Il registro degli enti non profit ancora in mente Dei

In Italia operano 343.432 istituzioni non profit (+14% in 5 anni) che occupano 812.706 dipendenti (+19,4%), però manca ancora un registro e la riforma è bloccata

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Le  riforme  sembrano la tela di Penelope: vengono tessute e disfatte all’infinito finché l’entrata in vigore della nuova normativa non diventa una corsa contro il tempo.  E’ il caso del nuovo inquadramento giuridico del terzo settore annunciato da anni e mai realizzato. In Italia il volontariato è una colonna del Welfare  eppure non c’è ancora un registro degli enti non profit. Il governo si è impegnato ad introdurlo entro giugno ma per il momento il terzo settore prosegue nell’attività assistenziale senza un sicuro quadro normativo. Dopo l’incontro di venerdì con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, verrà “a breve riconvocato il Consiglio nazionale del Terzo Settore che potrà valutare l’andamento del percorso di istituzione del Runts (il registro unico nazionale del terzo settore)  il cui decreto istitutivo è al vaglio della Conferenza delle Regioni”, afferma la portavoce del Forum del Terzo Settore, Claudia Fiaschi, che ha guidato la delegazione che si è confrontata con Catalfo. Il Consiglio, spiega Fiaschi, “affronterà anche il tema delicato delle regole di rapporto tra le pubbliche amministrazioni e le organizzazioni di Terzo settore che rappresentano una delle parti più innovative ed interessanti della riforma”. Per quanto riguarda i crediti che le organizzazioni vantano nei confronti del ministero, il Forum sottolinea che “c’è l’impegno a farvi fronte a partire dal mese di febbraio, più tempo ci vorrà per le somme andate in perenzione amministrativa, disponibili nella seconda metà dell’anno”. Il Forum “vigilerà sul cammino dei provvedimenti”.

Radicamento nei territori

Una situazione di incertezza sulla quale In Terris cerca di fare chiarezza a partire da un dato: più della metà delle organizzazioni non profit risiede nelle regioni settentrionali (il 28% nel Nord-Ovest, il 23,3% nel Nord-Est), il 22,2% nel Centro, il 26,7% nel Mezzogiorno. La presenza del terzo settore evidenzia il rapporto sociale del Censis, è radicata nei territori, dove la rete solidale del volontariato svolge una funzione economica e sociale decisiva per le comunità, ma che oggi vive una messa sotto attacco con il relativo rischio di downgrading di fiducia e reputazione nell’opinione pubblica.

Corsa contro il tempo

“E’ assolutamente urgente e improcrastinabile portare a compimento la riforma del Terzo settore Dopo oltre 3 anni dalla legge delega di riordino della materia, risalente a giugno 2016, è stato varato solo un quarto dei decreti attuativi previsti”, avverte Gian Paolo Gualaccini, consigliere Cnel e capo delegazione del “Terzo Settore Non Profit” nell’Assemblea di Villa Lubin.  “Le oltre 350 mila associazioni non profit con i quasi 6 milioni di italiani che svolgono stabilmente attività di volontariato attendono da troppo tempo il completamento della riforma che deve definire modalità, forme e declinazioni del loro compito quotidiano- aggiunge- La qualità aggiunta del volontariato italiano è un’opera insostituibile che ogni giorno umanizza la realtà stando vicino a chi ha più bisogno. Dopo la partecipazione del premier Giuseppe Conte alle celebrazioni della Giornata Internazionale del Volontariato con Forum Terzo Settore, CSVnet e Caritas italiana, il governo dimostri con i fatti la stima per questo mondo completando la riforma in tempi rapidi”.

Benefici fiscali

Al Forum Nazionale del Terzo Settore partecipano 87 reti in rappresentanza di oltre 140 mila organizzazioni. Le richieste al governo sono chiare: assicurare l’entrata in vigore del registro unico del terzo settore entro il prossimo mese di giugno; inviare alla Commissione europea la richiesta di autorizzazione per i benefici fiscali previsti dalla Riforma; aumentare la dotazione finanziaria per i progetti delle organizzazioni del terzo settore; adeguare il tetto de l 5 per mille alle scelte espresse dai contribuenti; sbloccare i provvedimenti amministrativi a partire dalla liquidazione dei progetti conclusi o avviati”.

A garanzia della solidarietà

Il patrimonio su cui si fonda il privato sociale è la generosità delle famiglie e della aziende italiane. In un Paese che invecchia rapidamente, dove nascono sempre meno bambini e aumentano le persone che vivono sole, la rete familiare resta il più importante meccanismo di solidarietà tra le persone di diverse generazioni. La capacità di creare relazionalità all’interno delle comunità diventa quindi una priorità. E il terzo settore può mettere in campo soluzioni. Tra gli italiani è presente una propensione alla generosità: il 64,1% dei 18-40enni dichiara che gli piace fare qualcosa per gli altri, fare volontariato (il 67,9% delle donne e il 65,9% dei laureati). Tuttavia, affinché questa propensione diventi concreta, occorre che il terzo settore ottenga risultati in ambiti importanti per le persone. Oggi uno dei temi più significativi è quello della relazionalità e della qualità della vita nelle comunità. Il 92% degli italiani dichiara che gli piace o piacerebbe vivere in un contesto in cui le persone si conoscono, si frequentano e si aiutano (il 91,3% nel Nord-Ovest, l’89% nel Nord-Est, il 93,3% nel Centro, il 93,6% al Sud).

