Un vergognoso fenomeno in crescita , da reprimere senza esitazione: truffe alle anziane donne in buona fede sole nell’abitazione

 

 

Foto di repertorio

Foto di repertorio

 

Il Comando dei Carabinieri comunica che, nel rispetto dei diritti degli indagati (da ritenersi presunti innocenti in considerazione dell’attuale fase del procedimento, fino a un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile) e al fine di garantire il diritto di cronaca costituzionalmente garantito, che al termine di una complessa attività d’indagine, si è data esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di un 23enne gravemente indiziato di essere l’autore di una truffa ai danni di un’anziana, perpetrata a Bracciano nell’ottobre scorso.

La vittima era stata contattata al telefono da un uomo che, spacciandosi per il nipote in difficoltà, chiedeva di corrispondere all’ufficio postale una somma pari a 4.000 euro a titolo di contrassegno per un pacco in giacenza; subito dopo la vittima ha ricevuto un’altra telefonata da un uomo spacciatosi per direttore dell’ufficio postale, che confermando quanto detto dal finto nipote riferiva che un addetto si sarebbe presentato presso l’abitazione della donna per ritirare la somma pattuita.

Approfittando dell’evidente buona fede dell’anziana vittima, che ritenendo di aiutare il nipote in difficoltà, era completamente asservita alle insistenti richieste dei truffatori che sono tornati dalla donna più volte, fino a sottrarle denaro contante pari a 14.000 euro. Non paghi del provento accumulato, i malviventi si sono impossessati persino del bancomat della vittima, completo di Pin, oltre che di alcuni monili in oro, per poi prelevare ulteriori 3.000 euro presso due distinti sportelli bancomat, uno dei quali situato nel capoluogo campano, per una truffa record di oltre 20.000 euro.

“Sponsorizzavano candidati” di concorsi pubblici dietro forti somme di denaro. 14 misure di custodia cautelare

Concorsi truccati in polizia e Vigili del Fuoco, arresti

I Carabinieri della Compagnia di Alcamo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Trapani su richiesta della locale Procura della Repubblica nei confronti di 14 persone (1 in carcere, 3 ai domiciliari e 10 sottoposti all’obbligo di dimora) per cui si è ritenuto sussistano gravi indizi di colpevolezza, a vario titolo, per i reati di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, traffico di influenze illecite e abuso d’ufficio.
L’indagine, avviata dai Carabinieri nel giugno 2020, prende le mosse da pregresse risultanze investigative acquisite dalla Sezione Forestale presso la Procura di Trapani su presunti episodi corruttivi per il superamento delle prove d’esame (svolte tra il 2017 e il 2018) di alcuni concorsi pubblici.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, P.G. direttore ginnico sportivo e vice dirigente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, sfruttando sia le proprie conoscenze all’interno delle amministrazione pubbliche che il fatto di essere stato nominato in una delle sottocommissioni d’esame per le prove psico-motorie, si sarebbe impegnato a “sponsorizzare” alcuni candidati nelle diverse prove concorsuali, nonché a preparare fisicamente gli stessi, a fronte della promessa e successiva dazione di denaro (fino a € 3.500 a candidato per un posto nei vigili del fuoco e € 5000 nella polizia). 
In sintesi, secondo l’ipotesi accusatoria, il P. (destinatario della misura restrittiva in carcere) avrebbe celato dietro un’apparente scuola di preparazione per concorsi, un vero e proprio meccanismo illecito di collocamento nella pubblica amministrazione avvalendosi dei propri contatti con soggetti che rivestivano ruoli essenziali nelle procedure concorsuali in vari corpi dello Stato, in primis quello di appartenenza.
Tra i soggetti che, a vario titolo, avrebbero contribuito a falsare i concorsi, risultano complessivamente 10 dipendenti di diversi Corpi dello Stato, tra cui un Ispettore dei Vigili del Fuoco (poi sospeso dal servizio per altro procedimento analogo iscritto presso la Procura di Benevento), due poliziotti (quest’ultimi rispettivamente sottoposti alle misure cautelari degli arresti domiciliari e dell’obbligo di dimora dai colleghi della Squadra Mobile della Questura di Trapani) e gli stessi presunti corruttori, risultati vincitori di concorso grazie alle ipotizzate “sponsorizzazioni”.
Le indagini dei Carabinieri proseguono al fine di raccogliere ulteriori riscontri investigativi.

 

Operazione “Cocorito” a Catania: sequestro di droga ed associazione a delinquere, dietro le sbarre 13 malfattori

 

Operazione Cocorito - Stroncato cartello della droga

(Foto Stampa G.di Finanza)

 

Nell’ambito di articolate attività d’indagine coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Catania, con la collaborazione e il supporto dello SCICO (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata), hanno dato esecuzione un’ordinanza, emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale, con cui sono state disposte misure restrittive nei confronti 13 persone, sottoposte a indagine, a vario titolo, per associazione a delinquere e spaccio di sostanze stupefacenti.

