila). Tasso di disoccupazione stabile al 9,8%.

L’Istat: “Il Pil diminuisce con flessioni del 5,3%, i consumi delle famiglie riportano una contrazione di -4..”

Istituto nazionale di statistica - Wikipedia

L’ Istat-l’Ente che esegue continue rilevazioni periodiche e valutazioni – interviene nel dibattito economico -sociale e corregge al ribasso le stime preliminari diffuse il 30 aprile scorso.

“La stima completa dei conti economici trimestrali conferma la portata eccezionale della diminuzione del Pil nel primo trimestre con flessioni del 5,3% in termini congiunturali e del 5,4% in termini tendenziali mai registrate dal primo trimestre del 1995. Nella stima preliminare il calo era risultato del 4,7%”. E’ il commento dell’Istat ai dati, che correggono al ribasso le stime preliminari diffuse il 30 aprile.

Nel primo trimestre del 2020 il prodotto interno lordo, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito del 5,3% rispetto al trimestre precedente e del 5,4% nei confronti del primo trimestre del 2019, rileva l’Istat. La flessione congiunturale del Pil diffusa il 30 aprile 2020 era stata del 4,7% mentre quella tendenziale era stata del 4,8%. Il primo trimestre del 2020 ha avuto lo stesso numero di giornate lavorative del trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al primo trimestre del 2019. La variazione acquisita per il 2020 è pari a -5,5%.

La domanda nazionale al netto delle scorte – sostiene ancora l’Istat – ha contribuito per -5,5 punti percentuali alla contrazione del Pil: -4 i consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private Isp, -1,5 gli investimenti fissi lordi e -0,1 la spesa delle Amministrazioni Pubbliche. Per contro, la variazione delle scorte ha contribuito positivamente alla variazione del Pil per 1 punto percentuale, mentre il contributo della domanda estera netta è risultato pari a -0,8 punti percentuali.

A trascinare la caduta del Pil è stata soprattutto la domanda interna (incluse le scorte), mentre quella estera, anch’essa in calo, ha fornito un contributo negativo meno marcato (-0,8 punti percentuali). Sul piano interno, l’apporto dei consumi privati è stato fortemente negativo per 4 punti e quello degli investimenti per 1,5, mentre un ampio contributo positivo (+1 punto percentuale) è venuto dalla variazione delle scorte. Alla contrazione dell’attività produttiva ha corrisposto una decisa riduzione dell’input di lavoro in termini sia di ore lavorate sia di Ula, mentre le posizioni lavorative hanno registrato una sostanziale stabilità.

L’Istat: “l’indebitamento degli Enti pubblici è pari a -2,2% con revisione al peggioramento”

 

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 Le stime del Pil per il 2018 si attestano secondo l’Istat  a +0,8% invece del +0,9% previsto ad aprile scorso, con una revisione in calo di 0,1 punti percentuali. Per il 2017 il dato viene invece confermato a +1,7%.

“Nel 2018 il pil ai prezzi di mercato -avverte il Comunicato Stampa dell’Istat-risulta pari a 1.765.421 milioni di euro correnti, con una revisione al rialzo di 8.439 milioni rispetto alla stima di aprile scorso. Per il 2017 il livello del pil risulta rivisto verso l’alto di 9.220 milioni di euro. Nel 2018 il tasso di crescita del pil in volume è pari a 0,8%, con una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali rispetto alla stima di aprile. Sulla base dei nuovi dati, il pil in volume è cresciuto nel 2017 dell’1,7%, con una revisione nulla rispetto alla stima di aprile; il tasso di crescita del 2016 è stato rivisto all’1,3% dall’1,1% della stima precedente. Nel 2018 gli investimenti fissi lordi sono cresciuti in volume del 3,2%, i consumi finali nazionali dello 0,7%, le esportazioni di beni e servizi dell’1,8% e le importazioni del 3,0%.