L’impegno del governo

“La riforma del Terzo settore ha anche lo scopo di tutelare il volontariato dalle sue cattive abitudini, o meglio dalle sue cattive e inadeguate rappresentazioni- afferma il premier Giuseppe Conte-. Non è una “riserva di buonismo”, né uno spazio per sognatori o persone inappagate o insoddisfatte della vita. È piuttosto una ampia galassia di uomini e donne concreti che vivono responsabilmente i valori della Costituzione che all’articolo 2, nell’affermare i diritti inviolabili dell’uomo, segnala al massimo grado che la dimensione della solidarietà è la trama fondamentale del legame sociale, a cui tutti siamo chiamati anche nell’economia e nella politica”. La gratuita’ e il dono, sottolinea il presidente del Consiglio, “non sono solo sentimenti individuali, ma valori da declinare ovunque in qualsiasi contesto politico e sociale: il volontariato è, dunque, una palestra civile in cui si cresce come persone e cittadini”.

Istanze solidaristiche

L’azione virtuosa verso gli altri fragili è “un mattone dell’edificio dello Stato e il dono del proprio tempo è la forma più profonda di dono”. Il volontariato, secondo Conte, è soprattutto una relazione interpersonale: “Nasce da istanze solidaristiche, ma è un fenomeno poliedrico che sfugge anche alle classificazioni giuridiche, però al di là dell’incasellamento, lo Stato non può prescindere da interventi che regolarizzino e tutelino l’attività del terzo settore”. Tanto più che nel 2019, secondo le previsioni Istat, ci saranno ottomila nati in meno rispetto al 2018, con un calo del 2% delle nascite.Una flessione progressiva che vede l’Italòia ai primi posti in Europa. “Declino demografico ed invecchiamento richiedono un patto per la famiglia che coinvolga tutte le forze politiche e tutti gli attori sociali, a partire dal terzo settore, per individuare strategie di medio e lungo termine che permettano un’inversione di tendenza: ne va del futuro del nostro Paese”, chiede Forza Italia alla ministra per la Famiglia Elena Bonetti.

Impatto concreto

“L’impegno per affrontare in modo più strategico i problemi della disabilità, e in particolare quelli della persona con disabilità intellettive, non deve conoscere sosta”, rincara la dose Luigi Mazzuto, coordinatore della Commissione politiche sociali della Conferenza delle Regioni e delle Province. Le Regioni, con i ministeri competenti, i Comuni, gli enti del Terzo settore e le associazioni di volontariato, hanno collaborato  per il varo della legge sul “Dopo di noi”, al piano di contrasto alla povertà e per la non autosufficienza. In Italia le persone con disabilità sono oltre 3 milioni di persone.  Nella manovra economica è previsto per il terzo settore un impegno peril 5 per mille con i primi dieci milioni nel 2020. Il volontariato fornisce alle persone, in particolare a quelle più frequentemente escluse, opportunità che hanno impatto concreto sulle loro vite e svolge un ruolo costruttivo nelle comunità attraverso la messa a disposizione gratuita di tempo e capacità. Cresce l’importanza del volontariato per le organizzazioni europee, ma anche per le comunità di accoglienza, in grado di migliorare e rendere più efficace il sistema degli aiuti. Entro giugno l’esecutivo si impegna a far entrare in vigore il Registro Unico In questo modo sarà possibile il debutto nel 2021 dei nuovi regimi fiscali previsti dalla riforma.

Confronto tecnico

Al ministero del Lavoro si impegnano perché siano rispettati i tempi, in modo da inviare alla Commissione europea la bozza di riforma e ottenerne nei tempi il via libera. L’impegno del Ministero del Lavoro ella prima metà del 2020 sulla riforma del terzo settore sarà concentrato sulla finalizzazione dei provvedimenti sulla definizione della modulistica dei bilanci degli Enti del Terzo settore (Ets), sulle linee guida sulla raccolta fondi, sulla disciplina dell’attività di vigilanza sulle imprese sociali e sul funzionamento del Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), secondo la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo.  Sul registro unico del Terzo settore  si è svolto il confronto tecnico con le Regioni e si conta di poter giungere all’adozione del Registro unico nei primi mesi del 2020. Intanto è nata dalla storia e dall’eredità culturale e valoriale di Maria Eletta Martini il Centro di Ricerca a lei intitolato realizzato a Lucca dalla fondazione per la Coesione sociale onlus e dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Il centro di ricerca  è l’esito di un percorso partecipato e condiviso con le maggiori organizzazioni nazionali e con il Forum del Terzo Settore.

Innovazioni normative

Il metodo e le finalità del Centro sono stati presentati in due successivi seminari, dove si è manifestata l’attenzione delle organizzazioni presenti per il suo scopo principale: realizzare e divulgare indagini scientifiche sui temi della cultura, della disciplina giuridica e della prassi del volontariato, del terzo settore e dell’impresa sociale, con particolare attenzione agli aspetti innovativi e contribuire al chiarimento e all’applicazione delle innovazioni normative della Riforma del Terzo settore.. Tutto questo evitando ogni possibile sovrapposizione con i servizi resi da altre organizzazioni ed in particolare dai Centri servizi per il volontariato. Un Centro di ricerca che si propone quindi di studiare i fenomeni del volontariato e del terzo settore su scala nazionale ed internazionale. Lo scopo è quello di fornire strumenti di crescita in un contesto di grandi cambiamenti come quelli introdotti in Italia dalla riforma del Terzo settore..

Strumenti di conoscenza

Un mondo in continua crescita come attestato anche dagli ultimi dati del Censimento permanente dell’Istat: nel 2017 sono 350.492 le realtà attive (il 2,1% in più rispetto al 2016) che impiegano 844.775 dipendenti (+3,9%) e sono il veicolo principale per l’impegno delle persone nel volontariato e nella cittadinanza.  Il sistema delle Fondazioni bancarie è uno dei principali finanziatori del terzo Settore e del volontariato. L’Acri, l’associazione delle casse di risparmio, ha indicato alle fondazioni aderenti la necessità di affinare gli strumenti di conoscenza, di definire al meglio gli obiettivi perseguiti in una logica di sistema con gli enti pubblici e sanitari nel settore sociale e di misurare la validità degli interventi. Ma con un avvertimento:“Il nuovo contesto normativo dentro cui operano le organizzazioni del terzo settore richiede un’attenzione sempre più qualificata”.

