MAFIA NISSENA. IL TRIBUNALE DI CALTANISSETTA, SU INDAGINE DELLE FIAMME GIALLE, SEQUESTRA BENI PER OLTRE 68 MILIONI DI EURO (9 IMPRESE PIU’ 192 IMMOBILI)

Sequestrati beni e società, per un valore complessivo di 68 milioni di euro, a tre imprenditori di Gela

Scoperta la provenienza mafiosa del capitale investito nella rivendita di automobili per alimentare un “mercato del credito irregolare”

CALTANISSETTA,

Il Tribunale di Caltanissetta, Sezione Misure di Prevenzione, su proposta avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta ha emesso dunque tre decreti di sequestro di beni ai sensi della normativa antimafia, nei confronti di L. S. (70 anni), L. R. (45 anni) e L. F. A. (65 anni), imprenditori gelesi noti nel settore immobiliare e soprattutto in quello della commercializzazione di autovetture, anche di lusso.

Le attività investigative che hanno portato all’adozione dei provvedimenti di sequestro sono state svolte da personale della D.IA. e della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Caltanissetta che in queste ore sta provvedendo a dare esecuzione ai provvedimenti di sequestro di prevenzione.

Gli imprenditori colpiti dall’odierna misura di prevenzione patrimoniale, attualmente indagati per concorso esterno in associazione mafiosa, sono stati ritenuti soggetti di elevata e qualificata pericolosità sociale in ragione della loro contiguità e complicità con organizzazioni criminali riconducibili a cosa nostra. In particolare le attività investigative hanno fatto emergere una sorta di opportunismo affaristico con esponenti della famiglia mafiosa dei “RINZIVILLO”.

Le indagini di natura economico patrimoniale hanno fatto emergere il reinvestimento da parte degli indagati di ingenti capitali di illecita provenienza in numerose società, formalmente intestate ai famigliari dei predetti, attive nel settore dell’edilizia e della rivendita di autovetture.

Il provvedimento ablativo, trae origine dalle risultanze criminologiche compendiate nell’ambito di complesse e articolate attività investigative che sono state nel tempo coordinate dalla DDA della Procura della Repubblica di Caltanissetta e delegate sia alla D.I.A. che alla Guardia di Finanza nissena.

Le odierne attività investigative hanno comportato una meticolosa analisi dei rapporti economici tra i menzionati imprenditori ed appartenenti alle famiglie mafiose di Gela protrattisi per anni; invero già nel giugno del 2006, la DIA aveva effettuato un sequestro preventivo della concessionaria L. S.r.l., nell’ambito dell’operazione “TERRA NUOVA 2”, ed aveva in quel contesto deferito all’A.G., per il reato di riciclaggio allora contestato con l’aggravante dell’art. 7 della L. 203/91, L. S. e suoi familiari.

Detto procedimento fu successivamente archiviato a seguito di una “pseudo collaborazione” del medesimo L. S. che, nel frattempo, aveva riferito, ad altri uffici investigativi, di episodi estorsivi asseritamente subiti nel tempo tentando in tal modo di accreditarsi quale vittima della criminalità organizzata. Successive acquisizioni probatorie costituite dalle dichiarazioni rese da numerosi collaboratori di giustizia dell’area gelese, hanno consentito di far luce sulla reale natura dei rapporti tra i componenti della famiglia L. e le organizzazioni mafiose operanti sul territorio.

Nel luglio del 2019, pertanto il G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Caltanissetta dava esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. di Caltanissetta nell’ambito dell’operazione “CAMALEONTE”, nei confronti di L. F. A., del fratello L. S., nonché del figlio di quest’ultimo, L. R., tutti indagati per il delitto di cui agli artt. 110, 416 bis c.p. e altro in quanto “… pur non essendo stabilmente inseriti nel sodalizio mafioso denominato “Cosa Nostra” operante in Catania, Gela, Vittoria e territori limitrofi, concorrevano nell’associazione mafiosa suddetta contribuendo sistematicamente e consapevolmente alle attività ed al raggiungimento degli scopi di tale organizzazione mafiosa, e segnatamente della famiglia mafiosa di Gela (Rinzivillo ed Emmanuello)…” .