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Il valore aggiunto, a prezzi costanti, è aumentato dello 0,7% nel settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, del 2,0% nell’industria in senso stretto, dello 0,6% nel settore dei servizi e del 2,4% nelle costruzioni. Per l’insieme delle società non finanziarie, la quota di profitto è pari al 42,2% e il tasso di investimento al 21,3%.

Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici ha segnato nel 2018 una crescita dell’1,8% in valore nominale e dello 0,9% in termini di potere d’acquisto. Poiché il valore dei consumi privati è aumentato dell’1,7%, la propensione al risparmio delle famiglie è rimasta quasi stabile, passando dall’8,0 all’8,1%.

L’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è pari nel 2018 a -2,2 % (-2,4 % nel 2017), con una lievissima revisione in peggioramento (+0,2 punti percentuali) rispetto alla stima pubblicata ad aprile

 

Netto recupero dell’attività industriale: l’Italia esce finalmente dalla recessione e dalla crisi economica

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Foto Archivio Sud Libertà

L’Istat esalta una ripresa dell’economia italiana con + 0,2 quale recupero dell’attività registrata nei trimestri precedenti.

‘Questa stima preliminare “ha, come di consueto, natura provvisoria- spiega l’Istat- e si basa su una valutazione dal lato dell’offerta che indica un netto recupero dell’attività industriale e contributi positivi sia del settore agricolo, sia dell’insieme del terziario”.

Il +0,2% congiunturale stimato per il primo trimestre 2019 fa dunque  uscire l’Italia dalla recessione tecnica in cui era entrata con il -0,1% fatto registrare nel terzo e quarto trimestre dello scorso anno. Ma il valore concatenato del Pil dei primi tre mesi del 2019 – 404,077 miliardi di euro – mostra in pratica un ritorno ai livelli del secondo trimestre 2018 – 404,028 miliardi – e vicinissimi ai 403,808 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno, confermando il giudizio espresso dall’Istat di un “sostanziale ristagno del Pil”.

Resta il problema della disoccupazione -cronica – al Sud e in Sicilia in particolare. 

 

Comunicato Istat: i Conti pubblici non tornano

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Foto d’Archivio Sud Libertà- L’Istituto nazionale di statistica

Le previsioni del governo non si stanno avverando, afferma un comunicato Istat pervenuto in redazione.Nel 2018 il Pil italiano ai prezzi di mercato è stato pari a 1.753.949 milioni di euro correnti, con un aumento dell’1,7% rispetto all’anno precedente. Quindi il Pil è aumentato dello 0,9%Dato inferiore, quindi, rispetto all’1% previsto dal governo.

In termini di volume, l’Istat evidenzia una crescita della domanda interna nel 2018 pari al 3,4% degli investimenti fissi lordi e dello 0,5% dei consumi finali nazionali.

Per  i flussi con l’estero, le esportazioni di beni e servizi sono aumentate dell’1,9% e le importazioni del 2,3%. La domanda interna ha contribuito positivamente alla crescita del Pil per 1,0 punti percentuali (+0,9 al lordo della variazione delle scorte) e la domanda estera netta negativamente, per 0,1 punti. A livello settoriale, il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume nelle costruzioni (+1,7%), nell’industria in senso stretto (+1,8%), nell’agricoltura, silvicoltura e pesca (+0,9%) e nelle attività dei servizi (+0,7%).

CONTI PUBBLICI – L’Istat segnala pure una  crescita dell’avanzo primario (ovvero l’indebitamento netto meno la spesa per interessi) che lo scorso anno è stato pari all’1,6% del Pil (era all’1,4% nel 2017) nel 2018 l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche è stato del -2,1%, a fronte del -2,4% del 2017.

