Catania, falsa residenza in Svizzera per evadere nove milioni di euro. Scoperto dal Comando Guardia di Finanza

Contrabbando tra Italia e Svizzera, la Guardia di Finanza sequestra sette auto e uno scooter

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CATANIA

Cambio residenza con il trucco.Ma l’evasione è forte, fortissima. Non poteva passare inosservata come pensava l’impreditore denunciato.  I militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Catania, nell’ambito dell’attività a contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale, hanno concluso infatti un controllo nei confronti di un imprenditore del settore immobiliare e della consorte, contestando loro il trasferimento fittizio della propria residenza in Svizzera, finalizzato a fruire di una minore tassazione di investimenti e attività finanziarie estere occultati al fisco italiano per circa 9 milioni di euro.

Nell’ordinamento tributario italiano, il concetto di residenza costituisce il presupposto dell’imposizione sui redditi e fa riferimento al collegamento di un soggetto con il territorio dello Stato, inteso come luogo principale di svolgimento dei propri interessi personali e patrimoniali per la maggior parte dell’anno solare. Nell’ambito dell’attività ispettiva della Tenenza di Acireale, svolta anche tramite accertamenti bancari, è stato verificato che dal 2014, anno del trasferimento formale in territorio estero, in realtà i coniugi hanno continuato a risiedere in Italia, trovandosi qui la gran parte dei propri interessi personali ed economici quali la famiglia, diversi immobili, la disponibilità di auto e le società coamministrate con i figli.

È stato, quindi, ricostruito l’ammontare delle possidenze sottratte agli obblighi di monitoraggio fiscale, costituite da redditi di capitale provenienti da investimenti bancari, conti corrente e depositi titoli, per un totale di quasi 9 milioni di euro, oltre che da un immobile di pregio del valore di circa 560 mila euro. Le contestazioni mosse dai militari prevedono, al termine del procedimento, oltre all’imposizione secondo le aliquote di legge, l’applicazione delle relative sanzioni, tra cui quella che va dal 6 al 30% delle sostanze non dichiarate.

L’attività della Guardia di Finanza è costantemente orientata a contrastare gli effetti negativi prodotti dall’evasione fiscale, anche di matrice internazionale, in termini di corretta corresponsione delle imposte da versare allo Stato, sul presupposto che il rispetto delle regole è necessario a garantire le condizioni economiche per il rilancio e lo sviluppo dell’economia, significativamente colpita dal congiunturale momento di crisi.

 

Falsa residenza in Svizzera - redditi occultati al fisco italiano per 9 milioni di euro

 

 

Operazione ” Clean Up”: scoperto un articolato sistema di società che ha messo in luce reati come la Bancarotta fraudolenta ed omissione di imposte

 

 

Il Gip del tribunale di Palermo ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti dei fratelli Vincenzo e Liborio Abbate, rispettivamente di 49 e 53 anni. Sequestrati pure  beni e somme di denaro per complessivi 650 mila euro, l’intero capitale sociale e relativi beni aziendali di 3 società per oltre 1 milione e 700 mila euro.

’L’Operazione «Clean Up» secondo gli inquirenti ha posto in luce un articolato «sistema» di società come delle scatole cinesi, pensato e realizzato da un’unica regia riconducibile ai due fratelli, «nell’ambito del quale – – le persone giuridiche coinvolte erano una la continuazione aziendale dell’altra, con analogo oggetto sociale, soci e coincidenza di sedi operative ed assetti aziendali».

Con  la creazione di una rete di società, formalmente controllate dalla prima e soggette ad una direzione unitaria da parte dei due imprenditori, alle quali sono stati ceduti beni societari e rami d’azienda, i soggetti arrestati avrebbero svuotato e poi messo in stato di insolvenza l’impresa d’origine nata nel 1986.   Coinvolta nelle indagini, anche se non interessata  dal provvedimento cautelare di oggi, la madre degli imprenditori, di 77 anni, che era formalmente, dal 2016, titolare della società poi dichiarata in fallimento.