La provenienza mafiosa del capitale investito nella rivendita di automobili si affiancava a un vero e proprio “mercato del credito irregolare”, mediante il quale la famiglia degli imprenditori è riuscita ad accaparrarsi una vasta platea di clienti; il sistema, artatamente costituito, prevedeva una dilazione, mediante assegni post-datati, per il pagamento delle autovetture che, in caso di insolvenza, venivano recuperate e registrate fittiziamente come noleggi; l’elevata capacità di intimidazione ha consentito di ridurre al minimo il rischio di insolvenza, presentandosi agli occhi dei malcapitati con le “diverse facce”, ora di commerciante disponibile, ora di operatore di recupero crediti inflessibile. Questo surrogato del circuito finanziario legale produce effetti negativi che ricadono nel tessuto dell’economia sana, incidendo sia sulla libertà d’impresa che sulle relazioni di concorrenza e ha consentito al gruppo L. di affermarsi come una delle concessionarie di autoveicoli di alta gamma di riferimento del sud Italia.

I profili criminologici degli odierni proposti, complessivamente acquisiti nell’ambito delle passate  investigazioni, sono stati corroborati da accurati accertamenti economico-patrimoniali delegati dalla Procura nissena alla DIA e ai militari delle Fiamme Gialle, consentendo di ricostruire, riesaminare e riattualizzare la storia imprenditoriale “affaristica” di L. S.,  L. R.,  L.S.,  L. F. A., con ciò portando all’emissione dei provvedimenti di sequestro, emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Caltanissetta, ritenendo in modo incontrovertibile la sfera imprenditoriale fortemente permeabile alla criminalità organizzata.

Il valore complessivo delle misure di prevenzione patrimoniale ammonta ad oltre 68 milioni di euro e riguarda 9 imprese (8 con sede in provincia di Caltanissetta e 1 in a Varese) 192 immobili [siti in Gela (CL), Marina di Ragusa (RG) e Vittoria (RG)], nonché 40 terreni (siti nel gelese) e 47 rapporti bancari, finanziari e assicurativi.

Arresti a pioggia a Brindisi (37) di “associati mafiosi..”

 Due ordinanze di custodia cautelare emesse  a Brindisi dal gip di Lecce, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 37  soggetti  ritenuti responsabili, a vario titolo, di reati quali associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, estorsioni, porto e detenzione illegale di arma da fuoco e spaccio di sostanze stupefacenti.

Le notifiche sono state effettuate dai Carabinieri stamane .Ventinove persone sono state trasferite in carcere mentre otto agli arresti domiciliari.Altre indagini sono in corso.

 

Arresti in corso a Catania di componenti di Clan Cappello-Cursoti

 

Un’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa stamane dal Gip su richiesta della  Procura Distrettuale Etnea nei confronti di 40 indagati appartenenti a due gruppi di spacciatori legati ad altrettanti clan mafiosi, i Cappello-Bonaccorsi e i Cursoti Milanesi.

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I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso. L’operazione, denominata ‘Tricolore’, ha colpito i gruppi che gestivano ‘piazze di spaccio’.     Le forze dell’ordine hanno constatato, nel rione popolare di San Berillo Nuovo,  due distinte “piazze di spaccio” di sostanze stupefacenti (trafficanti in cocaina e marijuana), a breve distanza l’una dall’altra, la prima di esse (quella ubicata in Corso Indipendenza, angolo via La Marmora) gestita dal gruppo mafioso organicamente riconducibile al clan mafioso Cappello–Bonaccorsi, con a capo Lorenzo Christian Monaco, ovvero colui che aveva ricevuto da Salvatore Bonaccorsi, figlio di Concetto ed esponente apicale dei “Carateddi” (oggi entrambi collaboratori di giustizia), l’investitura per gestire la attività nel complesso, preoccupandosi anche di definire i confini con gli altri gruppi mafiosi operanti sul territorio.

 

La seconda, invece, operativa in zona limitrofa alla prima e precisamente in via San Leone, è gestita da diversi soggetti riconducibili, per la loro storia pregressa, al clan dei “Cursoti Milanesi”. Il confine tra le due piazze – dopo aspri dissidi che avevano visto alcuni soggetti vicini al clan dei “Cursoti Milanesi” percorrere armati le vie pubbliche della città per contrastare i rivali – veniva contrassegnato dall’apposizione di due distinte bandiere, quella degli Stati Uniti d’America per il clan dei Cappello-Bonaccorsi, quella del Milan per il clan dei Cursoti-Milanesi.