L’Istat: la produzione industriale registra un ‘ulteriore flessione, è allarme dati negativi

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(Archivio Sud Libertà)

Ancora nebbia sull’attività governativa e sull’economia . L’Istat comunica che a dicembre 2018 l’indice è diminuito in termini tendenziali del 5,5% (i giorni lavorativi sono stati 19 contro i 18 di dicembre 2017). Nella media del 2018 la produzione è cresciuta dello 0,8% rispetto all’anno precedente. Nel complesso del quarto trimestre il livello della produzione registra una flessione dell’1,1% rispetto ai tre mesi precedenti.

L’indice destagionalizzato mensile mostra un lieve aumento congiunturale solo nel comparto dei beni intermedi (+0,1%); diminuiscono invece in misura marcata i beni di consumo (-2,9%) e l’energia (-1,5%) mentre i beni strumentali registrano una variazione nulla. Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano a dicembre 2018 un’accentuata diminuzione tendenziale per i beni di consumo (-7,2%) e per i beni intermedi (-6,4%); diminuzioni più contenute si osservano per l’energia (-4,4%) e per i beni strumentali (-3,5%). Tutti i principali settori di attività economica registrano variazioni tendenziali negative. Le più rilevanti sono quelle dell’industria del legno, della carta e stampa (-13,0%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-11,1%) e della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-7,9%).

– “L’indicatore anticipatore ha registrato una marcata flessione, prospettando serie difficoltà di tenuta dei livelli di attività economica”, l’allarme lanciato dall’Istat nella nota mensile, dove ricorda il dato negativo del Pil nel quarto trimestre 2018, la “seconda variazione congiunturale negativa consecutiva, determinata da una nuova flessione della domanda interna”. L”istituto di statistica sottolinea anche come il “rallentamento dell’economia internazionale si è prolungato anche nell’ultima parte dello scorso anno, colpendo in particolare il settore industriale e la domanda internazionale”.

(comunicazione Istat)

ISTAT: SCENARIO DI RECESSIONE DELL’ECONOMIA – IL PIL DIMINUISCE ANCORA

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L’Istat con un comunicato stampa disegna lo scenario economico attuale .Diminuzione del Pil nel quarto trimestre 2018, dopo quello del terzo trimestre. Si stima che il prodotto interno lordo (espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato) sia diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e sia aumentato dello 0,1% in termini tendenziali. Il quarto trimestre dello scorso anno ha avuto una giornata lavorativa in meno rispetto al precedente e due giornate lavorative in più rispetto al quarto trimestre del 2017.

– Nel terzo trimestre 2018, il Pil aveva registrato un calo dello 0,1% mentre nel secondo era cresciuto dello 0,1%. Infine, nel primo trimestre dello scorso anno, il prodotto interno lordo il aveva registrato una crescita dello 0,3%.

 Vincenzo Boccia,leader di Confidustria  sollecita il governo ad uscire dalla recessione comunicata dall’Istat. “A gennaio avremo un rallentamento superiore a quello registrato nell’ultimo trimestre del 2018 dato il rallentamento della Germania. Bisogna aprire immediatamente i cantieri, partendo dalla Tav” dice, bocciando per questo l’ipotesi di un referendum sulla Torino Lione. “Si dilaterebbero solo i tempi senza aiutare la crescita”.

COTTARELLI – Conte ha detto ‘è colpa del precedente governo’ ma il rallentamento che c’è adesso, questa recessione qui, non può essere colpa del precedente Governo”  informa Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’università Sacro Cuore di Milano. “Quello che è vero è che i gialloverdi – aggiunge l’economista ex commissario alla spending review – hanno ereditato dal passato cose un enorme debito pubblico, e da lì ci siamo portati dietro questa cosa che nessun Governo è riuscito a risolvere in maniera decisiva. Dopo il tentativo fatto negli anni ’90, con qualche risultato, di mettere a posto la finanza pubblica, poi con gli ultimi 15 o 20 anni non ci siamo mai riusciti”.  Adesso Cottarelli  teme una crisi duratura che potrebbe provocare l’idea di aggiungere una tassa patrimoniale sulla ricchezza.