                                            Giacomo Galeazzi – (“In Terris”)

Conte: “Un piano strategico per il “Cantiere Taranto”

Riceviamo e pubblichiamo dalla Presidenza del Consiglio:

     “GIOVEDI’ 14  SEDUTA DEL CDM, DISCUSSIONE PROPOSTE, PROGETTI PER IL RILANCIO DI TARANTO”

 

 

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“Gentile ministro, durante la mia recente visita a Taranto, ho potuto constatare come la vicenda dello stabilimento industriale ex Ilva costituisca solo un aspetto, seppure di assoluto rilievo, di una più generale situazione emergenziale in cui versa la città e la sua popolazione.
Il rilancio dell’intera area necessita di un approccio globale e di lungo periodo. La politica deve assumersi la responsabilità di misurarsi con una sfida complessa, che coinvolge valori primari di rango costituzionale, quali il lavoro, la salute e l’ambiente, tutti meritevoli della massima tutela, senza che la difesa dell’uno possa sacrificare gli altri.

Per questo, reputo necessario aprire un “Cantiere Taranto”, all’interno del quale definire un piano strategico, che offra ristoro alla comunità ferita e che, per il rilancio del territorio, ponga in essere tutti gli strumenti utili per attrarre investimenti, favorire l’occupazione e avviare la riconversione ambientale.

I processi di ristrutturazione o riconversione del tessuto industriale e delle infrastrutture di una determinata area geografica – come dimostrano alcune esperienze in Italia e in Europa – si portano a compimento solo attraverso politiche coordinate e sinergiche, che coinvolgano tutti gli attori istituzionali – in primis il Governo -, le associazioni di categoria, i comitati locali e tutte le forze produttive del Paese.

A tal fine, in vista del prossimo Consiglio dei ministri di giovedì 14 novembre, ti invito, nell’ambito delle competenze del tuo dicastero, ad elaborare e, ove fossi nella condizione, a presentare proposte, progetti, soluzioni normative o misure specifiche, sui quali avviare, in quella sede, un primo scambio di idee. La discussione potrà quindi proseguire all’interno della cabina di regia che ho intenzione di istituire con l’obiettivo di pervenire, con urgenza, a soluzioni eque e sostenibili. Al riguardo, ti anticipo che il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, mi ha comunicato l’intenzione di promuovere un intervento organico per il rilancio dell’Arsenale, mentre il ministro per l’innovazione, Paola Pisano, mi ha rappresentato la volontà di realizzare un progetto di ampio respiro, affinchè Taranto possa diventare la prima città italiana interamente digitalizzata.

Confidando nella tua collaborazione, ti ringrazio fin d’ora per il contributo che potrai offrire alla definizione di un progetto che considero prioritario per l’azione di governo.   – Comunicato Stampa firmato Avv.Prof.Giuseppe Conte”

L'immagine può contenere: 6 persone, folla

 

CATANIA: L’ARCHITETTURA INTERNAZIONALE STELLA POLARE PER IL NUOVO PRG

Architettura, confronto con altre città come stimolo al Prg di Catania

Anteprima allegato

Da oggi  al 6 ottobre al Palazzo della Cultura: “Shaping Better Cities”

 

IN MOSTRA A CATANIA I PROGETTI DELLO STUDIO ARUP

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Foto Archivio Sud Libertà

 

CATANIA –

L’architettura internazionale torna a Catania portando testimonianza dei più interessanti interventi di pianificazione e rigenerazione urbana in capitali e città europee. Lunedì 23 settembre sarà infatti inaugurata, al Palazzo della Cultura (via Vittorio Emanuele II, 121), Shaping Better Cities”, la mostra dei progetti dello studio Arup Italia, leader nel settore del design con lavori finanziati in più di 160 Paesi.

L’esposizione, visitabile fino al 6 ottobre, è il nuovo appuntamento con l’architettura internazionale che l’Ordine e la Fondazione degli Architetti PPC di Catania organizzano con cadenza biennale.L’ evento è  patrocinato dal Comune di Catania e dal Consiglio Nazionale degli Architetti PPC ...

Il presidente dell’Ordine di Torino Massimo Giuntoli e il consigliere Alessandra Siviero saranno presenti oggi a Catania, per raccontare la loro esperienza di urbanistica partecipata «Architettiamo la città».

Corte dei Conti, in Sicilia aumentano le condanne contro dipendenti pubblici e l’assenteismo (incontrollato) dei dirigenti

INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO

CORTE DEI CONTI: LA DIRIGENZA PUBBLICA NON PROCEDE  ALLA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI

anno giudiziario 2019, Corte dei conti, Guido Carlino, Sicilia, Cronaca

La Corte dei Conti per la Sicilia, nel 2018, ha emesso 118 sentenze in materia di responsabilità amministrativa nei confronti di 186 amministratori o dipendenti pubblici, pronunciando condanne per 15.552.387 euro con un leggero incremento rispetto all’anno precedente (14.365.799,95).

Il dato emerge dalla relazione del presidente Guido Carlino che inaugura l’anno giudiziario 2019 della sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana nell’aula magna della scuola delle scienze giuridiche ed economico sociali dell’Università di Palermo, alla presenza delle più alte cariche istituzionali.Risultati immagini per immagini corte dei conti

La Sezione, cui sono assegnati sette magistrati (il presidente e sei giudici, rispetto ad un organico di quattordici magistrati), con un tasso di scopertura del 50%, ha celebrato 103 udienze pubbliche (collegiali e monocratiche) e 56 udienze camerali.

Oltre alle sentenze in materia di responsabilità amministrativa, sono state emesse 50 sentenze in materia di conti giudiziali resi da agenti contabili (tesorieri, consegnatari, economi, etc.); 788 sentenze in materia di pensioni pubbliche; 163 ordinanze e 8298 decreti in materia di conti giudiziali.