 

Napoli, Ospedale Cardarelli: in manette 62 assenteisti tra cui due medici

     ASSENTEISMO A MACCHIA D’OLIO NEL SUD : MA I DIRIGENTI CHE FANNO? ANCH’ESSI SONO FAVORITI DA ALTRI COL BADGE?

 

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Foto d’Archivio (Sud Libertà)- L’Ospedale Cardarelli di Napoli

di  Raffaele  Lanza

 

Il fenomeno assenteismo anzichè scomparire tende ad aumentare.Abbiamo sempre sostenuto, anzi gridato che in Sicilia nei Beni culturali e nelle Soprintendenze occorre l’intervento della Magistratura perchè i dirigenti “timbrano” una sola volta al giorno.  Lasciamo immaginare ai lettori cosa succede quindi. I dirigenti cioè, per dirla in soldoni, possono arrivare al giorno ad es. alle ore 11 . Nell’apposita scheda l’Ufficio personale -complice consapevole- classificherà la presenza del dirigente completa di tutte le ore contrattuali.   Non è giusto. Non solo in Sicilia ma anche in Campania 

Un’altra operazione  anti ‘furbetti del cartellino all’ospedale Cardarelli di Napoli ha messo in luce che i ritmi di questa piaga sociale sono in crescendo. La Polizia di Stato ha notificato oltre 60 avvisi di garanzia nei confronti di altrettanti dipendenti dell’azienda ospedaliera. Secondo quanto emerso dalle indagini, i dipendenti indagati, dopo aver timbrato il cartellino, si allontanavano dal posto di lavoro per svolgere attività private.

L’indagine della polizia di stato di Napoli (commissariato Arenella) è stata coordinata dal pm Giancarlo Novelli insieme con il procuratore Giovanni Mellilo. Si apprende che in atto si registrano altri casi analoghi. A Monopoli, provincia di Bari 13 fermati e in manette e altri 30 sotto inchiesta giudiziaria per il reato di truffa e danno d’immagine

 Incredibile. un ragazzo di 12 anni “timbra” per la madre che sta a casa

Nei video ripresi dalle telecamere installate dai poliziotti nei pressi del dispositivo marcatempo  si vede anche un ragazzo tra 12 e i 13 anni, che indossa un cappellino di colore scuro, figlio di una dipendente del Cardarelli, che “timbra” il badge per conto della madre la quale, invece, andare a lavorare quel giorno se ne è rimasta comodamente a casa.

Tra i destinatari degli avvisi figurano anche due medici: uno in servizio in pneumologia e l’altro in oncologia. In quest’ultimo reparto, mediamente, mancavano 8-9 dipendenti al giorno. Una situazione, si apprende dagli investigatori, che ha reso quella sezione molto meno efficace. Sguarnito, o quasi, è risultato anche il reparto centralinisti.

Tra gli indagati anche un sindacalista e il consigliere di un Comune del Napoletano. L’inchiesta – che riguarda gli anni tra il 2014 e il 2017 – prende spunto da un’altra attività investigativa, che risale a qualche anno fa, incentrata sulla turnazione autonoma dei lavoratori del centralino del Cardarelli.   L’indagine ha messo in luce che  i dipendenti passavano nel rilevatore di presenze 2-3 badge alla volta. Talvolta entravano in servizio mentre in altre occasioni abbandonavano il posto di lavoro.

“L’azienda si costituirà parte civile”

Procedimenti disciplinari già confezionati dall’Azienda ospedaliera Cardarelli di Napoli nei confronti dei dipendenti raggiunti da avvisi di garanzia e indagati per truffa con  utilizzo scorretto dei vecchi badge marcatempo. Stavolta ci sarà la costituzione in parte civile nel procedimento penale. “Se ci sono dei comportamenti scorretti è bene che vengano individuati e sanzionati, perché la leggerezza o la mancanza di senso civico di pochi finiscono poi per penalizzare il buon nome e tutta la squadra del Cardarelli, fatta di grandi professionisti e lavoratori instancabili”, dichiara Anna Iervolino, commissario straordinario dell’ospedale Cardarelli di Napoli. Iervolino ringrazia la magistratura “che è sempre, come in questo caso, pronta a raccogliere le segnalazioni che arrivano da questa direzione generale per poi portare luce nelle zone grigie. Il nostro compito come amministratori di questa Azienda – aggiunge Iervolino – è anche quello di vigilare con rigore sul rispetto delle regole e sulla trasparenza di tutto ciò che accade. 

