Reggio Calabria, spaccio sostanze stupefacenti sedici misure cautelari

Operazione “Rail Verde” – contrasto alla produzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Eseguite 16 misure cautelari

Reggio Calabria

I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con l’ausilio di unità cinofile e la collaborazione delle Fiamme Gialle di Livorno, Olbia, e della Sezione Aerea di Lamezia Terme, su delega della Procura della Repubblica di Palmi, diretta dal dott. Emanuele Crescenti, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari personali emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palmi nei confronti di 16 soggetti per detenzione e spaccio di stupefacenti di tipo marijuana.

In particolare con il provvedimento è stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di 12 persone e il divieto di dimora nei confronti degli altri 4 soggetti.

I soggetti colpiti dalla misura sono dieci di origine italiana, residenti a Gioia Tauro, Rosarno e Palmi, un liberiano, un senegalese e quattro ghanesi, di cui uno risulta tuttora percettore di reddito di cittadinanza, beneficio che verrà immediatamente sospeso, così come previsto dalla normativa vigente.

Ai 16 indagati vengono provvisoriamente contestati, a vario titolo, i reati di produzione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, di combustione illecita di rifiuti pericolosi, di resistenza a pubblico ufficiale, di evasione e furto, fatti salvi ulteriori approfondimenti che saranno eseguiti, anche in favore degli indagati, nel corso del procedimento che attualmente pende nella fase delle indagini preliminari, e la conferma delle ipotesi investigative sinora formulate negli eventuali successivi gradi di giudizio.

L’operazione di servizio, convenzionalmente denominata “Rail Verde” ed eseguita dal Gruppo di Gioia Tauro ha permesso di scoprire le condotte illecite dei soggetti, i quali avrebbero incentrato la propria attività criminale sulla “marijuana” di cui curavano la coltivazione, il “controllo di qualità”, la preparazione all’immissione in vendita ed infine l’immissione sul mercato.

L’indagine ha origine nel giugno 2021 allorquando un elicottero della Sezione Aerea della Guardia di Finanza di Lamezia Terme ha individuato una vasta piantagione di marijuana, situata su un terreno demaniale del Comune di Gioia Tauro (RC) nei pressi del termovalorizzatore.

I Finanzieri intervenuti sul posto hanno rinvenuto e sottoposto a sequestro 1.219 piante di cannabis e 14 kg di infiorescenze, per un totale di sostanza stupefacente di tipo marijuana poi risultata essere pari a 795,95 kg.

Le indagini hanno consentito di ricostruire come la piantagione fosse irrigata tramite un sofisticato sistema “a goccia”, costantemente vigilata dagli indagati. Uno di questi, in particolare, si sarebbe recato giornalmente sul posto evadendo dagli arresti domiciliari disposti nei suoi confronti nell’ambito di altro procedimento penale, accedendovi attraverso la linea ferroviaria che costeggia il terreno.

Alcuni tra gli indagati, inconsapevoli di essere monitorati dagli investigatori, nell’imminenza dell’intervento che ha portato al sequestro, hanno tentato di dileguarsi tra i campi del “Bosco di Rosarno” mentre altri si sono dati ad una spericolata fuga fra le trazzere, a bordo di un mezzo inseguito dalle auto della Guardia di Finanza. Fuga terminata con un rovinoso incidente. Altri soggetti, invece, hanno provato a distruggere le piantine dando fuoco alla piantagione e costringendo i Finanzieri sul posto a mettere in sicurezza dall’incendio il terreno e le coltivazioni nelle adiacenze.

Le indagini hanno consentito, inoltre, di individuare il luogo di deposito, di lavorazione ed essiccazione dello stupefacente dal quale gli indagati scambiavano foto, anche selfie, via WhatsApp. Sono state ricostruite decine di operazioni di spaccio tra Gioia Tauro e Livorno, effettuate anche in pieno giorno ed in zone perfino frequentate da bambini.

L’operazione di servizio, condotta dalle Fiamme Gialle di Reggio Calabria a contrasto dei fenomeni di produzione e traffico di sostanze stupefacenti, si inserisce nel più ampio dispositivo realizzato sul territorio dalla Guardia di Finanza a tutela della collettività dai gravi pericoli che l’immissione della droga sequestrata sul mercato avrebbe potuto provocare.

V  I D E O  –

 

 

 

Maxi sequestro di sigarette di contrabbando, arrestato un cittadino bulgaro

 

Maxi sequestro di sigarette di contrabbando, arrestato un cittadino bulgaro

Reggio Calabria,

I militari del Comando Provinciale di Reggio Calabria, nel corso di un servizio finalizzato alla prevenzione e repressione dei traffici illeciti, hanno individuato, nella notte di giovedì scorso, un autoarticolato che trasportava 9 tonnellate di sigarette di contrabbando e arrestato un responsabile. In particolare, i finanzieri della Compagnia di Villa San Giovanni hanno sottoposto a un ordinario controllo di polizia un TIR, proveniente dalla Spagna, mentre era in procinto di imbarcarsi su un traghetto diretto in Sicilia.