Tre funzionari dell’Inps sono stati condannati – uno addirittura a oltre due milioni di euro – per avere erogato assegni e prestazioni non dovute. Sono casi di cui si è occupata la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Sicilia, segnalati nella relazione del presidente Guido Carlino.

Il caso più grave, sanzionato con la condanna a due milioni, ha come protagonista un impiegato che ha liquidato 441 indennità di disoccupazione a persone che non ne avevano diritto. L’illecito è stato scoperto nell’ambito di un’indagine a largo raggio condotta dalla Guardia di finanza.

Un altro funzionario dell’Inps è stato condannato a pagare 950 mila euro per avere liquidato assegni familiari oltre il dovuto. Il caso è stato segnalato dal servizio ispettivo dell’istituto di previdenza.

La terza condanna riguarda un funzionario dell’Inps che aveva concesso, con una “clausola meramente formale” o giustificazioni non pertinenti, sgravi per crediti contributivi.

“ia azione con coraggio e determinazione, rischia di allontanarsi sempre più sia dal faro del principio costituzionale di buon andamento che dagli interessi generali delle comunità e dei territori.

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Catania-Qui alla Soprintendenza etnea si verificano le anomalie e disfunzioni segnalate per la Pubblica amministrazione dal Procuratore generale

“L’anno appena concluso-secondo una comunicazione sintetizzata del Procuratore generale – ha visto lo sviluppo di un ampio ed interessante dibattito sul debito pubblico e sui limiti della sua sostenibilità; un dibattito che, lungi dall’essere prevalentemente dottrinario, ha avuto ricadute immediate e significative sulle scelte strategiche di politica economica e finanziaria, in tal modo determinando una rimodulazione delle risorse a disposizione dell’amministrazione pubblica in generale e di quella territoriale in particolare.

Cosicché si corre il rischio di una amministrazione che percepisca e metabolizzi solo i fattori di incertezza, chiudendosi a riccio e privilegiando la filosofia del “giorno per giorno”, anziché affrontare le sfide di una realtà in continua dinamica evoluzione.
Una pubblica amministrazione, che agisce solo in chiave difensiva, rischia però di aggravare il suo peso  negativo sul disavanzo di bilancio, sull’indebitamento e sulle capacità di rientro.  Una pubblica amministrazione, timorosa nel costruire la propria identità Prestazioni terapeutiche ed ospedaliere erogate dal servizio sanitario nazionale.  La razionalizzazione della spesa, in parallelo con l’introduzione di cogenti vincoli di bilancio, ha in particolare avuto ripercussioni non di poco conto sulla finanza territoriale, con effetti tanto più distorsivi quanto
più il contenimento della spesa è avvenuto sulla base di parametri lineari e storici, anziché mediante avveduti provvedimenti selettivi.