Sequestro di liquidità ed immobili per un valore di oltre 1,7 milioni di euro

Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Como – a seguito di accertamenti patrimoniali delegati dalla Procura della Repubblica di Como nell’ambito dell’indagine nei confronti di tre soggetti, destinatari, nel novembre 2020, di provvedimenti restrittivi della libertà emessi dal G.I.P. presso il Tribunale di Como, quali indagati di usura (tutti), estorsione (soggetto nr. 3), nonché del delitto di cui all’art. 132 del T.U. bancario per avere abusivamente esercitato a partire dal 2012 una attività finanziaria ( soggetto nr. 1 e soggetto nr. 2) – ha dato esecuzione ad un Decreto di sequestro preventivo emesso, su richiesta formulata da questo ufficio, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Como ai sensi degli articoli 644 ultimo comma c.p. e 240 bis c.p.
Il provvedimento cautelare -comunicano le Fiamme gialle -ha riguardato:
  • quanto al (soggetto nr. 2) e le figlie, nove immobili situati in Alzate Brianza, Cadorago, Capiago Intimiano, Como, Inverigo, Schignano; quanto al (soggetto nr. 1), due immobili situati ad Argegno e Como.
Il G.ip. ha altresì disposto il sequestro di beni e utilità di cui gli indagati hanno la disponibilità, anche per interposta persona, per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, anche per equivalente, sino a concorrenza dei seguenti importi:
  • 411.000,00 euro, per quanto riguarda (soggetto nr. 1);
  • 200.000,00 euro, per quanto riguarda (soggetto nr. 3);
  • 93.632,82 euro, per quanto riguarda (soggetto nr. 2) (importo determinato, per effetto del principio del ne bis in idem, decurtando dal provento complessivo del reato di usura conseguito da (soggetto nr. 2) (€ 283.532,82), gli interessi usurari conseguiti per effetto dell’illecita acquisizione degli immobili intestati alle figlie pari a 73.000,00 euro e 116.900,004 euro già ricompresi tra gli immobili sottoposti a sequestro preventivo diretto sopra riportato).

Tratto in arresto dalle Fiamme gialle boss estortore che minacciava la ” gambizzazione” dei debitori

Palermo, la Guardia di Finanza arresta i fratelli Tuttolomondo, ex  proprietari della squadra rosanero - AMnotizie.it - Quotidiano di  informazione

 

Nell’ambito di attività d’indagine a contrasto della criminalità organizzata, delegate dalla Procura della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia, i finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno tratto in arresto, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il locale Tribunale, un noto pregiudicato, appartenente ad un clan di Calatabiano, articolazione territoriale di un altro noto clan .

L’attività investigativa, condotta dai militari del G.I.C.O. del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Catania, ha consentito di accertare che, a fronte del mancato pagamento di una somma di denaro, l’esponente del clan ha compiuto gravissimi atti di intimidazione e violenza a danni di un suo debitore.

In particolare, in un primo momento, il soggetto tratto in arresto unitamente ad altri due sodali, ha più volte minacciato ritorsioni nei confronti del debitore, fino a prospettargli la “gambizzazione” nel caso in cui non avesse onorato il pagamento.

In un secondo episodio di aggressione, avvenuto a luglio del 2019, l’appartenente al clan ha prima investito con l’auto e ha poi violentemente percosso il debitore, causando significative lesioni personali, tra cui un trauma cranico-facciale e un altro trauma al torace e all’addome.

Nel terzo episodio, avvenuto a luglio di quest’anno, sempre il soggetto tratto in arresto ha compiuto, con altri due sodali, un’aggressione con spranga di ferro a danni del debitore, inseguito fino a casa per minacciarlo.

In esito alla complessa attività d’indagine, che ha coinvolto esponenti del clan di Calatabiano, su richiesta di questo Ufficio, il GIP presso il Tribunale di Catania ha emesso nei confronti dell’appartenente al clan un’ordinanza di custodia cautelare.

SMANTELLATO DALLA GUARDIA DI FINANZA UN “STRUTTURATO SISTEMA ILLECITO DI MATRIMONI “FITTIZI” PER FAVORIRE EXTRACOMUNITARI

MESSINA

Carte di soggiorno con matrimoni fittizi. Le Fiamme gialle di Messina hanno decapitato l’organizzazione specialista in questi “affari” e notificato un’ordinanza di custodia cautelare a 16 soggetti (5 dei quali in carcere e 11 agli arresti domiciliari), promotori e membri di due gruppi criminali, con base a Messina, dediti al favoreggiamento dell’ingresso/permanenza clandestina di cittadini extracomunitari irregolari sul territorio italiano.