Nel dettaglio, l’attività investigativa – svolta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catania – ha consentito di porre in luce e disarticolare due consorterie criminali operanti nel capoluogo etneo, dedite alla commercializzazione di elevati quantitativi di sostanze stupefacenti, e di sottoporre a sequestro, in più occasioni, oltre 367 kg di marijuana e cocaina.

In particolare, la prima associazione, promossa da due fratelli colombiani, coadiuvati da altri due cittadini del medesimo paese sudamericano, era dedita al traffico di cocaina. La seconda associazione criminale era a sua volta articolata in due gruppi.

Il primo, costituito da cittadini albanesi, ed è risultato attivo nell’importazione di importanti quantitativi di droga dall’Albania, poi rivenduti a organizzazioni operanti sul territorio siciliano. Il secondo gruppo si riforniva di stupefacente del tipo marijuana dal primo sodalizio, per poi rivenderlo a Catania.

Le investigazioni, condotte dalle unità specializzate antidroga del GICO del Nucleo di PEF della Guardia di finanza di Catania, hanno consentito, nel tempo, di effettuare sei interventi repressivi del traffico di stupefacente. In particolare, gli interventi, operati in provincia di Catania (Belpasso e Misterbianco) e a Messina, hanno consentito di pervenire al sequestro di 365 kg tra marijuana e cocaina, destinate al mercato catanese.

In esito alle complesse investigazioni eseguite dalle Fiamme Gialle etnee, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania, su richiesta della Finanza, tenuto conto, in particolare: degli ingenti quantitativi di stupefacente movimentati dalle associazioni criminali investigate; della notevole organizzazione e predisposizione di mezzi per importare lo stupefacente, ha disposto un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 13 soggetti, tutti sottoposti a indagine per i reati di associazione a delinquere e spaccio di sostanze stupefacenti.

Inoltre, nel corso degli interventi finalizzati all’esecuzione delle predette misure cautelari, sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro 500 grammi di marijuana e sono tratti in arresto in flagranza di reato, per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, due stretti congiunti di uno dei destinatari dell’ordinanza.

L’attività investigativa si colloca nel più ampio quadro delle attività poste in essere dalla Guardia finanza volte alla repressione della produzione e dello spaccio di sostanze stupefacenti e a tutela, in particolar modo, delle fasce più deboli della popolazione.

Messina, arrestato il responsabile dell’omicidio aggravato in danno del fratello

 

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MESSINA,

Un’ordinanza di applicazione misura cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto su richiesta della locale Procura della Repubblica, guidata dal Procuratore Capo E. C., è stata notificata ieri sera  dai Carabinieri di Barcellona P.G. al 25enne A. T. S. ritenuto responsabile del reato di omicidio aggravato, commesso in danno del fratello A.C.C., in data 19 maggio 2019 in località Femminamorta di Barcellona Pozzo di Gotto. 
Il provvedimento cautelare scaturisce dall’esito delle indagini svolte dai Carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto a seguito del rinvenimento del cadavere di A.C.C. avvenuto il 19 maggio 2019 in Contrada Posto della località Femminamorta di Barcellona Pozzo di Gotto. In particolare, quella notte, verso le ore due, A.T.S. dopo aver contattato il numero unico di emergenza 112 riferiva di aver rinvenuto il cadavere del fratello A.C.C. in località Femminamorta in quella contrada Posto, asserendo, nella circostanza, che il congiunto era verosimilmente precipitato dal balcone, da un’altezza di circa cinque metri. Giunti sul posto, i Carabinieri hanno effettuato gli accertamenti sullo stato dei luoghi e, con l’apporto tecnico del medico legale, provvedevano ad effettuare una preliminare ispezione cadaverica. Le prime evidenze permettevano di accertare che il decesso del giovane era da ricondurre ad una probabile frattura della base cranica. L’indagato, ascoltato nell’immediatezza dichiarava che, nel corso della serata, verso la mezzanotte, si era recato presso un bar della zona per riaccompagnare a casa il fratello che, poco prima, aveva avuto un diverbio con altri clienti del locale. Rientrati alla propria abitazione, il C.C. chiedeva al fratello T.S. di poter tornare al bar ove aveva trascorso la serata per recuperargli il cellulare che aveva accidentalmente dimenticato. Pertanto, il T.S. acconsentiva alla richiesta ma, al suo rientro, rinveniva il corpo esanime del fratello riverso nel giardino dell’abitazione.
Lo sviluppo delle indagini tuttavia forniva elementi distonici rispetto alle dichiarazioni dell’indagato. Anzitutto, la causa del decesso di A.C.C. secondo la consulenza medica, risulta dovuta ad un arresto cardio-circolatorio per grave trauma cranico con fracasso craniofacciale, causato da un oggetto di ingente peso e dotato di elevata energia cinetica, verosimilmente orientata dall’alto verso il basso. Inoltre, gli elementi probanti emersi dall’attività investigativa condotta dai Carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto, anche attraverso attività tecniche hanno permesso di smentire quanto dichiarato da A.T.S. In particolare le indagini svolte in ordine alla dinamica del decesso e dello stato dei luoghi hanno fatto emergere un risultato incompatibile con la versione fornita dal A.T.S. e con l’ipotesi della caduta accidentale in quanto sul corpo della vittima non sono state riscontrate lesioni e fratture degli arti superiori compatibili con una caduta da precipitazione ed erano inoltre presenti numerose escoriazioni derivanti da sfregamento contro una superfice rigida provocate, verosimilmente, dal trascinamento del corpo sul luogo del rinvenimento. Infine le attività tecniche hanno permesso di accertare ulteriori contraddizioni anche in riferimento all’arco temporale dei fatti narrati dall’arrestato.
Il G.I.P. del Tribunale di Barcellona P.G., condividendo la ricostruzione operata dall’Ufficio di Procura, a seguito dei convergenti elementi probatori acquisiti nel corso delle indagini dai Carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto, ha emesso l’Ordinanza di Applicazione della Misura Cautelare in Carcere a carico A.T. ritenuto responsabile del reato di omicidio aggravato in danno del fratello. Pertanto, ultimate le formalità di rito, l’arrestato è stato condotto presso la Casa Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto (ME) a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