Nel corso dell’ispezione, sono state rinvenute 45.000 stecche di sigarette prive del sigillo del Monopolio di Stato, inscatolate e posizionate su trentatré pedane in legno. Il carico illecito e l’automezzo sono stati sottoposti a sequestro probatorio. L’autista, un quarantottenne bulgaro incensurato in Italia, è stato arrestato in flagranza di reato per contrabbando e posto a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, che, venerdì scorso, lo ha processato con rito direttissimo. All’esito del processo, il Tribunale di Reggio Calabria, impregiudicata ogni diversa valutazione negli eventuali successivi gradi di giudizio, ha condannato il cittadino bulgaro alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e disposto la confisca del carico illecito che, qualora venduto al dettaglio, avrebbe fruttato quasi un milione e mezzo di euro.

L’attività di servizio testimonia il costante presidio esercitato dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria sul territorio – nel solco delle puntuali indicazioni dell’Autorità Giudiziaria reggina – a salvaguardia delle leggi e a contrasto dei fenomeni connotati da forte pericolosità sociale: il contrasto al contrabbando, oltre a garantire condizioni paritarie di concorrenza tra gli operatori economici, tutela la salute dei consumatori e restituisce risorse allo Stato.

Reggio Calabria, La Sicilia Operazione Laguna – Individuate imprese percettrici di ingenti finanziamenti dell’Unione Europea

REGGIO CALABRIA

Reati anti Unione euopea.Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, sotto il coordinamento dell’EPPO (European Public Prosecutor’s Office), hanno individuato diverse imprese calabresi percettrici di ingenti finanziamenti dell’Unione Europea, finalizzati all’acquisto di grandi imbarcazioni da diporto, come barche a vela o catamarani, che avrebbero dovuto incentivare il turismo calabrese, con i relativi benefici occupazionali, e che invece solcavano i mari siculi.

L’indagine, coordinata dalla Procura Europea (EPPO) – Organo giudiziario dell’UE, operativo dallo scorso 1° giugno, istituito con il compito di indagare e perseguire i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione – ha condotto alla denuncia di sei imprenditori reggini per il reato di malversazione a danno dello Stato, nonché per il conseguente illecito amministrativo dipendente da reato.

Il Tribunale di Reggio Calabria – direttamente interessato dai Procuratori Europei Delegati per la Sicilia e Calabria – nel condividere l’impianto investigativo del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Reggio Calabria, ha emesso appositi decreti di sequestro preventivo, in via diretta o per equivalente, della somma complessiva di 900.000 euro.

Disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili sono stati così appresi dalle Fiamme Gialle reggine, nell’ambito dell’Operazione denominata “Laguna”, nei confronti dei rappresentanti legali delle sei imprese calabresi destinatarie dei finanziamenti UE.

Complessivamente, le attività eseguite hanno consentito di individuare fondi comunitari illecitamente utilizzati per 1.200.000 euro, 300.000 dei quali, avviati i controlli, sono stati revocati, ovvero restituiti dai beneficiari e assicurati alle casse dello Stato.

Quello eseguito rappresenta il primo provvedimento giudiziario della specie richiesto dai Procuratori Europei Delegati per la Sicilia e Calabria, peraltro in un settore di rilevanza strategica per il rilancio economico-imprenditoriale quale è quello dei “Fondi strutturali” europei.

Più in particolare, le attività investigative si sono concentrate, per più di un anno, sulla verifica della regolarità nella gestione e nell’utilizzo di agevolazioni finanziarie per l’acquisto di grandi imbarcazioni da diporto, fino ai 24 metri, erogate dalla Comunità Europea, finalizzate appunto all’incentivazione del turismo calabrese, efficacemente sponsorizzata dallo slogan “Una Calabria più competitiva”.

Mirate verifiche alle imprese, controlli incrociati, acquisizione e disamina della documentazione amministrativo-contabile hanno permesso agli investigatori di scoprire che i beni oggetto della pubblica sovvenzione erano stati in realtà impiegati per finalità diverse da quelle per le quali erano stati acquistati. Più nel dettaglio, i finanzieri hanno ricostruito le modalità di commissione dell’illecito, consistenti nella concessione in locazione delle imbarcazioni, attraverso particolari contratti stipulati per il tramite di brokers specializzati, con rotte ricadenti prevalentemente a largo della Sicilia nord-orientale. Ed è proprio presso i porti turistici di tale area costiera, come verificato dagli stessi finanzieri, che le barche risultavano stabilmente attraccate ed utilizzate, in violazione delle finalità previste dal Bando regionale che ne prevedevano, come esposto, l’utilizzo esclusivo sul litorale calabrese.

Il servizio dà prova della costante attenzione che la Guardia di Finanza, oggi operando in sinergia con la neoistituita Procura Europea, rivolge al delicato settore della Spesa pubblica comunitaria e nazionale, nella consapevolezza che il corretto impiego dei fondi pubblici aiuti la crescita produttiva e occupazionale e contribuisca, nell’attuale congiuntura, ad arginare l’impatto negativo della crisi economica e sociale conseguente all’emergenza pandemica e sostenere il rilancio del Paese.