Le indagini, condotte dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina, sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia peloritana, hanno permesso di far luce su uno strutturato sistema illecito, finalizzato all’organizzazione di matrimoni fittizi tra cittadini italiani e stranieri (marocchini, algerini e tunisini), con lo scopo di conseguire la carta di soggiorno per motivi di famiglia, essenziale per l’ingresso e/o la permanenza nel territorio dello Stato italiano, ovvero per “sanare” la posizione di quelli destinatari di Decreti di Espulsione dal territorio dello Stato, già emanati dalla Prefettura e resi esecutivi dalla Questura.

FALSE DICHIARAZIONI SULLE QUALITA’ PERSONALI- INDAGINI – MATRIMONI “MISTI” E RIPETITIVITA’ DI TESTIMONI DI NOZZE

Gli inquirenti spiegano anche che le investigazioni trovavano la loro genesi in singolari false dichiarazioni rese da cittadini italiani a pubblici ufficiali sulle loro qualità personali, con specifico riferimento allo status di celibe/nubile. Venivano pertanto avviati mirati approfondimenti che permettevano di rilevare, sin da subito, anomale ricorrenze rispetto a numerosi cd. “matrimoni misti”: ripetitività di testimoni di nozze e/o interpreti stranieri, reiterate parentele tra testimoni e sposi, tali da ipotizzare l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere tesa all’organizzazione illecita dei citati matrimoni.

Quanto ipotizzato trovava, quindi, puntuale riscontro all’esito di più penetranti attività di polizia giudiziaria, disposte dalla Procura della Repubblica di Messina, anche attraverso indagini tecniche ed acquisizioni documentali. Nel dettaglio, emergeva l’inequivoca operatività di due collaudate organizzazioni criminali, da tempo attive a Messina e con consolidate ramificazioni in Marocco, facenti capo a due cittadini marocchini: E.A.A. detto Samir cl. 84 e C.A. detto Abramo cl. 69.

Erano proprio i due marocchini, infatti, che si occupavano, nello specifico, di organizzare i viaggi in Marocco degli sposi fittizi, di assistere i promessi sposi durante il disbrigo di tutte le pratiche burocratiche, antecedenti e successive, al fittizio matrimonio: dalle pubblicazioni al rito nuziale, sino alla fase finale allorquando, ottenuto l’illecito scopo, si procedeva alla separazione ed al divorzio.

I due wedding planner internazionali, tuttavia, non operavano da soli, potendo contare su una strutturata organizzazione, articolata su più livelli, con ruoli interscambiabili in funzione delle necessità:

  • un primo livello, costituito da fidati collaboratori, tutti marocchini, E.H.O. cl. 83, E.Y. cl. 90, S.K.O. cl. 83, E.F.R. cl. 65, R.I. cl. 71 e E.A.E.H. cl. 78, incaricati: di reclutare i falsi sposi (allorquando contattati da altri marocchini in cerca di una falsa sposa, i dialoganti si attivavano riferendosi alle donne italiane come “pecore” “…c’è un signore che mi ha chiesto se c’è qualche pecora…un signore qui a Messina, c’è un suo amico che vuole venire…”);
    • di curare l’adempimento delle procedure burocratiche relative alla preparazione del matrimonio e alle successive fasi necessarie per l’ottenimento della documentazione a favore dei cittadini extracomunitari.