VIDEO SUGLI ASSENTEISTI

Pedopornografia on line: Stop della Procura della Repubblica di Catania-Indagate 51 persone

Disco rosso alla  pedopornografia online dalla Procura della Repubblica e da quella per i minori di Catania. Sono 51 le persone indagate per detenzione e divulgazione di pornografia minorile e tra questi 30 sono minorenni.

Le indagini del  compartimento della polizia postale di Catania sotto la direzione del centro nazionale di contrasto alla pedopornografia on line (Cncpo) del servizio polizia postale e delle comunicazioni, sono scaturite da una segnalazione- denuncia di una donna, madre di un adolescente, che si era accorta della presenza sullo smartphone del figlio di immagini erotiche di minori pubblicate su due chat di whatsapp, gruppi ai quali il ragazzo era iscritto, denominati ‘Tana della Luna’ e ‘scoobyDank’. Gruppi che inizialmente condividevano immagini e video del genere ‘gore’, ovvero di torture, suicidi e simili.

Risultati immagini per immagine della polizia postale
La donna ha consegnato spontaneamente lo smartphone al personale della polizia postale che grazie a sofisticate strumentazioni forensi ha acquisito il contenuto del telefono ed in particolare dei due gruppi whatsapp.  Pare che sia stato preferito questo sistema, quello del whatsapp,perchè l’identificazione degli autori e il materiale contenuto  è più difficile rispetto ai sistemi comunemente adoprati Gli inquirenti sono riusciti con i propri specialisti a ricostruire le dinamiche e le eventuali condotte penalmente rilevanti dei singoli aderenti ai gruppi, più di 300, riuscendo ad identificare coloro che avevano divulgato o richiesto video o immagini di pornografia minorile con vittime anche in età infantile.

Avvertono gli investigatori che siamo di fronte ad un fenomeno diffusissimo di materiale pedopornografico da parte di adolescenti che cercano e si scambiano tra loro pornografia anche infantile. Ingente il materiale informatico sequestrato che sarà sottoposto a approfondire analisi informatiche.

Le città con le loro province coinvolte nell’operazione sono quelle di Catania, Ragusa, Bari, Brindisi, Foggia, Taranto, Roma, Torino, Alessandra, Asti, Novara, Milano, Brescia, Pavia, Firenze, Livorno, Prato, Venezia, Treviso, Verona, Reggio Calabria, Catanzaro, Oristano, Napoli, Gorizia, Terni, Genova, Matera, Forli e L’Aquila.

Pedofilia online » :  cosa dicono le norme per la tutela dei fanciulli

Il 2 marzo 2006 è entrata in vigore la Legge n. 38/06 “Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet” che introduce delle modifiche alle disposizioni già formulate dalla precedente normativa n. 269/98.

Invero, già la Legge n° 269 del 3 agosto 1998, titolata “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, aveva introdotto nel codice penale ed in quello di procedura penale importanti novità atte a permettere, alle Forze di Polizia ed alla Magistratura, un contrasto maggiormente incisivo del fenomeno dello sfruttamento sessuale dei minori, con particolare riguardo alla cosiddetta pedofilia on-line.

L’Italia è stata tra i primi Paesi ad emettere una specifica normativa in materia aderendo ai principi della Convenzione sui diritti del fanciullo e a quanto sancito dalla dichiarazione finale della Conferenza mondiale di Stoccolma, nonchè partendo dalla considerazione che, così come specificato all´art. 1 della Legge sopra citata, “la tutela dei fanciulli contro ogni forma di sfruttamento e violenza sessuale a salvaguardia del loro sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale, costituisce obiettivo primario perseguito dall´Italia”.

