Cosenza, misure cautelari a sei persone per reati tributari, fallimentari con sequestro di beni immobili fino a 70 milioni di euro

 

Nella giornata odierna, i Finanzieri del Comando Provinciale Cosenza hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza di applicazione di misure cautelari personali emessa dal G.I.P. del Tribunale di Castrovillari a carico di 6 persone (per 2 è stato disposto il carcere e per 4 gli arresti domiciliari), indagate per reati tributari e fallimentari, nonché proceduto al sequestro di beni mobili ed immobili fino a concorrenza di 70 milioni di euro, ritenuto profitto del reato, nei confronti di 24 persone fisiche e giuridiche.

L’indagine – condotta dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Corigliano-Rossano, sotto il coordinamento investigativo delle indagini preliminari del Sostituto Procuratore, Dott.ssa Angela CONTINISIO – ha permesso di disvelare, allo stato e fatte salve le valutazioni delle successive fasi processuali, un ipotizzato meccanismo di frode all’I.V.A. che ha consentito agli odierni indagati di evadere le imposte attraverso l’uso di fatture per operazioni inesistenti.

L’operazione trae origine dalle risultanze emerse nel corso di una verifica fiscale condotta dai Finanzieri a carico di diverse società di persone e di capitali riconducibili ad un medesimo gruppo familiare, operante nel settore della produzione e commercializzazione di calcestruzzo e nello smaltimento di rifiuti solidi urbani.

Gli accertamenti eseguiti hanno evidenziato allo stato come tali società, attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture documentanti operazioni commerciali fittizie, avrebbero abbattuto la base imponibile IVA, compensando ulteriori debiti tributari con crediti d’imposta fittizi.

Le stesse società, accumulati ingenti debiti tributari nei confronti dell’Erario, sarebbero state successivamente svuotate del complesso aziendale – costituito principalmente da impianti e macchinari – attraverso operazioni distrattive in favore di nuove società intestate a soggetti “prestanome”, per poi essere successivamente poste in liquidazione o portate al fallimento, come ritenuto indiziariamente essere avvenuto nel caso di una società appartenente al “gruppo societario”, dichiarata fallita dal Tribunale di Castrovillari nel maggio 2021.

All’esito dell’indagine, che vede indagate 28 tra persone fisiche e società, su richiesta della Procura della Repubblica di Castrovillari, il G.I.P., alla luce degli elementi probatori allo stato raccolti, ha disposto l’odierna misura cautelare a carico di 6 indagati, ritenuti la mente ed i principali beneficiari della presunta frode, ferma restando la presunzione di innocenza fino a compiuto accertamento delle eventuali responsabilità penali.

È stato, inoltre, disposto il sequestro, finalizzato alla confisca, nella forma diretta e per equivalente, di disponibilità finanziarie, di beni mobili ed immobili per circa 70 milioni di euro, a carico delle 24 persone fisiche e giuridiche che avrebbero beneficiato dell’ipotizzato meccanismo fraudolento posto in essere.

L’odierna attività della Guardia di Finanza di Cosenza si inquadra nel costante presidio del Corpo a salvaguardia del bilancio dello Stato e dell’Unione Europea ed è stata eseguita in stretta sinergia con la Procura della Repubblica di Castrovillari, diretta dal Procuratore Dr. Alessandro D’ALESSIO, impegnata nella tutela della economia sana del territorio, vulnerata dalla commissione dei reati oggetto d’indagine, che sottraggono risorse allo Stato e dunque alla collettività.

Gli indagati avranno la possibilità di fornire la propria ricostruzione dei fatti nel seguito del procedimento che trovasi, allo stato, nella fase delle indagini preliminari.

‘Ndrangheta, maxi blitz in diverse città italiane : oltre 100 arresti per associazione mafiosa….

Nella Giornata per le vittime di mafia, il messaggio del cardinale Bassetti  a Libera - Vatican News

Archivio -Sud Libertà

La ‘Ndrangheta in ginocchio  in diverse città italiane. Oltre cento misure cautelari emesse dalle Procure distrettuali antimafia di Reggio Calabria, Milano e Firenze, sono state notificate dalla Polizia di  Reggio Calabria con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine  a conclusione di articolate indagini nei confronti di boss di spicco  della   Ndrangheta operanti in stretto accordo tra loro…..