In tale ambito, si inseriscono stabili riferimenti anche in territorio marocchino, deputati a coadiuvare l’attività di rilascio dei documenti necessari alla celebrazione dei matrimoni in Marocco, presso il Consolato Generale d’Italia a Casablanca, quali la cittadina marocchina Z.L. detta Sara cl. 69 e la figlia L.M. cl. 94;

  • un secondo livello, composto da affezionati testimoni di nozze e interpreti; un terzo livello, infine, rappresentato da una fitta rete di soggetti italiani, principalmente donne, versanti in condizioni disagiate (“…perché il lupo quando ha fame esce dalla tana…”, così si esprimeva un indagato per sollecitare l’accettazione del matrimonio fittizio rivolgendosi ad una donna che mostrava segni di resipiscenza), che venivano coinvolte, dapprima, per essere destinate a false nozze, per poi, successivamente, divenire volano per nuovi illeciti affari, quali reclutatori di ulteriori soggetti da indirizzare verso ulteriori matrimoni falsi: gli italiani T.A. cl. 75, B.L. cl. 65, V.R. cl. 91, O.A. cl. 95, A.A. cl. 92, G.S. cl. 97, A.E. cl. 97.

Colpisce, sul punto, l’assoluta assenza di qualsiasi senso dello Stato da parte dei connazionali, c he  non esitano a minimizzare l’illiceità dei loro comportamenti, ritenendo come il tutto si riduca ad un mero “foglio” su cui apporre qualche firma, per far ottenere “la cittadinanza italiana” a chi non ne ha diritto.

 

In altre parole, le Fiamme Gialle peloritane hanno riscontrato come nulla venisse lasciato al caso, in una spirale infinita dell’illecito, sicuramente in essere dal 2016 e tuttora attivo. Prima di giungere alla stipula del contratto di matrimonio, infatti, si riscontrava come gli organizzatori adottassero ogni possibile cautela per accreditare la fittizia convivenza dei novelli sposi: di qui la necessità di individuare un locale da adibire ad “abitazione coniugale”, in modo che entrambi i coniugi vi portassero la rispettiva residenza anagrafica. A tal riguardo, erano gli stessi capi a dare consigli su come comportarsi con gli accertatori dei Vigili Urbani durante la verifica della convivenza.

IL  MATRIMONIO NON RICHIEDEVA -OVVIAMENTE – ALCUN FESTEGGIAMENTO

Proseguendo, dopo la celebrazione del matrimonio, che non prevedeva, ovviamente, alcun festeggiamento (tranne per qualche sporadico caso in cui è stata simulata una festicciola fittizia), l’extracomunitario richiedeva il permesso di soggiorno al competente Ufficio della Questura di Messina. Il personale dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Messina, quindi, al fine di vagliare la richiesta, di norma, chiamava la coppia per rivolgere alcune domande in merito al loro rapporto, alla loro conoscenza e quant’altro utile a verificare la veridicità dell’unione coniugale.

Anche su tale aspetto, forti del consolidato know how acquisito, gli organizzatori intervenivano direttamente, giungendo ad indottrinare i coniugi sulle risposte da fornire. Finanche l’acquisto delle fedi nuziali, reperite al costo di 1 € da negozi cinesi, era gestito dall’organizzazione, per essere poi fornite agli sposi. Parimenti, si documentava come tutto avesse uno specifico costo standardizzato, secondo un tariffario prestabilito: € 10.000,00 circa corrisposti dallo straniero all’organizzazione, in contanti o attraverso i servizi di Money Transfer, materialmente eseguiti da soggetti apparentemente non coinvolti nella vicenda ma contigui ai membri del sodalizio criminale; € 2.000,00/3.000,00 allo sposo/a fittizio; somme inferiori per intermediari, testimoni di nozze ed interprete, il tutto per un giro d’affari documentato nel corso delle indagini pari ad oltre € 160.000,00. Per il tramite dei competenti Uffici centrali del Comando Generale della Guardia di Finanza e del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale, uno dei soggetti destinatari del provvedimento è stato localizzato in Germania, precisamente nella zona di Francoforte sul Meno, dove sono in corso analoghe operazioni a cura del collaterale organismo di polizia, con l’esecuzione di specifico Mandato d’Arresto Europeo richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina.

IN  AZIONE ANCHE L’ELICOTTERO  “VOLPE” DELLA GUARDIA DI FINANZA DI PALERMO

La fase esecutiva vede la partecipazione, altresì, delle unità cinofile del Gruppo della Guardia di Finanza di Messina e dell’elicottero “Volpe 311” della Sezione Aerea del Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo.