La Legge in argomento così come integrata dalla suindicata Legge n. 38/06* ha introdotto nel codice penale alcuni articoli che disciplinano nuove figure di reato relative alla:

INDUZIONE, FAVOREGGIAMENTO E SFRUTTAMENTO DELLA PROSTITUZIONE DI MINORI.

L’articolo 600 bis del codice penale, titolato “Prostituzione minorile” recita infatti:

Chiunque induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.493 a euro 154.937.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 5.164.

Nel caso in cui il fatto di cui al secondo comma sia commesso nei confronti di persona che non abbia compiuto gli anni sedici, si applica la pena della reclusione da due a cinque anni.

Se l’autore del fatto di cui al secondo comma è persona minore di anni diciotto si applica la pena della reclusione o della multa, ridotta da un terzo a due terzi”.

Produzione, commercio, distribuzione, divulgazione e cessione di materiale pornografico coinvolgente minori.

L’ articolo 600 ter intitolato “Pornografia minorile” dispone che:

Chiunque, utilizzando minori degli anni diciotto, realizza esibizioni pornografiche o produce materiale pornografico ovvero induce minori di anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 25.822 a euro 258.228”

Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.

Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all´adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645.

“Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164”

“Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità”


Detenzione di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori


L’ articolo 600 quater, titolato “Detenzione di materiale pornografico”, recita infatti:

Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’art.600-ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore a euro 1.549.

La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità”

La stessa Legge inserisce dopo il 600 quater il 600 quater.1 che introduce la Pornografia Virtuale e detta:

“Le disposizioni di cui agli articoli 600 ter e 600 quater si applicano anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse, ma la pena è diminuita di un terzo.

Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali

Organizzazione e propaganda relativa al turismo sesuale all’estero in danno di minori

L’articolo 600 quinquies del codice penale, titolato “Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile” istituisce la sopra citata figura di reato statuendo che:

“Chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di minori o comunque comprendenti tale attività è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.493 a euro 154.937.

L’articolo 600 sexies del codice penale, titolato ”Circostanze aggravanti e attenuanti” resta invariato.

Pene accessorie

L’articolo 600 septies introdotto dalla Legge 269/98 riguardava le pene accessorie:

Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’art.444 del c.p.p., per i delitti previsti dalla presente sezione è sempre ordinata, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni ed al risarcimento dei danni, la confisca di cui all’articolo 240 è, quando non è possibile la confisca di beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto. In ogni caso è disposta la chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonché la revoca della licenza d’esercizio o della concessione o dell’autorizzazione per le emittenti radio-televisive.”

“La condanna o l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art.444 del codice di procedura penale per uno dei delitti di cui al primo comma comporta in ogni caso l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori”

Ulteriore novità introdotte dalla Legge 269/98 e succ. modif., sono rappresentate anche dall’attribuzione di poteri investigativi al Servizio della Polizia Postale e delle Comunicazioni, indicato quale Organo del Ministero dell’interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione.

Nell’ambito del contrasto alla diffusione di immagini pedoponografiche su Internet, l’articolo 14 (comma 1 e 2) della Legge in argomento consente alla Polizia Postale e delle Comunicazioni ( a seguito di precisa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria) :

  • Di procedere ad acquisti simulati ed a scambio di materiale pedopornografico;
  • Di attivare siti web sotto copertura;
  • Di “navigare” nella rete Internet con agenti sotto copertura;
  • Di partecipare, con i propri agenti (infiltrati), ad iniziative di turismo sessuale.

Lo stesso articolo, al terzo e quarto comma, prevede, altresì, nuovi iter procedurali che consentono:

  • Il differimento nel tempo dell’esecuzione di atti di polizia giudiziaria altrimenti immediatamente obbligatori ( sequestro e arresto);
  • La confisca e l’affidamento da parte dell’Autorità Giudiziaria dei beni e materiali sequestrati agli organi di Polizia Giudiziaria, che ne facciano richiesta, per impiegarli nelle attività di contrasto previste dall’articolo in questione.