In ristorante di Reggio Calabria: “Cattiva conservazione del cibo ed infestazione di scarafaggi”,rilevano i Nas-denunciato alla Procura il titolare

Blatte e Scarafaggi: 3 insetticidi TOP + 1 metodo fai da te

Immagini -Archivi Sud Libertà
 – Reggio Calabria,
                                                       –ANDARE AL RISTORANTE E NON SAPERE QUELLO CHE SI MANGIA-
I Carabinieri del Nas di Reggio Calabria al termine di una breve attività investigativa finalizzata alla repressione della vendita di prodotti ittici nocivi per la salute, hanno eseguito una ispezione all’ interno di un ristorante etnico del centro reggino, conclusasi con il deferimento all’autorità giudiziaria del titolare ed il sequestro di oltre 500 kg di pesce destinato alla preparazione del sushi.
Rimuovete le fonti di cibo agli scarafaggi e alle blatte
I NAS : “I locali erano infestati da scarafaggi ed altri insetti….
I militari hanno rinvenuto all’interno delle celle frigorifere, vetuste e ormai non idonee per la conservazione, centinaia di kili di salmone arbitrariamente congelato e venduto per fresco, mentre nelle cucine ed in altri locali altro pesce e carne privi di tracciabilità e infestati da scarafaggi e altri insetti, nonché sporco pregresso anche da diversi mesi. I Carabinieri, che  hanno fatto pure intervenire personale del Asl – dipartimento di prevenzione, hanno immediatamente sospeso l’attività e deferito in stato di libertà il titolare alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria per cattiva conservazione di alimenti. Sono state elevate sanzioni per oltre 4000 euro ed il valore degli alimenti sequestrati è di 25000 euro.

 

Scoperti dalle Fiamme gialle 9 agenti della Polizia Locale a Reggio Calabria autori di reati per induzione indebita a dare o promettere utilità, falso ideologico e violenza privata

REGGIO CALABRIA

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno eseguito, in data odierna, un’ordinanza di applicazione della misura cautelare personale coercitiva degli arresti domiciliari nei confronti di 2 agenti della Polizia Locale di Reggio Calabria e della misura cautelare personale interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio rivestito per la durata di dodici mesi nei confronti di altri 7 agenti, nonché sottoposto alla misura cautelare reale del sequestro preventivo una depositeria giudiziaria autorizzata, iscritta all’Albo Prefettizio, per i reati di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falso ideologico e violenza privata.

Le investigazioni, eseguite dalla Compagnia Reggio Calabria e coordinate dalla locale Procura della Repubblica, diretta dal Procuratore Dott. Giovanni Bombardieri, sono scaturite dalla denuncia presentata ad ottobre 2020 da un cittadino extra–comunitario, venditore ambulante munito di regolare licenza, che aveva rappresentato di aver subìto un furto della merce che esponeva in vendita, da parte di due soggetti ignoti, poi risultati essere due agenti di Polizia Locale (A.M. – cl. ’78 e C.G. – cl.’75), odierni arrestati, senza la redazione e il rilascio di alcun verbale di sequestro amministrativo o di contestazione.

Le attività investigative preliminari hanno consentito di appurare, anche tramite l’acquisizione e l’analisi di video-registrazioni, la veridicità di quanto denunciato dall’ambulante: lo stesso, infatti, era stato, a tutti gli effetti, vittima di un’ingiustificata appropriazione della merce esposta da parte di due pubblici ufficiali, in abuso della loro qualità, nonostante l’esibizione della licenza autorizzatoria, la quale, visionata dagli indagati, veniva lanciata in direzione dell’extra–comunitario, senza la restituzione della merce indebitamente appresa.

Da un successivo sviluppo dei primi input investigativi, sotto il coordinamento del Procuratore Aggiunto Dott. Gerardo Dominijanni e sotto la direzione del Sostituto Procuratore della Repubblica Dott.ssa Alessia Giorgianni, le fiamme gialle reggine hanno rilevato come diversi altri appartenenti alla Polizia Locale del capoluogo reggino (F.D. – cl. ’63, C.V. – cl. ’71, S.C. – cl. 67, C.M. – cl. ’78, F.U.F. – cl. ’71, M.G. – cl. ’71 e C.P. – cl. ’77) sottraessero sistematicamente, nell’ambito degli ordinari servizi finalizzati al contrasto dell’abusivismo commerciale, la merce esposta per la vendita da ambulanti di origini extra-comunitarie, senza provvedere alla redazione e al rilascio di verbali di sequestro amministrativo o di altri atti, ma procedendo alla successiva pubblicazione, sull’Albo Pretorio del Comune, di verbali di rinvenimento di merce redatti nei confronti di soggetti ignoti.