Malgrado le criticità che hanno accompagnato questi indirizzi di politica economica, le Procure regionali della Corte sono intervenute con mirate ed equilibrate indagini ogni qualvolta siano state destinatarie di specifiche segnalazioni circa il mancato rispetto da parte delle amministrazioni locali degli obblighi normativi di riduzione degli stanziamenti anche con riferimento a specifiche voci di spesa.
In questo contesto si collocano le indagini per i danni erariali correlati alla violazione degli equilibri di bilancio,agli oneri maturati a carico degli enti locali a seguito di indebitamento non consentito, alla copertura di spese correnti con provviste finanziarie vincolate ad investimenti.
L’amministrazione pubblica ha compiuto passi importanti nel miglioramento delle proprie capacità operative, portandole sempre più vicine ai cittadini, ma, il traguardo è ancora molto lontano ed il panorama del nostro Paese si presenta tutt’oggi a macchia di leopardo.
Si sono infatti accentuate le differenze territoriali nella qualità dei servizi erogati ai cittadini e negli stessi modelli di gestione. È quindi tornato di attualità il dibattito circa l’articolazione dei rapporti fra Stato centrale e Regioni.    Dopo una fase storica nella quale si propendeva per l’accorpamento in “macroregioni”, stanno emergendo precise istanze volte a ripensare il disegno costituzionale, incentrato sul carattere derogatorio delle autonomie differenziate, giustificate solo da loro evidenti caratteri di peculiarità.   Vero è che dalle complesse dinamiche del
ventunesimo secolo e dalla sua “velocizzazione del tempo” emerge l’esigenza di organizzare l’esercizio del potere in maniera efficiente e flessibile, concedendo ampi margini di distinzione alle realtà locali anche sotto il profilo istituzionale.  Tuttavia, è altrettanto indubbio che il potenziamento
delle autonomie dovrà necessariamente accompagnarsi ad un effettivo e coerente riposizionamento di tutti i livelli di responsabilità, e non solo di quella politica.
Significative dinamiche di autonomia si stanno ad esempio sviluppando nella organizzazione degli uffici e nella definizione dei processi di gestione. Una delle strade intraprese dalle cosiddette amministrazioni maggiormente virtuose è stata quella di ridisegnare la figura del dirigente, ancorandola sempre più al conseguimento degli obiettivi prefissati e quindi alla sua responsabilizzazione.    La dirigenza pubblica, che comprende figure professionali di altissimo livello, dovrebbe infatti contribuire a mettere definitivamente nel cassetto il concetto di azione amministrativa fondata solo sul mero rispetto formale delle regole procedimentali.
L’amministrazione pubblica deve invece procedere alla definizione strategica degli obiettivi in sede di governance e quindi attivare coerentemente i percorsi di gestione idonei a tal fine.  L’amministrazione di procedimento deve, dunque, trasformarsi in amministrazione per funzioni ed obiettivi, nella quale la dirigenza assuma un ruolo di assoluta centralità nel conseguimento dei risultati necessari alla realizzazione dei programmi.
La pubblica amministrazione deve superare l’attuale difficoltà che manifesta nel definire idonei obiettivi generali, coerenti piani di attuazione, realistici progetti esecutivi, nonché concreti modelli di gestione. E soprattutto, vincendo ataviche resistenze, deve abituarsi a velocizzare i tempi di definizione e di attuazione delle strategie: il fattore tempo è sicuramente un indice significativo ai fini del giudizio sulla efficacia e sull’efficienza dell’azione amministrativa. Il Dipartimento della funzione pubblica ha recentemente, in un proprio documento, posto in evidenza gli indicatori comuni per le funzioni di supporto nelle amministrazioni pubbliche.
In tale sede è stato opportunamente specificato che “gli indicatori di performance sono misure quantificabili, critiche, significative e prioritarie che permettono di misurare l’andamento di una organizzazione nei suoi più svariati aspetti”. Le principali finalità degli indicatori possono essere sintetizzate “nell’accrescimento della cultura della misurazione nelle amministrazioni, nell’incentivazione delle politiche organizzative mirate ad
incidere sugli aspetti misurati, nell’implementazione del monitoraggio per creare un set informativo munito di serie storiche, nel supportare i processi decisionali”.
Nella gestione per obiettivi – affidata ad una dirigenza pubblica sempre più consapevole e responsabile del proprio ruolo – trovano spazio tutti i nuovi modelli di organizzazione delle funzioni pubbliche, fra i quali in primo luogo quelli che valorizzano le potenzialità del partenariato pubblico – privato.
Negli ultimi tre decenni la pubblica amministrazione ha intrapreso la strada di un profondo cambiamento degli strumenti giuridici utilizzati per perseguire l’interesse pubblico, impiegando sempre di più quelli propri del diritto privato. Tanto che attualmente essa può vantare una riconosciuta ed incontroversa piena capacità negoziale.   Non solo: la pubblica amministrazione è chiamata ad operare assai spesso in sinergia con le imprese private,attraendone le risorse per effettuare investimenti su progetti di interesse generale. La eterogeneità delle forme giuridiche che assumono tali sinergie non deve però far dimenticare che in gioco resta e deve rimanere in posizione dominante l’interesse pubblico. Con una implicazione importante: la pubblica amministrazione non può abiurare al proprio ruolo di regolatore e di titolare di penetranti poteri di controllo.
Funzioni queste che devono essere esercitate con efficacia oltre che con il massimo rigore. Non sono state poche le indagini – alcune delle quali tuttora in corso anche in relazione a vicende particolarmente gravi – che hanno evidenziato indizi di sostanziali criticità proprio quali conseguenze della attenuazione del potere regolatorio e del manchevole esercizio dell’attività di controllo. 
In particolare, dalle indagini sui destinatari di concessioni pubbliche sono emersi con evidenza specifici nodi patologici. Il livello regolatorio nelle concessioni deve invece essere molto attento, atteso che al concessionario va riconosciuta ampia autonomia per far fronte al rischio di impresa, contrattualmente assunta.   La convenzione concessoria e/o il contratto di servizio che accompagnano il provvedimento di concessione debbono dunque costituire la base per l’esercizio dei poteri di regolazione e vigilanza.  Costituiscono pertanto fonte di responsabilità amministrativa la mancata o insufficiente organizzazione delle strutture pubbliche competenti ad esercitare con tempestività i prescritti poteri, regolatori e di vigilanza.

La Corte non ha mancato di avvalersi di tutti gli strumenti di cui dispone – di giurisdizione e controllo – per porre in luce la necessità di monitorare continuamente il rispetto da parte dei concessionari dei loro obblighi contenuti nelle convenzioni di servizio. A titolo esemplificativo, in sede di controllo di legittimità di un decreto ministeriale – che convalidava un Piano degli interventi per la sicurezza antisismica di viadotti autostradali –, la Corte ha evidenziato che “è compito e responsabilità dell’amministrazione provvedere, con l’urgenza dovuta, alla conclusione dell’iter procedimentale concernente l’approvazione degli interventi dell’intero impianto infrastrutturale, necessari alla completa messa in sicurezza dei percorsi autostradali (in questione: A24 e A25 ndr). Si rimette all’Amministrazione l’onere di adoperarsi a predisporre con maggiore tempestività gli atti che hanno ad oggetto lavori urgenti…”.    La valorizzazione della dirigenza pubblica e il rafforzamento dei poteri regolatori nel partenariato costituiscono, dunque, due importanti priorità nel percorso di riduzione del gap di efficacia e di efficienza della amministrazione pubblica italiana.
È diffusa l’opinione secondo la quale i molti “mali” dell’amministrazione troveranno soluzione nella digitalizzazione delle procedure. Concordo senza dubbio sull’importanza di implementare i processi di dematerializzazione in atto e di estendere e consolidare le reti informatiche già esistenti. Tutto ciò andrà sicuramente a beneficio della tempestività, della trasparenza e della imparzialità dell’azione pubblica, contrastando indirettamente gli sprechi (tali intendendosi le spese inutili) e la stessa corruzione, che verrebbe in questo modo colpita alla radice.
Tuttavia, la digitalizzazione e la dematerializzazione delle procedure rischiano di restare due parole totem, se non accompagnate da una adeguata rivisitazione dei processi decisionali e dalla sicura individuazione dei centri di responsabilità gestionale. Processi decisionali e centri di responsabilità che necessariamente vanno ricondotti alla sfera soggettiva degli amministratori pubblici, dei dirigenti e, via via, dei responsabili dei procedimenti.
Non solo: è anche indispensabile che digitalizzazione e dematerializzazione non assurgano a valori autonomi. Esse nascono e debbono restare strumenti dell’innovazione, promosse e guidate dalla stretta sinergia fra “il mondo” informatico e quello degli utilizzatori dei sistemi; questi ultimi chiamati essi stessi a superare ogni resistenza o remora culturale, molto spesso foriere di una ingiustificata quanto mascherata opposizione all’ innovazione.