La Legge 38/2006 ha rinforzato, ulteriormente, l’apparato normativo di contrasto alla pedopornografia sulla rete, introducendo l’art. 14 bis che così detta:

Presso l’organo del Ministero dell’Interno di cui al comma 2 dell’articolo 14, è istituito il Centro Nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet, di seguito denominato “Centro”, con il compito di raccogliere tutte le segnalazioni, provenienti anche dagli organi di polizia stranieri e da soggetti pubblici e privati impegnati nella lotta alla pornografia minorile, riguardanti siti che diffondono materiale concernente l’utilizzo sessuale dei minori avvalendosi delle rete Internet e di altre reti di comunicazione, nonché i gestori e gli eventuali beneficiari dei relativi pagamenti. Alle predette segnalazioni sono tenuti gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria. Ferme restando le iniziative e le determinazioni dell’autorità giudiziaria, in caso di riscontro positivo il sito segnalato, nonché i nominativi dei gestori e dei beneficiari dei relativi pagamenti, sono inseriti in un elenco costantemente aggiornato.

Il Centro si avvale delle risorse umane, strumentali e finanziarie esistenti. Dall’istituzione e dal funzionamento del Centro non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

Il Centro comunica alla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le pari opportunità- elementi informativi e dati statistici relativi alla pedopornografia sulla rete Internet, al fine della predisposizione del Piano nazionale di contrasto e prevenzione della pedofilia e della relazione annuale di cui all’art,17, comma 1”

Sono altresì previsti obblighi dei fornitori di servizi che in base al nuovo articolo 14 ter e 14 quater sono obbligati a:

  • Fermo restando quanto previsto da altre leggi o regolamenti a segnalare al Centro le imprese e i soggetti che, a qualsiasi titolo diffondono, distribuiscono o fanno commercio, anche in via telematica, di materiale pedoponografico;
  • Su richiesta del Centro gli stessi devono comunicare ogni informazione relativa a contratti con tali imprese e soggetti;
  • I fornitori dei servizi devono conservare il materiale oggetto della segnalazione per almeno quarantacinque giorni;
  • I fornitori di connettività, al fine di impedire ai siti segnalati dal Centro, sono obbligati ad utilizzare strumenti di filtraggio e soluzioni tecnologiche conformi ai requisiti individuati con decreto del Ministro delle comunicazioni di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie e sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei fornitori di connettività.

L’articolo 14 quinquies stabilisce, infine, le misure finanziarie di contrasto alla commercializzazione di materiale pedopornografico, in particolare:

  • Il Centro trasmette all’ UIC (Ufficio Italiano Cambi) per la successiva comunicazione alle banche, agli istituti di moneta elettronica, a Poste italiane Spa , le informazioni di cui all’art.14 bis, relative ai soggetti beneficiari di pagamenti effettuati per la commercializzazione di materiale concernente l’utilizzo sessuale dei minori sulla rete Internet e sulle altre reti di comunicazione;
  • Le banche, gli istituti di moneta elettronica, Poste italiane e gli intermediari finanziari che presentano servizi di pagamento, comunicano all’UIC ogni informazione disponibile relativa a rapporti e ad operazioni riconducibili ai soggetti sopra indicati;
  • La Banca d’italia e l’UIC verificano l’osservanza delle disposizioni dell’articolo in questione.
  • In breve le novità introdotte dalla Legge 38 del 6 febbraio 2006 possono essere così riassunte:
  • Riguardo la prostituzione minorile, è punito chi compie atti sessuali con minore di età compresa tra i 14 e i 18 anni, precedentemente l’età era compresa tra i 14 e i 16 anni;
  • Il reato di pornografia minorile si delinea quando utilizzando minori degli anni 18 di realizzano esibizioni pornografiche o si produce materiale pornografico o si induce i minori di anni 18 a partecipare a dette esibizioni;
  • Per buona parte dei delitti in materia di sfruttamento sessuale dei minori si esclude la possibilità di ricorrere al patteggiamento “allargato”;
  • Nel caso di condanna si applica sempre come pena accessoria l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole o strutture pubbliche o private che siano frequentate prevalentemente da minori;
  • Gli operatori turistici sono obbligati ad inserire nei materiali propagandistici la comunicazione sulla punibilità dei reati di pornografia e prostituzione minorile anche se commessi all’estero;
  • Viene creato un nuovo organismo per il contrasto della lotta contro la pedopornografia sulla rete Internet il “Centro Nazionale di monitoraggio della pornografia mionorile sulla Rete”, con il compito di raccogliere segnalazioni sull’andamento del fenomeno;
  • Responsabilità e obblighi per i fornitori di servizi (provider);
  • Collaborazione con gli Istituti di credito, Poste Italiane e intermediari finanziari nell’ambito di indagini che vedono coinvolti soggetti che eseguono transizioni finanziarie in rete per l’acquisto e/o la vendita di materiale pedopornografico
  • Per la prima volta viene perseguita anche la fattispecie riguardante “immagini realizzate con tecniche di elaborazioni grafiche” aventi ad oggetto minori per la quale, inoltre, è esteso l’arresto obbligatorio in flagranza.