Con l’operazione odierna, il Tribunale, la Direzione Distrettuale Antimafia e la Guardia di Finanza di Messina, hanno assicurato alla giustizia due agguerrite organizzazioni criminali, connotate da “allarmante professionalità e vorticosa ripetitività”, dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ovvero all’illecito ingresso/permanenza nel territorio dello Stato di soggetti non aventi alcun titolo idoneo, recuperando un ampio spazio di legalità, ora restituito alla collettività onesta.

Recuperati in mare dalla G. di Finanza resti di due scafi preziosi per l’Archeologia e la storia della navigazione

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Balzo in avanti della Archeologia marina per il recupero di materiale scientifico di prioritario interesse da parte dei Nuclei specializzati sul mare della Guardia di Finanza. Il Golfo di Follonica (GR) si rivela, ancora una volta,  prezioso custode di tesori archeologici.

Ricorderemo che, nel mese di giugno, i finanzieri del Reparto Operativo Aeronavale di Livorno, in collaborazione con la Tenenza di Follonica che aveva svolto le preliminari attività infoinvestigative sfociate in un primo rinvenimento, intervenivano per effettuare un recupero di materiale archeologico nello spazio di mare antistante Follonica.

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Una successiva ricognizione del Nucleo Sommozzatori della Stazione Navale di Livorno consentiva così d’individuare i resti di un relitto navale, oltre a ulteriori reperti archeologici localizzati nelle immediate vicinanze.

La Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Siena Grosseto e Arezzo – diretta da Andrea Muzzi- informata delle operazioni in corso fin in prima battuta, nel contempo si attivava e, grazie a una proficua collaborazione con la Direzione Generale, otteneva così uno specifico finanziamento, su un capitolo di spesa dedicato espressamente alle indagini e attività finalizzate alla tutela delle aree e delle zone di interesse archeologico, che consentisse un più esteso intervento di scavo, conclusosi proprio in questi giorni.

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Le ricerche, condotte sul campo dagli archeologi della ASPS Servizi Archeologici e con il supporto dello stesso personale della Guardia di Finanza, con l’appoggio logistico del diving Feel Dive di Scarlino, hanno così evidenziato, nei pressi di una secca, la presenza di almeno due affondamenti navali, uno romano e uno più recente, avvenuti nello stesso punto a distanza di secoli. Nel corso delle operazioni sono stati così documentati i resti di due scafi e recuperato materiale archeologico di rilevante interesse per la storia della navigazione.

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La Guardia di Finanza- informano i vertici del Corpo –  con mirate attività ispettive nell’ambito delle specifiche prerogative istituzionali di polizia economico-finanziaria con la propria ramificata componente aeronavale e territoriale, rappresenta anche sul mare la forza di polizia di riferimento per il contrasto alle attività illecite, la tutela dell’ordine pubblico, la difesa dei beni collettivi e delle risorse marine nazionali e costiere, concorrendo in questo caso in funzione della conservazione del patrimonio archeologico, in sinergia con le autorità preposte.

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Palermo,false Onlus per trasporto emodializzati: 6 arresti

 

Una inchiesta sul trasporto emodializzati ha condotto alla scoperta di false onlus  a Palermo.   Gli autori nascondevano in realtà attività d’impresa gestita da pregiudicati. L’inchiesta della Procura di Palermo e della Guardia di finanza ha scoperto la truffa dei trasporti di pazienti per conto dell’Asp. 

 I finanzieri hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Gip nei confronti di sei persone accusate tra l’altro di falso, associazione a delinquere, truffa allo Stato e frode nelle pubbliche forniture. Il Gip ha disposto il sequestro preventivo dell’intero patrimonio aziendale di due associazioni palermitane di volontariato del settore sanitario-assistenziale, l’Associazione di Volontariato Emergency Leader Onlus (A.V.E.L.) e la Confraternita di Misericordia, che adesso sono state affidate ad un amministratore giudiziario.

In manette sono finiti: Pietro Corrao, 63 anni, Saverio Marchese, 55 anni e Salvatore Scavone, 60 anni. Ai domiciliari Beniamino Cusimano, 75 anni, Concetta Teresi 52 anni e Marilena Scalia 48 anni.  Corrao, Marchese,Scavone e Cusimano sono accusati di falso e di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di falso,Teresi per associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato e frode nelle pubbliche forniture ed infine Scalia per truffa ai danni dello Stato e frode nelle pubbliche forniture.   