L’interesse pubblico deve costituire per i dipendenti dello Stato e degli Enti territoriali, per tutti indistintamente gli operatori pubblici, l’obiettivo da perseguire nello svolgimento dei compiti a loro demandati. In particolare, l’impiego delle risorse pubbliche deve essere supportato da un sistema di tutele specifiche particolarmente incisivo, sistema che la Costituzione ha assegnato alla Corte dei conti, come già evidenziato in precedenza.
In questo contesto si colloca l’azione della Procura contabile che esercita le proprie funzioni nell’ambito delle attribuzioni giurisdizionali della Corte. Naturalmente, anche nella fase investigativa – prima ancora che in quella giudicante – la valutazione della correttezza delle gestioni pubbliche deve essere supportata da parametri sufficientemente stabili, reciprocamente coerenti. Cosicché i pubblici operatori non debbano temere ingiustificate indagini a loro carico, che finirebbero per provocare pericolosi effetti paralizzanti delle dinamiche dell’azione amministrativa. Dinamiche che, invece, devono essere auspicabilmente caratterizzate da consapevole coraggio e orgogliosa disponibilità a volgere primaria attenzione alle esigenze dei cittadini.
Il principio di buon andamento, sancito dalla Costituzione, costituisce il contenitore dei valori etici di riferimento per qualsiasi azione pubblica.
Al di là delle formule e della mera enunciazione di brocardi, non può disconoscersi l’obiettiva difficoltà per l’amministrazione di operare in un incerto quadro regolamentare di riferimento.
In un sistema normativo multilivello, quale quello attuale, risulta infatti scardinata la tradizionale costruzione della gerarchia delle fonti.
Più volte sono state preannunciate opportune iniziative di semplificazione normativa, ma sinora ben poco si è concluso in concreto. Forse sarebbe necessario procedere con meno “proclami” e maggiori interventi selettivi, impostati su base settoriale. Il modo di scrivere le norme rispecchia la cultura di una nazione: è dunque importante recuperarne la qualità non solo sostanziale, ma anche formale.
Ad ogni modo, della complessità normativa che genera incertezze interpretative, quando adeguatamente giustificate, la Procura erariale si è fatta carico, valutando già nella fase preprocessuale le condotte dei pubblici operatori, con riferimento alla scriminante della colpa grave.
L’esperienza dimostra quanto sia importante la capacità dell’amministrazione di motivare i propri provvedimenti, soprattutto quelli ad ampio spettro discrezionale. La motivazione infatti serve ad individuare con chiarezza l’interesse pubblico specificamente perseguito, collegandolo in termini di congruità e coerenza alle scelte adottate. Il nostro Paese non dispone di un patrimonio infrastrutturale adeguato al suo sistema economico e produttivo. Si tratta di una realtà incontrovertibile che incide negativamente anche sulla qualità della vita dei cittadini: i trasporti, la viabilità, le reti di comunicazione, i sistemi portuali, la raccolta e la valorizzazione reddituale dei rifiuti, la sicurezza del lavoro, la manutenzione idrogeologica del territorio sono questi alcuni dei principali settori di sofferenza.
La mancanza di congrui investimenti al riguardo rischia di accrescere ulteriormente il gap economico e produttivo con gli altri Paesi, non solo facendo perdere competitività all’Italia ma determinando anche un peggioramento delle condizioni sociali delle comunità. In ogni caso si perdono occasioni importanti per potenziare quella ricchezza nazionale che è fondamentale per recuperare il disavanzo dei bilanci pubblici senza ricorrere all’aumento della pressione fiscale ovvero all’incremento del debito o ancora a misure straordinarie di prelievo. I recenti assetti di bilancio sembrano andare verso una politica riduttiva degli investimenti. È auspicabile che si tratti di un ridimensionamento solo temporaneo, giustificato in qualche modo dalla necessità di rimodulare le priorità e di definire nuovi modelli procedurali. Né gli investimenti indispensabili al nostro Paese riguardano solo i beni materiali. Le maggiori criticità anzi si registrano nel settore dei beni immateriali: è evidente l’assoluta inadeguatezza delle risorse destinate alla innovazione tecnologica, alla ricerca, all’istruzione ed alla cultura in genere.
È dunque necessario “contrastare il circolo vizioso fra povertà economica e povertà educativa. Le condizioni di bisogno o di deprivazione della famiglia di origine aumentano i rischi di marginalità anche nella scuola. La povertà delle conoscenze moltiplica i pericoli di marginalità da adulti. La scuola non può rinunciare ad essere un motore di mobilità sociale… Ciò non vuol dire che vada attenuata la cura per i talenti. È possibile tenere insieme l’ampliamento delle opportunità e lo sviluppo delle eccellenze: alle volte può non essere facile, ma questa è la sfida” (intervento del Presidente della Repubblica in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico 2018/2019, Isola d’Elba 17 settembre 2018)
Né si dica che queste problematiche esulano dalla sfera di competenza valutativa della Procura erariale. Tutt’altroAd esempio, numerose indagini hanno riguardato carenze macroscopiche nella gestione del patrimonio culturale, carenze che sono risultate attribuibili non tanto alla responsabilità dei funzionari preposti, quanto alla mancanza di risorse. Carenze che sono andate dalla diffusa insufficiente manutenzione dei beni di interesse storico, artistico ed ambientale, alla difficoltà di “mettere a reddito” un patrimonio culturale pur di inestimabile valore. Numerose indagini hanno riguardato il settore dei lavori pubblici, settore caratterizzato da una straordinaria complessità e da una infinita apertura della forbice tipologica.
Un dato però sembra accomunare tutti i lavori pubblici, dal più piccolo allestimento dell’arredo urbano in un giardino alla realizzazione di una strada: il ritardo e il mancato rispetto della tempistica prevista. Infatti, senza inopportune generalizzazioni, è possibile dedurre dalle numerose indagini svolte al riguardo la difficoltà dell’amministrazione a progettare e realizzare gli interventi con la doverosa tempestività. Spesso è stata altresì rilevata la frequente incapacità di definire le modalità ed i costi di gestione dell’opera una volta realizzata.
Un discorso a parte meritano gli investimenti per interventi non conclusi, ovvero per opere pubbliche realizzate e mai utilizzate.
Un fenomeno, questo, intercettato dalle indagini delle Procure regionali con incrementata frequenza ed avvertito dai cittadini con particolare preoccupazione, come dimostrano le numerose segnalazioni che pervengono, sempre più caratterizzate da concretezza e specificità.
Anche la rigidità dei progetti può causare seri ostacoli nella fase realizzativa, soprattutto quando uest’ultima, sviluppandosi in un lungo arco di tempo, si accompagna al mutamento del quadro tecnologico ed a sopraggiunte diverse esigenze economiche e sociali. Un certo grado di flessibilità progettuale è del resto compatibile anche con le dinamiche insite in molte delle forme nelle quali si sviluppa il partenariato pubblico-privato per la realizzazione delle opere infrastrutturali ad alta complessità.  La democrazia si basa sulla fisiologica alternanza delle maggioranze, con conseguente comprensibile periodica rivisitazione delle strategie di programmazione degli interventi, della rimodulazione delle priorità, delle scelte sui processi di esecuzione.
Al principio dell’alternanza deve però affiancarsene un altro, quello della continuità dell’azione amministrativa, un principio questo dal sapore antico, forse troppo in fretta confinato negli spazi dell’oblio. Il prudente bilanciamento fra la naturale discontinuità con il passato e la continuità con quanto avviato rappresenta la sfida delle politiche volte ad un solido sviluppo economico e sociale, alla credibilità esterna della amministrazione, al contrasto degli eventuali onerosi effetti distorsivi, ad un cambiamento progressivo ed equilibrato.