 

Un marito -mostro rinchiuso nel carcere etneo: era arrivato al punto di far avere alla moglie rapporti sessuali con estranei

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Foto Archivio -Sud Libertà-

Su disposizione della Procura etnea un uomo trentaseienne è stato arrestato dai carabinieri per abusi e violenze familiari.

Il Gip nell’ordinanza di custodia cautelare  attesta  «azioni aberranti» compiute nei confronti della moglie «relegata ad una condizione di “donna oggetto” e privata della propria dignità di consorte e madre».

L’uomo inoltre, sempre in presenza dei tre figli minorenni, dicono gli investigatori, “avrebbe mantenuto un atteggiamento aggressivo, minaccioso e prevaricante nei confronti della moglie, prendendola spesso a calci e pugni in viso e nel corpo, fino ad arrivare a tentare di soffocarla. Ma non solo: diverse volte l’avrebbe costretta, alla sua presenza e in luoghi appartati, ad avere rapporti sessuali con estranei mentre più volte l’avrebbe minacciata di morte. In un’occasione l’avrebbe anche cosparsa di liquido infiammabile dicendole: «Ora ti do fuoco perché devi morire».     L’uomo -mostro adesso è rinchiuso nel carcere di Piazza Lanza di Catania.

 

NAPOLI EST: LA POLIZIA SMANTELLA IL CLAN MINICHINI AUTORE DI REATI CON METODO MAFIOSO

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Da stamani la Polizia di Stato sta eseguendo,nel quartiere Ponticelli, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.  Il blitz mira a smantellare un  agguerrito e pericoloso sodalizio criminale riconducibile al gruppo Minichini, ritenuto responsabile di attività criminali legate a rapine ed estorsioni, aggravate dal metodo camorristico/mafioso.


REGGIO CALABRIA: I CARABINIERI ARRESTANO TRE PERSONE PER REATI AGGRAVATI DAL METODO MAFIOSO

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REGGIO CALABRIA

– I  carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, il coordinamento della Dda reggina, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di tre persone, per reati di i omicidio, estorsione e porto e detenzione illegali di armi, con l’aggravante del metodo mafioso.
Le indagini sono scattate a seguito dell”omicidio a Seminara, dell’allevatore Fabio Giuseppe Gioffrè , ucciso il 21 luglio scorso in un agguato mafioso in cui rimase ferito un bambino di 10 anni di nazionalità bulgara.
Secondo gli investigatori che stanno svolgendo indagini  si è reso possibile ora approfondire   “le articolate dinamiche criminali del territorio della Piana di Gioia Tauro”, e di arrestare uno dei killer dell’omicidio.

SUD LIBERTA’, Quotidiano : pubblichiamo l’indagine e documenti della Procura di Ragusa

L’ ordinanza di custodia cautelare questa notte ha interessato dodici soggetti dopo  una lunga indagine a Ragusa sul traffico della droga. L’operazione ha consentito di scoprire minorenni spacciatori e addirittura scambio di sesso dietro consegna di droga nell’indagine coordinata dalle Procure della Repubblica di Ragusa (Dott. Marco Rota e Dott.ssa Giulia Bisello) e dei Minori di Catania (Dott.ssa Barbagallo).

Si apprende che , come già pubblicato, 35 uomini della Squadra Mobile (ufficio investigativo della Polizia di Stato), con l’ausilio della Squadra Volanti, hanno dato esecuzione ai provvedimenti emessi dall’Autorità Giudiziaria. Dieci i maggiorenni colpiti dal provvedimento di  misure cautelari e due i minori. I poliziotti hanno condotto presso gli uffici della Questura di Ragusa tutti gli indagati. La Polizia Scientifica comunica di aver documentato tutte le fasi delle catture sottoponendo a fotosegnalamento i destinatari del provvedimento. Al termine degli adempimenti di legge, tutti sono stati condotti in carcere o in regime di arresti domiciliari, ad eccezione di due stranieri ai quali è stato notificato il divieto di dimora nel comune di Ragusa