Le investigazioni,, nell’ambito delle quali è stata sequestrata oltre una tonnellata di cocaina importata dal Sudamerica, hanno posto in luce l’attività criminosa di  persone di origine calabrese provenienti dalla Piana di Gioia Tauro, presunti appartenenti alla cosca Molè, attivi anche in Lombardia e in Toscana, e con ramificazioni internazionali.

I reati contestati sono associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione.

Il filone milanese delle indagini è stato condotto dalla Polizia e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Como.

Messina,Peculato, corruzione e turbata libertà nella Scelta del contraente

 

Peculato, corruzione e turbata libertà nella Scelta del contraente

Messina

Nella mattinata odierna, operatori della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato sono stati impegnati nell’esecuzione di cinque misure cautelari interdittive nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili dei reati di peculato, corruzione, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e violazioni alla normativa in materia di subappalto.

A dare avvio alle investigazioni, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina, sono intervenute mirate segnalazioni inerenti anomalie nell’affidamento e nella gestione dei servizi e delle attività afferenti il settore acquedotto dell’azienda.

Specificamente, erano stati riscontrati una eccessiva frammentazione dei lavori ed un frequente ricorso alla trattativa privata e/o all’affidamento diretto a favore di un limitatissimo numero di ditte, in palese violazione degli obblighi di evidenza pubblica e del principio di rotazione previsto per gli appalti c.d. sottosoglia che utilizzano la procedura negoziata.

I successivi approfondimenti, quindi, espletati per il tramite di intercettazioni telefoniche ed ambientali, interventi di natura dinamica e di riscontro sul territorio ed acquisizioni documentali, hanno consentito di fare luce, secondo ipotesi d’accusa e che dovrà trovare conferma nei successivi gradi di giudizio, su un sistema radicato nel suddetto Ente, connotato dalla cattiva gestione dei poteri e delle prerogative connesse alla funzione pubblica afferente agli affidamenti di lavori e forniture da parte di una municipalizzata comunale incaricata della gestione dell’acquedotto, il cui esercizio, allo stato delle investigazioni, sarebbe risultato piegato alla realizzazione di interessi di tipo personalistico piuttosto che rispondente ai principi di correttezza, trasparenza ed imparzialità che dovrebbero presiedere all’azione amministrativa.

Nella presente fase delle indagini, che hanno trovato un primo vaglio positivo nel Giudice delle Indagini preliminari del Tribunale di Messina, la figura centrale è risultato un funzionario del predetto Ente, responsabile del servizio acquedotto, il quale operava, secondo ipotesi d’accusa, con spregiudicatezza e gestendo in maniera personalistica l’articolazione da lui diretta, tanto da fare mercimonio della funzione ricoperta, per ottenere vantaggi personali.

In svariate circostanze il funzionario, essendo necessario eseguire lavori di scavo per perdite della rete idrica comunale e ripristinare la sede stradale, provvedeva con affidamento diretto ad incaricare ditte, i cui titolari erano ovviamente compiacenti, senza la previa consultazione di altre imprese e, quindi, in violazione alla normativa in materia di appalti pubblici.

Inoltre, come emergente dall’attività d’indagine svolta dalle Fiamme Gialle e dalla Polizia di Stato, il predetto funzionario si sarebbe appropriato, avendone la disponibilità, di materiale idraulico di proprietà della municipalizzata del valore di circa 1.000 Euro e di alcuni contatori in ottone dismessi, vendendoli a terzi per oltre 2.000 Euro e acquistando, con il ricavato, una caldaia e dei radiatori da installare nella propria abitazione.

Da ultimo, allo stesso funzionario è altresì oggetto di contestazione provvisoria l’aver richiesto ad un imprenditore, che accettava, di assumere a tempo determinato il proprio figlio, offrendogli in cambio informazioni sulle offerte presentate da altre ditte concorrenti nelle gare per l’aggiudicazione dei lavori ed annullando procedure già concluse, al solo fine di favorirlo.