Secondo le indagini svolte dal nucleo di polizia economico-finanziaria delle fiamme gialle la Avel, che svolgeva per conto dell’Asp di Palermo il servizio di trasporto emodializzati, che doveva essere una associazione di volontariato, era una attività d’impresa, gestita di fatto da indagati per gravi reati quali il traffico di droga aggravato dall’agevolazione mafiosa.

Dietro la finta Onlus si nascondeva un’impresa con turni di lavoro e stipendi anziché rimborsi,gestita di fatto da Corrao e Marchese.

Per ottenere il rilascio della certificazione antimafia gli indagati avevano fatto carte false, attribuendo formalmente la veste di presidente a Cusimano, che è incensurato. “In sede di stipula e rinnovo delle convenzioni con l’Asp – dice la Gdf – gli indagati hanno presentato false certificazioni concernenti la natura di Onlus dell’Ente e l’attestazione che quest’ultima fosse amministrata da soggetti immuni da precedenti penali, grazie alle quali Avel ha potuto accedere alle convenzioni pubbliche”.

Le indagini hanno svelato  “l’esistenza di un vero e proprio’cartello’ fra i rappresentanti di sette associazioni palermitane che svolgevano il servizio di trasporto emodializzati per conto della locale Asp, capeggiate dalle referenti della Confraternita di Misericordia”. “Il patto illecito – comunica la Gdf – concretamente attuato tramite la creazione di chat su whatsapp, prevedeva che i diversi partecipanti concordassero di rifiutare il trasporto’collettivo’ dei pazienti, rendendosi disponibili solo al più remunerativo ‘trasporto singolo’ dei malati, così ingannando l’Asp e provocando un danno alle casse pubbliche”.

Nicolosi: “distrazione di fondi pubblici”, denunciato ex dipendente

 

 

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Distrazione di fondi pubblici, in questo caso del Comune di Nicolosi che ha denunciato il reato di un suo impiegato.Beni per 61mila euro sono stati sequestrati da militari della Guardia di finanza di Catania al  dipendente del Comune  indagato per peculato in esecuzione di un provvedimento del Gip emesso su richiesta della Procura etnea.

Secondo le indagini delle Fiamme gialle della compagnia di Paternò, avviate su denuncia dell’Ente, è emersa infatti una distrazione di fondi pubblici, dal 2013 al 2019, da parte di un impiegato  furbetto od ‘infedele’, oggi in pensione. La Guardia di finanza ha ricostruito la procedura del peculato contestato all’indagato. Fino allo scorso dicembre, all’esaurimento del denaro anticipato dal Comune per pagare i propri servizi, l’ufficio ragioneria emetteva alla propria tesoreria, funzione svolta da una banca, un mandato di pagamento a favore di Poste Italiane.

Secondo l’accusa il dipendente comunale allora preposto al servizio, avrebbe prelevato dall’istituto di credito la somma corrispondente al mandato, ma ne versava soltanto una parte alle Poste, tenendo indebitamente per sé la differenza. Per far figurare comunque un versamento pari a quello del mandato, e anche per superare senza rilievi il successivo riscontro della banca, l’impiegato avrebbe anche alterato le cifre riportate sulla ricevuta rilasciata dalle Poste prima del deposito del documento e dell’archiviazione della pratica.  I riscontri dei versamenti con le ricevute non coincidevano ed è scattata la denuncia alla Procura.

BLITZ DELLA FINANZA NELLE SEDE DELL’AST TRASPORTI “PRESIEDUTA” DA GAETANO TAFURI E SOCIETA’ DEI “MISTERI”

 

di     R.LANZA

Blitz della guardia di finanza nella sede dell’Ast, l’azienda regionale che si occupa del trasporto extraurbano. Le ipotesi di reato sono corruzione e abuso d’ufficio.

L’AST   oggi è Società per Azioni – circa 900 dipendenti -per  garantire servizi migliori ai cittadini utenti.Il processo di riorganizzazione che ha interessato negli anni la struttura aziendale non ha erogato tuttavia servizi di qualità.  Orari non controllati, assenze degli autisti incaricati, corse che saltano frequentemente, sporcizia sui sedili e posti a sedere, degli autobus,linguaggio spesso scurrile degli operatori, indifferenza verticistica e delle direzioni cittadine.