E’ stato possibile, altresì, constatare come due poliziotti locali reggini, sottoposti ai domiciliari (A.M. – cl. ’78 e C.G. – cl. ’75) avessero messo in piedi un sodalizio finalizzato alla ricerca di veicoli da rottamare, acquisire o cannibalizzare, unitamente a tre soggetti (S.B. – cl. ’74, I.A.D. – cl. ’94 e S.D.F. – cl. ’75) a cui sono riconducibili due imprese operanti nel settore del soccorso e della rimozione di veicoli, una delle quali è una depositeria giudiziaria autorizzata – oggi sottoposta a sequestro – con l’intento di trarne dei guadagni illeciti.

In particolare, i due pubblici ufficiali, trovate sulla pubblica via autovetture sprovviste della necessaria copertura assicurativa, anziché procedere alla contestazione delle violazioni del caso o alle operazioni di sequestro amministrativo, inducevano i proprietari dei veicoli ad affidare gli automezzi in questione ai rappresentanti di una delle due imprese, a turno, dietro la minaccia dell’irrogazione di salate sanzioni pecuniarie e a fronte della mancata contestazione delle violazioni. Questi ultimi, in accordo con i due agenti di Polizia Locale, dietro il pagamento di un corrispettivo di denaro in contanti, procedevano, successivamente, alle operazioni di rimozione e di rottamazione. Da tali modalità operative, indebitamente, traevano vantaggio economico le due imprese: l’una, autorizzata, i cui gestori operavano nelle vesti di incaricati di pubblico servizio, praticando prezzi di gran lunga superiori a quelli previsti dalla convenzione con il Comune, e omettendo, integralmente, di versare una percentuale degli indebiti introiti a titolo di canone concessorio (non esistendo alcuna verbalizzazione delle contravvenzioni rilevate dai pubblici ufficiali), e l’altra, in totale assenza di qualsivoglia legittimazione a intervenire in rimozione di veicoli per conto del Comune di Reggio Calabria, riconducibile a un soggetto definitivamente condannato per associazione mafiosa.

In altri casi si è persino accertato come i due agenti in argomento sponsorizzassero le imprese operanti coinvolte nel disegno criminoso, prospettando vantaggi e convenienze di vario genere anche quando i contravventori di turno riferivano di conoscere già dei conducenti di carroattrezzi di propria fiducia. Il risultato di tali condotte, grazie anche al potere deterrente delle ingenti sanzioni amministrative prospettate, era il maturato convincimento dei cittadini ad affidarsi alle imprese facenti capo agli indagati. Un espediente a cui facevano ricorso i due agenti di Polizia Locale era quello di preavvisare i referenti delle imprese di rimozione di veicoli, indicando loro, preventivamente, il luogo delle operazioni, in modo che al momento della loro attivazione, gli stessi potessero repentinamente giungervi.

Tale meccanismo, infatti, costringeva i contravventori di turno a versare, in ogni caso, la somma prevista per il “diritto di chiamata”, la quale è dovuta anche se la rimozione non viene eseguita purché il carroattrezzi giunga entro venti minuti dalla chiamata. In diverse occasioni, gli indagati discutevano del valore di mercato di determinate autovetture, individuate nel corso dei loro “interventi”: i pubblici ufficiali, addirittura, richiedevano ai referenti delle imprese di rimozione di veicoli se i mezzi fossero di loro gradimento, in modo da decidere, in base alla risposta ricevuta, se procedere effettivamente al sequestro amministrativo o meno; di conseguenza, laddove non vi fosse interesse, si procedeva solo in un secondo momento con le obbligatorie verbalizzazioni del caso.

L’interesse in questione è risultato talvolta essere circoscritto a singole componenti degli autoveicoli, alimentando un vero e proprio business sui pezzi di ricambio: alcuni veicoli, difatti, sono stati concretamente cannibalizzati, con asportazione, presso officine “di fiducia” degli indagati, di pezzi da applicare ad autovetture loro o di amici. Laddove, invece, i due agenti della Polizia Locale si rendevano conto del fatto che i veicoli sanzionabili fossero riferibili a familiari di loro colleghi, si adoperavano per riferire la circostanza a questi ultimi, così da evitare di procedere con la verbalizzazione. In un caso, uno degli indagati ha invitato espressamente il proprio interlocutore (uno dei titolari di fatto della depositeria giudiziaria autorizzata) a spostare un furgone, cosicché lo stesso non potesse essere visto da un suo superiore, con cui in quel frangente era impattugliato. Il timore dell’indagato era quello che il superiore presente avrebbe proceduto a elevare le contestazioni e operare il sequestro del mezzo.

Alla luce di ciò, il G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria, Dott.ssa Vincenza Bellini, su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha emesso un’ordinanza di applicazione della misura cautelare personale coercitiva degli arresti domiciliari nei confronti di 2 agenti di Polizia Locale (A.M. e C.G.) della misura cautelare personale interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio rivestito per la durata di dodici mesi nei confronti di altri 7 agenti (F.D., C.V., S.C., C.M., F.U.F., M.G. e C.P.) e della misura cautelare reale del sequestro preventivo nei confronti di una delle imprese operanti con i pubblici ufficiali indagati. Al provvedimento cautelare in parola è stata data esecuzione, nella mattinata odierna, da parte delle Fiamme gialle reggine, che hanno anche proceduto anche all’effettuazione di perquisizioni presso i luoghi rientranti nella disponibilità degli indagati. 