Sulla scorta del quadro indiziario così raccolto, salvo diverse valutazioni giudiziarie nei successivi livelli e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato, il competente Tribunale di Messina disponeva nei confronti del funzionario indagato la misura cautelare della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio per la durata di un anno, con interdizione, per il medesimo periodo, dello svolgimento di tutte le attività inerenti al pubblico ufficio o servizio da lui ricoperto; parimenti, nel medesimo ambito, venivano disposte ulteriori quattro misure cautelari del divieto temporaneo di contrattare con la P.A. nei confronti di altrettanti imprenditori, nella misura variabile da sei mesi a 10 mesi

Al rintraccio ed alla notifica dei provvedimenti hanno proceduto, per la Polizia di Stato, la Squadra Mobile della Questura di Messina, insieme al Commissariato di Taormina, e per la Guardia di Finanza, il G.I.C.O del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Messina, unitamente alla Compagnia di Taormina.

Arrestati per finalità di terrorismo due indiziati per aver fatto esplodere un ordigno di elevata potenzialità esplosiva

Disinnesco bomba (foto di repertorio)

Archivi -Sud Libertù
Oggi  , il ROS unitamente al Comando Provinciale Carabinieri di Avellino ha eseguito 2 misure cautelari in carcere, emesse dal Tribunale di Napoli su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo, nei confronti di due indagati gravemente indiziati di aver fabbricato, portato in luogo pubblico e fatto esplodere, in concorso fra loro, per finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, un ordigno artigianale di “importante potenziale esplosivo” che causava un significativo danneggiamento al portone blindato del Centro per l’Impiego di Avellino. 
L’indagine, diretta dalla Procura della Repubblica di Napoli, è stata avviata nel maggio 2020, a seguito della deflagrazione del menzionato ordigno artigianale. 
Le investigazioni, quanto alla matrice eversiva dell’attentato, hanno evidenziato come gli indagati fossero simpatizzanti dell’ampia ed eterogenea realtà nazionale avversa ai provvedimenti restrittivi adottati dal Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria da COVID -19.
L’evento delittuoso si colloca quindi in un periodo storico di forti tensioni sociali caratterizzate da proteste di piazza e iniziative di contestazione al potere statuale tanto a livello centrale quanto regionale. A conferma di ciò, è stato accertato che gli indagati avevano aderito all’iniziativa, ascrivibile all’epoca al contesto dei “movimenti spontanei popolari” ed avente dimensione nazionale, di querelare il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempre per i reati di “attentato contro la costituzione dello stato, abuso d’ufficio e violenza privata”, con riferimento all’adozione dei provvedimenti restrittivi in materia di emergenza pandemica. 
Le investigazioni, particolarmente complesse e delicate, oltre ad evidenziare intenti “rivoluzionari” palesati dagli indagati nel corso di manifestazioni pubbliche organizzate nel territorio del Comune di Avellino, hanno dimostrato che gli stessi, nonostante alcune attività di perquisizione avessero disvelato l’esistenza dell’indagine, avevano pianificato un’ulteriore azione violenta, nei loro intenti ancora più pericolosa, che tuttavia non portavano a compimento.

Dietro le sbarre chi assaltava i bancomat di Trapani e Catania

Assalti ai bancomat, presa banda del Pilastro - Cronaca -  ilrestodelcarlino.it

Assalti ai bancomat con gli escavatori. Vasta operazione della Polizia contro alcune bande criminali attive nelle province di Trapani e Catania. Oltre un centinaio di poliziotti delle Squadre mobili trapanese ed etnea, coordinati dal Servizio centrale operativo, insieme agli investigatori del commissariato di Marsala, stanno dando esecuzione a 18 provvedimenti cautelari richiesti dalla Procura di Marsala contro altrettanti indagati.

L’accusa, a vario titolo, è di associazione a delinquere, furto, danneggiamento aggravato e simulazione di reato. In corso anche numerose perquisizioni con l’ausilio di unità cinofile dei reparti Prevenzione crimine e di un elicottero del reparto Volo di Palermo.