AST SpA opera in un territorio di 11.891 kmq di superficie, pari al 47% della superficie regionale fornendo i propri servizi ad una popolazione di 3.456.649 di abitanti, 69% della popolazione regionale residente in 128 comuni.

Rete Urbana
Comuni Serviti 14
Popolazione Servita 666.267
Km Percorsi 2.956.937
Rete ExtraUrbana
Numero di Linee 114
Popolazione Servita 3.456.649
Km Percorsi 14.763.0

Recentemente l’assessore regionale Falcone, aveva respinto l’idea di una presunta compagnia aerea controllata dalla Regione Siciliana. “Apprendiamo da indiscrezioni di un progetto – dichiarò Falcone alla Stampa tramite il portavoce Stampa Fabio De Pasquale -per la costituzione di una compagnia aerea, annunciato dal presidente dell’Ast, azienda partecipata della Regione. Si ritiene opportuno precisare che si tratta di una iniziativa personale del presidente, avvocato Gaetano Tafuri, mai concordata con il governo Musumeci e della quale non conosciamo, neppure informalmente, i contenuti”. 

Resta un mistero l’operato pure di Gaetano Tafuri e sui motivi che lo spingerebbero a pensare ad una compagnia di bandiera regionale con la controllata Ast – senza una intesa con l’attuale Giunta regionale e il Presidente Musumeci così come resta un mistero la sua autonomina ed occupazione della poltrona presidenziale. E perchè non è intervenuto finora il Presidente della Regione Musumeci?    E’ per caso soddisfatto il governatore della qualità dei servizi erogati dall’AST nelle varie città siciliane?  Perchè non attua un sondaggio nelle varie fermate degli autobus?     Perchè alla guida di questa azienda non si promuove
Nello Musumeci - Wikipedia?
un personaggio di rispetto lontano da interessi particolari, politici ed economici.Ad esempio un generale in pensione dei Carabinieri ?             Quelli attuali, caro Presidente Musumeci, – sembrano al pubblico personaggi dubbi, titolari di troppi incarichi politici anche nel periodo della Mafia dei governatori,  che non hanno eliminato i disagi e il malessere della popolazione -utenza siciliana    Occorrerebbe mandarli subito a casa. 

Tafuri : dopo l’esperienza di Commissario della Metro -CircumEtnea- il 5 settembre del 2018 si è autonominato amministratore unico dell’azienda Ast Aeroservizi  che gestisce in toto l’Aeroporto di Lampedusa. L’ autonomina di Presidente è avvenuta in seno ad un’assemblea dei soci, in quell’occasione presieduta da Giovanni Amico. Amico, dirigente Ast distaccato parzialmente presso AST Aeroservizi con la qualifica di “DG – Accoutable Manager”. Ex amministratore unico della società che gestisce l’aeroporto di Lampedusa  dal 2006.  Tafuri sa bene di aver a che fare con una Società molto amata a Bruxelles e che può contare su un contributo Ue di parecchi miliardi di euro.

I suoi poteri si ampliano a tal punto che, forse non si rende conto , che così  controlla se stesso, perchè  le due società sono in rapporto diretto. Ma Tafuri trova l’espediente singolare nel testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) che stabilisce quanto segue: “non è consentito nominare, nei consigli di amministrazione o di gestione, amministratori della società controllante a meno che la nomina risponda all’esigenza di rendere disponibili alla società controllata particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della Società controllante o di favorire l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento.

 

All'Ast Tafuri, il "fedelissimo" - Live Sicilia
Gaetano   Tafuri
Apprendiamo adesso che nei giorni scorsi    la Guardia  di finanza ha perquisito la sede dell’Ast in via Caduti Senza Croce di Palermo ascoltando tra gli altri presidente, vice presidente e direttore generale.
 L’incarico era quello  di acquisire alcuni atti amministrativi relativi ad incarichi e appalti aggiudicati o ancora in corso di aggiudicazione.