SUD LIBERTA’ VI RIVELA I NOMI DELLE ASSICURAZIONI-TRUFFA -E I SITI ILLECITI SCOPERTI A NAPOLI

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Foto d’Archivio-Procura di Napoli

La Procura della Repubblica di Napoli Nord insieme ai  Carabinieri del Nucleo Investigativo -Sezione Indagini Telematiche- del Comando Provinciale di Napoli hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo d’urgenza emesso dalla Procura di Napoli Nord e poi convalidato dal Gip a carico di 12 persone indagate per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e al riciclaggio. Assicurazioni “false” on line in particolare, settore fiorente a Napoli.

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Le attività investigative , con la collaborazione dell’ufficio centrale antiriciclaggio di Poste Italiane hanno consentito di scoprire l’esistenza di un sodalizio criminale – operante dal 2015 su tutto il territorio nazionale – dedito alle truffe online: si stima la stipula di migliaia di falsi contratti assicurativi RC Auto attraverso siti web riferibili a finti broker assicurativi.

I documenti d’identità acquisiti delle vittime con la scusa della stipula venivano poi utilizzati anche per commettere altre attività fraudolente mentre le somme provento delle truffe venivano prima versate su carte prepagate e poi essere trasferite con  intreccio di transazioni su altre carte prepagate, prelevate da sportelli bancomat e trasferite mediante bonifici on line.

Ma il trucco è stato scoperto. Gli investigatori hanno individuato 498 carte prepagate sulle quali, soltanto nell’arco temporale compreso dal 1 gennaio 2018 al 17 ottobre 2018, verificato le  movimentazioni in entrata e uscita per circa 6.000.000 di euro facenti parte di un sistema, verosimilmente molto più ampio, riconducibile a persone del medesimo Clan criminale dedito a questi affari truffaldini.
“Scoperti 19 siti web fittizi, di cui 7 operanti e sottoposti a sequestro, riconducibili ad un medesimo portale sul quale, nel corso del tempo, venivano collegati con le più svariate e singolari denominazioni.  Ecco i nomi delle Assicurazioni-Truffa scoperte e ritenute illecite: Le riportiamo così come ci sono state consegnate in elenco:

1) galloassicurazion.com;

2) studiobovio.com;

3) assipuntodrive.com;

4) assitempo.net;

5} aronabroker.it

6) guidiassicura.it;

7) assicuratargaprova.it;

8) andiassicura.net;

9) marottaweb.com;

10) reassicurazioni.it;

11) b.s.b. broker p/urimandatari lombardia;

12) polizzatemporanea.net;

13) perrottabroker.it;

14) martiniassicura.com;

15) ferrarisassicurazioni.com;

16) morettiassicurazion.com;

17) subitoassicura.com;

18) perrottabroker.com;

19) genia/assicura.com.

QUESTI  I SITI  SEQUESTRATI E NON PIU’ OPERANTI:

1} www.ferrarisassicurazioni.com;

5) www.subitoassicura.com;

2} www.martiniassicura.com;

6) www.genialassicura.com;

3) www.morettiassicurazioni.com;

7) www.reportinterno.com;

4} www.perrottabroker.com;

8) www.rcatemporanea.com.