Operazione Gulasch: false fatturazioni e indebite percezioni di finanziamenti pubblici

 

Operazione Gulasch - False fatturazioni ed evasioni fiscali

 

PALERMO

Su delega della Procura della Repubblica di Termini Imerese i finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Palermo hanno dato esecuzione ad un provvedimento con cui il GIP del Tribunale termitano ha disposto il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili fino alla concorrenza di 6,4 milioni di euro, pari all’IVA ed alle imposte sui redditi complessivamente evase dagli indagati mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Il provvedimento in parola deriva dallo sviluppo delle indagini svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo che a marzo del 2020 hanno portato all’esecuzione di 24 misure cautelari personali per le ipotesi di reato, tra le altre, di associazione a delinquere e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche in relazione all’indebita percezione di finanziamenti erogati dall’Unione Europea e dalla Regione Siciliana nell’ambito dei Programmi di Sviluppo Rurale per un valore di oltre 15 milioni di euro.

Nei mesi successivi, la Procura della Repubblica di Termini Imerese – che nel frattempo ha emesso l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e ha formulato apposita richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 36 imputati – ha chiesto al competente GIP anche il sequestro preventivo dei vantaggi patrimoniali conseguiti attraverso l’utilizzo di false fatturazioni.

In base a quanto emerso allo stato delle indagini, il ricorso sistematico a fatture false da parte del sodalizio riconducibile a due imprenditori di Belmonte Mezzagno era finalizzato a documentare costi in realtà non sostenuti in tutto o in parte per la realizzazione di programmi di investimento (ammodernamento aziende agricole, realizzazione di un mattatoio e di un complesso agro-industriale) al fine di ottenere: i rilevanti contributi europei e nazionali facendo gravare l’investimento completamente sui bilanci pubblici; un vantaggio fiscale connesso a un indebito risparmio di imposta.

Gli approfondimenti eseguiti dalle Fiamme Gialle palermitane, infatti, hanno fatto emergere l’utilizzo in dichiarazione delle fatture false con una conseguente evasione delle imposte sui redditi e dell’IVA per un importo complessivo pari a circa 6,4 milioni di euro.

Prosegue incessante l’azione della Guardia di Finanza di Palermo, coordinata dalla Procura della Repubblica di Termini Imerese, a contrasto delle frodi fiscali che, oltre a sottrarre ingenti risorse finanziarie allo Stato, alterano le regole del mercato e danneggiano gli imprenditori onesti e rispettosi delle regole.

 

Gestione scommesse on line, clan Santapaola: indagati a Catania 23 soggetti

 

Infiltrazioni del clan Santapaola nel settore delle scommesse on line

 

Scommesse abusive, la novità del Clan Santapaola.  Nell’ambito di articolate attività di indagine coordinate dalla Procura della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Catania, con la collaborazione e il supporto dello SCICO (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata), hanno dato esecuzione, in tre regioni italiane (Sicilia, Emilia Romagna e Puglia), oltre che in tre Stati (Germania, Polonia e Malta) a un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania nei confronti di 23 soggetti, tutti indagati, a vario titolo, per esercizio abusivo di gioco e scommesse, evasione fiscale, truffa aggravata, autoriciclaggio, tutte condotte aggravate dalla finalità di favorire gli interessi dell’associazione di tipo mafioso “Santapaola-Ercolano”.

È stato inoltre disposto il sequestro preventivo, in Italia e all’estero, di società, beni immobili e mobili, rapporti di conti corrente e disponibilità finanziarie per oltre 80 milioni di euro. Nel dettaglio, le indagini, svolte dai militari appartenenti al Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania, hanno tratto origine dall’approfondimento di una segnalazione di operazione sospetta e hanno riguardato il sistema di illecita raccolta e gestione delle scommesse sportive on line, oltre che delle attività volte al riciclaggio dei relativi proventi. In particolare è stato accertato che la consorteria criminale ha in primo luogo ideato un apposito sito internet, non autorizzato a operare in Italia, attribuendone la proprietà a una società maltese, al fine di occultare il legame con il territorio nazionale e le connessioni con la criminalità organizzata.