Mafia: OPERAZIONE “GEOLJA” 21 indagati e 12 misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso

Tutti i reparti speciali dell'Arma dei Carabinieri

 

REGGIO  CALABRIA
Mafia del Clan “Piromalli” in ginocchio.  Oggi  nella provincia di Reggio Calabria ed in quelle di Brescia e Milano, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dei Reparti territorialmente competenti, con il supporto dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, del Nucleo Carabinieri Cinofili, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Capo Dott. Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione all’“Ordinanza di applicazione di misure cautelari” emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria – Dott. Valerio Trovato, su richiesta del Procuratore Aggiunto Dott. Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Procuratore Dott.ssa Giulia Pantano – nei confronti di 12 persone ritenute responsabili, a vario titolo ed in concorso tra loro, di associazione a delinquere di stampo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e illecita concorrenza con minaccia o violenza con l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso.
Ventuno in totale il numero degli indagati, di cui dodici soggetti destinatari dei provvedimenti restrittivi, tutti originari della Provincia di Reggio Calabria,
Arma dei Carabinieri - Wikipedia
Stemma Arma Carabinieri
L’operazione, convenzionalmente denominata «Geolja», prende il nome dal primo nucleo abitativo sorto in epoca medievale attorno al quale successivamente si è esteso l’agglomerato urbano dell’odierno centro di Gioia Tauro. L’attività investigativa ha consentito di colpire il sodalizio criminale facente capo alla storica famiglia mafiosa dei «Piromalli» operante a Gioia Tauro, nonché di coinvolgere nell’inchiesta anche alcuni esponenti della cosca «Pesce» di Rosarno. 
L’odierno provvedimento giunge all’esito di una complessa ed articolata attività d’indagine condotta dalla Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro, sotto il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria Distrettuale, nel periodo compreso tra il mese di agosto 2018 ed il mese di maggio 2020, dove è stato determinante il contributo dell’attività investigativa posta in essere dagli inquirenti, che è stata messa in correlazione con le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia ed altre importanti acquisizioni documentali.
La genesi dell’inchiesta è legata ad un danneggiamento seguito da incendio di un panificio nel Comune di Gioia Tauro, avvenuto nel mese di agosto 2018, quando alcuni soggetti rimasti ignoti, dopo aver manomesso l’impianto di videosorveglianza di un bar limitrofo, si sono introdotti nella parte retrostante del panificio appiccando le fiamme a diverse aree dell’esercizio commerciale, inclusi il punto vendita e i laboratori, nonché parte del deposito attiguo al punto vendita stesso. Solo l’intervento dei Vigili del Fuoco di Palmi e del personale della Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro ha permesso di evitare ulteriori conseguenze.
A seguito del grave atto incendiario, gli inquirenti hanno scoperto un complesso contesto delinquenziale nel quale i vari esercizi commerciali venivano ciclicamente taglieggiati e controllati, dalle consorterie mafiose locali, nelle loro scelte di dettaglio e nelle strategie imprenditoriali.
Le cosche di ‘ndrangheta infatti, in virtù della forza intimidatrice derivante dalla loro appartenenza al vincolo associativo, mettevano in atto un vero e proprio controllo del territorio e delle attività commerciali locali, mediante riscossione di somme di denaro, beni e altri prodotti a titolo estorsivo. Pertanto, i commercianti dovevano sottostare alle loro regole ed adeguarsi ai prezzi imposti, ai periodi ed alla lunghezza delle ferie, che dovevano essere concordate con le attività commerciali limitrofe. Una vera e propria morsa che attanagliava i vari esercizi commerciali, al punto da costringere i piccoli imprenditori a voler fuggire dalla realtà locale per cercare fortuna altrove, specialmente verso il Nord Italia.
In merito risulta essere emblematico il commento esternato da alcuni commercianti di Gioia Tauro, i quali definivano il controllo posto in essere da uno dei membri della consorteria mafiosa dei “Piromalli” nei confronti della loro attività commerciale, come “l’occhio bionico”, a significare che gli stessi si sentivano monitorati, o meglio, spiati dalla criminalità organizzata.
La corresponsione dei proventi delle estorsioni garantiva la copertura idonea alle aziende: una sorta di protezione mafiosa per cui le imprese venivano in un certo senso “regolarizzate” ed autorizzate ad esercitare l’attività commerciale.
Alcuni episodi di taglieggiamento sono apparsi singolari nella loro attuazione pratica, come ad esempio l’estorsione posta in essere sotto forma di vendita di blocchetti di biglietti per una presunta lotteria per le festività pasquali, dal cui acquisto i commercianti non si potevano esimere per timore di eventuali ritorsioni mafiose. Altrettanto atipica è risulta essere la modalità di pagamento di una trance estorsiva, effettuata con la consegna ad uno degli esponenti della cosca “Piromalli” di € 500.00 nascosti all’interno di un panino.
Un contesto, quello della Piana di Gioia Tauro, ove la criminalità organizzata la faceva da padrona, imponendo una concorrenza illecita mediante violenza e minaccia e  dove le vittime erano costrette ad allinearsi sui prezzi delle singole merci, sugli orari di apertura, sui periodi di chiusura e persino sui periodi di chiusura. Di fatto un ambito dove era praticamente azzerata la libera concorrenza ed il territorio risultava essere suddiviso tra le singole famiglie della ‘ndrangheta, come confermato anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
Inoltre, gli inquirenti hanno potuto dimostrare, nel corso delle investigazioni, anche l’intestazione fittizia di alcune attività commerciali, le quali erano effettivamente gestite da rappresentanti delle cosche locali che preferivano però non figurare in qualità di intestatari, allo scopo di eludere i controlli delle Forze di Polizia o aggirare eventuali difficoltà per l’ottenimento di autorizzazioni varie ai fini burocratici.
L’operazione colpisce alcuni dei soggetti vicini alle più potenti cosche di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, proprio nelle attività illecite essenziali alla conservazione e mantenimento del potere mafioso. La volontà di controllare gli esercizi commerciali della zona e di riscuotere il “pizzo”, mediante metodologie che si discostano da quelle classiche, è finalizzata non solo all’arricchimento economico dei membri delle consorterie mafiose, ma soprattutto ad imporre il proprio carisma criminale e non mettere in discussione la forza intimidatrice delle cosche nel mantenimento della pax mafiosa.
Il capillare controllo del territorio, le capacità informative e gli efficienti approfondimenti investigativi dei Carabinieri sotto il coordinamento e indirizzo dell’Autorità Giudiziaria, attraverso una strategia investigativa oculata, hanno consentito di individuare quelle attività delittuose tipiche della ‘ndrangheta, attraverso le quali le consorterie influenzano le dinamiche economiche dei territori.
Nell’ambito dell’attività d’indagine, infine, L’Autorità giudiziaria distrettuale ha anche emanato un decreto di sequestro preventivo del capitale sociale e del patrimonio aziendale, nei confronti di 6 aziende di Gioia Tauro, in particolare un panificio, un lido, una concessionaria, un distributore di benzina, un autolavaggio ed un’impresa di rivendita di pietre da costruzione, i quali erano fittiziamente intestati a soggetti di Gioia Tauro, mentre in realtà erano gestiti da membri delle consorterie mafiose, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale e di agevolare la commissione di reati di riciclaggio.