Altro problema è quello delle progettazioni affidate all’esterno senza che, nel conferimento dell’incarico,l’amministrazione abbia espressamente chiarito i parametri e gli obiettivi di interesse pubblico che vuole raggiungere.E senza che successivamente vi sia un’attenta opera di asseverazione accompagnata da un’opportuna analisi costi-benefici, proiettata nel tempo e basata sulla valorizzazione di tutti i fattori necessari, economici, finanziari e sociali. Per quanto riguarda le opere “incompiute” occorre considerare anche la circostanza che esse, una volta progettate, appaltate e magari anche cantierate, vengono abbandonate a sé stesse, dimenticate per semplice incuria, per errate valutazioni progettuali, per lunghi contenziosi con gli appaltatori, per sopravvenute interruzioni delle linee di inanziamento. Numerose indagini si sono soffermate sulle irregolarità nelle gare e sulla mancanza di ricorso alle procedure ad evidenza pubblica, soprattutto in sede di rinnovo o proroga del contratto di appalto, con conseguenti danni da violazione degli obblighi di concorrenza. Altre hanno riguardato opere pubbliche e forniture di qualità inferiore a quella prevista e pagata, modifiche progettuali inutili ed irrazionali, certificazione di lavori mai effettuati.
Il contenimento delle previsioni di spesa per investimenti nel bilancio nazionale è in parte equilibrato dagli interventi della BEI (la Banca Europea degli Investimenti), la quale dispone di finanziamenti per il nostro Paese di circa dodici miliardi di euro all’anno. La BEI ha ripetutamente segnalato la difficoltà di operare in Italia per le carenze dell’apparato amministrativo. Infatti, come affermato dal Vice Presidente Dario Scannapieco, “In Italia la tematica importante è migliorare la capacità di spendere… Abbiamo bisogno di figure tecniche nell’amministrazione pubblica, che si è molto impoverita. Abbiamo bisogno di ingegneri, di geometri e tecnici che possano rafforzare la qualità dei progetti e se non si predispone in maniera chiara un progetto si rischia di andare incontro a varianti ed aggiustamenti successivi che fanno poi esplodere i costi”.
Le recenti disposizioni in materia previdenziale, che facilitano i percorsi di pensionamento del personale, suscitano notevoli preoccupazioni circa le ricadute sulla organizzazione degli uffici per i vuoti negli organici che presumibilmente si apriranno copiosi nel breve termine. Tali vuoti, tuttavia, costituiscono una occasione unica da non perdere per promuovere il ricambio generazionale nei quadri pubblici con l’immissione in ruolo di risorse portatrici di professionalità specifiche, maggiormente aperte all’innovazione dei processi di gestione e al corretto utilizzo delle tecnologie.
FENOMENO   ASSENTEISMO NEGLI UFFICI PUBBLICI DELLA REGIONE SICILIANA –