CATANIA,OPERAZIONE “BORDERLESS”. INDAGATE 24 PERSONE CHE SMALTIVANO RIFIUTI DALL’ATTIVITA’ DI SALVATAGGIO

 

Traffico illecito di rifiuti pericolosi :   sequestro preventivo della nave Acquarius attualmente ormeggiata a Marsiglia, e di 460 mila euro. La Guardia di Finanza ha  notificato avvisi di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 24 indagati.

l’operazione viene chiamata dagli inquirenti  ‘Borderless’. “Tra gli indagati destinatari del provvedimento cautelare di sequestro”, comunica la Procura di Catania, ci sono due agenti marittimi e “l’Ong ‘Medici senza frontiere’ (Msf), quale produttrice dei rifiuti oggetto del traffico illecito, con riferimento: al centro operativo di Amsterdam (O.C.A.) per quanto concerne l’operatività della nave Aquarius; al centro operativo di Bruxelles (O.C.B.) – Missione Italia, che ha gestito e finanziato le attività di soccorso prestate dalla nave Vos Prudence sino al mese di ottobre 2017

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Il presunto smaltimento illecito di rifiuti pericolosi verte su “37 sbarchi dell’Aquarius e 7 sbarchi della nave Vos Prudence, per un quantitativo complessivo di circa 24mila chilogrammi di rifiuti pericolosi, con il conseguimento di un indebito risparmio di costi per la Ong pari al profitto sequestrato di circa 460 mila euro”. Un importo che secondo la Procura di Catania sarebbe corrispondente al presunto profitto per attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, nei confronti sia di due agenti marittimi sia delle Ong ‘Medici senza frontiere – Operational Centre Belgium – Missione Italia’, ‘Medici senza frontiere – Operational Centre Amsterdam’, sia infine di appartenenti a vario titolo a tali enti.

“Il decreto di sequestro preventivo d’urgenza delle somme di denaro, che era stato disposto d’urgenza dalla procura ed eseguito su somme in contanti rinvenute nei conti correnti di alcuni indagati incluse le due Ong – fa sapere la procura – è stato convalidato dal Gip di Catania, che ha anche disposto il sequestro preventivo della nave Ong ‘Aquarius’, attualmente ormeggiata a Marsiglia in Francia”. Nel corso delle indagini, sono state effettuate “intercettazioni telefoniche, telematiche, ambientali e video” ed è stata fatta “l’analisi di documentazione marittima, sanitaria e commerciale relativa ai citati sbarchi e gli scali tecnici delle navi Ong produttrici di rifiuti“.

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La nave Acquarius ormeggiata nel porto di Marsiglia

Secondo la Procura di Catania gli indagati nell’ambito dell’operazione ‘Borderless’ avrebbero “sistematicamente condiviso, pianificato ed eseguito un progetto di illegale smaltimento di un ingente quantitativo di rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, derivanti dalle attività di soccorso dei migranti a bordo delle navi Ong Vos Prudence, da marzo 2017 a luglio 2017, e Aquarius, dal gennaio 2017 al maggio 2018”. I rifiuti pericolosi sarebbero stati “conferiti in modo indifferenziato, insieme ai rifiuti solidi urbani, in occasione di scali tecnici e sbarco di migranti nei porti di Catania, Augusta (Siracusa), Pozzallo (Ragusa), Trapani, Messina, Palermo nonché in altri porti italiani”.

Gli indagati “qualificavano, conferivano e smaltivano fraudolentemente, in modo indifferenziato, i rifiuti derivati dall’attività di salvataggio in mare” come “gli indumenti contaminati indossati dagli extracomunitari, gli scarti degli alimenti somministrati agli stessi, nonché, i rifiuti sanitari infettivi utilizzati a bordo per l’assistenza medica, eludendo i rigidi trattamenti imposti dalla loro natura infettiva, in ragione della quale gli stessi andavano classificati come pericolosi, sanitari e non, ad alto rischio infettivo“.

E’ emersa la “consapevolezza da parte degli indagati della pericolosità degli indumenti indossati dai migranti,  fonte di trasmissione di virus o agenti patogeni contratti durante il viaggio, come emergeva tra l’altro anche dai S.A.R. Report Rescues in relazione alle condizioni sanitarie dei migranti assistiti a bordo dell’Aquarius, dove si segnalano frequenti casi di scabbia, Hiv, infezioni del tratto respiratorio quali tubercolosi, meningite, altre malattie  rilevate dai sanitari“.