 

Produzione industriale scende vertiginosamente: l’industria è quasi a terra

 

La produzione industriale secondo i dati diffusi dall’Istat sta andando kaputt ,è scesa del 2,6% rispetto allo stesso mese del 2017. Vi è  anche una diminuzione dell’1,6% rispetto a ottobre. L’indice destagionalizzato mensile mostra un aumento congiunturale solo nel comparto dell’energia (+1,0%); variazioni negative registrano, invece, i beni intermedi (-2,4%), i beni strumentali (-1,7%) e i beni di consumo (-0,9%). Nella media dei primi undici mesi dell’anno la produzione è cresciuta dell’1,2% rispetto all’anno precedente.

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Su base annua gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano una moderata crescita solo per i beni di consumo (+0,7%); diminuzioni rilevanti si osservano, invece, per i beni intermedi (-5,3%), per l’energia (-4,2%) e, in misura più contenuta, per i beni strumentali (-2,0%).

I settori di attività economica con variazioni annue positive sono le industrie alimentari, bevande e tabacco (+2,7%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+1,3%) e le altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+1,1%). 
Le maggiori flessioni si rilevano, viceversa, nell’industria del legno, della carta e stampa (-10,4%), nell’attività estrattiva (-9,7%) e nella fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-6,7%).

L’ISTAT: PIL IN RIBASSO(0,1), DISOCCUPAZIONE IN RIALZO (10,6), SUD, SICILIA, REALTA’ DRAMMATICHE

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L’Istituto di statistica nazionale comunica le seguenti osservazioni:” Si  rivede al ribasso il dato del Pil italiano del terzo trimestre che, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dello 0,7% nei confronti del terzo trimestre del 2017. Si tratta per entrambi i valori di un calo di 0,1 punti rispetto alla stima Pil diffusa il 30 ottobre scorso.

Si deve  risalire al -0,1% registrato nel secondo trimestre del 2014 per trovare un segno meno davanti al dato congiunturale del Pil italiano, mentre l’ultimo ‘zero’ risale all’ultimo trimestre dello stesso anno. Da allora la serie Istat mostra 14 trimestri consecutivi di crescita, con un massimo a +0,5% messo a segno fra la fine del 2016 e il primo trimestre 2017.

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La flessione “segue una fase di progressivo rallentamento della crescita” ed “è dovuta essenzialmente alla contrazione della domanda interna, causata dal sovrapporsi di un lieve calo dei consumi e di un netto calo degli investimenti, mentre l’incremento delle esportazioni, pur contenuto, ha favorito la tenuta della componente estera”.

Altri appunti comunicati dall’Istat :”l’input di lavoro è aumentato, nonostante l’andamento negativo dell’attività: le ore lavorate sono cresciute dello 0,5% e le unità di lavoro dello 0,1%”. Fra le principali economie europee, solo la Germania – con il suo -0,2% – ha registrato un andamento congiunturale negativo nel terzo trimestre, mentre la Francia ha messo a segno +0,4%, la Spagna +0,6% e il Regno Unito +0,6%.

Si apprende infine dall’Istat che la disoccupazione ad ottobre sale al 10,6% (+0,2 punti percentuali su base mensile) mentre quello giovanile aumenta lievemente e si attesta al 32,5% (+0,1 punti). Per il secondo mese consecutivo cresce anche la stima delle persone in cerca di occupazione (+2,4%, pari a +64mila unità). Dopo il calo del mese scorso, la stima degli occupati a ottobre 2018 risulta sostanzialmente stabile: il tasso di occupazione (pari al 58,7%) non fa registrare variazioni congiunturali.  Per chi ama le statistiche questi dati riportati hanno una valenza significativa.La situazione non cambia nel Sud ,in Sicilia dove i giovani specializzati  preferiscono andare via per un lavoro stabile….