 

Reggio Calabria, Fiamme gialle sequestrano oltre una tonnellata di cocaina

 

Operazione antidroga - Maxi sequestro di oltre una tonnellata di cocaina

Reggio Calabria,

Nell’ambito dell’attività di contrasto al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e i funzionari antifrode dell’Ufficio ADM di Gioia Tauro, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia,  diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, coadiuvato dal Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci.hanno individuato e sequestrato 1.126 chili di cocaina purissima nello scalo portuale calabrese.

Attraverso una complessa ed articolata attività di analisi di rischio e riscontri fattuali su oltre 2.100 contenitori provenienti dal continente sudamericano, i militari della Guardia di Finanza ed i funzionari doganali, con l’ausilio di sofisticati scanner in dotazione all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sono riusciti ad individuare lo stupefacente abilmente occultato in un container carico di banane proveniente dall’Ecuador.

La sostanza stupefacente sequestrata, di qualità purissima, avrebbe potuto essere tagliata dai trafficanti di droga fino a 4 volte prima di essere immessa sul mercato, fruttando un introito alla criminalità organizzata di circa 225 milioni di euro.

Le modalità di occultamento dello stupefacente si dimostrano spesso differenti e sempre in via di evoluzione, obbligando gli investigatori a perfezionare di volta in volta le metodologie operative.

 

OPERAZIONE BIS DELLA FINANZA- RINVIATI A GIUDIZIO 19 SOGGETTI “ECCELLENTI”, SEGNALATI DANNI ERARIALI PER OLTRE 4 MILIONI DI EURO

 

REGGIO CALABRIA

Ancora una volta la Guardia di Finanza salvaguarda la spesa pubblica.Conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio di 19 soggetti, tra cui il Commissario Straordinario, il Direttore Generale e il Direttore Amministrativo dell’A.S.P. di Reggio Calabria, nonché l’assessore regionale pro tempore, una delle attività d’indagine in corso a danno del Servizio Sanitario Calabrese.

Le attività di indagini, che hanno riguardato i doppi pagamenti erogati dalla citata Azienda Sanitaria Provinciale in favore di una clinica privata di Siderno, sono state condotte dai finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria – sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Capo Dott. Giovanni Bombardieri, coordinata dal Procuratore Aggiunto dott. Gerardo Dominijanni e dalle dottoresse Giulia Scavello e Marika Mastrapasqua.