Sarà importante consentire ai nuovi assunti la fruizione di adeguati percorsi di formazione e di aggiornamento e, soprattutto, far maturare in loro il senso di appartenenza, l’orgoglio di servire il pubblico interesse. Motivare il personale, del resto, significa valorizzarne la professionalità e contrastarne tutte le condotte che esprimono disaffezione, apatia, passività, quando non giungono agli estremi di comportamenti assenteisti, passibili di censura disciplinare, penale e contabile. A questo riguardo – tornando al presente – le Procure regionali, quasi tutte, hanno dovuto anche nello scorso anno promuovere indagini in materia di assenteismo fraudolento (timbratura del cartellino al posto di colleghi, allontanamento dal servizio senza autorizzazione,simulazione di infermità, svolgimento di attività extraistituzionale in orario di lavoro).
Il fenomeno dell’assenteismo può considerarsi endemico ed è difficile da estirpare. Si sono susseguite nel tempo normative sempre più stringenti, ma i risultati conseguiti non sono stati pari alle aspettative. Si fa riferimento all’articolo 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150 al decreto legislativo 20 luglio 2017 n.118.  L’assenteismo costituisce il presupposto per la responsabilità amministrativa dell’impiegato infedele,sotto il profilo del danno patrimoniale per omessa prestazione e del danno all’immagine (per il quale è anche sufficiente il solo clamor interno all’amministrazione di appartenenza ed ai soggetti attorno ad essa gravanti).
In alcuni casi, le Procure hanno ravvisato una corresponsabilità dei dirigenti o dei funzionari che non hanno attuato con sufficiente attenzione le doverose verifiche sulla presenza del personale. Le Sezioni riunite della Corte sono intervenute al riguardo con una interessante pronuncia affermando che la condanna per danno all’immagine dovuto a fenomeni di assenteismo non presuppone necessariamente, in ossequio alla regola generale, una condanna penale passata in giudicato (Ordinanza n. 6/18). Anche dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 175 del 2016 in materia di società a partecipazione pubblica, restano numerosi ed importanti spazi di incertezza applicativa, che riguardano anche il regime delle responsabilità.   Recependo i numerosi e qualificati indirizzi dottrinari espressi in materia, si torna ad evidenziare come l’inserimento nella rete del diritto privato di un modello societario pubblico sia ontologicamente svincolato dalle dinamiche reali ed abbia dato origine ad un sistema caratterizzato da fortissimi rischi elusivi dei principi che presidiano la stessa regolarità delle società di diritto civile e soprattutto di quelli che salvaguardano l’azione pubblica (in particolare, il principio di buon andamento).   Vedasi -nota Sud Libertà -ad integrazione le denunce del sindacato autonomo SIAD negli anni 2010-17 sull’assenteismo “legalizzato”/truccato dei dirigenti dei beni culturali e Soprintendenza di Catania(n.d.r.)

La diffusione incontrollata del nuovo modello di società pubbliche non ha portato ad una maggiore efficienza complessiva dell’amministrazione, anche se non sono mancati e non mancano esempi virtuosi in controtendenza, comunque troppo pochi per incidere sul sistema.
Con un recente referto la Sezione Autonomie della Corte ha osservato che ancora oggi resta elevato il numero delle partecipazioni detenute dagli enti territoriali, per alcune delle quali non sono neppure previsti interventi di razionalizzazione. In proposito, una Procura regionale ha ritenuto
sussistente il danno erariale imputabile agli amministratori comunali per non aver posto in liquidazione una società del tutto non operativa, per di più priva delle capacità di recupero funzionale per il perseguimento delle finalità statutarie.  In un altro caso è stato imputato al rappresentante del
socio pubblico componente del Consiglio di amministrazione il danno corrispondente al pregiudizio arrecato al valore della partecipazione pubblica.
In un altro caso ancora è stato contestato l’anomalo comportamento decisionale di un Comune che ha stipulato un contratto preliminare di vendita di alcuni terreni alla propria società in house, autorizzando la stessa a stipulare un finanziamento bancario che il Comune stesso non avrebbe potuto conseguire per i vincoli di indebitamento.
Al contratto preliminare non ha fatto seguito, come prevedibile, alcun atto traslativo, sebbene il prezzo fosse stato pagato andando ad incrementare artatamente la liquidità. È stata parzialmente accolta dal Giudice di primo grado la contestazione di una Procura territoriale nei confronti dei componenti di una Giunta regionale per il danno procurato dalla ostinata allocazione di cospicue risorse pubbliche nel sostegno ad una casa di gioco (gestita da società in house). La società, in base a chiari indicatori economico finanziari, non era più in grado di tornare ad assicurare l’equilibrio dei saldi di gestione (richiesta contestata in citazione circa 140 milioni di euro, accolta per circa 30 milioni di euro, appello in corso).

Conte: vi presento il nuovo Piano per rilanciare l’economia italiana

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“Abbiamo elaborato un piano nazionale molto importante prezioso per la popolazione italiana   Il premier Giuseppe Conte così sintetizza il lavoro dell’esecutivo di ieri in una nota di “richiamo” alla Stampa quotidiana nazionale e del giornale “La Repubblica”   “È un Piano che si regge su quattro pilastri: 1) emergenza 2) prevenzione 3) manutenzione 4) semplificazione e rafforzamento della governance. Contiene un cospicuo finanziamento da 11 miliardi di euro per il triennio 2019-2021. Di queste risorse, 3,1 miliardi andranno a beneficio di sedici Regioni e delle Provincie autonome di Trento e di Bolzano per le quali è stato decretato lo stato di emergenza a causa del maltempo dell’ottobre e novembre scorsi.

Saranno spesi per progetti immediatamente cantierabili già nel corso di quest’anno. Sono somme che nel corso della negoziazione con la Commissione europea abbiamo ottenuto a titolo di flessibilità e che quindi non verranno computate nel rapporto deficit/Pil.
Queste somme ci consentiranno di intervenire su un territorio fragile, che ci ha fatto spesso piangere vittime per frane e alluvioni. A ogni tragedia o catastrofe abbiamo, commossi, invocato più sicurezza e più prevenzione, condannando la logica “emergenziale”, che interveniva a porre rimedi, senza alcuna misura di prevenzione. In queste occasioni si è sempre invocato un cambio di passo: lo hanno preteso i cittadini e anche i giornali, tra i quali il Suo. Il Piano ProteggItalia rappresenta questa “svolta” a lungo auspicata. Ma non c’è solo questo. Il Piano risponde anche alla necessità più volte richiamata di nuovi investimenti per rilanciare l’economia italiana.

Tutela dell’ambiente e delle infrastrutture, ma anche cantieri aperti per la prima vera grande opera pubblica di cui ha bisogno il Paese.

Le Regioni ci chiedono di essere aiutate a progettare e a spendere bene le risorse. Questo Piano, insieme alle strutture Strategia Italia e Investitalia, già istituite, e alla Centrale di progettazione in corso di istituzione servono proprio a questo: a sostenere Regioni ed enti locali, rilanciando l’economia diretta e indiretta da Nord a Sud.

Comunicato Stampa Presidenza Consiglio Avv.Prof.G.Conte