È stata poi organizzata, sempre a cura dell’associazione criminale, la illecita raccolta di scommesse “da banco” sull’intero territorio nazionale, attraverso una rete di agenzie, collegate, quali centri di trasmissione dati, al predetto sito internet: al riguardo, le indagini hanno permesso di accertare che solo una parte minimale delle scommesse avveniva on line, mentre la maggior parte delle puntate è stata effettuata in presenza e pagate in contanti. L’analisi dell’operatività del sito internet – verso cui affluivano tutte le puntate – ha permesso di evidenziare che il totale della raccolta delle scommesse è stata pari a 32 milioni di euro, mentre la società maltese, che in realtà ha operato come stabile organizzazione sul territorio nazionale, ha evaso le imposte sui redditi per oltre 30 milioni di euro. Gli importi delle scommesse, raccolte dalle varie agenzie sul territorio nazionale, e i proventi dell’evasione, complessivamente pari a oltre 62 milioni di euro sono poi affluiti nei conti della società maltese e, da lì, ulteriormente riciclati nell’acquisito di terreni, fabbricati, società in Italia (Puglia ed Emilia Romagna) e in Germania.

A tale riguardo, molto importanti sono risultati i riscontri effettuati dai militari del Nucleo PEF di Catania, che hanno consentito, tra l’altro, di sottoporre a sequestro quasi 180 mila euro in contanti, occultati nel doppio fondo di un’autovettura. In esito alla complessa e articolata attività di indagine del Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania e dello SCICO, il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale, su proposta della Procura della Repubblica, ha quindi disposto misure cautelari personali e reali nei confronti degli appartenenti all’associazione criminale. Nel dettaglio, sono state disposte misure restrittive nei confronti di 23 soggetti (di cui 12 destinatari di custodia cautelare in carcere, 2 destinatari degli arresti domiciliari e 9 della misura interdittiva dell’esercizio dell’attività commerciale), indagati a vario titolo per esercizio abusivo di gioco e scommesse, evasione fiscale, truffa aggravata, autoriciclaggio.

È stato inoltre sottoposto a sequestro il rilevante patrimonio dell’associazione, così costituito:

disponibilità finanziarie, disponibili su conti correnti in Italia, Malta e Polonia, per un valore di 62 milioni di euro; fabbricati e terreni in Emilia Romagna e Puglia;una società in Germania, operante nel settore della ristorazione, per un valore complessivo di 80 milioni di euro.

L’attività dei Finanzieri di Catania si inquadra nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla Guardia di Finanza volte al contrasto sotto il profilo economico-finanziario, delle associazioni a delinquere di tipo mafioso, al fine di evitare i tentativi, sempre più pericolosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale, e di partecipazione al capitale di imprese sane, anche profittando delle difficoltà legate al periodo di contrazione economica.

Napoli, misure cautelari per quattro indagati per rapina e sequestro di persona

Risultato immagini per immagine di carabinieri

Napoli,
Stamane i Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli hanno dato esecuzione ad un provvedimento cautelare emesso dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 4 indagati (tutti attualmente in libertà) ritenuti gravemente indiziati, in concorso tra loro, di “rapina aggravata, sequestro di persona e tentate rapine aggravate”.
L’attività investigativa – condotta congiuntamente dalla Sezione Operativa della Compagnia di Castello di Cisterna e dalla Stazione di Sant’Anastasia, avviatasi all’indomani di una rapina con contestuale sequestro di persona, e diretta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli– ha permesso in particolare di   documentare l’operatività di un gruppo di soggetti dediti alla commissione di rapine in danno di autotrasportatori, operante in Napoli e provincia; –  ricostruire compiutamente: . un episodio consumato (avvenuto l’11.11.2020 a Napoli, conclusosi con il rilascio della vittima in Sant’Anastasia) nel corso del quale l’autotrasportatore è stato temporaneamente sequestrato per consentire la sottrazione di un carico di pneumatici del valore economico stimato in circa 30 mila euro; . due episodi tentati – non portati a compimento per la reazione delle vittime – avvenuti, il primo in Casoria il 30.12.2020 (in danno del titolare di una rivendita di tabacchi che, a bordo di un’auto, stava trasportando un carico di tabacchi per un valore di 10 mila euro) ed il secondo in danno di un autotrasportatore di calzature (del valore di circa 200.000 euro).
Gli arrestati sono stati tutti tradotti presso la Casa Circondariale di Napoli-Poggioreale.