L’azione repressiva è culminata con un provvedimento di sequestro preventivo di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili per un valore complessivo di 4.020.225,75 euro, disposto dal Tribunale di Reggio Calabria, a seguito di articolate e complesse indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che hanno permesso di constatare una duplicazione di pagamenti, per oltre 4 milioni di euro, corrisposti dall’Azienda Sanitaria Provinciale reggina a favore di uno studio radiologico privato, operante nel settore dell’erogazione di prestazioni diagnostiche ai pazienti in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.

Le indagini si sono concentrate sul dettagliato esame di un accordo transattivo, concluso nel 2015 tra l’Ente Pubblico ed il privato fornitore, con il quale è stato disposto il pagamento, in favore di quest’ultimo, della somma di € 7.974.219,16 (tra capitale, interessi di mora e spese legali) a saldo di crediti pregressi, presuntivamente vantati come non ancora riscossi. I militari hanno, quindi, analizzato nel dettaglio ciascuna delle quasi cento fatture in questione, relative ad oltre dieci anni di prestazioni sanitarie, appurando che una notevole parte delle stesse, dichiarate non pagate dallo studio radiologico in questione e poste a fondamento di diversi decreti ingiuntivi divenuti esecutivi a seguito della mancata opposizione dell’ASP Reggina, erano state già liquidate per un ammontare complessivo di oltre 4 milioni di euro, compresi interessi.

Dopo gli interrogatori eseguiti nei confronti di coloro che ne hanno fatto richiesta, la Procura ha richiesto il rinvio a giudizio di 19 indagati. I reati contestati sono quelli di falso ideologico e truffa aggravata nei confronti del rappresentante legale e di altri individui riconducibili allo studio radiologico, dei funzionari dell’ASP e di altri 13 soggetti, ritenuti a vario titolo responsabili.

Tra le contestazioni a carico del rappresentante legale e del socio di fatto dello Studio radiologico, figura anche quella per l’ipotesi di reato di autoriciclaggio, per aver trasferito complessivamente € 1.393.094,12, provento del delitto di truffa, al fine di ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa. Contestato, inoltre, il reato di riciclaggio ai quattro soci dello studio radiologico, per aver percepito i dividendi frutto dei proventi della truffa.

La truffa ai danni del servizio sanitario ed il riciclaggio di denaro sono solo uno degli aspetti posti sotto la lente investigativa della Guardia di Finanza. Infatti, le Fiamme Gialle Reggine, grazie ad un approccio trasversale proprio del Corpo, hanno posto l’attenzione anche sugli aspetti economico-finanziari, riconducendo a tassazione i proventi illeciti percepiti dal legale rappresentante pro tempore dello studio radiologico. L’attività eseguita ha permesso di constatare una base imponibile sottratta a tassazione, ai fini delle imposte sui redditi ed ai fini I.R.A.P., pari ad € 2.300.746,82 ed un I.R.A.P. dovuta pari ad € 110.896,00.

Il cerchio investigativo si è concluso con un’ulteriore attività effettuata a favore della Procura Regionale della Corte dei Conti, alla quale, previo nulla osta dell’A.G. penale, è stato comunicato l’ingente danno erariale scaturito dalle condotte illecite perpetrate dai funzionari dell’ente sanitario, pari ad € 4.020.225,75.

 

“”Omissione di atti d’ufficio ed attentato alla sicurezza”. Sequestrato il ponte di Pilati in Melito Porto Salvo ed il viadotto sulla Fiumara Tuccio a rischio crollo

Reggio Calabria

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno eseguito un decreto d’urgenza, emesso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, che dispone il sequestro preventivo d’urgenza del ponte di “Pilati” in Melito di Porto Salvo, un viadotto “ad arco”, lungo oltre cento metri e composto da tre arcate, che consente di attraversare la fiumara “Tuccio” del comune ionico.

Il provvedimento magistratuale scaturisce da indagini di polizia giudiziaria, condotte dalla Compagnia di Melito di Porto Salvo, in materia di reati contro la pubblica amministrazione e contro l’incolumità pubblica, durante le quali è stata accertata una grave situazione di rischio in cui versa, allo stato, la via di trasporto, nonostante i recenti lavori di ristrutturazione cui è stata sottoposta nel 2020.

I sopralluoghi svolti negli ultimi giorni dagli investigatori, coordinati dal Procuratore Aggiunto Dott. Gerardo Dominijanni, hanno consentito di accertare una condizione precaria del viadotto, soprattutto nella sua parte inferiore, ove i ferri dell’armatura della struttura sono arrugginiti e corrosi.

Alla luce degli elementi raccolti dalla Fiamme Gialle, la Procura della Repubblica di Reggo Calabria, diretta dal Procuratore Capo Dott. Giovanni Bombardieri, ha ritenuto di dover emettere la misura ablatoria in relazione ai reati di omissione di atti d’ufficio ed attentato alla sicurezza dei trasporti. Allo stato nessun soggetto è iscritto nel registro degli indagati e sono in corso ulteriori accertamenti al fine di individuare eventuali responsabili.

l viadotto, attraversato ogni giorno da veicoli e pedoni, è stato chiuso al traffico ed affidato in giudiziale custodia alle autorità comunali affinché provvedano all’adozione degli adempimenti necessari per la tutela dell’incolumità pubblica.