Sulle indagini Fiamme gialle e inquirenti mantengono provvisoriamente il silenzio. L’unica certezza sembra essere che gli indagati in questa prima fase sarebbero almeno cinque. Al momento dell’accesso i finanzieri hanno chiesto ai vertici dell’Ast di essere presenti e consegnare, fra le altre cose, anche i loro smartphone.   Vedremo appresso gli sviluppi.

Vaticano: la Marogna spendeva il denaro (oltre 200 mila euro) in beni di lusso personali anzichè nelle missioni umanitarie

Caso Becciu: il Vaticano fa arrestare Cecilia Marogna, la 'dama del  cardinale' - Il Riformista

Papa Francesco vuol mettere ordine al Vaticano. Gli eventi si susseguono. I soldi sono della Santa Sede ma l’indagata li spendeva per acquistare lussuosi beni personali. L’arresto di Cecilia Marogna,la 39enne manager cagliaritana  nota come la ‘dama del cardinale‘ per il rapporto fiduciario che la legherebbe all’ex numero due della Segreteria di Stato vaticana, il cardinale Angelo Becciu. ha destato scalpore per l’uso disonesto e personale  del denaro qualificato “Missioni umanitarie”              Si sa finora che l’accusa è di peculato per distrazione di beni. Tra il dicembre 2018 e il luglio 2019 avrebbe ricevuto 500mila euro dalla Segreteria di Stato per volontà del cardinale Becciu.

Gli inquirenti vaticani hanno visto giusto, hanno indagato e scoperto l’uso improprio di quel denaro ed hanno emesso un mandato di cattura internazionale attivando l’Interpol. Nel mirino degli inquirenti vaticani sarebbero finiti  bonifici per mezzo milione di euro ricevuti dalla Santa Sede per operazioni segrete umanitarie in Asia e Africa, e , quasi per la metà, nell’acquisto di borsette, cosmetici e altri beni di lusso. Marogna, che sarebbe in possesso di una lettera firmata da Becciu che la accredita come persona di sua fiducia, avrebbe ricevuto il denaro in diverse tranche tra il dicembre 2018 e il luglio 2019 sul conto corrente della Logsic d.o.o., la società, con sede a Lubiana, di cui è titolare. Versamenti tutti con causale “contributo per missione umanitaria”. Di quei circa 500mila euro, però, quasi 200mila sarebbero stati spesi in vestiti, ristoranti e lussuosi accessori (tra l’altro 12mila euro da poltrona Frau, 2.200 da Prada, 1.400 da Tod’s, 8mila da Chanel).

È stata arrestata Cecilia Marogna, coinvolta nella grossa inchiesta sulle  operazioni finanziarie della Segreteria di Stato della Santa Sede - Il Post

Anche la “Logsic “si sarebbe rivelata una società ‘fantasma’,  un ufficio chiuso senza nemmeno la targhetta. I bonifici in questione sarebbero stati firmati quando a Becciu era già succeduto come Sostituto agli Affari generali mons. Edgar Pena Parra, ma sarebbe stato proprio l’ex prefetto per la Congregazione delle Cause dei Santi a chiedere a monsignor Alberto Perlasca, all’epoca a capo dell’ufficio amministrativo della SdS (oggi indagato nell’inchiesta vaticana), di onorare gli accordi presi con la managing director della Logsic.

Spiegano gli investigatori: “La Marogna, presentatasi come esperta in relazioni diplomatiche e diplomazia parallela, sarebbe entrata in contatto con il cardinale nel 2016, proponendosi come mediatrice su crisi internazionali di vario genere. Becciu, dopo aver fatto filtrare alla luce delle notizie uscite di sentirsi “truffato” e pronto a sporgere denuncia nei confronti della signora, ha anche precisato, attraverso il suo legale, l’avvocato Fabio Viglione, che “i contatti con Cecilia Marogna attengono esclusivamente a questioni istituzionali“.

L’indagata afferma di aver ottenuto  “il risultato di aver costruito una rete di relazioni in Africa e Medio Oriente per proteggere Nunziature e Missioni da rischi ambientali e da cellule terroristiche“, spiegando che “i fondi in Slovenia erano di garanzia per le operazioni in Africa”.

 

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