MESSINA,MISURE CAUTELARI A CARICO DI 16 MALAVITOSI E SEQUESTRI IMPIANTI DI SMALTIMENTO RIFIUTI

Enorme discarica di rifiuti speciali tra Lucera e Pietra, il TAR blocca  tutto. Bocciato ricorso Biogestioni - l'Immediato

MESSINA
Dalle prime ore di questa mattina, in varie province della Sicilia, i Carabinieri per la Tutela Ambientale e del Comando Provinciale CC di Messina, supportati dall’Arma di Catania e Siracusa, stanno dando esecuzione a misure cautelari a carico di nr. 16 persone, emesse dal G.I.P. presso il Tribunale di Messina, su richiesta della Procura della Repubblica – D.D.A – di Messina, nonché a decreti di sequestro preventivo di due impianti di smaltimento e compostaggio di rifiuti siti a Giardini Naxos (ME) e Ramacca (CT).
L’operazione ha colpito un’organizzazione criminale operante nella Sicilia Orientale, dedita a vari reati contro la pubblica amministrazione e in materia ambientale, quali il traffico illecito e lo smaltimento illecito dei rifiuti speciali, anche pericolosi, commessi anche grazie alla connivenza di pubblici funzionari della Città Metropolitana di Messina per gli impianti riguardanti la zona di Taormina e Giardini Naxos (ME).
Contestati a vario titolo i reati di “associazione per delinquere”, “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”, “gestione di rifiuti non autorizzata”, “realizzazione di discariche abusive”, “invasione di terreni”, “deviazione di acque”, “falsità ideologica”, “falsità materiale”, “abuso d’ufficio” e “corruzione”.

Assenteismo al Comune di Palermo, attestazioni false, timbrature “multiple”,oltre 55 impiegati,per truffa e falso, 18 raggiunti da misura cautelare

Assenteismo, l'Isola è maglia nera: undici licenziamenti in un solo anno -  Sardiniapost.it

PALERMO
Fenomeno assenteismo ai raggi x in Sicilia .Su delega della Procura della Repubblica di Palermo, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Capoluogo e l’Unità Operativa di Polizia Giudiziaria del locale Comando di Polizia Municipale hanno eseguito, nella mattinata odierna, un’ordinanza di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla P.G., emessa dal Gip del Tribunale di Palermo, a carico di 18 dipendenti comunali che dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di falsa attestazione di presenza in servizio e truffa ai danni dell’Amministrazione Comunale. 

L’attività investigativa, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, si è sviluppata dopo alcune segnalazioni anonime a seguito delle quali venivano avviati due differenti filoni d’indagine condotti dalle due Forze di Polizia, che facevano emergere un pervasivo fenomeno di assenteismo dal lavoro di molti dipendenti dell’ufficio comunale competente per gli impianti cimiteriali, i quali attestavano falsamente gli orari di svolgimento delle proprie mansioni, traendo in inganno l’amministrazione di appartenenza, in violazione dei doveri di fedeltà e diligenza dei pubblici dipendenti.

Si apprende che ,in particolare, l’attività d’indagine svolta dal Carabinieri si è concentrata sulle assenze dei dipendenti, sia comunali che delle società partecipate che prestano servizio all’interno degli uffici dei Servizi Cimiteriali del Comune di Palermo, siti in via Lincoln. All’esito di tale articolata attività d’indagine, caratterizzata dall’esecuzione di numerosi servizi di osservazione e da mirati riscontri documentali, i Carabinieri constatavano come un elevato numero di impiegati comunali effettuavano, sia timbrature  anche multiple per conto di altri colleghi al fine di attestarne falsamente le loro presenze in servizio, sia allontanamenti autonomi non giustificati. Nel corso di 5 mesi d’indagine, i Carabinieri hanno documentato quasi 2.000 “timbrature sospette”, di cui 240 sviluppate e contestate, e ciò a testimonianza del fatto che si trattasse di un fenomeno diffuso e generalizzato tra gran parte dei dipendenti dell’ufficio comunale. 

Nel complesso, l’indagine ha consentito di ricostruire condotte penalmente rilevanti su 55 impiegati, ovvero più di un terzo dei circa 150 dipendenti che prestano servizio presso l’ufficio dei Servizi Cimiteriali del comune di Palermo. 
Tra questi, il G.I.P del Tribunale ha ritenuto di applicare la misura cautelare nei confronti di coloro i quali, avendo perpetrato un numero cospicuo di episodi delittuosi o avendo una particolare personalità desunta da pregressi precedenti penali, sussista un rischio concreto ed attuale di reiterazione del reato.