L’attività di servizio testimonia il costante presidio esercitato dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria sul territorio a salvaguardia delle leggi ed a contrasto dei fenomeni connotati da forte pericolosità sociale e degli illeciti che mettono a rischio l’incolumità dei cittadini.

Reggio Calabria;arrestato un malvivente autore di oltre 7 rapine a mano armata

 

Reggio Calabria
Aveva letteralmente terrorizzato alcune delle proprie vittime un pregiudicato, legato ad una conosciuta famiglia rosarnese, tratto in arresto dai Carabinieri nella mattinata odierna.
Un dispositivo di ben 30 militari della Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro, supportati anche dai Cacciatori del Gruppo Eliportato con sede a Vibo Valentia, ha provveduto a circondare l’abitazione del malvivente, ritenuto molto pericoloso; obiettivo dei Carabinieri, perquisire attentamente l’abitazione ed eseguire l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dall’ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari della Procura della Repubblica di Palmi.
Numerose le contestazioni nei confronti del rosarnese, a partire dall’anno 2020; in particolare, nel primo episodio, aveva avvicinato il titolare di una ditta di autotrasporti e, dietro gravi minacce, si era fatto consegnare il portafogli.
In un secondo episodio, era stato preso di mira un autista della medesima ditta, verso il quale il malvivente si era prima presentato presso l’abitazione per chiedere notizie sullo stesso e sui familiari, mentre nei giorni successivi lo aveva inseguito a bordo della propria autovettura, costringendolo a farsi consegnare la somma di 2.100 euro ed alcuni pacchi che trasportava, mentre, non pago, due giorni dopo, nel terzo episodio contestato, lo aveva nuovamente rapinato, facendosi consegnare 1.200 euro.  Per le minacce subite, l’autista era costretto a lasciare il posto di lavoro ma, nonostante tutto, non si perdeva d’animo, denunciando il tutto ai Carabinieri.
In un quarto episodio, sempre commesso a fine 2020, in Maropati, aveva avvicinato il corriere di un’altra ditta impugnando una pistola e, travisato, aveva cercato di rapinarlo; l’azione non riusciva per la pronta reazione del corriere che accelerava con il mezzo, facendolo desistere. Lo stesso corriere però, veniva nuovamente preso di mira pochi giorni dopo quando, nel quinto episodio contestato, sempre a Maropati, veniva nuovamente avvicinato dal rapinatore armato di pistola: il malcapitato tentava di scappare finendo fuori strada con il furgone e, raggiunto dal malvivente, rimediava un pugno in pieno volto e veniva rapinato di 150 euro, in quanto il resto del denaro era in una cassaforte.
Lo stesso giorno, questa volta a Melicucco, nel sesto episodio contestato dall’Autorità Giudiziaria, veniva sempre preso di mira un corriere, sempre appartenente alla ditta del primo episodio: l’autista veniva pesantemente minacciato alludendo vicinanze a famiglie mafiose ma lo stesso non cedeva alle minacce e, tenuto conto che si trattava di pieno giorno ed i due si trovavano in una zona coperta da videosorveglianza, il rapinatore desisteva.
Un settimo episodio, avveniva in Rosarno a fine dicembre 2020 quando, di prima mattina, quattro cacciatori, peraltro provenienti da Reggio Calabria, venivano avvicinati da due soggetti, dei quali uno riconosciuto nell’odierno arrestato e l’altro rimasto ignoto, in quali venivano rapinati di ben tre fucili e di 105 euro. Nella circostanza i rapinatori, armati, esplodevano a scopo intimidatorio due colpi di arma da fuoco, danneggiando anche un cancello di un’abitazione privata, dove era installata una telecamera risultata poi utile per le indagini, con l’intenzione -non riuscita- di danneggiarla.
In tutte le circostanze, nonostante il clima di vero e proprio terrore instaurato dall’arrestato, già ampiamente conosciuto alle forze dell’ordine, le vittime hanno sempre avuto il coraggio di denunciare, contribuendo ad aiutare gli inquirenti nella ricostruzione degli episodi e riponendo la propria fiducia nei Carabinieri della Tenenza di Rosarno che hanno condotto le indagini.
I Carabinieri della Tenenza rosarnese, inoltre, hanno provveduto a richiedere ed ottenere, nei confronti del malvivente, anche la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Rosarno, concessa dall’Autorità Giudiziaria per anni 3 e mesi 6, misura che ora sarà sospesa e riprenderà al termine del periodo detentivo.
Nel corso della perquisizione, sono stati inoltre: scoperti due bunker (uno ricavato in una intercapedine sottostante la cucina ed un altro sotto un capannone di fronte all’abitazione) utilizzati verosimilmente per nascondere oggetti utili a compiere i fatti delittuosi e/o quale nascondiglio per latitanti o refurtiva;rinvenute alcune cartucce da caccia.